Cavenago di Brianza
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Rime (Berni)/XVII. Capitolo d'un ragazzo
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Francesco Berni - Rime (XVI secolo)
XVII. Capitolo d'un ragazzo
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◄XVI. Capitolo di papa AdrianoXVIII. Sonetto del bacciliero►
I’ ho sentito dir che Mecenate
dette un fanciullo a Vergilio Marone,
3che per martel voleva farsi frate;
e questo fece per compassïone
ch’egli ebbe di quel povero cristiano,
6che non si dessi alla disperazione.
Fu atto veramente da romano,
come fu quel di Scipïon maggiore,
9quand’egli era in Ispagna capitano.
Io non son né poeta né dottore,
ma chi mi dessi a quel modo un fanciullo,
12credo ch’io gli daria l’anima e ’l cuore.
Oh state cheti, egli è pur un trastullo
aver un garzonetto che sia bello,
15da insegnarli dottrina e da condullo!
Io per me credo ch’i’ fare’ il bordello
e ch’io gl’insegnarei ciò ch’io sapessi,
18s’egli avesse nïente di cervello.
E così ancora, quand’io m’avvedessi
che mi facessi rinegare Iddio,
21non è dispetto ch’io non gli facessi.
Oh Dio, s’io n’avesse un che vo’ dir io,
poss’io morir come uno sciagurato,
24s’io non gli dividesse mezzo il mio;
ma io ho a far con un certo ostinato,
o, per dir meglio, con quelli ostinati
27c’han tolto a farmi viver disperato.
Per Dio, noi altri siam pur sgrazïati,
nati ad un tempo dove non si trova
30di questi così fatti Mecenati.
Sarà ben un che farà una pruova
di dar via una somma di denari;
33da quello in su non è uom che si muova.
Or che diavol ha a far qui un mio pari?
Hass’egli a disperar o a gittar via,
36se non v’è Mecenati o Tucchi o Vari?
Sia maladetto la disgrazia mia,
poi ch’io non nacqui a quel buon secol d’oro,
39quando non era ancor la carestia!
Sappi, che diavol sarebbe a costoro
d’accomodar un pover uom da bene
42e di far un bel tratto in vita loro?
Ma so ben io donde la cosa viene:
perché la gente se lo trova sano,
45ogniun va drieto al caldo delle rene
et ogniun cerca di tenere in mano;
così avviene; e chi non ha, suo danno:
48non val né santo Anton né san Bastiano.
Cristo, cavami tu di questo affanno;
o tu m’insegna com’io abbi a fare
51aver la mala pasqua col mal anno;
e s’egli è dato ch’io abbi a stentare,
fa’ almen che qualch’un altro stenti meco,
54acciò ch’io non sia solo a ruinare.
Cupìdo traditor, bastardo, cieco,
che sei cagion di tutto questo male,
57riniego Iddio s’io non m’amazzo teco,
poi che il gridar con altri non mi vale.
◄XVI. Capitolo di papa Adriano▲XVIII. Sonetto del bacciliero►
Edizione: "Rime" di Francesco Berni
a cura di Danilo Romei
Collezione GUM. N. S
Mursia editore S.p.A.
Milano, 1985
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mi fai instantia, ch'io ti debba scriuere là
morte di mio zio, accioche Tu ne posta la-
(ciare vera memoria a colorocoloro che veranno.
Io ti ringratio. Percioche lo veggio, che la
morte di Lui è per douer haucre immortal
gloria,ogni volta ch'ella farà da Tecelebra
tà.'Perche se bene Egliè morto nella ruina
di bellillime terre , ond'è quasi per fi me-
morabil caso per sempre viuere,come i popoli,& le città, & benche Égli habbia scritte allaiilime cose: nondimeno l'eternità de tuoi scritti aggiugnerà molto alla perpetuità di Lui.Conciosia cosa che io-stimo beati coloro,iquali per gratia di Dio
potuto fare cose degne d'ellère scritte,o scrivere cose da essere lettejma molto più felici quei che hanno huuto l'uno & Paltro. Nel numero di questi sarà mio Zio & per li suoi libri,& per li tuoi.Ec per ciò tanto più volentieri mi metto a fare,quei che Tu midomandi. E gli si trouaua a Miseno, & quiui come Generale gouernaua l’ar nata. A di primo di Nouembre, d'intorno alle sette hore, mia madre gli fa? intendere, come era apparsa vna nugola d'inusitata forma, & gran dezza. Egli si leuò,comcera vfato fare, dal sono, hauendo beuuto vn) poco d'acqua fresca , percioch’Egli studiaua a giacere. Fecesi dare le pianelle, & salì in quel luogo, onde meglio li poteua vedere quel miracolo. Non li poteua conoscere da coloro, ch'eran-lontano, da
B 2.' quel
hanno potuto

quel monte nasceua quella nugofa: fu poi conosciuto , ch'ella ueniua dal Veluuio: la cui similitudine, & forma somigliaua più un pino, che alcun altro albero . Percioche salendo su in alto quasi con um lunghislimo tidnco , fi uniua allargando con certi rami. Credo perch'ella folle innafzata da un uento fresco , di poi abandonata da ello secondo che veniua mancando, o, uinta ancora dal suo pelo , isuaniua in allegrezza , quando bianca , & lorda & macchiata , fi come ella haucua alzato o terra o cenere. Egli si rifolle dunque , come eruditiflimo huomo, che . Egli cra di uolere ueder più appreslo questa gran cosa . Egli fece dunque metter a ordine una fusta , & dislemi , che andassi seco, le Jo 110leua . Doue lo rispoli , che voleva più tosto studiare : & Egli perauentura mi haueua dato non so che da scrivere . Egli ulci di cala , doue gli fu dato un menoriale a Retina dal nocchiero spauentato dal pericolo , che soprastaua , percioche questa uilla era giù al basso, & perciò ntofto Io pregaua, che si faluasle su le naui, percioche non u'era altro modo a faluarsi da tanto gran pericolo. Murò Egli pensrero, & quelche Egli haucu incominciato con animo studioio, lo forni con grandittimo. Fece dunquc in un subito uscir fuora le quadriremi, & Egli ui fali sopra, con animo non pure di dar soccorso a Retina, ma a molti altri luoghi ancora, essendo quella contrada da molti habitata. Coli se n’andò Egli doue gli altri spauentati fuggiuano , inuiandosi a diritto ladoue cra il
a pericolo , tanto libero dalla paura, chc Egli si misca notaredetrarre tutti i morti di quella ruina, & tutte le figure, secondo che Egli ftesto l'hauela ucdute con gli occhi suoi. Et già la cencre era caduca su le naui, laquale quanto più s'apprefläua, era trato più calda , & più groffa , già fi uedcuano ancora le promici, & altre pien tre nere, atle, & rotte dal fuoco, già s'era fatto un subito guado, el monte era ruinato con gran fracallo, Stette lofpcfo un poco , se doneua uoltare adietro, dipor riuolto al nocchiero , ilquale gli ricordaua che faceffe buon’animo , difle la Fortuna ajuta gli animosi, uà alla uolta di Pomponiano . Egli era a Stabia grunto già a mezzo il golfo . Percioche il mare fa quiui certe riue torte &
piegare . Quiui bencho il pericolo non s'afpreffe ancora, csendo però manifesto, & montre tuttauia ecrcfceua uici
haueua ridotte le bagaglie a’ nauili , risoluto di voler fuggire , se il vento contrario li fermaua . Perche il mio zio spintoli innanzi con bonilino uento , abbracciò il nocchicro tatto sbigottito , confortandolo , & facendogli animo , & per caccia-, rela pauta di Lui con la sua ficurezza, fi fece
haueua ridotte le bagaglie a’ nauili , risoluto di voler fuggire , se il vento contrario li fermaua . Perche il mio zio spintoli innanzi con bonilino uento , abbracciò il nocchicro tatto sbigottito , confortandolo , & facendogli animo , & per caccia-, rela pauta di Lui con la sua ficurezza, fi fece
na ba&no,
portare



13 10 , & come e' fu lauato , fi mise a cenare tutto lieto, o quel e non è punto meno , sunile a huomo lieto . In questo inezo I monte Veluuio reluceuano in molti luochi grandiffimc fane, & fuochi : il cui fplendore & chiarezza cacciaua l'oscurità ella
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I’ ho sentito dir che Mecenate
dette un fanciullo a Vergilio Marone,
3che per martel voleva farsi frate;
e questo fece per compassïone
ch’egli ebbe di quel povero cristiano,
6che non si dessi alla disperazione.
Fu atto veramente da romano,
come fu quel di Scipïon maggiore,
9quand’egli era in Ispagna capitano.
Io non son né poeta né dottore,
ma chi mi dessi a quel modo un fanciullo,
12credo ch’io gli daria l’anima e ’l cuore.
Oh state cheti, egli è pur un trastullo
aver un garzonetto che sia bello,
15da insegnarli dottrina e da condullo!
Io per me credo ch’i’ fare’ il bordello
e ch’io gl’insegnarei ciò ch’io sapessi,
18s’egli avesse nïente di cervello.
E così ancora, quand’io m’avvedessi
che mi facessi rinegare Iddio,
21non è dispetto ch’io non gli facessi.
Oh Dio, s’io n’avesse un che vo’ dir io,
poss’io morir come uno sciagurato,
24s’io non gli dividesse mezzo il mio;
ma io ho a far con un certo ostinato,
o, per dir meglio, con quelli ostinati
27c’han tolto a farmi viver disperato.
Per Dio, noi altri siam pur sgrazïati,
nati ad un tempo dove non si trova
30di questi così fatti Mecenati.
Sarà ben un che farà una pruova
di dar via una somma di denari;
33da quello in su non è uom che si muova.
Or che diavol ha a far qui un mio pari?
Hass’egli a disperar o a gittar via,
36se non v’è Mecenati o Tucchi o Vari?
Sia maladetto la disgrazia mia,
poi ch’io non nacqui a quel buon secol d’oro,
39quando non era ancor la carestia!
Sappi, che diavol sarebbe a costoro
d’accomodar un pover uom da bene
42e di far un bel tratto in vita loro?
Ma so ben io donde la cosa viene:
perché la gente se lo trova sano,
45ogniun va drieto al caldo delle rene
et ogniun cerca di tenere in mano;
così avviene; e chi non ha, suo danno:
48non val né santo Anton né san Bastiano.
Cristo, cavami tu di questo affanno;
o tu m’insegna com’io abbi a fare
51aver la mala pasqua col mal anno;
e s’egli è dato ch’io abbi a stentare,
fa’ almen che qualch’un altro stenti meco,
54acciò ch’io non sia solo a ruinare.
Cupìdo traditor, bastardo, cieco,
che sei cagion di tutto questo male,
57riniego Iddio s’io non m’amazzo teco,
poi che il gridar con altri non mi vale.
◄XVI. Capitolo di papa Adriano▲XVIII. Sonetto del bacciliero►
Edizione: "Rime" di Francesco Berni
a cura di Danilo Romei
Collezione GUM. N. S
Mursia editore S.p.A.
Milano, 1985
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Il contenuto è disponibile in base alla licenza CC BY-SA 3.0, se non diversamente specificato.
Informativa sulla privacy
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morte di mio zio, accioche Tu ne posta la-
(ciare vera memoria a colorocoloro che veranno.
Io ti ringratio. Percioche lo veggio, che la
morte di Lui è per douer haucre immortal
gloria,ogni volta ch'ella farà da Tecelebra
tà.'Perche se bene Egliè morto nella ruina
di bellillime terre , ond'è quasi per fi me-
morabil caso per sempre viuere,come i popoli,& le città, & benche Égli habbia scritte allaiilime cose: nondimeno l'eternità de tuoi scritti aggiugnerà molto alla perpetuità di Lui.Conciosia cosa che io-stimo beati coloro,iquali per gratia di Dio
potuto fare cose degne d'ellère scritte,o scrivere cose da essere lettejma molto più felici quei che hanno huuto l'uno & Paltro. Nel numero di questi sarà mio Zio & per li suoi libri,& per li tuoi.Ec per ciò tanto più volentieri mi metto a fare,quei che Tu midomandi. E gli si trouaua a Miseno, & quiui come Generale gouernaua l’ar nata. A di primo di Nouembre, d'intorno alle sette hore, mia madre gli fa? intendere, come era apparsa vna nugola d'inusitata forma, & gran dezza. Egli si leuò,comcera vfato fare, dal sono, hauendo beuuto vn) poco d'acqua fresca , percioch’Egli studiaua a giacere. Fecesi dare le pianelle, & salì in quel luogo, onde meglio li poteua vedere quel miracolo. Non li poteua conoscere da coloro, ch'eran-lontano, da
B 2.' quel
hanno potuto

quel monte nasceua quella nugofa: fu poi conosciuto , ch'ella ueniua dal Veluuio: la cui similitudine, & forma somigliaua più un pino, che alcun altro albero . Percioche salendo su in alto quasi con um lunghislimo tidnco , fi uniua allargando con certi rami. Credo perch'ella folle innafzata da un uento fresco , di poi abandonata da ello secondo che veniua mancando, o, uinta ancora dal suo pelo , isuaniua in allegrezza , quando bianca , & lorda & macchiata , fi come ella haucua alzato o terra o cenere. Egli si rifolle dunque , come eruditiflimo huomo, che . Egli cra di uolere ueder più appreslo questa gran cosa . Egli fece dunque metter a ordine una fusta , & dislemi , che andassi seco, le Jo 110leua . Doue lo rispoli , che voleva più tosto studiare : & Egli perauentura mi haueua dato non so che da scrivere . Egli ulci di cala , doue gli fu dato un menoriale a Retina dal nocchiero spauentato dal pericolo , che soprastaua , percioche questa uilla era giù al basso, & perciò ntofto Io pregaua, che si faluasle su le naui, percioche non u'era altro modo a faluarsi da tanto gran pericolo. Murò Egli pensrero, & quelche Egli haucu incominciato con animo studioio, lo forni con grandittimo. Fece dunquc in un subito uscir fuora le quadriremi, & Egli ui fali sopra, con animo non pure di dar soccorso a Retina, ma a molti altri luoghi ancora, essendo quella contrada da molti habitata. Coli se n’andò Egli doue gli altri spauentati fuggiuano , inuiandosi a diritto ladoue cra il
a pericolo , tanto libero dalla paura, chc Egli si misca notaredetrarre tutti i morti di quella ruina, & tutte le figure, secondo che Egli ftesto l'hauela ucdute con gli occhi suoi. Et già la cencre era caduca su le naui, laquale quanto più s'apprefläua, era trato più calda , & più groffa , già fi uedcuano ancora le promici, & altre pien tre nere, atle, & rotte dal fuoco, già s'era fatto un subito guado, el monte era ruinato con gran fracallo, Stette lofpcfo un poco , se doneua uoltare adietro, dipor riuolto al nocchiero , ilquale gli ricordaua che faceffe buon’animo , difle la Fortuna ajuta gli animosi, uà alla uolta di Pomponiano . Egli era a Stabia grunto già a mezzo il golfo . Percioche il mare fa quiui certe riue torte &
piegare . Quiui bencho il pericolo non s'afpreffe ancora, csendo però manifesto, & montre tuttauia ecrcfceua uici
haueua ridotte le bagaglie a’ nauili , risoluto di voler fuggire , se il vento contrario li fermaua . Perche il mio zio spintoli innanzi con bonilino uento , abbracciò il nocchicro tatto sbigottito , confortandolo , & facendogli animo , & per caccia-, rela pauta di Lui con la sua ficurezza, fi fece
haueua ridotte le bagaglie a’ nauili , risoluto di voler fuggire , se il vento contrario li fermaua . Perche il mio zio spintoli innanzi con bonilino uento , abbracciò il nocchicro tatto sbigottito , confortandolo , & facendogli animo , & per caccia-, rela pauta di Lui con la sua ficurezza, fi fece
na ba&no,
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