Memoria a Giuseppe Muntoni
near Vallermosa, Sardegna (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Il percorso inizia da Vallermosa. Percorrendo la strada che si inerpica verso la vetta del monte Cuccurdoni Mannu non si può far a meno di pensare di non essere in Sardegna. Eppure se conoscessimo le origini del nome della zona che ci lasciamo alla spalle saremmo certamente meno stupiti.
Hermosa mette le radici nello spagnolo e significa “bella”, “fiorente”, come lo è l’alternarsi dei colori che incespicano nel divenire autunnali o l’odore dei pini frammista a salsedine che si miscela nell’eterno conflitto interiore tra montagna e mare.
Proseguendo sulla strada si arriva ad una area archeologica ricca di storia immersa nella quiete della montagna: l’area arhcologica di Matzanni.
L’origine di questo complesso che domina la natura silente ancora oggi è avvolto dal mistero. Si pensa fosse un “santuario federale”, cioè un luogo di culto a cui facessero capo diverse comunità. All’interno del sito archeologico non si può non notare l’importanza che ricopriva l’acqua, ancora oggi non ben calata nella storia della religione nuragica. Non si, infatti, se il culto fosse devoto all’acqua oppure la usasse come strumento per i propri rituali.
Camminando nel parco archeologico si possono incontrare una capanna e 3 pozzi di cui indubbiamente il più affascinante è il pozzo A. Una struttura che si sviluppa per quasi 12 metri, costruito sulla spalla rocciosa della montagna dove c’è una fonte sorgiva, ancora oggi attiva e fonte dell’acqua che si può apprezzare nel pozzo. Il Tholos (la cupola di copertura) è ancora conservato e ci testimonia della grandezza che fu. Dagli scavi sono emersi diversi reperti, persino una tavola per le offerte con l’impiombatura per le spade votive.
Le spade votive sono componenti forti della cultura dei nostri avi. Intanto perché sono armi esclusivamente e originalmente nuragiche. E poi per il loro utilizzo: a dispetto del nome, infatti, non venivano usate come armi per via della loro struttura (lama sottile e troppo lunga con una impugnatura spesso assente) ma invece posizionate sulla sommità delle strutture dei templi e dei santuari per richiamare alla sacralità del luogo di culto.
Poco distante dai pozzi ci si imbatte nei resti di un’altra struttura: Il Tempio punico di Genn ‘e Cantoni.
La struttura risale, presumibilmente al terzo secolo avanti Cristo. Storicamente messo in relazione con le costruzioni nuragiche vicine delle quali si credeva facesse parte ma oggi sappiamo che è stato classificato come monumento punico, a sé stante. La lavorazione dei materiali con la levigazione e le dimensioni dei blocchi ben studiata testimonia di fatto questa scissione storica con i vicini pozzi dove la tecnica costruttiva appare decisamente più rudimentale. Dall’immagine caricata del percorso, si può vedere l’ipotesi architettonica del tempio alle sue origini(fonte: https://www.academia.edu/38281934/Il_tempio_punico_di_Genna_Cantoni_di_Iglesias)
Si continua a salire fino a giungere alla vetta di monte Cuccurdoni Mannu dove troveremo la vedetta/rifugio Muntoni e dal quale potremmo volare con lo sguardo da 980 metri sopra al mare.
Diventa immediatamente facile non dimenticare il nome di questo rifugio. Veniamo travolti dalla natura, infatti, anche grazie al contributo di Giuseppe Muntoni, noto come Nino, morto il 06 Agosto 1976 nel tentativo di proteggere queste terre da un vasto incendio che distrusse oltre 400 ettari di bosco. Gli fu dato, il riconoscimento di Vittima del dovere.
Ringraziando "Nino", iniziamo quindi a scendere verso quel lago, quello specchio blu che si miscela in maniera naturale con il panorama circostante. Eppure di naturale ha ben poco. Il lago di Leni è un lago artificiale che prende il nome dal Rio da cui origina il suo bacino, una mastodontica riserva di acqua che si estende per un’area di 40 Km2 e un volume totale di invaso di circa 29 milioni di m3 rendendolo il secondo lago artificiale per grandezza a livello europeo ed una sicurezza idrica per tutto il Campidano.
Indipendentemente dalle sue origini, si mischia così bene con la valle che rende il percorso uno dei più belli da percorrere nel sud Sardegna.
Hermosa mette le radici nello spagnolo e significa “bella”, “fiorente”, come lo è l’alternarsi dei colori che incespicano nel divenire autunnali o l’odore dei pini frammista a salsedine che si miscela nell’eterno conflitto interiore tra montagna e mare.
Proseguendo sulla strada si arriva ad una area archeologica ricca di storia immersa nella quiete della montagna: l’area arhcologica di Matzanni.
L’origine di questo complesso che domina la natura silente ancora oggi è avvolto dal mistero. Si pensa fosse un “santuario federale”, cioè un luogo di culto a cui facessero capo diverse comunità. All’interno del sito archeologico non si può non notare l’importanza che ricopriva l’acqua, ancora oggi non ben calata nella storia della religione nuragica. Non si, infatti, se il culto fosse devoto all’acqua oppure la usasse come strumento per i propri rituali.
Camminando nel parco archeologico si possono incontrare una capanna e 3 pozzi di cui indubbiamente il più affascinante è il pozzo A. Una struttura che si sviluppa per quasi 12 metri, costruito sulla spalla rocciosa della montagna dove c’è una fonte sorgiva, ancora oggi attiva e fonte dell’acqua che si può apprezzare nel pozzo. Il Tholos (la cupola di copertura) è ancora conservato e ci testimonia della grandezza che fu. Dagli scavi sono emersi diversi reperti, persino una tavola per le offerte con l’impiombatura per le spade votive.
Le spade votive sono componenti forti della cultura dei nostri avi. Intanto perché sono armi esclusivamente e originalmente nuragiche. E poi per il loro utilizzo: a dispetto del nome, infatti, non venivano usate come armi per via della loro struttura (lama sottile e troppo lunga con una impugnatura spesso assente) ma invece posizionate sulla sommità delle strutture dei templi e dei santuari per richiamare alla sacralità del luogo di culto.
Poco distante dai pozzi ci si imbatte nei resti di un’altra struttura: Il Tempio punico di Genn ‘e Cantoni.
La struttura risale, presumibilmente al terzo secolo avanti Cristo. Storicamente messo in relazione con le costruzioni nuragiche vicine delle quali si credeva facesse parte ma oggi sappiamo che è stato classificato come monumento punico, a sé stante. La lavorazione dei materiali con la levigazione e le dimensioni dei blocchi ben studiata testimonia di fatto questa scissione storica con i vicini pozzi dove la tecnica costruttiva appare decisamente più rudimentale. Dall’immagine caricata del percorso, si può vedere l’ipotesi architettonica del tempio alle sue origini(fonte: https://www.academia.edu/38281934/Il_tempio_punico_di_Genna_Cantoni_di_Iglesias)
Si continua a salire fino a giungere alla vetta di monte Cuccurdoni Mannu dove troveremo la vedetta/rifugio Muntoni e dal quale potremmo volare con lo sguardo da 980 metri sopra al mare.
Diventa immediatamente facile non dimenticare il nome di questo rifugio. Veniamo travolti dalla natura, infatti, anche grazie al contributo di Giuseppe Muntoni, noto come Nino, morto il 06 Agosto 1976 nel tentativo di proteggere queste terre da un vasto incendio che distrusse oltre 400 ettari di bosco. Gli fu dato, il riconoscimento di Vittima del dovere.
Ringraziando "Nino", iniziamo quindi a scendere verso quel lago, quello specchio blu che si miscela in maniera naturale con il panorama circostante. Eppure di naturale ha ben poco. Il lago di Leni è un lago artificiale che prende il nome dal Rio da cui origina il suo bacino, una mastodontica riserva di acqua che si estende per un’area di 40 Km2 e un volume totale di invaso di circa 29 milioni di m3 rendendolo il secondo lago artificiale per grandezza a livello europeo ed una sicurezza idrica per tutto il Campidano.
Indipendentemente dalle sue origini, si mischia così bene con la valle che rende il percorso uno dei più belli da percorrere nel sud Sardegna.
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