Campofiorenzo-California
near Campofiorenzo-California, Lombardia (Italia)
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sonetti del Burchiello
LXXVIII
B. in prigione.
Un gatto si dormiva in sun un tetto,
et un nibbio a cui parve fusse morto
gli diè di piglio, e ’l gatto come acorto
tel prese colle zampe pel ciuffetto: 4
ognun tenea il suo nimico stretto
non faccendo ancor l’uno all’altro torto,
poi saltellando caddono in un orto;
non ti vo’ dir s’i’ n’ebbi gran diletto. 8
El nibbio lo voleva pur lassare
e strignea tirando a sé gli unghioni,
11 credendo che così s’avesse a fare. 11
Allotta ben senti’ i’ miagolare
e ’l gatto si gli fè sopra bocconi
dicendo «Or vola, se tu sai volare!» 14
I’ gliel vidi sbranare
come dicessi «Ve’, che mi lassasti,
perché m’avevi preso pe’ catasti? 17
Ah, come forte errasti,
veggendomi vestito di doagio,
che son figliuol del boncio di palagio». 20
giudice.
«Prestate nobis de oleo vestrosso …»;
disse ’l compagno suo «Lassatel dire,
non ci manca olio, e per farlo mentire
vedete che n’ha ben se’ macchie adosso». 4
El dottor diventò tututto rosso
né seppe l’ambasciata riferire,
onde ’l compagno prese più ardire
«Messer – dicendo – vo’ n’avete un grosso, 8
ché chi non sa tornare al suo proposito
è in questa terra una sì fatta usanza
ch’e’ paghi un grosso o e’ lo die in diposito. 11
Come avavamo a cuocer mescolanza
a chiedere olio? Egli è tutto l’opposito:
guardivisi il mantel s’e’ ve n’avanza!». 14
«Ov’è la ricordanza?
– disse il dottor – Non sa’ tu ch’iermattina
tu vi cocesti drento la tonnina?». 17
B. a molte giovane dishoneste.
Sozze tromberte, giovine sfacciate
che andate col collo sì scoperto,
quando v’avessi pure assai sofferto,
vel copirrei di forme di gotate; 4
l’altr’è la coda che voi strascinate
faccendo della roba tal diserto:
non vi basta egli avere el piè coperto,
asine, troie, or vi vergognate! 8
Ma quando voi sarete nelle volte
di Setanasso, arete sì gran code
che vi daran da otto o dieci volte. 11
Niuna buona donna vede o ode:
ciò non dico per lor, ché ce n’è molte
savie e prudente, degne d’alte lode, 14
che l’animo mi gode
quando veggio una donna che s’aonesti
in viso o in capo o in panni che la vesti. 17
B. contro a certi studianti.
Questi ch’andoron già a studiare Âthene
debbon essere stati licentiati,
e ch’e’ sie vero, più parte son tornati
e van col capo chino e colle rene. 4
Questo si è, ch’egli han patito pene
a star tanto in su’ libri spenzolati,
sì che meritano d’esser dottorati
e ser Pecora faccia questo bene. 8
E questi altri studianti più moderni
si vorrebbon mandar dove che sia,
ché a Firenze n’è fatti troppi scherni: 11
vorrebbonsi mandare in Balordia,
ch’e’ v’è buona derrata di quaderni,
se già non rincrescesse lor la via. 14
Or[a], quel ch’e’ si sia,
per mio consiglio vadino a Barbialla,
tututti col Buetio in sulla spalla. 17
Voi dovete aver fatto un gran godere,
Istefan Nelli, in questo san Martino,
e certo che secondo il Magnolino
dovete avere avuto un gran piacere. 4
Que’ gatti ti dovetton far messere
e porti in sedia in mezo del camino,
e ’l piovan[o] ch’è quivi tuo vicino,
son certo che vi venne a rivedere. 8
Credo, Amerigo, per dar lor diletto
leggesti Ovidio di Metamorfoso,
che n’hai pien sempre el carnaiuolo e ’l petto. 11
E Neri Pitti so che stava otioso,
mirando que’ villani con gran dispetto
perch’egli ha pure un poco del vezoso. 14
Sarei suto invidioso?
Avendo Phebo apertovi e balconi,
fa’ sacrificio e castra de’ marroni. 17
difcorrimento delle ftelle . Cap . XXXVI.
EGGONSI fare i difcorrimenti delle stelle , ne mai fenza cagione ; perche
V quellaparte sempre uenti terribili . Sono le stelle e in >
mare, e in terra .
Delle ftelle di Caftore . Cap . XXXVII.
O hogia ueduto , quando i foldati fanno le guardie in campo di notte , infulle
10%punte delle lancie come fplendore di baleno , e in quella gui?a anchora fulle an
tenne de' nauiganti , e in altre parti de' nauili ; & quiui starfi , facendo un certo
fuon di uoce , fi come fanno gliuccelli , quando fi mutano da luogo a luogo . Se
uengono fole , fono pericolofe , &fanno affogare i nauili : & fe cafcano nel fons
do dellacarena , ardono la naue . Sefono, duefonofalutifere , &promettono buon
uiaggio ; & perla lor uenuta dicefi, chefi mette infuga quella crudele, minac
Helena eru ciofa stella, che fi chiama Helena . Etperciò attribuiscono quefta deità a Polluce,
ganti ; & Ca & Caftore, gli inuocano in mare come dei . I capi de gli huomini anchora,nel
fore,&pol l'hora dellafera,ri?plendono congrande & buon prodigio. Et di tutte queste co e
nonfi puorendere cagione alcuna,perche elle fon pofte nella maie?tà della natura.
Cap . XXXVIII.
dele a' naui
luse benigni
Dell'aria.
?ni, & folgo ri, onde.
Nfino a er quihabbiamo ragionato del mondo , &delle stelle . Reftano hora da
dire l'altre cofe notabili del cielo . Percioche i noftri antichi chiamarono ques
fto cielo , che per altro nome fi domanda aria ; tutto quello , che fimile al uano ,
manda fuoriquefto fpirto uitale . Et que?ta ?tede è dalla luna in giu , &molto
piubaffa (fi come lo confidero effer quafi manifefto ) mescolando lo infinito della
natura fuperiore dell'aria , & l'infinito dell'halito terreno , fi confonde con l'una
Nugofe ,tuo l'altra forte . Di qui uengono le nugole , i tuoni , &glialtri folgori . Di
qui le gragnuole , le brine , le pioggie , le procelle , & letempefte . Di quipros
cedono le infinite fciagure delle perfone , e'l contra?to delle cose della natura . La
forza delle stelle reprime le cofe terrene , che tendono al cielo : &le mede?ime ti=
rano a fe quelle cofe , che non falgono da loro . Cafdan le pioggie : le nebbie fal
gono : i fiumi fi feccano : ruinano le gragnuole : i raggi abronzano , & d'ogni
parte pingono la terra in mezo . Quei medefimi per riuerberatione tornano in
Vapore , &fu; & portano feco quelle cofe , che poffono . Il uapore cade da alto , er di
nuouo torna in fu. I uenti fopraftanno alla terra uani , ei medefimi ritornano
con ruina . Ettanti animali , che ?ono ?opra la terra , tirano lo spirito da alto.
Ma effo repugna , & la terra come a uano cielo infonde lo fpirito . Et cofi ana
dando quà làla natura, come da qualche stromento da lanciare, con la preftez
za delmondola difcordia s'accende . Nepuo star falda al contrafto , ma conti
nuamente .
nuamente rapita s'aggira , & con un quafi infinito globo di cofe tende intorno là
terra, dipoiper le nugole ci cuopre l'altro cielo . Questo è il Regno de' uenti .
Però la lor principal natura è quiui , laquale ha qua?i abbracciate l'altre cau?e ;
percioche molti attribuiscono i tuoni , e i folgori alla uiolentia di quefti . Dicono
anchora, che fe piouon pietre , ciò auuiene, perchefon tirate dal uento ;
te altrecofe fimili . Però ci reftano anchora da dir piu cofe .
De' temporali ordinari , Cap . XXXIX .
mola Piouuero le pietre quan do i Roma nifuron un ti a Trebbia
EN
"' Non è dubbio alcuno , che de temporali, & delle cofe fono alcune cagioni da Annibale
certe& determinate , & alcune altre fortuite , o anchora non inte?e . Per
ciochechi è colui , che dubiti , che le stati , e i uerni , & tutte l'altre mutationi
dell'anno non fi facciano dal moto delle stelle ? Si come dunque la naturadel fole
fi conosce nel temprar dell'anno , cofi anchora cia?cuna altra stella ha la fua proz
pria forza, & fertile a produr quello , ch'è fecondo la natura di cia?cuna , Ala
cune fon feconde nella rifolutione dell'humore , alcune nel raffodarlo in brine , o
riftrignerlo in neui , od agghiacciarlo in gragnuole : alcune fanno uento , alcune
temperamento , alcune uapore , alcune rugiada , e alcune freddo . Neperò dob
biamo ftimare quefte stelle di tantaquantità , quantofi uede , come che la ragione
dicofi grandealtezza moftri , che niuna d'effe non è minor della luna , Cia?cuna
dunquenel fuo moto efercita la fua natura , il che principalmente dimoftra il mo=
todiSaturno , che tuttauia produce pioggie . Ne folamente questa è la forza
delle stelle erranti , ma delle fiffe anchora , quante uolte nell'accoftarfi che fanno
loro i Pianeti fono fpinte , o fono stimulate dal gettar de' raggi : come ueggiamo Sucole, per
auuenire nelle fucole , lequali stelle furono da' Greci chiamate Hiade per rispetto che dette
delle pioggie , che menano . Ma alcune anchora da ?e ste??e a certi tempi ordinati Hiade.
induconpioggia , come ueggiamo farfi nel nafcimento de Capretti . Et ancho la
stella d'Arturo non na?ce quafi mai ?enza ruino?a tempe?ta .
Della forza della Canicula . Cap . XL.
CH
Mouimenti
Hi ècolui,chenonsappia,che nel nafcere della Canicula s'accendono i uapo
ridel fole ? gli effetti della quale stella fi fentonograndißimi in terra . Ri
bollono i mari , quando ella na?ce : uanno fottofopra i uini nelle cantine : &fi
muouongli stagni . L'Egitto chiama Orige una fera , laquale dicefi , che quan- nell'apparir
do la Canicula nafce, ui fi mette all'incontro , & laguarda , &quafi che l'adora,
quando starnuta. Et non è dubbio alcuno , che i cani per tutto quello fpatio,
ch'ella fi uede, uanno grandemente in rabbia .
della canicu
Leftelle in uarie parti di fegni , e in diuerfi tempi , fanno diffe
renti influfsi . Cap . XLI.
H
ANNO le parti anchora d'alcuni fegni la forza loro , fi come nell'equi
nottio dell'autunno, & nel folftitio del uerno, quando ueggiamo la stella ef
Bij
LXXVIII
B. in prigione.
Un gatto si dormiva in sun un tetto,
et un nibbio a cui parve fusse morto
gli diè di piglio, e ’l gatto come acorto
tel prese colle zampe pel ciuffetto: 4
ognun tenea il suo nimico stretto
non faccendo ancor l’uno all’altro torto,
poi saltellando caddono in un orto;
non ti vo’ dir s’i’ n’ebbi gran diletto. 8
El nibbio lo voleva pur lassare
e strignea tirando a sé gli unghioni,
11 credendo che così s’avesse a fare. 11
Allotta ben senti’ i’ miagolare
e ’l gatto si gli fè sopra bocconi
dicendo «Or vola, se tu sai volare!» 14
I’ gliel vidi sbranare
come dicessi «Ve’, che mi lassasti,
perché m’avevi preso pe’ catasti? 17
Ah, come forte errasti,
veggendomi vestito di doagio,
che son figliuol del boncio di palagio». 20
giudice.
«Prestate nobis de oleo vestrosso …»;
disse ’l compagno suo «Lassatel dire,
non ci manca olio, e per farlo mentire
vedete che n’ha ben se’ macchie adosso». 4
El dottor diventò tututto rosso
né seppe l’ambasciata riferire,
onde ’l compagno prese più ardire
«Messer – dicendo – vo’ n’avete un grosso, 8
ché chi non sa tornare al suo proposito
è in questa terra una sì fatta usanza
ch’e’ paghi un grosso o e’ lo die in diposito. 11
Come avavamo a cuocer mescolanza
a chiedere olio? Egli è tutto l’opposito:
guardivisi il mantel s’e’ ve n’avanza!». 14
«Ov’è la ricordanza?
– disse il dottor – Non sa’ tu ch’iermattina
tu vi cocesti drento la tonnina?». 17
B. a molte giovane dishoneste.
Sozze tromberte, giovine sfacciate
che andate col collo sì scoperto,
quando v’avessi pure assai sofferto,
vel copirrei di forme di gotate; 4
l’altr’è la coda che voi strascinate
faccendo della roba tal diserto:
non vi basta egli avere el piè coperto,
asine, troie, or vi vergognate! 8
Ma quando voi sarete nelle volte
di Setanasso, arete sì gran code
che vi daran da otto o dieci volte. 11
Niuna buona donna vede o ode:
ciò non dico per lor, ché ce n’è molte
savie e prudente, degne d’alte lode, 14
che l’animo mi gode
quando veggio una donna che s’aonesti
in viso o in capo o in panni che la vesti. 17
B. contro a certi studianti.
Questi ch’andoron già a studiare Âthene
debbon essere stati licentiati,
e ch’e’ sie vero, più parte son tornati
e van col capo chino e colle rene. 4
Questo si è, ch’egli han patito pene
a star tanto in su’ libri spenzolati,
sì che meritano d’esser dottorati
e ser Pecora faccia questo bene. 8
E questi altri studianti più moderni
si vorrebbon mandar dove che sia,
ché a Firenze n’è fatti troppi scherni: 11
vorrebbonsi mandare in Balordia,
ch’e’ v’è buona derrata di quaderni,
se già non rincrescesse lor la via. 14
Or[a], quel ch’e’ si sia,
per mio consiglio vadino a Barbialla,
tututti col Buetio in sulla spalla. 17
Voi dovete aver fatto un gran godere,
Istefan Nelli, in questo san Martino,
e certo che secondo il Magnolino
dovete avere avuto un gran piacere. 4
Que’ gatti ti dovetton far messere
e porti in sedia in mezo del camino,
e ’l piovan[o] ch’è quivi tuo vicino,
son certo che vi venne a rivedere. 8
Credo, Amerigo, per dar lor diletto
leggesti Ovidio di Metamorfoso,
che n’hai pien sempre el carnaiuolo e ’l petto. 11
E Neri Pitti so che stava otioso,
mirando que’ villani con gran dispetto
perch’egli ha pure un poco del vezoso. 14
Sarei suto invidioso?
Avendo Phebo apertovi e balconi,
fa’ sacrificio e castra de’ marroni. 17
difcorrimento delle ftelle . Cap . XXXVI.
EGGONSI fare i difcorrimenti delle stelle , ne mai fenza cagione ; perche
V quellaparte sempre uenti terribili . Sono le stelle e in >
mare, e in terra .
Delle ftelle di Caftore . Cap . XXXVII.
O hogia ueduto , quando i foldati fanno le guardie in campo di notte , infulle
10%punte delle lancie come fplendore di baleno , e in quella gui?a anchora fulle an
tenne de' nauiganti , e in altre parti de' nauili ; & quiui starfi , facendo un certo
fuon di uoce , fi come fanno gliuccelli , quando fi mutano da luogo a luogo . Se
uengono fole , fono pericolofe , &fanno affogare i nauili : & fe cafcano nel fons
do dellacarena , ardono la naue . Sefono, duefonofalutifere , &promettono buon
uiaggio ; & perla lor uenuta dicefi, chefi mette infuga quella crudele, minac
Helena eru ciofa stella, che fi chiama Helena . Etperciò attribuiscono quefta deità a Polluce,
ganti ; & Ca & Caftore, gli inuocano in mare come dei . I capi de gli huomini anchora,nel
fore,&pol l'hora dellafera,ri?plendono congrande & buon prodigio. Et di tutte queste co e
nonfi puorendere cagione alcuna,perche elle fon pofte nella maie?tà della natura.
Cap . XXXVIII.
dele a' naui
luse benigni
Dell'aria.
?ni, & folgo ri, onde.
Nfino a er quihabbiamo ragionato del mondo , &delle stelle . Reftano hora da
dire l'altre cofe notabili del cielo . Percioche i noftri antichi chiamarono ques
fto cielo , che per altro nome fi domanda aria ; tutto quello , che fimile al uano ,
manda fuoriquefto fpirto uitale . Et que?ta ?tede è dalla luna in giu , &molto
piubaffa (fi come lo confidero effer quafi manifefto ) mescolando lo infinito della
natura fuperiore dell'aria , & l'infinito dell'halito terreno , fi confonde con l'una
Nugofe ,tuo l'altra forte . Di qui uengono le nugole , i tuoni , &glialtri folgori . Di
qui le gragnuole , le brine , le pioggie , le procelle , & letempefte . Di quipros
cedono le infinite fciagure delle perfone , e'l contra?to delle cose della natura . La
forza delle stelle reprime le cofe terrene , che tendono al cielo : &le mede?ime ti=
rano a fe quelle cofe , che non falgono da loro . Cafdan le pioggie : le nebbie fal
gono : i fiumi fi feccano : ruinano le gragnuole : i raggi abronzano , & d'ogni
parte pingono la terra in mezo . Quei medefimi per riuerberatione tornano in
Vapore , &fu; & portano feco quelle cofe , che poffono . Il uapore cade da alto , er di
nuouo torna in fu. I uenti fopraftanno alla terra uani , ei medefimi ritornano
con ruina . Ettanti animali , che ?ono ?opra la terra , tirano lo spirito da alto.
Ma effo repugna , & la terra come a uano cielo infonde lo fpirito . Et cofi ana
dando quà làla natura, come da qualche stromento da lanciare, con la preftez
za delmondola difcordia s'accende . Nepuo star falda al contrafto , ma conti
nuamente .
nuamente rapita s'aggira , & con un quafi infinito globo di cofe tende intorno là
terra, dipoiper le nugole ci cuopre l'altro cielo . Questo è il Regno de' uenti .
Però la lor principal natura è quiui , laquale ha qua?i abbracciate l'altre cau?e ;
percioche molti attribuiscono i tuoni , e i folgori alla uiolentia di quefti . Dicono
anchora, che fe piouon pietre , ciò auuiene, perchefon tirate dal uento ;
te altrecofe fimili . Però ci reftano anchora da dir piu cofe .
De' temporali ordinari , Cap . XXXIX .
mola Piouuero le pietre quan do i Roma nifuron un ti a Trebbia
EN
"' Non è dubbio alcuno , che de temporali, & delle cofe fono alcune cagioni da Annibale
certe& determinate , & alcune altre fortuite , o anchora non inte?e . Per
ciochechi è colui , che dubiti , che le stati , e i uerni , & tutte l'altre mutationi
dell'anno non fi facciano dal moto delle stelle ? Si come dunque la naturadel fole
fi conosce nel temprar dell'anno , cofi anchora cia?cuna altra stella ha la fua proz
pria forza, & fertile a produr quello , ch'è fecondo la natura di cia?cuna , Ala
cune fon feconde nella rifolutione dell'humore , alcune nel raffodarlo in brine , o
riftrignerlo in neui , od agghiacciarlo in gragnuole : alcune fanno uento , alcune
temperamento , alcune uapore , alcune rugiada , e alcune freddo . Neperò dob
biamo ftimare quefte stelle di tantaquantità , quantofi uede , come che la ragione
dicofi grandealtezza moftri , che niuna d'effe non è minor della luna , Cia?cuna
dunquenel fuo moto efercita la fua natura , il che principalmente dimoftra il mo=
todiSaturno , che tuttauia produce pioggie . Ne folamente questa è la forza
delle stelle erranti , ma delle fiffe anchora , quante uolte nell'accoftarfi che fanno
loro i Pianeti fono fpinte , o fono stimulate dal gettar de' raggi : come ueggiamo Sucole, per
auuenire nelle fucole , lequali stelle furono da' Greci chiamate Hiade per rispetto che dette
delle pioggie , che menano . Ma alcune anchora da ?e ste??e a certi tempi ordinati Hiade.
induconpioggia , come ueggiamo farfi nel nafcimento de Capretti . Et ancho la
stella d'Arturo non na?ce quafi mai ?enza ruino?a tempe?ta .
Della forza della Canicula . Cap . XL.
CH
Mouimenti
Hi ècolui,chenonsappia,che nel nafcere della Canicula s'accendono i uapo
ridel fole ? gli effetti della quale stella fi fentonograndißimi in terra . Ri
bollono i mari , quando ella na?ce : uanno fottofopra i uini nelle cantine : &fi
muouongli stagni . L'Egitto chiama Orige una fera , laquale dicefi , che quan- nell'apparir
do la Canicula nafce, ui fi mette all'incontro , & laguarda , &quafi che l'adora,
quando starnuta. Et non è dubbio alcuno , che i cani per tutto quello fpatio,
ch'ella fi uede, uanno grandemente in rabbia .
della canicu
Leftelle in uarie parti di fegni , e in diuerfi tempi , fanno diffe
renti influfsi . Cap . XLI.
H
ANNO le parti anchora d'alcuni fegni la forza loro , fi come nell'equi
nottio dell'autunno, & nel folftitio del uerno, quando ueggiamo la stella ef
Bij
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