Val di Zoldo: Zéngia del Viàl dalla Val del Mulàt al canalone sud tra i due Uselóin dal parcheggio al km 118-IV della SP 251
near Pieve, Veneto (Italia)
Viewed 409 times, downloaded 5 times
Trail photos
Itinerary description
Escursione che si può considerare la variante “hard” dell’itinerario → Val di Zoldo: Spiz de San Piero salendo per la Val del Mulàt, e Bivacco Baita Darè Copada da località I Ciompi di Forno di Zoldo; e il cui scopo è la percorrenza di una cengia di circa 300 metri lineari che bisogna fare in andata e ritorno perché finisce in parete: totale 600 metri.
La guida di riferimento, sia tecnica che per le notizie storiche, è «Dolomiti di Zoldo 61 escursioni fra Pelmo e Civetta» di Paolo Bonetti e Paolo Lazzarin.
Di solito le guide ignorano le cenge (e anch’io non le cerco) che non collegano due punti diversi, ma questa ha una storia curiosa che la rende interessante.
Alla fine – nel bel mezzo della parete – c’è un praticello dove (parole dalla guida) … «un tempo i pastori, nei periodi di magra, conducevano una alla volta le loro capre lungo la vertiginosa cengia fino alla pala erbosa dove gli animali rimanevano a pascolare per tutta la stagione estiva. […] una sorta di straordinario recinto sospeso a 200 metri da terra».
Forse adesso le capre non passano più, ma percorrendo la SUPER-esposta cengia ho comunque trovato diverse “tracce organiche”, presumo di camosci.
Avvicinamento alla base della Val del Mulàt
Dal parcheggio si imbocca il sentiero che va verso il Rifugio Bosconero e si svolta al bivio verso la Casera del Mugón: c’è un cartello a sfondo azzurro con scritto “Kaśèra Muḡon”.
Dalla Casera del Mugón si continua sul sentiero CAI 491 collegandosi con pochi metri di discesa sulla strada sterrata che si incontra e, con svolta ad altro bivio segnalato, si arriva a Casera de Fagarè.
Alla Casera de Fagarè si prosegue sul sentiero che passa a sinistra direzione arrivo, e dopo poco più di 100 metri lineari di camminata si arriva ad attraversare un valloncello con cartello Val del Mulàt: qui bisogna uscire dal sentiero segnato CAI.
Risalita della Val del Mulàt fino al punto di uscita verso l’inizio della Zéngia del Viàl
Dal cartello Val del Mulàt bisogna tagliare liberamente nel bosco in direzione nord verso la spaccatura nella fascia rocciosa che si intravede anche con il bosco al massimo sviluppo del verde come oggi.
Qui ho piegato inizialmente un po’ a destra per seguire qualche traccia di animali, e poi sono andato su più diretto fino a entrare nell’impluvio di pietre alla base della strettoia nella fascia rocciosa.
Entrando nel “canyon” si sale facilmente un breve tratto nei massi e si arriva sotto la prima cascata da superare.
Qui sulla destra direzione arrivo c’è un saltino di roccia che immette su un pendio erboso MOLTO ripido in parte gradinato, e dove si nota anche dal basso qualche possibile linea tipo “viàz” che guida verso il boschetto che sta sopra.
Il primo movimento da fare è quasi sul verticale ma c’è un appiglio dove si infila tutta la mano destra e non ci sono problemi.
Più delicata è la parte superiore assai esposta, che procedendo ci si rende conto che è più ripida di quanto sembra da sotto.
Inizialmente mi sono spostato verso sinistra sopra un terrazzino roccioso intermedio a fianco della cascata, e poi con diagonale finale verso destra su un “inizio di traccia” sono entrato nel boschetto.
Nel boschetto inizia un sentierino vero e proprio che va, con tratti ancora ripidi, fino all’altezza della seconda cascata: qui si è sempre sulla destra direzione salita dell’impluvio.
Il sentierino arriva, come altezza, fino al bordo superiore della seconda cascata ma spostato sulla destra, e bisogna entrare nell’impluvio con DELICATO traverso verso sinistra di qualche metro: gli appoggi ci sono, anche se ESPOSTI e non da scarpa intera.
Arrivati sopra la seconda cascata sono finite le difficoltà in Val del Mulàt – ora si sale per un vallone e non per un canale articolato come fino a questo punto.
A questo punto la guida scrive «… si prosegue per un bel bosco rado, salendo fino a quota 1400 circa, dove si incomincia a traversare verso destra (Est) pressoché orizzontalmente su ripida pala boscosa sovrastata da una fascia rocciosa. Si raggiunge così il costone che dà accesso alla parete dell’Uselóin vera e propria (1400 m)».
Prima la guida dava Casera de Fagarè alla quota ufficiale di 1103 metri e così avevo ritarato il mio altimetro a pressione.
Salendo nel rado bosco dopo la seconda cascata della Val del Mulàt ho visto due fasce rocciose ravvicinate con le classiche tracce di base fascia rocciosa.
La prima fascia è meno evidente e sta poco sopra i 1350 metri, la seconda è più alta, più chiara e con traccia più evidente: QUELLA GIUSTA È LA PRIMA MENO EVIDENTE CHE SI INCONTRA PIÙ IN BASSO.
A quota 1370 circa (partendo dai 1103 di Casera del Fagarè), in mezzo al vallone, c’è un evidente ometto appoggiato a monte del tronco di un albero – da questo ometto si nota la labile traccia che scende leggermente a sfiorare la base della prima e più bassa fascia rocciosa; visto che inizialmente si perdono pochi metri di dislivello, con il senno di poi e conoscendo il percorso, si potrebbe facilmente anche tagliare un po’ sotto l’ometto, ma non è il risparmio di una decina di metri di quota che può fare la differenza.
Percorrenza del collegamento dall’uscita dalla Val del Mulàt fino all’inizio della Zéngia del Viàl
Persi i primi pochi metri di quota dall’ometto, bisogna continuare sulla bancata boschiva mantenendo il livello come scritto in guida.
Non bisogna stare attaccati alla fascia rocciosa e qualche linea di camminamento sul pendio abbastanza inclinato si trova.
Nel finale del traverso, la bancata boschiva si restringe e, (come sempre) dove le linee diventano obbligate o quasi sia per gli animali che per gli umani, compare un sentierino che si sposta verso la fascia rocciosa fino alla “punta della bancata” che finisce sul costone di accesso alla parete verticale dove inizia la Zéngia del Viàl.
Durante tutto il traverso, si notano un paio di spaccature della fascia rocciosa che permetterebbero l’accesso alla bancata sotto la fascia rocciosa superiore: bisogna lasciar perdere e proseguire sempre allo stesso livello.
La guida segnala un piccolo larice che cresce proprio sul costone dove inizia la cornice di cengia: c’è un piccolo larice con dietro un piccolo abete.
Alla fine, la quota di uscita dalla Val del Mulàt è pressoché identica alla quota di inizio cengia come scritto in guida, ma ho rilevato un “numero di quota” più basso.
Secondo il mio GPS, dall’ometto al piccolo larice di inizio ci sono circa 240 metri in “linea d’aria”, e quindi un po’ di più di camminamento.
Gli ultimi metri per arrivare ai due alberelli (cioè l’estrema punta della bancata) sono già ben esposti: conviene fermarsi un po’ prima per sistemarsi e poi proseguire verso l’attacco della cornice iniziale della Zéngia del Viàl.
I bastoncini, per chi li ha usati fino a qui, ora sono dannosi e conviene depositarli senza appenderli allo zaino.
Lo zaino deve essere il più compatto possibile senza il superfluo.
Percorrenza della Zéngia del Viàl
La cengia è divisa in due con una piccola estensione finale.
Secondo la guida sono 80 metri di cornice più circa 200 metri di bancata fino al “pascolo delle capre”, e poi si può continuare per poche decine di metri fino al canalone che scende dalla separazione tra i due Uselóin.
Si entra nella cornice passando tra il larice e la fascia rocciosa di fine bancata di avvicinamento.
Per tutta la parte di cornice non scrivo nulla dell’esposizione perché … è meglio non guardare cosa c’è di lato.
Si inizia procedendo al passo del gatto sotto un tetto aggettante, e si arriva a un gradino che immette su un abbassamento di cornice dove si procede eretti al limite di parete su appoggi sufficienti – attenzione ad eventuali sassolini o sporcizie varie sugli appoggi.
Dopo l’abbassamento si gira uno spigoletto, e c’è qualche passo con loppe su un tratto che tende a “buttare in fuori”, ma c’è modo di tenersi.
Si arriva al punto più difficile in andata che al ritorno non lo è più.
Qui si trova un chiodo con anello di cordino utile per assicurazione.
L’anello, a mio giudizio, non va bene per appendersi semplicemente ed aiutarsi nella discesa dello “storto gradino” successivo, perché c’è il rischio di sbilanciarsi in fuori – per utilizzarlo bene bisogna avere uno spezzone di corda e ci si assicura facilmente anche in solitaria.
Io sono sceso stando attaccatissimo alla parete e sfruttando i piccoli appoggi: piccoli-piccoli ma solidi.
Prima di scendere avevo agganciato una mia fettuccia all’anello pensando fosse utile per il ritorno, ma in effetti non serve.
Fatto questo, con pochi metri tutti all’esterno su camminamento stretto ma evidente si entra nel tratto di bancata.
La bancata è chiaramente – visto da … dove si proviene – sospesa nel vuoto, ma è sempre abbastanza larga e quasi sempre protetta dalla vegetazione tranne pochi metri, gli unici da dove si può avere una visione panoramica in fuori.
(È chiaro che dalla cornice si potrebbe sempre avere una visione panoramica in fuori, ma … non è semplice guardare in fuori … 😊)
Se si sta, come da logica e da traccia discontinua, attaccati alla parete non ci sono problemi.
A un certo punto, sotto parete, c’è una piccola sorgente, difficile da individuare – me ne sono accorto perché ho sentito sprofondare una scarpa nella melma: scarpa bassa naturalmente … 😡
Poco prima della fine si arriva a un bel covolo e poi al “pascolo delle capre”.
La guida, che segnala il pascolo, è del 1986 e ora dopo 35 anni il pascolo è un boschetto di giovani alberi ma ancora con base erbosa: forse tra altri 35 anni la base erbosa sarà sparita.
Qui termina convenzionalmente la Zéngia del Viàl, ma si può proseguire fino all’immissione nel canalone che scende dalla separazione tra i due Uselóin.
Attenzione a questo breve traverso perché è su pendio ben inclinato lateralmente e non protetto dalla vegetazione.
Qui, oggi, ho iniziato a “percepire” umidità sotto la linea camminabile, e il punto di arrivo nello spettacolare canalone era su erba alta, bagnatissima e scivolosissima.
Ho fatto qualche foto ricordo e sono subito tornato verso il covolo per stare comodo per la dovuta pausa spuntino.
L’unica nota per il ritorno è il passaggio del chiodo con anello di cordino che ora si affronta in salita.
Ci sono degli evidenti appoggi verso l’esterno che si sfruttano bene “dando la schiena parzialmente al vuoto”.
Penso sia inutile e pericoloso cercarli in andata se non si è assicurati, è veramente difficile vederli o “percepirli”: però a ognuno le sue scelte.
Tornando sono passato senza problemi.
Se si percorre la cengia in un piccolo gruppo, organizzare una breve sicura all’andata scaccia ogni pensiero.
La guida consiglia «… solitamente 1 o 2 chiodi per eventuale assicurazione»: uno c’è già (sempre da controllare) dove serve e poi bisogna valutare di volta in volta.
Chiusura odierna dell’escursione dal rientro in Val del Mulàt
Dall’ometto di uscita verso la Zéngia del Viàl in su, la Val del Mulàt è facile, e si arriva all’immissione nei sentieri CAI subito dopo la Forzèla de la Val del Mulàt con pendenza che si addolcisce progressivamente.
Qui ho svoltato a sinistra per il CAI 489 seguendo, alle varie svolte, sempre le indicazioni per la Casera Pra de Val.
Ben prima di arrivare alla Casera Pra de Val, si entra in uno slargo boschivo “creato” dalla Tempesta Vaia e ripulito dai tronchi abbattuti: qui ci sono un cartello “Pian del Traf” e il bivio con svolta a sinistra per il Sentiero Naturalistico Triòl del Camillo.
Seguendo la parte alta del Triòl del Camillo, con qualche saliscendi si ritorna alla Casera de Fagarè sotto l’imbocco della Val del Mulàt e poi al parcheggio di partenza ripassando per la Casera del Mugón.
******************************
Il dislivello reale dell’escursione è di poco più di 900 metri e non 1.275 come indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
******************************
La guida di riferimento, sia tecnica che per le notizie storiche, è «Dolomiti di Zoldo 61 escursioni fra Pelmo e Civetta» di Paolo Bonetti e Paolo Lazzarin.
Di solito le guide ignorano le cenge (e anch’io non le cerco) che non collegano due punti diversi, ma questa ha una storia curiosa che la rende interessante.
Alla fine – nel bel mezzo della parete – c’è un praticello dove (parole dalla guida) … «un tempo i pastori, nei periodi di magra, conducevano una alla volta le loro capre lungo la vertiginosa cengia fino alla pala erbosa dove gli animali rimanevano a pascolare per tutta la stagione estiva. […] una sorta di straordinario recinto sospeso a 200 metri da terra».
Forse adesso le capre non passano più, ma percorrendo la SUPER-esposta cengia ho comunque trovato diverse “tracce organiche”, presumo di camosci.
Avvicinamento alla base della Val del Mulàt
Dal parcheggio si imbocca il sentiero che va verso il Rifugio Bosconero e si svolta al bivio verso la Casera del Mugón: c’è un cartello a sfondo azzurro con scritto “Kaśèra Muḡon”.
Dalla Casera del Mugón si continua sul sentiero CAI 491 collegandosi con pochi metri di discesa sulla strada sterrata che si incontra e, con svolta ad altro bivio segnalato, si arriva a Casera de Fagarè.
Alla Casera de Fagarè si prosegue sul sentiero che passa a sinistra direzione arrivo, e dopo poco più di 100 metri lineari di camminata si arriva ad attraversare un valloncello con cartello Val del Mulàt: qui bisogna uscire dal sentiero segnato CAI.
Risalita della Val del Mulàt fino al punto di uscita verso l’inizio della Zéngia del Viàl
Dal cartello Val del Mulàt bisogna tagliare liberamente nel bosco in direzione nord verso la spaccatura nella fascia rocciosa che si intravede anche con il bosco al massimo sviluppo del verde come oggi.
Qui ho piegato inizialmente un po’ a destra per seguire qualche traccia di animali, e poi sono andato su più diretto fino a entrare nell’impluvio di pietre alla base della strettoia nella fascia rocciosa.
Entrando nel “canyon” si sale facilmente un breve tratto nei massi e si arriva sotto la prima cascata da superare.
Qui sulla destra direzione arrivo c’è un saltino di roccia che immette su un pendio erboso MOLTO ripido in parte gradinato, e dove si nota anche dal basso qualche possibile linea tipo “viàz” che guida verso il boschetto che sta sopra.
Il primo movimento da fare è quasi sul verticale ma c’è un appiglio dove si infila tutta la mano destra e non ci sono problemi.
Più delicata è la parte superiore assai esposta, che procedendo ci si rende conto che è più ripida di quanto sembra da sotto.
Inizialmente mi sono spostato verso sinistra sopra un terrazzino roccioso intermedio a fianco della cascata, e poi con diagonale finale verso destra su un “inizio di traccia” sono entrato nel boschetto.
Nel boschetto inizia un sentierino vero e proprio che va, con tratti ancora ripidi, fino all’altezza della seconda cascata: qui si è sempre sulla destra direzione salita dell’impluvio.
Il sentierino arriva, come altezza, fino al bordo superiore della seconda cascata ma spostato sulla destra, e bisogna entrare nell’impluvio con DELICATO traverso verso sinistra di qualche metro: gli appoggi ci sono, anche se ESPOSTI e non da scarpa intera.
Arrivati sopra la seconda cascata sono finite le difficoltà in Val del Mulàt – ora si sale per un vallone e non per un canale articolato come fino a questo punto.
A questo punto la guida scrive «… si prosegue per un bel bosco rado, salendo fino a quota 1400 circa, dove si incomincia a traversare verso destra (Est) pressoché orizzontalmente su ripida pala boscosa sovrastata da una fascia rocciosa. Si raggiunge così il costone che dà accesso alla parete dell’Uselóin vera e propria (1400 m)».
Prima la guida dava Casera de Fagarè alla quota ufficiale di 1103 metri e così avevo ritarato il mio altimetro a pressione.
Salendo nel rado bosco dopo la seconda cascata della Val del Mulàt ho visto due fasce rocciose ravvicinate con le classiche tracce di base fascia rocciosa.
La prima fascia è meno evidente e sta poco sopra i 1350 metri, la seconda è più alta, più chiara e con traccia più evidente: QUELLA GIUSTA È LA PRIMA MENO EVIDENTE CHE SI INCONTRA PIÙ IN BASSO.
A quota 1370 circa (partendo dai 1103 di Casera del Fagarè), in mezzo al vallone, c’è un evidente ometto appoggiato a monte del tronco di un albero – da questo ometto si nota la labile traccia che scende leggermente a sfiorare la base della prima e più bassa fascia rocciosa; visto che inizialmente si perdono pochi metri di dislivello, con il senno di poi e conoscendo il percorso, si potrebbe facilmente anche tagliare un po’ sotto l’ometto, ma non è il risparmio di una decina di metri di quota che può fare la differenza.
Percorrenza del collegamento dall’uscita dalla Val del Mulàt fino all’inizio della Zéngia del Viàl
Persi i primi pochi metri di quota dall’ometto, bisogna continuare sulla bancata boschiva mantenendo il livello come scritto in guida.
Non bisogna stare attaccati alla fascia rocciosa e qualche linea di camminamento sul pendio abbastanza inclinato si trova.
Nel finale del traverso, la bancata boschiva si restringe e, (come sempre) dove le linee diventano obbligate o quasi sia per gli animali che per gli umani, compare un sentierino che si sposta verso la fascia rocciosa fino alla “punta della bancata” che finisce sul costone di accesso alla parete verticale dove inizia la Zéngia del Viàl.
Durante tutto il traverso, si notano un paio di spaccature della fascia rocciosa che permetterebbero l’accesso alla bancata sotto la fascia rocciosa superiore: bisogna lasciar perdere e proseguire sempre allo stesso livello.
La guida segnala un piccolo larice che cresce proprio sul costone dove inizia la cornice di cengia: c’è un piccolo larice con dietro un piccolo abete.
Alla fine, la quota di uscita dalla Val del Mulàt è pressoché identica alla quota di inizio cengia come scritto in guida, ma ho rilevato un “numero di quota” più basso.
Secondo il mio GPS, dall’ometto al piccolo larice di inizio ci sono circa 240 metri in “linea d’aria”, e quindi un po’ di più di camminamento.
Gli ultimi metri per arrivare ai due alberelli (cioè l’estrema punta della bancata) sono già ben esposti: conviene fermarsi un po’ prima per sistemarsi e poi proseguire verso l’attacco della cornice iniziale della Zéngia del Viàl.
I bastoncini, per chi li ha usati fino a qui, ora sono dannosi e conviene depositarli senza appenderli allo zaino.
Lo zaino deve essere il più compatto possibile senza il superfluo.
Percorrenza della Zéngia del Viàl
La cengia è divisa in due con una piccola estensione finale.
Secondo la guida sono 80 metri di cornice più circa 200 metri di bancata fino al “pascolo delle capre”, e poi si può continuare per poche decine di metri fino al canalone che scende dalla separazione tra i due Uselóin.
Si entra nella cornice passando tra il larice e la fascia rocciosa di fine bancata di avvicinamento.
Per tutta la parte di cornice non scrivo nulla dell’esposizione perché … è meglio non guardare cosa c’è di lato.
Si inizia procedendo al passo del gatto sotto un tetto aggettante, e si arriva a un gradino che immette su un abbassamento di cornice dove si procede eretti al limite di parete su appoggi sufficienti – attenzione ad eventuali sassolini o sporcizie varie sugli appoggi.
Dopo l’abbassamento si gira uno spigoletto, e c’è qualche passo con loppe su un tratto che tende a “buttare in fuori”, ma c’è modo di tenersi.
Si arriva al punto più difficile in andata che al ritorno non lo è più.
Qui si trova un chiodo con anello di cordino utile per assicurazione.
L’anello, a mio giudizio, non va bene per appendersi semplicemente ed aiutarsi nella discesa dello “storto gradino” successivo, perché c’è il rischio di sbilanciarsi in fuori – per utilizzarlo bene bisogna avere uno spezzone di corda e ci si assicura facilmente anche in solitaria.
Io sono sceso stando attaccatissimo alla parete e sfruttando i piccoli appoggi: piccoli-piccoli ma solidi.
Prima di scendere avevo agganciato una mia fettuccia all’anello pensando fosse utile per il ritorno, ma in effetti non serve.
Fatto questo, con pochi metri tutti all’esterno su camminamento stretto ma evidente si entra nel tratto di bancata.
La bancata è chiaramente – visto da … dove si proviene – sospesa nel vuoto, ma è sempre abbastanza larga e quasi sempre protetta dalla vegetazione tranne pochi metri, gli unici da dove si può avere una visione panoramica in fuori.
(È chiaro che dalla cornice si potrebbe sempre avere una visione panoramica in fuori, ma … non è semplice guardare in fuori … 😊)
Se si sta, come da logica e da traccia discontinua, attaccati alla parete non ci sono problemi.
A un certo punto, sotto parete, c’è una piccola sorgente, difficile da individuare – me ne sono accorto perché ho sentito sprofondare una scarpa nella melma: scarpa bassa naturalmente … 😡
Poco prima della fine si arriva a un bel covolo e poi al “pascolo delle capre”.
La guida, che segnala il pascolo, è del 1986 e ora dopo 35 anni il pascolo è un boschetto di giovani alberi ma ancora con base erbosa: forse tra altri 35 anni la base erbosa sarà sparita.
Qui termina convenzionalmente la Zéngia del Viàl, ma si può proseguire fino all’immissione nel canalone che scende dalla separazione tra i due Uselóin.
Attenzione a questo breve traverso perché è su pendio ben inclinato lateralmente e non protetto dalla vegetazione.
Qui, oggi, ho iniziato a “percepire” umidità sotto la linea camminabile, e il punto di arrivo nello spettacolare canalone era su erba alta, bagnatissima e scivolosissima.
Ho fatto qualche foto ricordo e sono subito tornato verso il covolo per stare comodo per la dovuta pausa spuntino.
L’unica nota per il ritorno è il passaggio del chiodo con anello di cordino che ora si affronta in salita.
Ci sono degli evidenti appoggi verso l’esterno che si sfruttano bene “dando la schiena parzialmente al vuoto”.
Penso sia inutile e pericoloso cercarli in andata se non si è assicurati, è veramente difficile vederli o “percepirli”: però a ognuno le sue scelte.
Tornando sono passato senza problemi.
Se si percorre la cengia in un piccolo gruppo, organizzare una breve sicura all’andata scaccia ogni pensiero.
La guida consiglia «… solitamente 1 o 2 chiodi per eventuale assicurazione»: uno c’è già (sempre da controllare) dove serve e poi bisogna valutare di volta in volta.
Chiusura odierna dell’escursione dal rientro in Val del Mulàt
Dall’ometto di uscita verso la Zéngia del Viàl in su, la Val del Mulàt è facile, e si arriva all’immissione nei sentieri CAI subito dopo la Forzèla de la Val del Mulàt con pendenza che si addolcisce progressivamente.
Qui ho svoltato a sinistra per il CAI 489 seguendo, alle varie svolte, sempre le indicazioni per la Casera Pra de Val.
Ben prima di arrivare alla Casera Pra de Val, si entra in uno slargo boschivo “creato” dalla Tempesta Vaia e ripulito dai tronchi abbattuti: qui ci sono un cartello “Pian del Traf” e il bivio con svolta a sinistra per il Sentiero Naturalistico Triòl del Camillo.
Seguendo la parte alta del Triòl del Camillo, con qualche saliscendi si ritorna alla Casera de Fagarè sotto l’imbocco della Val del Mulàt e poi al parcheggio di partenza ripassando per la Casera del Mugón.
******************************
Il dislivello reale dell’escursione è di poco più di 900 metri e non 1.275 come indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
******************************
Waypoints
Waypoint
2,700 ft
01 - Parcheggio sopra il Lago di Pontesei al km 118-IV della SP 251
Waypoint
4,222 ft
06 - Foto sul sentierino di collegamento tra prima e seconda cascata in Val del Mulàt
Waypoint
4,473 ft
09 - Ometto di riferimento per uscita dalla Val del Mulàt verso l'inizio della Zéngia del Viàl
Waypoint
4,445 ft
20 - Fine della Zéngia del Viàl nel canalone che scende dalla separazione tra i due Uselóin
Waypoint
4,413 ft
26 - Foto al ritorno lungo la cornice della Zéngia del Viàl da sotto il 'Passo del Gatto' iniziale
Waypoint
3,487 ft
32 - Bivio a Pian di Traf con svolta a sinistra per il Sentiero Naturalistico Triòl del Camillo
You can add a comment or review this trail
Comments