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Trail stats

Distance
8.83 mi
Elevation gain
3 ft
Technical difficulty
Moderate
Elevation loss
3 ft
Max elevation
255 ft
TrailRank 
64
Min elevation
-112 ft
Trail type
One Way
Moving time
2 hours 27 minutes
Time
3 hours 37 minutes
Coordinates
1917
Uploaded
July 20, 2022
Recorded
July 2022
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near Roman Catholic Diocese of Ferrara (today Ferrara-Comacchio), Emilia-Romagna (Italia)

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Itinerary description

Monastero di Sant'Antonio in Polesine
Fondato nel XIII secolo dalla Beata Beatrice d'Este, presenta cappelle con affreschi che vanno dalla scuola giottesca e bizantina e quella rinascimentale
ntrati nel monastero, si percepisce subito la sensazione forte di essere entrati in un luogo sacro, dedicato alla preghiera. Prima del Mille il monastero nasce su un'isola nell'alveo del Po. A metà del Duecento il complesso conventuale accoglie le monache benedettine riunite attorno a Beatrice d'Este, fondatrice della comunità religiosa.

Le monache hanno continuato a dimorare qui e al mattino presto è possibile sentire la loro messa cantata con le melodie dei canti gregoriani.

Visitare la chiesa interna riservata alle monache è un'esperienza capace di toccare nel profondo, non solo per l'atmosfera incorrotta che si respira ma anche per la presenza degli affreschi di scuola giottesca, eseguiti tra la fine del Duecento e la metà del Trecento.
Parco Archeologico del Baluardo dell'Amore
Dopo quattrocento anni Ferrara riporta alla luce il Baluardo dell'Amore. Il nuovo Parco archeologico, in corrispondenza dell'antica Porta d'Amore, offre un itinerario di visita che ricalca fedelmente i percorsi originariamente tracciati dagli Estensi
Innestato lungo la cortina muraria fatta costruire dal duca Borso d'Este alla metà del XV secolo, l'odierno Baluardo dell'Amore dalla tipica forma ad "asso di picche" (con profondi fianchi rientranti) venne realizzato in realtà oltre un secolo dopo: fu Alfonso II d'Este, infatti a promuovere tra il 1578 e il 1585 un'ingente opera di potenziamento difensivo delle fortificazioni meridionali a ridosso del Po, grazie ai progetti di ingegneri e di tecnici militari quali Cornelio Bentivoglio, Marcantonio Pasi, Giulio Thiene e Giovanni Battista Aleotti. Dopo la demolizione della sovrastante scuola materna (costruita nel 1936), gli scavi archeologici e i restauri condotti dal 2007 ad oggi hanno portato alla luce un vero e proprio palinsesto di architettura militare, a partire dai resti della quadrangolare porta quattrocentesca dalla forma turrita con limitrofo corpo di guardia (entrambi distrutti e ricoperti nel 1630), nonché dalle tracce del piccolo bastione triangolare realizzato nel 1557 su commissione di Ercole II d'Este a difesa dell'antica porta; sono inoltre stati scoperti un locale casamattato con volta a botte, antiche pavimentazioni, un piccolo oratorio e ulteriori luci nei fianchi del baluardo.
Sulla punta dello spigolo esterno si nota un gancio originariamente concepito per reggere uno scudo marmoreo con insegne araldiche: nel corso del XIX secolo venne utilizzato come porta lucerna, tra le tante posizionate lungo la cinta per le guardie daziarie attive fino al 1930.


L'accesso al Parco Archeologico è allestito su via Baluardi tramite un cancello in ferro interposto fra le due cortine di recinzione dell'area realizzate tramite una composizione di gabbie metalliche con il sistema del terreno rinforzato al fine di riconsegnare verso l'esterno la continuità del terrapieno verde delle mura. Il visitatore in entrata si trova di fronte una cortina muraria, costituita dai resti della cinta borsiana e della Porta dell'Amore (XV sec.) che, "estrusa/riallestita" verso l'alto, con l'uso di una struttura metallica, si innalza riproponendo le volumetrie originarie degli stessi manufatti. Sopra tale cortina, è stata installata la passerella di ricucitura del percorso mura, al centro della quale si trova il livello superiore della Porta dell'Amore; ripristinando così la continuità della promenade cittadina, che consente di osservare il Parco Archeologico dall'alto a 360° nonché di entrare, proprio come facevano gli Estensi, all'interno del livello superiore dell'antica torre. Il visitatore può addentrarsi nel Parco, passando sotto la Porta, grazie all'apertura ad arco "ricostruito" e, dopo aver osservato i ritrovati interni alla torre, fra i quali una rampa di scale in cotto che raggiungeva il livello superiore; può uscire per osservare i manufatti del XVI secolo. Si trova di fronte al rivellino a forma di freccia del 1557, restaurato e consolidato, all'interno del quale sono visitabili due piccoli ambienti con volte a botte, uno al centro adibito in origine a deposito armi, e l'altro, sull'asse nord-ovest, adibito a piccolo oratorio. Sulla muratura del piccolo baluardo sono ben visibili linee d'imposta, conci e chiavi di volte che rievocano il sistema di copertura della "galleria" interposta fra le mura di Borso ed il rivellino; sulle estremità opposte, a nord-ovest ed a sud-est, si aprono i varchi che permettono l'uscita al vallo sottomura, aperti, consolidati e restaurati durante i precedenti lavori.

Palazzo Costabili, detto anche palazzo di Ludovico il Moro, è un edificio che si trova a Ferrara, in via XX Settembre 122. Ospita il Museo archeologico nazionale di Ferrara.

Sebbene incompiuto costituisce uno dei maggiori capolavori dell'architetto Biagio Rossetti.
Secondo un'ipotetica tradizione, il duca di Milano Ludovico il Moro, per sfuggire alle minacce incombenti che si andavano profilando sulla sua persona, avrebbe deciso di edificarsi una sontuosa dimora nella tranquilla capitale estense, città d'origine della sua sposa Beatrice d'Este, ed affidò all'ambasciatore della città meneghina presso la corte d'Este il compito di provvedere a costruire tale edificio. In realtà pare che la commissione partì unicamente dal legato degli Sforza presso gli Este, l'ambasciatore Antonio Costabili.

I lavori vennero affidati all'architetto di corte Biagio Rossetti che iniziò la costruzione della dimora nel 1495 mentre i lavori terminarono già nel 1504. Il palazzo venne edificato sull'antica Via della Ghiara, così chiamata per via dei residui sabbiosi lasciati da uno dei rami del Po che un tempo scorreva in quella zona, e rappresenta le storiche alleanze politiche che a quei tempi intercorrevano fra Ferrara e Milano, evidenziate in modo particolare dalle parentele di Ludovico il Moro con gli Este, sia come marito di Beatrice d'Este e sia come zio di Anna Maria Sforza, prima moglie di Alfonso I d'Este.

In seguito il palazzo divenne di proprietà della famiglia Costabili che si estinse nel XVI secolo e questo determinò una serie di passaggi di proprietà che ne causò il degrado. Soltanto nel 1920, su iniziativa del direttore generale delle Antichità e Belle Arti Corrado Ricci, lo Stato acquistò l'immobile dagli ultimi proprietari. Fu necessario un restauro notevole per recuperare la struttura quando, nel 1929, il Ministero dell'educazione nazionale decise di destinarlo a sede dei reperti archeologici ritrovati nella necropoli di Spina. I lavori iniziarono nel 1932 e comportarono il consolidamento e l'adeguamento a sede museale. Come da prassi dell'epoca venne recuperato lo stile originale e vennero eliminate molte decorazioni barocche[1]. Gli ultimi interventi di restauro risalgono agli novanta e sono stati eseguiti per conto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e del Comune di Ferrara che hanno provveduto a lavori di adeguamento tecnologico degli impianti e a restauri filologici.
l cortile d'onore, nonostante sia incompleto su due lati, costituisce probabilmente l'aspetto più significativo dello splendore della dimora: un doppio ordine di arcate produce un ritmo costante, con il portico e il loggiato superiore.
I due ordini di arcate sono coronati da un elegante cornicione in cotto, e da decorazioni marmoree che rendono più armonioso l'insieme.

Le finestre del primo piano, in origine, erano alternativamente aperte e murate a gruppi di due, creando un gioco di pieni e vuoti che ancora si può in parte apprezzare sulla facciata del palazzo su via Porta d'Amore. Il restauro degli anni Trenta del Novecento aprì tutte le finestre per ottenere un porticato nello stile del Bramante, al quale si voleva attribuire il progetto dell'edificio. Oggi un gioco di tende suggerisce al visitatore l'antico aspetto del cortile.

Sala del Tesoro
Degli interni, di cui resta assai poco, la stanza più rappresentativa e più importante è la cosiddetta Sala del Tesoro, probabilmente destinata a sala della musica o a biblioteca, archivio o addirittura a thesaurus, ovvero a luogo di raccolta di opere d'arte e oggetti preziosi. La sala fu decorata fra il 1503 e il 1506 da Benvenuto Tisi da Garofalo, uno fra i pittori più rappresentativi della Scuola ferrarese attiva alla corte estense nel tardo Rinascimento. Il soffitto è decorato sulla base della Camera degli Sposi di Mantegna, ubicata nel Castello di San Giorgio a Mantova[2], e presenta una finta balconata dalla quale si affacciano diversi personaggi, molti con strumenti musicali, che testimoniano il loro amore nei confronti della musica, dell'arte e della poesia; oltre la balconata, nel cielo turchino, si staglia il soffitto di un gazebo decorato con rami carichi di frutti. Al centro del gazebo si trovano un rosone ligneo d'oro intagliato e una finta architettura che funge da copertura della struttura. Tutto attorno corre un fregio decorato a grottesche con medaglioni che raffigurano scene mitologiche dell'antica Roma. Il raccordo pittorico fra il soffitto e le pareti è stato eseguito nel 1517 con lunette nelle quali è dipinto il mito di Eros e Anteros, opera dell'umanista Celio Calcagnini.
Salone delle Carte Geografiche

Salone delle Carte Geografiche
Tale salone si trova nel piano nobile del palazzo, dedicato alla necropoli etrusca di Spina, ed è stato decorato nel 1935 come conclusione dei lavori di restauro che portarono all'apertura del Museo Archeologico Nazionale. La scelta di dedicare la conclusione dell'itinerario museale alla riproduzione di antiche carte geografiche venne presa dal primo direttore del museo, Salvatore Aurigemma[3], che volle porre l'attenzione dello spettatore sia sul territorio del delta del Po e sia sulle valli di Comacchio, ovvero la zona nella quale vennero alla luce i reperti della città di Spina in seguito alla bonifica di Valle Trebba avvenuta negli anni Venti. Tale volontà di decorare la sala trova fondamento anche nello spirito dell'epoca, in particolare la ripresa della storia passata e soprattutto dell'antica Roma imperiale, che in epoca fascista serviva a giustificare gli interventi e le azioni dello Stato. La rassegna delle grandi carte geografiche, anche se superate dalla cartografia moderna, inizia con due carte d'Italia: una con i territori in cui abitavano gli Etruschi durante il loro periodo di massima espansione (V secolo), mentre l'altra mostra la divisione in regioni durante l'epoca dell'imperatore Augusto (I secolo). Una rappresentazione di rilievo, posta lungo la parete che si affaccia sul loggiato, viene ricoperta da una porzione della Tavola Peutingeriana, copia medievale di una carta geografica romana indicante le vie militari dell'Impero romano, che raffigura il percorso del Po da Piacenza sino alla sua foce e con l'Italia centrale fino a Roma. Concludono il ciclo cartografico le mappe del delta del Po e delle valli di Comacchio, utili al visitatore per meglio inquadrare la zona di origine della città etrusca di Spina.

Attorno alla sala, sul fregio del cornicione, vennero trascritti i versi dell'ode Alla città di Ferrara, composti da Giosuè Carducci nel 1895.
Il giardino

Vista del giardino dall'alto con il labirinto
Degli spazi esterni del palazzo assume notevole importanza il giardino formale, frutto dei restauri cui è stato sottoposto nel 2010. Il giardino oggi visitabile non è però quello originale poiché si tratta di una ricostruzione in stile di un tipico giardino rinascimentale operata negli anni trenta. Il "giardino di rappresentanza" originale si trovava a levante del palazzo, lungo l'antica via della Ghiara, del quale oggi non ne è rimasta più alcuna traccia dato che nel corso del tempo è stato più volte frazionato e destinato a proprietari diversi.

La volontà di ricreare un tipico giardino rinascimentale nasce negli anni Trenta, nello stesso periodo in cui venne inaugurato il Museo Archeologico Nazionale, sebbene sia il risultato di una ricostruzione puramente immaginaria e non basata su alcuna documentazione storica[4]. Il giardino, che fino agli inizi del Novecento era adibito a orto, venne suddiviso in ampi riquadri, mantenendo gli stessi percorsi esistenti e delineando le aiuole; inoltre, come voleva la prassi dell'epoca, la parte sud venne decorata con esedre di ligustro, pianta non diffusa nei giardini del Cinquecento. Negli anni cinquanta si provvedette ad aggiungere il labirinto, la galleria di rose, i giochi verdi dentro i riquadri ed altre specie arboree, finendo per perdere l'unità formale con cui era stato concepito.

I lavori di restauro del 2009-2010, grazie agli studi eseguiti sul terreno, hanno consentito sia di mantenere pressoché inalterato l'impianto del giardino e hanno altresì consentito di ricostruire l'antica costituzione delle essenze arboree. In particolare, l'archeologia dei paesaggi ha ricostruito un ambiente molto vasto, adibito quasi interamente ad orto e dotato di rare alberature ma ricco delle vegetazioni tipiche di un terreno umido, così come ad alberi da frutto, prati incolti e ad un'elevata concentrazione di cereali, soprattutto orzo e grano; le indagini di scavo archeologiche hanno invece evidenziato i livelli del terreno precedenti alle operazioni di costruzione del palazzo insieme ai resti di un muro che tagliava trasversalmente il giardino e che fu abbattuto agli inizi del XVIII secolo.

Le indagini paleobotaniche e palinologiche hanno restituito così un quadro più dettagliato sulle composizioni arboree dell'area nel corso dei secoli ed hanno permesso un restauro più accurato del giardino, il quale è stato promosso e finanziato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. L'intervento è consistito in un restauro conservativo dell'esistente: sono stati mantenuti i percorsi e le aree verdi, i riquadri e le siepi in bosso, così come il labirinto ed il pergolato di rose, mentre il cedro deodara ed il cedro del Libano posti nella zona sud hanno subito un intervento di ripulitura delle parti secche ed un innalzamento delle chiome. Sono anche stati riposizionati i quattro tassi nei rispettivi riquadri, oltre il pozzo, per non interferire con la visuale prospettica del portico; sono inoltre state rimpiazzate alcune essenze arboree con due piante di melograno, già presenti nel giardino e raffigurate anche nella Sala del Tesoro dal Garofalo[5]. Infine, il muro di cinta è stato rivestito con piante rampicanti fiorite quali rose, ortensie, clematis armandii e viti americane.


Nel XVI secolo in corrispondenza dell’attuale parco del Montagnone si trovava una delle più belle "delizie" di proprietà degli Estensi (purtroppo in gran parte distrutta), articolata proprio attorno alla Montagna di San Giorgio; vi si accedeva attraverso un portone d'ordine dorico “magnificentissimamente costruito”, posto in fondo alla strada chiamata un tempo via della Ghiara (o della Ghiaia), oggi via XX Settembre. Il sopraccitato portone fu poi trasformato nell'attuale Prospettiva dall'architetto Gaetano Genta nel 1786. Nel complesso l’opera si presenta meno maestosa ed elegante rispetto alla Prospettiva della Giovecca ma, pur nella semplicità dei paramenti murari (costituiti in gran parte da mattoni a vista), costituisce un decoroso fondale scenografico ad una delle strade più importanti della Ferrara medievale. Nella parte superiore della Prospettiva campeggia una lapide che ricorda l’intervento del 1786, promosso dal Giudice dei Savi Stefano Graziadei e degli altri dieci componenti del Maestrato dei Savi. (a cura di Francesco Scafuri - Servizio Beni Monumentali- Centro Storico del Comune di Ferrara)



La chiesa di Santa Francesca Romana si trova a Ferrara, in via XX Settembre, 47.
Il nucleo originario del complesso era il piccolo oratorio (San Giorgio della Ghiara) detto di San Giorgino, eretto nel 1569 dai monaci olivetani della vicina Basilica di San Giorgio.

L'attuale chiesa venne costruita nel 1619 su disegno di Alberto Schiatti, terminata nel 1622 da Giovan Battista Aleotti e dedicata a Santa Francesca Romana, mentre il precedente oratorio venne adibito a sagrestia.

Fra il 1872 ed il 1874 vennero effettuati importanti lavori di rifacimento ed ampliamento ad opera di Pietro Ghelli, e fra il 1929 ed il 1931 venne effettuato il restauro della facciata.

Nel 1932 venne costruito un teatrino, ricavandolo dall'antico refettorio dei monaci olivetani, che venne in seguito adibito a cinematografo.
All'interno della chiesa nella prima cappella a destra è collocata la Crocifissione e i Santi Padri nel Limbo, realizzata nel 1614 da Ludovico Carracci. Inoltre di Camillo Ricci è visibile il dipinto raffigurante Santa Francesca Romana riceve il Bambino dalla Vergine e di Giacomo Bambini la Madonna col Bambino che consegna la regola olivetana ai santi Benedetto e Bernardo Tolomei.

Ghetto ebraico e Sinagoghe
Il quartiere medievale di Ferrara conserva le memorie di una comunità ebraica tra le più antiche d’Italia e del ghetto in cui essa venne segregata dal 1627 all’Unità d’Italia. Via Mazzini era la strada principale dell'antico ghetto, dove un tempo si concentravano i negozi degli ebrei e i vecchi edifici che hanno mantenuto la loro struttura originaria.
Al suo imbocco verso la piazza della Cattedrale vi era uno dei cinque cancelli di chiusura del quartiere e in alto, tra i due archi, una lapide ricorda l'istituzione del ghetto. Via Vignatagliata, Via Vittoria e Piazzetta Isacco Lampronti costituivano il quartiere ebraico, con vecchi edifici: case in cotto, alcune disadorne altre con portali riccamente decorati o con balconcini in ferro battuto, la scuola ebraica dove Bassani insegnò durante la segregazione razziale, il vecchio forno delle azzime, l'asilo e l'ospizio.

Al n. 95 di Via Mazzini si trova la Sinagoga: fin dal 1485 il ricco banchiere romano Ser Samuel Melli aveva acquistato una grande casa e l'aveva donata agli ebrei ferraresi perché ne facessero la sede delle loro istituzioni. La casa intatta, serve tuttora da centro della vita dell'ormai piccola comunità locale. Accanto al portone d'ingresso si notano due lapidi, il ricordo tangibile delle terribili persecuzioni razziali; ad esse di riferisce una delle prime Storie Ferraresi di Giorgio Bassani, Una lapide in via Mazzini. Fra gli ambienti interni più importanti, vi è l'ex Tempio Tedesco (Ashkenazita), ora utilizzato per le cerimonie più solenni. L'ex Tempio italiano è oggi un elegante e ampio salone usato per conferenze e celebrazioni comunitarie. L'Oratorio Fanese è un piccolo tempio del sec. XIX, comunemente usato per i riti del sabato.
La Sinagoga ospita il Museo Ebraico: TEMPORANEAMENTE CHIUSI PER RESTAURO.

La chiesa di San Francesco si trova a Ferrara, all'angolo tra via Terranuova e via Savonarola. Venne elevata alla dignità di basilica minore nel dicembre 1956 da papa Pio XII.
Fu eretta nel 1494 su un edificio preesistente, dei francescani e che era stato utilizzato sino all'inizio del XV secolo come mausoleo della casata degli Este, prima che Niccolò III d'Este decidesse la costruzione della chiesa di Santa Maria degli Angeli.

Il progetto è tra le migliori realizzazioni di Biagio Rossetti. La facciata e il corpo basilicale presentano linee tipicamente rinascimentali, con le volute, ispirate a Leon Battista Alberti, e le lesene in marmo che spiccano sul cotto delle pareti.

L'interno a tre navate ha una pianta a croce latina e otto cappelle per lato. Nella prima cappella di sinistra è notevole l'affresco della Cattura di Cristo del Garofalo (1524). Nella stessa cappella l'altare ha un'ancona scolpita con Cristo nel Gestemani, con i ritratti dei donatori ad affresco.

Nel transetto sinistro si conserva un prezioso sarcofago romano di fattura ravennate risalente al V secolo ed in quello destro il mausoleo per Ghiron Francesco Villa.

Il trittico dietro l'altare maggiore raffigura la Resurrezione, Ascensione e Deposizione di Domenico Mona (1580-1583).

Nella chiesa trovarono sepoltura diversi membri della casata estense:
Nella chiesa di San Francesco, a Ferrara, è presente nel transetto destro l'imponente mausoleo del marchese e generale ferrarese Ghiron Francesco Villa.[7] Costruito in stile barocco è ornato da bassorilievi che ricordano le sue imprese come generale.


La chiesa di Santo Spirito è un edificio di culto cattolico situato a Ferrara.
I lavori per la costruzione della chiesa e del convento di Santo Spirito, in via Montebello, iniziarono nel 1519. Alla morte del duca Alfonso I d'Este i lavori vennero interrotti ma dalle fonti risulta che il complesso doveva essere già di notevole ampiezza. Nel 1570 la chiesa venne danneggiata pesantemente dal disastroso terremoto che si abbatté a più riprese sulla città. Subito dopo il terremoto si decise di ristrutturare la chiesa e il convento. I lavori finirono solo nel 1630 e fecero assumere alla chiesa e al convento le forme attuali. La parte del convento che subì meno danni nel terremoto è quella del capitolo e del refettorio che risale alla primitiva costruzione cinquecentesca e all'interno presenta cinque rosoni dipinti dalla scuola del Garofalo.

Il convento e la chiesa vissero il loro periodo di maggior prestigio durante la fine del Seicento e per tutto il Settecento.

Nel 1830 il soffitto della chiesa crollò distruggendo tutte le decorazioni e i dipinti delle volte. Nella seconda metà dell'Ottocento il convento venne tolto ai frati minori osservanti e subì varie destinazioni d'uso.

Parte del convento fu destinata ad appartamenti privati, parte all'Università. Dal mese di ottobre del 2009 i frati francescani hanno dovuto rinunciare a officiare il culto cattolico e si sono trasferiti in altre chiese. La chiesa è retta, su mandato dell'arcivescovo Paolo Rabitti, dai frati francescani dell'Immacolata
L'interno della chiesa è molto vasto e luminoso e scompartito da pochi altari ma dalle dimensioni grandiose. All'interno sono contenute alcune tele degne di nota oltre alla cosiddetta miracolosa statua di sant'Antonio da Padova che, come raccontano alcuni cronisti dell'epoca, il 13 giugno 1770 sembrò muovere la testa sopra la folla sbigottita e incredula.


Il Palazzo dei Diamanti è uno dei monumenti più celebri di Ferrara e del Rinascimento italiano, situato in corso Ercole I d'Este 21, nel Quadrivio degli Angeli, proprio al centro dell'Addizione Erculea.
Il palazzo fu progettato da Biagio Rossetti per conto di Sigismondo I d'Este, fratello del duca Ercole I d'Este, nel 1492. Agli inizi degli anni novanta intervenne in una discussione tra studiosi in merito alla paternità dell'opera, portando i risultati delle sue ricerche, anche il maestro Adriano Franceschini.[1] Rimangono dubbi sui modelli che potrebbero aver ispirato il Rossetti e la questione è ancor oggi aperta. Tra questi Bruno Zevi cita Palazzo Sanuti Bevilacqua Degli Ariosti che divenne proprietà dei Bevilacqua, a Bologna, Palazzo Raimondi, a Cremona, Palazzo detto Steripinto a Sciacca, parte della chiesa del Gesù Nuovo, a Napoli ed altri edifici che probabilmente furono sconosciuti all'architetto degli Este[2]. La costruzione vera e propria avvenne tra il 1493 e il 1503 e poi si ebbero modifiche fra il 1567 e il 1570 opera di Galasso Alghisi, talvolta indicato come Galeazzo Alghisi o Galeazzo da Carpi. Tali interventi avvenuti nella seconda metà del XVI secolo potrebbero, secondo alcuni studiosi, aver riguardato il fascione in laterizio che corona il palazzo, l'inserimento del balconcino d'angolo, la forma e la disposizione delle finestre in facciata[3].

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Sito religioso

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Monastero di San Antonio in Polesine

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Sito religioso

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Sito religioso

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Baluardo dell'amore

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Baluardo dell'amore

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Palazzo Costabili

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Porta Romana

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Po

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Chiesa di Santa Francesca Romana

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Monumento

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Sinagoga ebraica

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Basilica San Francesco

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Chiesa Santo Spirito

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Chiesa San Matteo

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Palazzo dei diamanti

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