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VISIT VICENZA

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Trail stats

Distance
11.07 mi
Elevation gain
837 ft
Technical difficulty
Easy
Elevation loss
837 ft
Max elevation
505 ft
TrailRank 
59
Min elevation
85 ft
Trail type
Loop
Time
7 hours
Coordinates
1635
Uploaded
January 13, 2024
Recorded
January 2024
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near Ca' Sartorelli, Veneto (Italia)

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Itinerary description

Percorso ad anello da Ca' Sartorelli passando per:
1 - Basilica Santuario della Madonna di Monte Berico
2 - Campo Marzio
3 - Giardini Salvi
4 - Piazza Castello
5 - Chiesa di Santa Maria Nova
6 - La chiesa di San Lorenzo
7 - Palazzo Capra
8 - Palazzo Valmarana
9 - Palazzo Poiana
10 - Loggia del Capitaniato, Piazza dei Signori
11 - Basilica Palladiana
12 - Palazzo Da Schio, Ca' d'Oro
13 - Palazzo Barbaran Da Porto o Museo Palladiano
14 - Palazzo Sesso Zen
15 - Palazzo Thiene
16 - Palazzo Iseppo Da Porto
17 - Palazzo da Monte Migliorini
18 - Palazzo Leoni Montanari
19 - Ponte Pusterla
20 - Parco Querini
21 - Chiesa di Santa Maria in Araceli
22 - Ponte degli Angeli
23 - Teatro Olimpico
24 - Museo civico di Palazzo Chiericati
25 - Casa Cogollo
26 - Chiesa di Santa Corona
27 - Zona archeologica della cattedrale
28 - Cattedrale di Santa Maria Annunciata, Piazzetta Duomo
29 - Criptoportico romano
30 - Ponte San Paolo
31 - Ponte Furo
32 - Loggetta di casa De Ferrari
33 - Palazzo Civena Trissino
34 - Arco delle Scalette
35 - Villa Valmarana ai Nani
36 - Villa Almerico Capra (La Rotonda)
37 - Oasi della Valletta del Silenzio
38 - Sentiero per il parco di Villa Guiccioli

Waypoints

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Partenza - Arrivo

Partenza - Arrivo

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Monte Berico

1 - Santuario della Madonna di Monte Berico Il santuario della Madonna di Monte Berico è un luogo di culto cattolico di Vicenza, situato a 124 m s.l.m., sulla sommità dell'omonimo colle che domina la città. È il risultato dell'integrazione di due chiese: la prima quattrocentesca in stile gotico, la seconda, della seconda metà del Seicento, è una basilica in forme barocche. Nel maggio del 1904 papa Pio X l'ha elevata al rango di basilica minore. Storia - Epoca moderna Le apparizioni della Madonna La costruzione della prima chiesa è, secondo la tradizione, collegata a due apparizioni della Madonna cui avrebbe assistito una contadina di Sovizzo di nome Vincenza Pasini, rispettivamente nel 1426 e nel 1428, anni devastati da una grave epidemia di peste; in queste apparizioni la Madonna avrebbe chiesto la costruzione di una chiesa a lei dedicata. Effettivamente le cronache del tempo sono concordi nel riferire che, dopo l'adesione del Comune a questo invito - un modesto vano rettangolare costruito in soli tre mesi - quell'episodio di peste cessò. L'altare con l'immagine della Madonna era addossato alla parete, nel punto in cui si riteneva fossero avvenute le apparizioni e dove ancor oggi si venera la sacra immagine. L'unico documento che possediamo - come testimonianza relativa alla storia delle apparizioni - è il Processo delle apparizioni della Vergine a monte Berico, redatto dal giureconsulto Giovanni da Porto e conclusosi positivamente a favore delle apparizioni nel 1431. Il processo è stato ripubblicato integralmente in latino nel 1991; nessun altro documento sulla cronaca dell'epoca, infatti, accenna al fatto delle apparizioni e il primo documento che dà come fatto storico creduto il miracolo delle apparizioni è la delibera comunale del 10 gennaio 1529. Oltre a questi inspiegabili silenzi, vari elementi di questo Processo, redatto a costruzione della chiesa già ultimata - tra cui la poco chiara presenza dell'autorità ecclesiastica in una materia di sua competenza - pongono seri dubbi sull'attendibilità di ciò che viene descritto. Secondo alcuni autori, fu anche il momento in cui Vicenza - che ormai aveva perduto ogni autonomia politica, prima sotto la signoria degli Scaligeri e dei Visconti, poi con la dedizione alla Serenissima - si costruiva una propria identità, anche attraverso l'esaltazione di santi protettori cittadini e il Processo, redatto su iniziativa del Comune (non dell'allora vescovo veneziano Pietro Emiliani) potrebbe aver contribuito a rafforzare questa tendenza]. La prima chiesa La gestione della prima chiesa gotica - dedicata a Sancta Maria de gratia, titolo questo che si riferiva alla peste ma che scomparve molto presto - venne affidata inizialmente ai religiosi dell'Ordine di Santa Brigida, ma molto presto, nel 1435, questi frati - non ne è chiaro il motivo, se allontanati perché permettevano certe poco adatte manifestazioni di pietà popolare, spiegabili con il terrore della peste sempre incombente, oppure di loro iniziativa - abbandonarono la chiesa e il monastero che furono affidati ai Servi di Maria, già insediati a Vicenza da qualche anno[11]. Verso la metà del secolo i Serviti avevano completato il convento, con l'erezione del chiostro, della foresteria, dell'infermeria e del campanile, impresa non da poco per la ristrettezza dello spazio, in quanto il terreno verso sud è scosceso sulla retrostante Valletta del Silenzio. Fin dall'inizio, buona parte della vita religiosa vicentina si imperniò sul santuario; con una delibera comunale del 1529, fu resa regolare e più solenne la processione del 25 agosto. Ad ulteriore testimonianza di un culto particolarmente denso di devozione, di recente sono state riscoperte le litanie alla Vergine di monte Berico, composte da numerose invocazioni e lamenti, ridondanti di rassegnata amarezza e sofferenza, che rispecchiavano le tristi condizioni dell'epoca e venivano recitate nelle pubbliche manifestazioni di fede. Tutto questo attirava numerose donazioni e lasciti testamentari. La chiesa primitiva fu ingrandita allungandola verso est, cioè verso la salita dalla città, e qui venne aperta la facciata principale. Intorno al 1480, su progetto di Lorenzo da Bologna, fu sostituito il vecchio coro - che intanto si era arricchito di cappelle commissionate dalle famiglie nobili della città - e, al fine di finanziare i lavori, nel 1476 il vescovo Giovanni Battista Zeno concesse una particolare indulgenza ai fedeli che avessero fatto elemosina alla chiesa; furono così costruiti la sacristia e la cappella maggiore con il coro (demolito nel 1824 per far posto al nuovo campanile), che fu arredato con stalli intarsiati e altri arredi; la volta della chiesa venne affrescata da Bartolomeo Montagna. I lavori di ampliamento terminarono intorno al 1480, dopo di che si costruirono nuovi altari. L'aggiunta del Palladio - Andrea Palladio disegnò verso il 1562 il progetto per un moderno tempio a pianta centrale, che però venne accantonato, e così negli anni 1578-79 l'architetto operò una aggiunta classica, a pianta quadrata di 12 m per lato, al lato nord della chiesa gotica del Quattrocento[4]. Il provvedimento - secondo il Castellini - si era reso necessario per ovviare alle condizioni di grave disagio dei pellegrini che si recavano al santuario, per la ristrettezza dello spazio davanti al terzo arco sotto il quale stava l'altare della Vergine[15]. La peste del Seicento e la seconda chiesa - Nel giugno del 1630 il Consiglio comunale di Vicenza proponeva una oblatione alla Vergine di Monte Berico per supplicarla con il più vivo et riverente affetto che sia possibile che interceda alla misericordia divina che ci preservi dalli imminenti pericoli di peste e di guerra che ci sovrastano. Incombeva infatti la guerra di Mantova e, a quel tempo, gli eserciti spesso trascinavano con sé l'epidemia; puntualmente, questa si fece sentire in città nel successivo mese di agosto. Cessata la peste, i maggiorenti del Comune in accordo con i Serviti decisero di ingrandire il tempio; ottenuti i finanziamenti, si procedette a eliminare l'aggiunta palladiana, in favore di un edificio più ampio i cui lavori si svolsero tra il luglio 1688 e il dicembre 1703.[17] Nel corso del secolo si susseguirono altri lavori, come la decorazione scultorea, la sistemazione degli altari e la gradinata davanti al prospetto settentrionale[18]. Età contemporanea - Dopo la costruzione nel 1780 dei portici progettati da Francesco Muttoni, che rendevano notevolmente più agevole l'accesso dalla città, il flusso dei pellegrini e le processioni cittadine, ma anche la passeggiata al Monte dei vicentini, crebbero notevolmente. I frati di Monte Berico godevano in città di particolare prestigio - molto più dei loro confratelli di Santa Maria in Foro - proprio perché aderivano alle regole dell'osservanza dei Servi di Maria, ma questa considerazione non risparmiò loro la soppressione che, come per tutti gli altri conventi, avvenne con la legge napoleonica del 25 aprile 1810; tredici di essi deposero la veste di religiosi per indossare quella di sacerdoti secolari e nel 1813, durante il Regno d'Italia dell'impero francese, una parte del convento soppresso venne acquistato dalla direzione demaniale dei Dipartimenti Adige, Bacchiglione e Tagliamento. Cambiato regime, sotto il Regno Lombardo-Veneto dell'impero d'Austria vi fu una ripresa della vita religiosa del santuario, che portò al decreto imperiale del 1835, con il quale il convento venne ricostituito. Del 1817 è la costruzione delle tre nuove gradinate laterali, opera di Giacomo Verda; del 1821 le 8 campane Si2, suonate alla vicentina; nel 1826 si avviò la sostituzione del campanile quattrocentesco con uno più grandioso, disegnato dall'architetto vicentino Antonio Piovene, lavoro che comportò la distruzione dell'antico coro e di parte della sacrestia. Nel 1860 fu avviato il restauro della facciata della chiesa gotica, sul lato ovest, ad opera dell'architetto Giovanni Miglioranza che la rifece in stile neogotico. Nel maggio del 1904 fu elevata da papa Pio X al rango di basilica minore. Anche nel Novecento si sono fatte altre aggiunte. A fianco del campanile è stata costruita fra il 1971 e il 1972 la moderna Penitenzieria. Dal 1978 la Madonna di Monte Berico è la principale patrona della città di Vicenza e della sua diocesi. Facciata - Le sculture sulle facciate sono opera di Orazio Marinali e bottega, di Francesco Cabianca e di Giacomo Cassetti. Rappresentano santi e allegorie di virtù. Sulla facciata verso i portici (prospetto orientale) nella cornice del lunotto campeggiano le statue della Fede e della Speranza; il registro superiore presenta statue di santi particolarmente venerati a Vicenza (tra cui il medico Leonzio martirizzato nel 307, Carpoforo e Gaetano Thiene) e santi della tradizione (tra cui sant'Antonio da Padova e Maria Maddalena); nel registro inferiore sono collocate quelle di san Sebastiano, san Vincenzo, san Rocco e san Filippo Benizi. Sopra il portale è rappresentata la Vergine che appare a Vincenza Pasini, opera di Orazio Marinali. Di questo artista sono anche i gruppi scultorei sopra il portale del prospetto settentrionale (Vincenza Pasini di fronte ai deputati di Vicenza) e sopra il portale del prospetto occidentale (Posa della prima pietra della chiesa votiva). Sul prospetto settentrionale in alto la Temperanza e la Giustizia, al centro statue di Profeti, in basso Sant'Andrea, San Pietro, San Paolo, San Matteo. Sul prospetto occidentale in alto Allegorie di virtù, al centro Eroine dell'Antico Testamento, in basso San Bartolomeo, San Giovanni Evangelista, San Carlo Borromeo e San Marco[22]. Chiostro e refettorio - Chiostro del santuario Il piccolo chiostro gotico della basilica, costruito nel 1429, presenta belle arcate ogivali decorate di cornici in terracotta su colonnine di pietra, e un puteale del 1611. Da esso si accede all'antico refettorio dei frati, nel quale sono contenute alcune opere d'arte. Tra esse la Cena di San Gregorio Magno di Paolo Veronese (1572).[24] Essa si svolge in una grandiosa e classicheggiante loggia con colonne corinzie e un maestoso sfondo architettonico: è una scenografia che richiama le architetture di Palladio. Al centro di una lunga tavola sta Gregorio Magno alla cui destra c'è Gesù in veste di pellegrino che svela la propria identità divina scoperchiando la coppa. Intorno stanno dodici poveri che il pontefice invitava quotidianamente alla sua mensa. Sono presenti anche valletti dagli sfarzosi costumi. In basso a sinistra c'è una scimmia in catene, in basso a destra un cane. Nella simbologia religiosa il cane è la fedeltà (qui, fedeltà alla Chiesa, a Gesù Cristo), la scimmia è il Male, l'eresia, il paganesimo (la scimma è tenuta in catene). E una scultura raffigurante una scimmia in catene si trova sulla facciata della basilica verso Piazzale della Vittoria.[25] La tela fu tagliata in 32 pezzi dai soldati austriaci il 10 giugno 1848 e poi restaurata per volontà dell'imperatore Francesco Giuseppe. Nella stessa sala si trovano due tele di Alessandro Maganza: la Vergine con i quattro Evangelisti e il Battesimo di Cristo. Penitenzieria Al suo interno si trovano una Madonna del Magnificat, affresco di Battista da Vicenza tolto dalla chiesa quattrocentesca, un coevo crocifisso ligneo e una Pietà in pietra dipinta, importante Vesperbild di fattura salisburghese (1415 circa) già nella chiesa di Santa Maria in Foro. Interno della basilica - La cupola All'interno della chiesa sono contenute molte opere d'arte di alcuni importanti artisti, tra le quali la Vergine con i quattro evangelisti e il Battesimo di Cristo, entrambi di Alessandro Maganza. La Pietà di Bartolomeo Montagna (primi anni del Cinquecento) è un esempio di vesperbild. La pala è inserita in un complesso decorato secondo il gusto naturalistico dell'età dell'Umanesimo e si conclude con una lunetta dove è inserita una conchiglia (che richiama la resurrezione ed è un attributo della Vergine Maria[28]). L'opera pittorica, pervasa di una luce fredda, rivela influssi nordici e ferraresi.[29] La scena è altamente drammatica: la Maddalena dolente fissa le piaghe di Gesù, il dolore coinvolge profondamente oltre alla Madonna sia san Giovanni, che è a destra di Cristo morto, sia Giuseppe d'Arimatea che sta sulla sinistra. Alla base dell'affresco si vedono una mela e una farfalla nonché una pianta di aquilegia. Nella simbologia religiosa la mela rinvia al peccato originale di Adamo ed Eva (riscattato dalla morte di Cristo), la farfalla simboleggia la resurrezione, l'aquilegia la Passione di Cristo e anche il dolore della Vergine Maria[30]. I volti e i gesti dei personaggi esprimono bene il pathos del momento, mentre la luce chiaramente evidenzia il candore esangue del corpo di Cristo in evidente contrasto cromatico con il manto della Madonna che indossa il tradizionalissimo abito medievale della vedova, con sogola candida e manto nero. Sul fondo dominano strutture castellane feudali di potere e di potenza, rappresentate sui colli.[31] Sulla parete laterale, sopra la porta di accesso originaria, è posto il secentesco monumento funebre del nobile vicentino Leonida Bissari, che combatté sotto l'impero asburgico contro i turchi a Vienna, Belgrado e in Ungheria; opera attribuita allo scultore belga Giusto Le Court. Davanti all'altare maggiore, sopra le arcate, sta un grande telero del pittore veneziano Giulio Carpioni (XVII secolo) commissionato dall'Ordine vicentino dei Mercanti dopo una grave carestia: la Madonna che appare al podestà Francesco Grimani. Si tratta di un'allegoria della città di Vicenza, la donna in vesti dorate del gruppo di destra, che è posta ai piedi della Vergine di Monte Berico in atteggiamento di devozione e riconoscenza. La tela del 1651 raffigura anche una dedica di riconoscenza al podestà di Vicenza Francesco Grimani, rappresentato a destra della lapide. Sono pure presenti figure femminili rappresentanti la carità, la religione, la pace, la speranza[22]. Entrando dalla porta che si affaccia sul Piazzale della Vittoria, a destra si incontrano alcune pale d'altare: la prima è di Pietro Gagliardi (1888) rappresentante la Vergine che appare ai sette santi fondatori dell'Ordine dei Servi di Maria (qui tra gli angeli, chi porta insegne della Passione, chi lo stemma dei Servi, chi la palma di vittoria. La Vergine con la destra porge la veste nera ad uno dei Sette, e con la sinistra indica la Regola che un angelo tiene aperta). Più avanti, oltre la porta sulla destra, nell'altare proveniente dall'originaria e distrutta chiesa di san Marco[32] è collocata un'opera del 1796 del pittore neoclassico François-Guillaume Ménageot, raffigurante il Bimbo Gesù seduto su un muretto tra la Vergine e San Giuseppe con gli angeli adoranti. Di rilievo è anche la pala d'altare di Palma il Giovane con l'Incoronazione della Vergine, Trinità e Santi. Nella Basilica si trovano pure altri dipinti, quali la Trinità (su fondo oro) di Leoneda Uliaco (1760) e La Madonna e l'Ordine dei Servi di Maria, olio su tela di scuola olandese del Seicento.[33] Il coro è ricavato dall'abside della chiesetta gotica. Gli stalli quattrocenteschi hanno bellissime tarsie di fine XV secolo con scorci e visioni di Vicenza antica. Sulla parete di fondo, una grande vetrata centrale raffigura l’apparizione della Vergine sul monte. Una grande scritta in latino sottostante, contenuta in una preziosa cornice a volute recita “Adorabimus in loco ubi steterunt pedes eius (La adoreremo nel luogo dove si posarono i suoi piedi).” Sotto, l'altare e la nicchia della Madonna sono collocate all’interno del colonnato dell’antica chiesa gotica, racchiuse tra un monumento funebre e una raccolta di ex voto. Tra marmi policromi, in posizione dominante, la Statua è ben visibile dall’ingresso del Santuario. L’attuale sistemazione è frutto di un rinnovo fatto in occasione del quinto Centenario delle Apparizioni, negli anni 1926-1928, in sostituzione dell’antico altare del 1590. La statua della Madonna in pietra tenera dei Colli Berici, dipinta e ornata di corona e gioielli, dietro l'altare maggiore, riproduce il tema iconografico della Madonna della Misericordia (Madonna della Mercede) sotto il cui manto stanno i supplicanti. Si tratta di un'opera di Nicolò da Venezia (XV secolo). La nicchia della Madonna, incorniciata dentro un’edicola dipinta sullo sfondo con un manto decorato, sorretto da angeli, è ora al di sopra dell'altare moderno, collocato in posizione avanzata. Sotto la statua è collocato un grande tondo d'argento, decorato con un bassorilievo che rappresenta ancora l'apparizione della Vergine a Vincenza Pasini. A fianco vi sono due bassorilievi marmorei che raffigurano Vincenza Pasini e i soldati offerenti dopo la prima guerra mondiale. È usanza che i pellegrini e i fedeli in visita al Santuario passino in corteo o da soli dietro l'altare, vicino alla statua e sostino in preghiera davanti al medaglione.

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Campo Marzo

Campo Marzo

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Giardini Salvi

Giardini Salvi Inaugurati nel 1592 da Leonardo Valmarana, i giardini furono ben presto chiusi e riaprirono al pubblico solo nel 1909. Il Giardino Salvi è attraversato dalla roggia Serila, tra le aree verdi a uso pubblico della città, una delle meno estese; ospita statue e due logge in stile palladiano. Storia Il terreno fu acquisito nel Cinquecento dalla famiglia Valmarana, entrata in possesso anche del vecchio castello scaligero adiacente che trasformò in palazzo. Lo stesso Giacomo Valmarana progettò la sistemazione del giardino come un parterre all'italiana, secondo quanto mostrato dalla veduta settecentesca dell'incisore vicentino Cristoforo Dall'Acqua. I giardini furono inaugurati nel 1592 da Leonardo Valmarana (data e nome sono riportati nella Loggia Valmarana) e coprivano l'area compresa dal prolungamento dell'attuale corso Palladio e il corso della Roggia Seriola, fossato che sin dal momento dell'apertura fu dotato di un ponticello di legno che ne permettesse l'attraversamento. Aperti al pubblico per volontà di Leonardo, furono in seguito chiusi per un paio di secoli. Nell'Ottocento il parco fu trasformato in un giardino all'inglese. In quest'epoca era nel patrimonio della famiglia Salvi il cui ultimo discendente, il conte Girolamo, lo mise nel lascito alla Pia Fondazione di beneficenza che aveva creato; il 25 maggio 1907 il Comune acquistò, per la somma di Lire 90.000, il giardino (12.000 metri quadri) che fu aperto al pubblico il 1º giugno 1909. Il giardino dal 2008 ha subìto un radicale intervento di riqualificazione, terminato a febbraio 2009, che lo ha dotato tra l'altro di un percorso per disabili e di un roseto da collezione. Dagli anni duemila è spesso sede di mercatini natalizi. All'interno del parco sono situate due logge in stile palladiano: la prima, seicentesca e a tre fornici, nota come loggia Longhena, fu voluta da Baldassare Longhena e si erge sul lato occidentale del parco; la seconda, nota come loggia Valmarana, è strutturata come un tempio esastilo di ordine dorico a cinque fornici, ed era destinata - secondo il progetto originario del committente Gian Luigi Valmarana - come un punto d'incontro per intellettuali e accademici. Fu edificata nel 1591 probabilmente da un allievo di Andrea Palladio. Sull'identificazione di Andrea Palladio come autore della loggia Ottavio Bertotti Scamozzi (1761) esprime forti riserve "perché li membri che la compongono s'allontanano troppo dai precetti palladiani"; Pane (1961) la definisce "assai vicina al Palladio, seppure non sua" e afferma che "La loggia si colloca [...] in quella zona di incertezza [...] per noi inevitabilmente segnata"; Cevese (1980) riprende una ipotesi di Bressan e parla di "scuola palladiana". La Loggia Valmarana è inserita dal 1994 con gli altri monumenti palladiani nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO con il nome: Città di Vicenza e le ville palladiane del Veneto. Il portale che costituisce l'ingresso principale e monumentale al parco (il secondo si trova al di là della Seriola, sul lato opposto), attribuito all'architetto veneziano Baldassare Longhena, eretto nel 1645, ricorda un arco trionfale di dimensioni maggiori che era stato fatto erigere nel 1608 da Pier Paolo Battaglia, capitano di Vicenza, lungo l'attuale viale Roma, ed attribuito all'architetto Ottavio Bruto Revese. In occasione di una visita di Benito Mussolini nel 1938, per far passare il corteo fascista, l'arco maggiore fu demolito. I blocchi in pietra furono deposti nei pressi dell'area oggi occupata dall'Hotel Campo Marzio, in previsione di essere ricollocati e assemblati secondo il progetto originario, ma incuria e guerra ne causarono la dispersione. Lungo il corso della Seriola, nello spazio tra la roggia e le antiche mura di cinta, dove un tempo erano collocate delle serre fatte costruire da Leonardo Valmarana nel 1583, sorgono dal 1947 i due padiglioni della vecchia fiera campionaria (in seguito trasferita nella zona industriale), su progetto dell'architetto Sergio Ortolani (autore anche delle chiese di San Carlo e San Giuseppe a Vicenza).

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Chiesa Santa Maria Nova

Chiesa di Santa Maria Nova La chiesa di Santa Maria Nova si presenta a navata unica e la sua facciata ha il timpano sostenuto da quattro semicolonne corinzie e internamente, sulle pareti laterali e nei lacunari del soffitto, erano presenti tele dei maggiori artisti operanti a Vicenza nel Cinquecento e Seicento, ora depositate nella Pinacoteca Civica di Palazzo Chiericati. La volontà di costruire la chiesa, annessa al convento delle monache agostiniane di Santa Maria Nuova fondato nel 1539, fu disposta da Ludovico Trento nel suo testamento del 1578. È molto probabile che il progetto sia stato redatto da Palladio nello stesso anno e realizzato, dopo la sua morte avvenuta nel 1580, a opera del capomastro Domenico Groppino, allievo di Palladio.

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Chiesa Di San Lorenzo

La chiesa di San Lorenzo costruita alla fine del XIII secolo in stile gotico, nella sua versione lombardo-padana del Duecento. Si colloca nella centrale piazza San Lorenzo, lungo corso Fogazzaro, ed è stata officiata dai francescani conventuali fino al 2017. In accordo con lo stile delle chiese costruite dagli ordini mendicanti in Italia nel XIII secolo - il gotico lombardo che non abbandona del tutto le forme del romanico - la facciata presenta nella metà superiore il tipico profilo a capanna e nella metà inferiore sette alte arcate ogivali, elementi caratteristici dell'architettura veneta, che si ritrovano anche nelle più importanti chiese padovane del Duecento. L'elemento di maggiore spicco è il portale, realizzato negli anni quaranta del XIV secolo dallo scultore e architetto veneziano Andriolo de Santi e finanziato con un lascito testamentario di un consigliere di Cangrande della Scala, Pietro da Marano detto il Nano, che sperava con questo atto munifico di liberarsi dal fardello di una vita vissuta praticando l'usura. Egli viene raffigurato nella splendida lunetta del portale, inginocchiato in atteggiamento di penitente davanti a Maria e al Bambino, con a fianco i santi Francesco e Lorenzo. Attorno, tra l'acanto, cinque busti di profeti a sinistra, di patriarchi a destra. Lungo gli stipiti stanno i busti di san Paolo e degli apostoli. Il Cristo benedicente è al centro dell'architrave. Alla sua destra stanno i santi Vincenzo, Lodovico, Francesco e Giovanni Evangelista, a sinistra Lorenzo, Antonio, Chiara e Stefano, quattro figure della tradizione, quattro del repertorio francescano. Alle estremità inferiore e superiore degli stipiti sono i simboli degli Evangelisti. Sulle colonne sopra i leoni stilofori ci sono l'Angelo nunziante e la Vergine annunziata.

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Cattedrale Santa Maria Annunciata

Cattedrale Santa Maria Annunciata

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Piazza dei Signori

Piazza dei Signori Loggia del Capitaniato Il Palazzo del Capitaniato , opera di Andrea Palladio avviata nel 1556 è detta anche Loggia Bernarda , dal capitano veneto Giovanni Battista Bernardo al quale è dedicata. I lavori, fermati nel 1572, lasciarono di fatto l’ edificio incompiuto , con la costruzione di tre sole campate al posto delle cinque (o sette) inizialmente previste. Alcune proposte di continuazione dell’edificio, peraltro senza seguito, furono concretamente avanzate negli anni ’30 del XX secolo. Sede storica del potere della Serenissima, oggi il Palazzo del Capitanio è sede del consiglio comunale cittadino. Dal 1994 il Palazzo è stato inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità dall’UNESCO, a testimonianza della sua bellezza e del suo valore storico-artistico. Basilica Palladiana La Basilica palladiana è l’edificio simbolo di Vicenza. Rinomata per il loggiato a serliane, progettato dal grande architetto Andrea Palladio, che circonda il medievale Palazzo della Regione, è stata inserita dall'Unesco nella lista dei beni patrimonio dell’umanità nel 1994.Le sue bianche colonne, eleganti nelle linee e gli straordinari chiaroscuri delle logge, la Basilica Palladiana (o Palazzo della Ragione) rappresenta il monumento simbolo della città di Vicenza. Palladio la definisce il monumento rinascimentale, in omaggio alle strutture della Roma antica, dove si discuteva di politica e si trattavano affari. Al primo piano troviamo l maestosa sala del Consiglio, con il soffitto in legno dalla forma di una maestosa carena di nave rovesciata. La nobile monumentalità dell’opera, stupisce per la coerenza e semplicità del linguaggio adoperato, ancorato al riferimento classico, e per la perfetta sintesi tra l’intervento del Maestro e l’architettura preesistente, essa stessa valorizzata dalla trasformazione palladiana. L’immagine della Basilica si completa con quella della Torre di Piazza alta 82 m, detta anche Bissara perché innalzata su una struttura difensiva della potente famiglia Bissari.. Tra il 2007 al 2012 la Basilica è stata oggetto di un complesso ed articolato intervento di restauro architettonico, funzionale ed impiantistico., ed è stata riaperta il 5 ottobre 2012.. Il 9 maggio 2014 diventa Monumento Nazionale. Rua in Piazza dei Signori La Rua in Piazza dei Signori era una macchina in legno portata a braccia, e utilizzata a partire dal 1441 in occasione della festività del Corpus Domini, è simbolo della città di Vicenza. Nel 1928 la Rua compì il suo ultimo giro. L'opera venne bombardata nel 1944 dagli Alleati e mai più ricostruita. Nel 1949 venne riprodotto un esemplare in dimensioni ridotte e chiamata la Rueta e nel 2007, si decise di ricostruire la Rua originale.

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Chiesa Di Santo Stefano

Chiesa Di Santo Stefano

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Ponte Pusterla

Ponte Pusterla Ponte Pusterla è una struttura a tre archi in origine fabbricata in legno, sostituito poi nel 1231 con la pietra al quale si accede da contrà San Marco o da Contrà Vittorio Veneto. Il nome pusterla sembra riferirsi a una piccola porta di passaggio. Qui si trovava una delle originarie porte di ingresso alla città, divenuta poi di secondaria importanza dopo l'avanzamento della cinta muraria e abbattuta nel 1820 per facilitare i collegamenti con il centro. Restaurato nel 1444 e ancora nel 1640, il ponte fu allargato nel 1928 per esigenze di traffico. Vi scorre il fiume Bacchiglione. Il ponte, danneggiato dall'alluvione del 1º novembre 2010 è stato oggetto di una radicale ristrutturazione tra il 2010 e il 2011, che ne ha alzato anche il piano stradale.

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Parco Querini

Parco Querini Parco Querini è uno dei principali polmoni verdi della città di Vicenza. Situato in centro storico, è caratterizzato da vaste estensioni a prati, delimitate da un esteso boschetto ricco di piante ed ha un'estensione di circa 12 ettari. Parco Querini è circondato per due lati dalle sponde del fiume Bacchiglione e dal suo affluente Astichello, e per il terzo lato dalla linea delle mura veneziane, lungo l'odierno viale Rodolfi. Dal retro di palazzo Querini si diparte un maestoso viale alberato che, fiancheggiato da statue di soggetto classico, percorre longitudinalmente il parco, fino a giungere allo stagno che circonda un isolotto (non accessibile al pubblico nonostante il ponte pedonale), sormontato da un tempietto. Il tempietto monoptero, costruito in stile classico da Antonio Piovene nel 1820, presenta colonne ioniche a sorreggere la cupola. Alla base del tempietto recenti lavori di risistemazione hanno messo in luce un'antica ghiacciaia (non accessibile in quanto ancora ingombra di detriti all'interno), che veniva utilizzata per conservare il ghiaccio che si formava d'inverno nello stagno, per rinfrescare cibi e bevande nella bella stagione. Dietro lo stagno, dal lato opposto del parco rispetto a palazzo Querini, sono collocate le rovine delle serre e voliere e l'abside della chiesa di Santa Maria in Araceli. Vi si accede da quattro ingressi: dall'ingresso "Rodolfi" (in viale Rodolfi, vicino all'ospedale San Bortolo), da una recente passerella pedonale che lo collega direttamente all'ospedale, dall'ingresso "Araceli" (in viale Rumor, vicino alla chiesa dell'Araceli) e dal piccolo ingresso "Porta Papa" (sempre in viale Rumor, così chiamata perché vi è posta una targa che ricorda la messa celebrata nel parco da papa Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale alla città nel settembre del 1991). L'originario ingresso da palazzo Querini (che ospita una sede della provincia di Vicenza) è chiuso, così come il primo tratto del viale compromettendo l'integrità storica del parco e, in parte, la continuità visiva. Storia - Cinquecento Il parco prende nome dal palazzo che si trova nelle immediate vicinanze - in contrà San Marco - una residenza nobiliare prima della famiglia Capra, poi acquistato dalla famiglia Querini. Nei Libri d'Estimo del 1563-64 si legge che Antonio Capra possedeva una casa da villa da due campi circa una pezza de terra arativa et parte prativa et arativa …. Questo si vede nella "Pianta Angelica" del 1580, dove in quest'area sono disegnate piantagioni di gelsi - utilizzati in questo periodo per l'allevamento dei bachi da seta - e un fabbricato, detto delle chiodare, in cui venivano prodotti i chiodi, cioè gli arpioncini utilizzati per stendere i panni che venivano follati nelle acque dell'Astichello. Ottocento La situazione non subì sostanziali mutamenti e il terreno rimase prevalentemente agricolo fino agli inizi dell'Ottocento: nella "Mappa d'Avviso" del Comune di Vicenza (1810) si riferisce che nell'area dei Capra vi erano prati piantà e vignà, prato con casello a uso di uccellanda, cordicella et orto, prato vaccino, boschetto con viali e piante esotiche … due corti con pozzo. Dopo la morte di Silvio Capra, nel 1811 il figlio Antonio, notaio e assessore di Vicenza, acquistò dal Comune l'ex-monastero delle clarisse di Araceli e poco dopo, nel 1813 e nel 1828 acquistò un'altra decina di campi contigui. Nella "Mappa Napoleonica" del 1813 il monastero è sparito e a suo posto sono indicati un brolo, un giardino, delle serre, segnale del fatto che il nuovo proprietario intendeva ampliare e abbellire il giardino e il parco. Nella "Carta di Vicenza del Crivellari" del 1821 appare un lungo viale che porta a una collinetta circolare sovrastata da un tempietto rotondo e circondata d'acqua, che poi fluisce in un canale che la scarica a sud nel Bacchiglione, fuori del muro di recinzione[3]. Novecento Nel 1953 queste signore proposero un progetto edificatorio per costruire nell'area, che però venne respinto dalla Soprintendenza dei Beni Ambientali. In seguito all'approvazione del Piano Regolatore Generale, il Comune previde che l'area fosse destinata in parte a verde pubblico e in parte a zona di rispetto assoluto. Nel 1962 il Comune accettò una nuova proposta delle proprietarie, che prevedeva la donazione di circa metà dell'area purché l'altra parte fosse resa edificabile; essa venne respinta dal Ministero dei Lavori Pubblici, che approvò poi una variante del piano comunale. Nel 1969 furono espropriati 9,5 ettari e due anni dopo aperti al pubblico come parco cittadino. A quell'epoca la zona era in stato di quasi totale abbandono, con piante sofferenti e vegetazione infestante, vasi divelti e statue abbattute, il tempietto con la cupola in parte squarciata. Anni Duemila Nel gennaio 2010 è stato inaugurato, in una parte del parco nei pressi dell'entrata Rodolfi, il "Parco delle scienze", sette attrazioni ludico-didattiche (l'albero delle visioni, il triangolo impossibile, i tubi comunicanti, l'organo di Pan, la batteria a mano, il caleidogiro e le carrucole) pensate per ragazzi dai 6 ai 14 anni, per la comprensione di fenomeni fisici, come la riflessione della luce, le vibrazioni, la frequenza dei suoni e le illusioni ottiche. Parco Querini è diventato uno dei simboli dell'alluvione che ha colpito Vicenza nei primi giorni del novembre 2010. La pressione dell'acqua (che ha ristagnato per giorni trasformando il parco in un enorme stagno) ha danneggiato le recinzioni, il muro di cinta, numerose alberature, la peschiera, i servizi igienici e ha rovinato il fondo dei vialetti per un danno complessivo di 300 000 euro. Il 3 febbraio 2011 l'area verde è stata in parte riconsegnata alla città, dopo un lungo lavoro di manutenzione. Nel corso dei mesi successivi è stata resa nuovamente agibile la zona del boschetto e l'ingresso Araceli (che era rimasto danneggiato dal crollo di parte della cancellata).

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Chiesa Di Santa Maria In Aracoeli

Chiesa di Santa Maria in Araceli La chiesa di Santa Maria in Araceli è una chiesa in stile barocco di origine monastica, attribuita all'architetto modenese Guarino Guarini, costruita nella seconda metà del XVII secolo e situata nell'omonimo quartiere di Vicenza, in cui si trovano anche la chiesa parrocchiale di Araceli in Cristo Re e la chiesa di Santa Lucia. Risalgono al 1214 le prime notizie di una chiesetta intitolata a "Santa Maria" vicino alla quale, nel 1244, un gruppo di religiose provenienti dalla comunità di Sancta Maria Mater Domini di Longare - cui il vescovo Manfredo dei Pii aveva imposto la regola di San Damiano acquistarono un terreno ed eressero un modesto monastero. Questo monastero si chiamava Sancta Maria ad Cellam, che poi venne modificato in "Alla cella", "Aracella" e, infine Araceli, l'attuale nome della parrocchia e quartiere vicentino. Nel 1277 il monastero passò alle monache clarisse di San Francesco, dette "celestine" e agli inizi del Trecento era molto florido e ben amministrato, arricchito dai vescovi del tempo con decime e mulini; una parte dei beni proveniva anche dalle confische effettuate dal locale tribunale dell'Inquisizione, altri erano entrati per testamento dai nobili da Marano e da Lanzè; questa ricchezza comportò anche, nel XIV secolo, il coinvolgimento del monastero in interminabili cause giudiziarie per la difesa del patrimonio. Comunque fu sempre un luogo ambito dalle famiglie nobili della città, come i Loschi e i da Breganze, che vi collocavano le figlie o che disponevano per testamento di esservi sepolti. Nel Quattrocento il monastero versava in uno stato di grave decadenza, dovuta sia a motivi economici sia all'isolamento in cui si venne a trovare dopo la costruzione delle mura scaligere; a questa decadenza corrispondeva un decadimento della vita religiosa, gli stessi problemi presenti nel convento dei francescani di San Lorenzo, da cui dipendeva. Il Comune sollecitò un intervento dell'allora vescovo Pietro Barbo per introdurre, in entrambi, la regola dell'osservanza. I periodi di flessione e di ripresa si alternarono, fino alla metà del Cinquecento, con vari interventi del Comune che, anche con mezzi coercitivi, tentava di reprimere gli scandali. Chiesa barocca L'antica chiesa di Santa Maria de Cella, più volte ristrutturata nel corso del tempo (nel 1587, in occasione dello smantellamento di parte delle vicine mura scaligere, le monache avevano comperato uno dei torresini da utilizzare come materiale da costruzione per ingrandire la chiesa), fu demolita nel 1675 e ricostruita in forme barocche dall'architetto Guarino Guarini, quando questi soggiornò tra il 1672 e il 1680 a Vicenza presso i confratelli Teatini. La paternità dell'opera venne attribuita a Guarini solo nel 1965, dopo il ritrovamento da parte dell'architetto Paolo Portoghesi di tre disegni nella Biblioteca Vaticana con pianta, prospetto e sezione della chiesa firmati dall'autore. La realizzazione invece sarebbe da attribuire a Carlo Borella, ritenuto fino a tale data il progettista dell'opera. I lavori si conclusero nel 1680, come attesta l'iscrizione con la data di ultimazione della fabbrica e con il nome del capomastro Borella, posta sul cornicione interno alla base della cupola, ma la consacrazione della chiesa avvenne solo 60 anni dopo l'inizio della costruzione, il 17 novembre 1743, per mano del vescovo di Vicenza Antonio Maria Priuli. Sede parrocchiale in età contemporanea Nel 1797 le monache furono cacciate dall'esercito francese, che utilizzò gli ambienti per alloggiarvi le truppe; vi ritornarono nel 1799, ma ne vennero definitivamente allontanate nel 1810, in forza della legge napoleonica di soppressione degli ordini religiosi. Dal 1813 la chiesa diventò sede della parrocchia dei Santi Vito e Lucia, denominata di Araceli; il monastero invece, semidistrutto dalle truppe francesi, venne acquistato dal conte Antonio Capra, che risiedeva in Borgo San Marco e che lo fece demolire, utilizzandone l'area per creare un grande giardino per la sua villa, oggi conosciuto come Parco Querini. La vicinanza al fiume Bacchiglione espone la chiesa al rischio di allagamenti, che in effetti avvennero più volte nel corso del tempo, in particolare nel 1882, nel 1966 e più recentemente nel 2010. Dal 23 ottobre 2005, grazie ad un accordo tra la Chiesa rumena unita con Roma e la curia vescovile di Vicenza, la chiesa di Araceli ospita la comunità rumena di rito orientale. Il 7 luglio 2008 la curia diocesana vicentina ha dato forma legale alla comunità rumena costituendo il Centro pastorale per gli immigrati rumeni cattolici di rito bizantino, con lo scopo che i fedeli non perdano la loro identità cristiana orientale e possano nutrirsi alla fonte pura della liturgia e della preghiera bizantina. Dal 2020 la chiesa è chiusa per lavori di restauro. Esterno Secondo la concezione barocca, la facciata appare come un grande scenario teatrale; i due piani sovrapposti in cui è suddivisa si srotolano e ricadono come un drappeggio partendo dal fregio sulla sommità, un anello raggiante con l'immagine della Madonna e due figure di profeti (Davide e Mosè, molto probabilmente di Orazio Marinali). Un forte effetto chiaroscurale viene creato dalle colonne corinzie, dalle lesene e dalle cornici. Al di sopra di questo scenario si eleva la cupola, alleggerita da otto grandi finestre ovali, coronata da una balaustra e culminante in un lanternino. La facciata è arricchita da ben 15 statue che accrescono l'impressione di movimento; la maggior parte di esse è attribuita ai fratelli Orazio e Angelo Marinali; altre realizzate qualche decennio più tardi, sono attribuite a Giacomo Cassetti. Interno L'interno della chiesa con l'altare maggiore sullo sfondo L'originalità di questa chiesa, che la rende unica nel suo genere, è data dalla struttura interna che incastona una nell'altra diverse figure geometriche: sulla pianta interna rettangolare infatti è inscritta un'ellisse da cui bordi si innalzano poderosi pilastri; da questi si staccano fusti di colonne che, a loro volta, sostengono ampi archi dai quali si genera la luminosissima cupola circolare a spicchi. Il percorso all'interno della chiesa diventa una continua scoperta di scorci imprevisti. L'elemento artistico più rilevante è l'altare maggiore in ricco stile barocco, opera marmorea del veneziano Tommaso Bezzi e risalente al 1696. Al suo interno si trova la pala attribuita al padovano Pietro Liberi, e rappresentante la Sibilla Tiburtina che indica all'imperatore Ottaviano Augusto la Vergine con il Bambino, apparsi per prodigio come destinatari dell'offerta fatta sull'altare pagano. La cornice del quadro è sorretta da tre angeli e circondata da un tendaggio marmoreo, aperto da altri quattro angeli con effetto teatrale. Il tutto è sovrastato da un cartiglio con la scritta "Aracoeli" (in latino: altare del cielo). Ai lati dell'altare maggiore ci sono dei reliquiari artistici contenenti le ossa delle monache, un tempo esposte come "memento mori" e ora coperte. I due altari laterali (uno per ogni lato) sono identici fra di loro. Quello di destra accoglie la riproduzione dell'ancona raffigurante L'Immacolata Concezione, opera di Giambattista Tiepolo, ora conservata alla pinacoteca civica di Vicenza. Sul lato di sinistra si trova l'altare dedicato a San Francesco d'Assisi con la riproduzione della pala di San Francesco in estasi di Giambattista Piazzetta, anch'essa conservata alla pinacoteca civica. Dietro l'altare maggiore, nell'abside, vi è il coro circolare delle monache, con alcune sculture. L'organo della chiesa, collocato nel matroneo, non è funzionante, perché necessita di restauro.

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Ponte Degli Angeli

Ponte degli Angeli Ponte degli Angeli, sorge nelle vicinanze di Piazza Matteotti e deve il suo nome odierno all'antica chiesetta di Santa Maria degli Angeli (non più esistente) che era stata ricavata dal torrione di protezione dell'importante Ponte di San Pietro. Palladio, tra il 1555 e il 1560 ne aveva predisposto un progetto di restauro. Alcuni secoli dopo, nel 1889, il manufatto fu completamente demolito perché ritenuto di ostacolo allo scorrere del fiume Bacchiglione e sostituito con una struttura in ferro, che collegò le due sponde fino al secondo dopoguerra, quando il ponte fu rifatto in cemento armato con una struttura più adatta a sopportare il crescente traffico veicolare.

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Teatro Olimpico

Teatro Olimpico Il Teatro Olimpico è stato costruito su progetto dell'architetto Andrea Palladio, fra il 1580 e il 1585, il quale si è ispirato ai modelli dell'arte classica ed è il più antico teatro coperto in muratura al mondo. Gli interni sono realizzati con materiali poveri come il legno, lo stucco e il gesso. Il teatro, al giorno d'oggi, è aperto al pubblico e conta circa 400 posti a sedere. È tuttora sede di rappresentazioni e concerti . È stato incluso nel 1994 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dal C.E.H.R. come le altre opere palladiane a Vicenza. Il Teatro Olimpico è una delle meraviglie artistiche di Vicenza. Si trova all'interno del cosiddetto Palazzo del Territorio, che prospetta su piazza Matteotti, all'estremità orientale di corso Palladio, principale direttrice del centro storico. Nel Rinascimento un teatro non è un edificio a sé stante - come diventerà di prassi in seguito - ma consiste nell'allestimento temporaneo di spazi all'aperto o di volumi preesistenti; nel caso di Vicenza, cortili di palazzo o il salone del Palazzo della Ragione. Nel 1580 il Palladio ha 72 anni quando riceve l'incarico dall'Accademia Olimpica, il consesso culturale di cui egli stesso fa parte, di approntare una sede teatrale stabile. Il progetto si ispira dichiaratamente ai teatri romani descritti da Vitruvio: una cavea gradinata ellittica, cinta da un colonnato, con statue sul fregio, fronteggiante un palcoscenico rettangolare e un maestoso proscenio su due ordini architettonici, aperto da tre arcate e ritmato da semicolonne, all'interno delle quali si trovano edicole e nicchie con statue e riquadri con bassorilievi. La critica definisce l'opera 'manierista' per l'intenso chiaroscuro, accentuato tra l'altro da una serie di espedienti ottici dettati dalla grande esperienza dell'architetto: Il progressivo arretramento delle fronti con l'altezza, compensato visivamente dalle statue sporgenti; il gioco di aggetti e nicchie che aumentano l'illusione di profondità. Il Palladio appronta il disegno pochi mesi prima della sua morte e non lo vedrà realizzato; sarà il figlio Silla a curarne l'esecuzione consegnando il teatro alla città nel 1583. La prima rappresentazione, in occasione del Carnevale del 1585, è memorabile: la scelta ricade su una tragedia greca, l'Edipo Re di Sofocle, e la scenografia riproduce le sette vie di Tebe che si intravedono nelle cinque aperture del proscenio con un raffinato gioco prospettico. L'artefice di questa piccola meraviglia nella meraviglia è Vincenzo Scamozzi, erede spirituale del Palladio. L'effetto è così ben riuscito che queste sovrastrutture lignee diventeranno parte integrante stabile del teatro. Sempre allo Scamozzi viene affidata anche la realizzazione degli ambienti accessori: l'Odeo, ovvero la sala dove avevano luogo le riunioni dell'Accademia, e l'Antiodeo, decorati nel Seicento con riquadri monocromi del valente pittore vicentino Francesco Maffei. La fama del nuovo teatro si sparge prima a Venezia e poi in tutta Italia suscitando l'ammirazione di quanti vi vedevano materializzato il sogno umanistico di far rivivere l'arte classica. Poi, nonostante un avvio così esaltante, l'attività dell'Olimpico venne interrotta dalla censura antiteatrale imposta dalla Controriforma e il teatro si riduce a semplice luogo di rappresentanza: vi viene accolto papa Pio VI nel 1782, l'imperatore Francesco I d'Austria nel 1816 e il suo erede Ferdinando I nel 1838. Con la metà dell'Ottocento riprendono saltuariamente le rappresentazioni classiche, ma si dovrà attendere l'ultimo dopoguerra, scampato il pericolo dei bombardamenti aerei, per tornare seriamente a fare spettacolo in un teatro che non ha uguali al mondo.

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Palazzo Chiericati Museo Civico

Museo civico di Palazzo Chiericati Progettato nel 1550 da Andrea Palladio per Girolamo Chiericati, in Piazza Matteotti, il grandioso edificio è stato completato solo intorno al 1680 seguendo fedelmente il progetto di Palladio. Il Comune di Vicenza lo acquisì nel 1839 dalla nobile famiglia dei Chiericati, con l’intenzione di raccogliervi le civiche collezioni d’arte. Restaurato in quegli anni dagli architetti Berti e Miglioranza, il Museo civico fu aperto al pubblico il 18 agosto del 1855. Il Palazzo Chiericati, oggi Pinacoteca Civica di Vicenza, ospita capolavori di Van Dyck, Tintoretto, Tiepolo, Menarola ed altri artisti, contiene una prestigiosa collezione d’arte contemporanea, ma anche una grande collezione di stampe, disegni, numismatica, statuaria medievale e moderna.

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Casa Cogollo

Casa Cogollo La casa Cogollo sorge all’estremità orientale di corso Palladio, nei pressi della salita di Santa Corona. Tradizionalmente il palazzetto era ritenuto la casa del Palladio, ma in seguito è stato accertato che fu in realtà abitazione del notaio Cogollo. La casa è un edificio preesistente rinnovato sui modi tipici del classicismo cinquecentesco. Lo spazio è esiguo e i numerosi vincoli pratici mettono in difficoltà il rinnovo dell'edificio, ma questo non impedisce a Palladio di raggiungere un risultato magistrale. Al piano terreno viene realizzata una sorta di serliana che dà luce al portico, mentre al primo piano, lo spazio tra le finestre viene riempito da un affresco di Gian Antonio Fasolo. Una radicale ristrutturazione dell’ala settentrionale venne compiuta nella seconda metà del Settecento probabilmente sotto la direzione di Enea Arnaldi.

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Casa Antonio Pigafetta

Casa Antonio Pigafetta

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Ponte San Paolo

Ponte San Paolo Ponte San Paolo (o Ponte di San Paolo), di origine romana attraversa il fiume Retrone. Il ponte di San Paolo nel corso della sua storia ha avuto diversi nomi: nel Medioevo prese il nome di Ponte Bericano, nella seconda metà dl XIV secolo quello di Ponte delle Beccarie e in epoca moderna la denominazione di ponte di San Paolo. Viene descritto per la prima volta da Andrea Palladio che lo illustrò con alcuni disegni: era un ponte a tre arcate, demolito nel 1875 e sostituito con un ponte moderno ad una sola arcata che mantiene l'allineamento con quello antico. Ponte romano Il ponte era lungo 34 m e largo 8,94 m ed era formato da 2 pile con una larghezza di 1,79 m che sostenevano tre arcate a sesto ribassato. Era strutturalmente molto simile al Ponte degli Angeli. La tecnica costruttiva era quella dell'opus quadratum con pile di pietra calcarea proveniente da cave a Nord di Vicenza, tra Bassano e Isola Vicentina. Le rimanenti soprastrutture (arcate e muri di testa) erano invece di pietra calcarea di Costozza, leggera e friabile. Il nucleo del ponte era in opera a sacco con ghiaia, schegge di pietra cementate da calce e pozzolana molto dura; invece la pavimentazione della carreggiata era costituita da lastre di trachite euganea. Le pile, tranne nel materiale, avevano la medesima struttura di quelle del Ponte degli Angeli. Le tre arcate mostravano in vista archivolti lisci e a porzione di corona semicircolare. Ogni arcata era formata da tre rotoli o anelli sovrapposti di cunei in modo che quelli di un rotolo stavano sotto i piani di giunto dei cunei del rotolo superiore. I vari rotoli erano poi collegati a due a due tra loro da grappe particolari: ognuna di esse, a sezione quadrata di 3 m di lato, penetrava per metà dall'alto del giunto di due cunei di un medesimo rotolo e biforcandosi era saldata con piombo in appositi incassi; l'altra metà invece finiva in un apposito incasso a metà del cuneo del rotolo superiore che si ancorava a quello inferiore trasformando così l'arcata a tre anelli sovrapposti in una struttura unitaria. I timpani, solo in parte conservati, avevano muri di testa in opera quadrata con conci di pietra, mentre i rinfianchi erano in opera a sacco. Non si hanno informazioni sulla cornice di coronamento e sui parapetti. Invece sono stati ritrovati dei resti del piano di calpestio, la cui carreggiata (larga 7,15 m) era pavimentata con lastre quadrate con spessore di 10 cm e lati di 50 cm disposte a reticolo: alcune di essere mostravano ancora i solchi dei carri. Nel 1875 sono stati ritrovati nell'alveo del fiume altri frammenti architettonici e alcuni manufatti tardo-antichi. Non si ha una collocazione temporale certa del ponte, ma i piedritti potrebbero essere contemporanei al vicino ponte (seconda metà del I secolo), mentre ulteriori soprastrutture sembrano appartenere a un restauro successivo (forse del III secolo).

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Arco Delle Scalette

Arco delle Scalette L’Arco delle Scalette si trova al margine sud-orientale del centro storico di Vicenza e segna l’inizio di uno dei percorsi di salita al Santuario di Monte Berico, sorto ai primi del Quattrocento su un luogo di apparizioni mariane. Il percorso è quello delle Scalette, 192 gradini ripartiti in rampe, che all’epoca costituivano l’unico accesso dalla città al santuario fino alla costruzione dei portici di Muttoni a metà del Settecento. L’Arco delle Scalette rappresenta una preziosa testimonianza della nota capacità di Palladio quale allestitore di percorsi trionfali su precise reminiscenze di romana classicità: esso infatti è riconducibile allo schema dell’arco romano a fornice unico, come quello di Traiano ad Ancona. Il monumento è stato quasi completamente ricostruito, utilizzando il più possibile il materiale originario, a seguito dei danni subiti durante un’incursione aerea nel 1944.

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Villa Valmarana ai Nani

Villa Valmarana ai Nani La Villa Valmarana ai Nani, una delle più note Ville venete, è famosa in tutto il mondo per la palazzina principale e la foresteria affrescate da Giambattista Tiepolo e dal figlio Giandomenico nel 1757. La villa si compone di tre edifici situati in un grande parco d’epoca all'italiana: la Palazzina del 1669, la Foresteria e la Scuderia del 1720. L'edificio deve il suo nome alle 17 statue dei nani di pietra disposti sul muro di cinta che circonda la proprietà, un tempo sparsi per il giardino di quest'ultima. Al giorno d'oggi, la villa, insieme alla Villa Capra, è di proprietà della famiglia Valmarana.

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Villa Capra la Rotonda

Villa Almerico Capra (La Rotonda) La Villa Almerico Capra, detta anche 'La Rotonda', si trova sulla cima di un colle al di fuori delle mura cittadine e Palladio l'ha progettata nel 1566 per Paolo Almerico. All’interno si possono ammirare le statue di Lorenzo Rubino e Giovanni Battista Albanese, le decorazioni e soffitti di Agostino Rubini, Domenico Fontana e altri. La sala centrale suscita interesse visto il soffitto affrescato da Alessandro Maganza con scene di vita religiosa. La famiglia Valmarana effettua costanti lavori di restauro e mantenimento dal 1976. La villa è aperta al pubblico dal 1980, ma solo dal 1986 è aperta anche all’interno ed è entrata a far parte nel 1994 del patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

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Villa Guiccioli Museo Del Risorgimento E Della Resistenza

Villa Guiccioli Museo Del Risorgimento E Della Resistenza

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