Sentiero 'Re Fajone' nel MAB Montedimezzo (Vastogirardi)
near Scalo Ferroviario, Molise (Italia)
Viewed 360 times, downloaded 10 times
Trail photos
Itinerary description
Percorso molto piacevole, abbastanza breve con pendenza adatta quasi a tutti, È adatto anche a famiglie con bambini e con persone che magari sono restii a fare i sentieri lunghi con pendenze accentuate. È regolato da orari che si possono vedere sul sito
https://www.riservamabaltomolise.it/visitaci/cosa-fare/centri-visitatori.html
Vedere gli orari soprattutto per quanto riguarda il museo che è aperto poche ore durante il giorno. All'interno è presente una caserma forestale e diverse strutture, c'è una voliera con rapaci feriti, un recinto con Cervi Cinghiali e diversi animali selvatici, e come dicevo c'è un museo molto bello. Ci sono diversi sentieri in questa registrazione c'è diciamo la via normale per andare a vedere il famoso faggio secolare "Re Fajone". Purtroppo a fine novembre 2017 il vento l'ha spezzato quasi alla base, e quindi si può vedere la parte mozzata con il resto dell'imponente albero adagiato al suolo. In questa registrazione il tempo è abbastanza breve perché sono andato a passo svelto e senza soste, avevo un corso di aggiornamento per le guide ambientali escursionistiche al centro visite. Si percorre abbastanza facilmente perché è molto battuto ed è segnato con numerosi cartelli, poi in questa registrazione purtroppo c'era brutto tempo e pioveva ma fatto soprattutto nella bella stagione si può passare una bellissima giornata. Ovviamente l'abbigliamento da trekking non è proprio fondamentale però comunque essendo un ambiente boschivo è consigliabile avere un equipaggiamento consono almeno il minimo indispensabile.
Si parte dal centro visite o comunque sempre vicino alle strutture e si seguono agevolmente le indicazioni, all'inizio del sentiero mi sono dimenticato di mettere il waypoint col punto acqua e comunque c'è una fontana di fronte la voliera dei rapaci. Si prosegue seguendo le comode indicazioni e si può anche scegliere in teoria se fare altri sentieri come segnato sulle varie tabelle. In questa registrazione dalle parti di re fajone la forestale aveva attuato dei tagli e il sentiero non era proprio chiarissimo, però essendo molto battuto ed essendoci tante tabelle si percorre molto agevolmente. Poi scendendo si costeggia il rifugio si costeggia il recinto con i Cervi e durante questa registrazione essendo periodo autunnale c'erano dei cervi in bramito ed era spettacolare.
(Di seguito riporta un estratto internet che parla della riserva)
Riserva MAB Collemeluccio-Montedimezzo Alto Molise
MAB è un acronimo inglese che sta per Man and Biosphere cioè “L’uomo e la Biosfera”, un programma avviato nel 1971 dall’UNESCO (L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), con lo scopo prioritario di sviluppare un rapporto sostenibile e duraturo tra l’uomo e la natura.
Al fine di raggiungere tale obiettivo è stata creata una rete delle cosiddette “Riserve della Biosfera”, ecosistemi terrestri e costiero/marini riconosciuti a livello mondiale per l’elevato potenziale ambientale. Attualmente le Riserve MAB sono 651 e 13 sono quelle presenti in Italia.
Rappresentano dei siti importantissimi sia per la ricerca, sia per la formazione che per l’educazione ambientale; inoltre, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali, mirano alla conservazione e all’utilizzo sostenibile delle risorse del territorio.
La Riserva nasce nel 1977 suddivisa in due nuclei distanti 15 chilometri, con caratteristiche geomorfologiche e vegetazionali peculiari: Collemeluccio nel comune di Pescolanciano e Montedimezzo nel territorio di Vastogirardi, per un’estensione totale di 654 ettari.
Nel 2006 è stato costituito il Consorzio AssoMAB i cui membri effettivi sono sette comuni (Carovilli, Pescolanciano, Chiauci, Vastogirardi, San Pietro Avellana, Pietrabbondante, Roccasicura), nonché l’Università degli Studi del Molise, l’Ufficio per la Biodiversità di Isernia e la Regione Molise, al fine di realizzare un ampliamento e una zonizzazione della Riserva con un incremento della superficie da 651 a 25.268 ettari.
Nell’area sono presenti, in modo totale o parziale, 7 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) della Rete Natura 2000 molisana: 1) Bosco di Collemeluccio – Selvapiana – Castiglione – La Cocozza, 2) Bosco di Monte di Mezzo – Monte Miglio – Pennataro – Monte Capraro – Monte Cavallerizzo, 3) Isola della Fonte della Luna, 4) Pesche – Monte Totila, 5) Torrente Tirino (Forra) – Monte Ferrante, 6) Gola di Chiauci, 7) Torrente Verrino, caratterizzati dalla presenza di habitat di interesse comunitario forestali, ma anche arbustivi e prativi.
Le due aree storiche sono fruibili grazie a un’ampia rete sentieristica (in particolare, il sentiero Colle San Biagio, a Montedimezzo, garantisce l’accessibilità ai portatori di handicap), lungo la quale periodicamente si organizzano anche gare di orienteering, corsa podistica e mountain bike, grazie ad aree picnic e a zone adibite a campeggi su richiesta. Inoltre, a Montedimezzo è presente il Centro visitatori, con sezioni dedicate alla geologia, ai legni e alla fauna, una sala proiezioni, recinti faunistici e voliere che ospitano la fauna selvatica in difficoltà recuperata sul territorio.
Per quanto riguarda nello specifico il nucleo originario di Montedimezzo la vegetazione è arborea, con prevalenza di cerro (Quercus cerris) e faggio (Fagus selvatica), due specie che predominano l’una sull’altra in funzione della pendenza, dell’altitudine, del substrato pedologico e delle variazioni microclimatiche. Il cerro si sviluppa prevalentemente su substrati argillosi e marnosi, con tolleranza di periodi siccitosi. Le specie arboree della cerreta sono il perastro, il melo selvatico, l’acero campestre, l’acero di monte (Acer pseudoplatanus). Nella fascia del cerro è presente una ricca gamma di specie secondarie che, ove il cerro è rado, assume il ruolo di soprassuolo principale ed è rappresentato da carpino bianco (Carpynus betulus), frassino maggiore (Fraxinus excelsior) e acero (Acer campestre). In tali situazioni, in passato, sono stati eseguiti massicci coniferamenti a prevalenza bianco. Nell’arboreto (Horti colturali) che si sviluppa all’ingresso della riserva, fino alle infrastrutture ricettive a mo’ di anfiteatro le cui origini risalgono agli anni Venti, si annoverano molte altre specie sia indigene che esotiche. La faggeta invece, presente a quote più elevate, risulta strettamente adattata alle condizioni climatico-edafiche, piuttosto estreme, che caratterizzano le altitudini superiori ai 1000 metri. In linea generale, si distinguono due gruppi di faggio: uno più basso, che da un limite inferiore variabile tra gli 800 e i 1000 metri sfuma in uno superiore, che si arresta a partire dai 1500 metri di quota, laddove la faggeta cede il posto alle praterie di vetta. Le faggete d’alto fusto della fascia inferiore si trovano a contatto diretto con i querceti, ma in condizioni di umidità atmosferica maggiori. In questa fascia il sottobosco tipico è costituito dall’agrifoglio, da alcune specie di acero e dal novellame dello stesso faggio. Meno frequenti sono i piccoli frutici, quali la dafne (Daphne laureola). Lo strato erbaceo, anch’esso di norma poco folto, vede come specie più rappresentative il caglio odoroso (Galium odoratum), l’erba fragolina (Sanicula europaea), il ciclamino (Cyclamen hederifolium), il ranuncolo lanuto (Ranunculus lanuginosus). In primavera, quando gli alberi sono ancora spogli, si ha l’effimera comparsa di entità bulbose a fiori appariscenti, quali la scilla (Scilla bifolia), lo zafferano (Crocus neapolitanus) e il bucaneve (Galanthus nivalis).
Nel nucleo di Collemeluccio il soprassuolo forestale è caratterizzato per più della metà dall’abete bianco, presente con formazioni spontanee quali relitto delle antiche abetine che nei secoli e millenni addietro ricoprivano la dorsale appenninica e che oggi, oltre che in Molise, si ritrovano con piccoli nuclei in Abruzzo, in Toscana e in Calabria. In questa particolare realtà, infatti, le gestioni passate, basate su una moderazione dei tagli e sulla loro distribuzione su tutta la superficie del bosco, hanno determinato un’ottima conservazione dell’abete bianco. Particolarmente abbondante e vigorosa, soprattutto laddove l’abete bianco si mescola con il cerro, è la rinnovazione naturale.
L’altra specie che partecipa alla formazione del consorzio forestale è il cerro, che caratterizza maggiormente le aree a margine della Riserva. Nelle esposizioni più fresche, all’abete si associa il faggio. A queste specie si aggiungono il carpino bianco, l’acero campestre, l’olmo campestre, il frassino maggiore. Nel sottobosco rigoglioso si trovano il biancospino, l’agrifoglio, il prugnolo e il nocciolo.
Nelle radure e lungo i margini sono frequenti i meli, i peri selvatici, i sorbi e fra i cespugli la rosa canina e il pruno selvatico.
Numerose sono le specie animali presenti: caprioli, lepri, tassi, martore, donnole, faine, volpi, scoiattoli e gatti selvatici. Numericamente abbondante è il cinghiale, la cui presenza è messa in evidenza anche dagli insogli rinvenibili in alcune aree della foresta e dai numerosi fusti scortecciati di abete bianco sui quali l’animale va a grattarsi. Lo stato di conservazione delle cenosi forestali ha consentito anche al lupo di frequentare questi luoghi. Le specie che maggiormente caratterizzano l’avifauna presente sono invece il falco pellegrino, l’ortolano, il falco pecchiaiolo, il nibbio reale, la balia dal collare, il biancone, l’averla piccola e la poiana. Tra gli invertebrati meritano di essere segnalati Cerambix cerdo, Rosalia alpina ,Callimorpha quadripuncta e Eriogaster catax.Negli ambienti umidi è segnalata la presenza della salamandrina terdigitata
(Estratto preso da internet su Re Fajone)
La leggenda di "Re Fajone"
Non può non dispiacere la notizia che, a fine novembre 2017, Re Fajone è morto. I forti venti di quei giorni hanno stremato e buttato a terra lo storico albero, vecchio di 500 anni, attrazione principale dell’area forestale protetta (patrimonio della biosfera Unesco) di Montedimezzo in provincia di Isernia. Un gigante di 25 metri di altezza e metri 6,40 di circonferenza. Denominato “Fajone” in quanto, in dialetto molisano = grande faggio. “Re” in quanto albero di grande imponenza e maestà. Intorno a quell’albero amico, il 27 maggio 2012 ci lasciammo andare ad un suggestivo, allegro girotondo, durante la bella escursione del Cai Vasto “Carovilli – Montedimezzo – San Pietro Avellana”.
In carenza di documentazioni attendibili, pochi conoscono l’importanza sacrale del luogo ove Re Fajone ha proteso per 5 secoli le sue fronde. Boschi e foreste, come spesso raccontano antiche saghe e leggende, sono stati sovente, presso tutti i popoli, teatro di riti magico-religiosi. Riti propiziatori rivolti a questa o quella divinità, ninfa, spirito protettore.
Considerata la breve distanza della foresta di Montedimezzo da Pietrabbondante, insediamento di rilievo della Confederazione sannita che nel III e II secolo a.C. contrastò con coraggio il potere di Roma che si stava espandendo, è possibile ritenere che, proprio nell’area sacra ove, diversi secoli più tardi, sarebbe cresciuto Re Fajone, il comandante sannita Gaio Ponzio Telesino abbia invocato, alla presenza di sacerdoti locali, i Numi tutelari del popolo sannita affinché proteggessero e sostenessero le truppe nello scontro imminente con i nemici Romani. Preghiere non inutili, verrebbe da dire, in quanto nell’anno 321 a. C. Gaio Ponzio conseguì un’importante vittoria su Roma alle “Forche Caudine”, in Campania non lontano dal Molise. Evento a seguito del quale i Romani dovettero subire l’umiliazione di passare, a schiena curva, sotto i gioghi sanniti.
È utile ricordare che diversi secoli più tardi, nel XIII secolo d. C. Federico II di Svevia diede grande impulso alla realizzazione di tracciati specifici dedicati al transito del bestiame, dai pascoli di montagna in Abruzzo ai meno freddi stazionamenti invernali in Puglia: i cosiddetti tratturi.
Il territorio alto-molisano che include le attuali foreste di Montedimezzo e Collemeluccio venne anch’esso attraversato da un tratturo: il Celano-Foggia, importante itinerario della “transumanza”. Tratturo che attraversava i pendii di San Pietro Avellana, Vastogirardi e Pietrabbondante prima di oltrepassare la valle del Trigno più a sud. Una leggenda vuole che Federico II in persona, al fine di verificare la validità del tracciato, abbia ispezionato l’area che qualche secolo dopo avrebbe visto crescere rigoglioso Re Fajone.
Un luogo davvero, per certi aspetti, magico, regale, ricco di storia, ha dunque accompagnato lo sviluppo straordinario di quest’albero imponente, a lungo simbolo dell’Alto Molise, che lo scorrere del tempo e le forze stesse della natura hanno, per forza di cose, finito per consumare ed abbattere.
https://www.riservamabaltomolise.it/visitaci/cosa-fare/centri-visitatori.html
Vedere gli orari soprattutto per quanto riguarda il museo che è aperto poche ore durante il giorno. All'interno è presente una caserma forestale e diverse strutture, c'è una voliera con rapaci feriti, un recinto con Cervi Cinghiali e diversi animali selvatici, e come dicevo c'è un museo molto bello. Ci sono diversi sentieri in questa registrazione c'è diciamo la via normale per andare a vedere il famoso faggio secolare "Re Fajone". Purtroppo a fine novembre 2017 il vento l'ha spezzato quasi alla base, e quindi si può vedere la parte mozzata con il resto dell'imponente albero adagiato al suolo. In questa registrazione il tempo è abbastanza breve perché sono andato a passo svelto e senza soste, avevo un corso di aggiornamento per le guide ambientali escursionistiche al centro visite. Si percorre abbastanza facilmente perché è molto battuto ed è segnato con numerosi cartelli, poi in questa registrazione purtroppo c'era brutto tempo e pioveva ma fatto soprattutto nella bella stagione si può passare una bellissima giornata. Ovviamente l'abbigliamento da trekking non è proprio fondamentale però comunque essendo un ambiente boschivo è consigliabile avere un equipaggiamento consono almeno il minimo indispensabile.
Si parte dal centro visite o comunque sempre vicino alle strutture e si seguono agevolmente le indicazioni, all'inizio del sentiero mi sono dimenticato di mettere il waypoint col punto acqua e comunque c'è una fontana di fronte la voliera dei rapaci. Si prosegue seguendo le comode indicazioni e si può anche scegliere in teoria se fare altri sentieri come segnato sulle varie tabelle. In questa registrazione dalle parti di re fajone la forestale aveva attuato dei tagli e il sentiero non era proprio chiarissimo, però essendo molto battuto ed essendoci tante tabelle si percorre molto agevolmente. Poi scendendo si costeggia il rifugio si costeggia il recinto con i Cervi e durante questa registrazione essendo periodo autunnale c'erano dei cervi in bramito ed era spettacolare.
(Di seguito riporta un estratto internet che parla della riserva)
Riserva MAB Collemeluccio-Montedimezzo Alto Molise
MAB è un acronimo inglese che sta per Man and Biosphere cioè “L’uomo e la Biosfera”, un programma avviato nel 1971 dall’UNESCO (L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), con lo scopo prioritario di sviluppare un rapporto sostenibile e duraturo tra l’uomo e la natura.
Al fine di raggiungere tale obiettivo è stata creata una rete delle cosiddette “Riserve della Biosfera”, ecosistemi terrestri e costiero/marini riconosciuti a livello mondiale per l’elevato potenziale ambientale. Attualmente le Riserve MAB sono 651 e 13 sono quelle presenti in Italia.
Rappresentano dei siti importantissimi sia per la ricerca, sia per la formazione che per l’educazione ambientale; inoltre, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali, mirano alla conservazione e all’utilizzo sostenibile delle risorse del territorio.
La Riserva nasce nel 1977 suddivisa in due nuclei distanti 15 chilometri, con caratteristiche geomorfologiche e vegetazionali peculiari: Collemeluccio nel comune di Pescolanciano e Montedimezzo nel territorio di Vastogirardi, per un’estensione totale di 654 ettari.
Nel 2006 è stato costituito il Consorzio AssoMAB i cui membri effettivi sono sette comuni (Carovilli, Pescolanciano, Chiauci, Vastogirardi, San Pietro Avellana, Pietrabbondante, Roccasicura), nonché l’Università degli Studi del Molise, l’Ufficio per la Biodiversità di Isernia e la Regione Molise, al fine di realizzare un ampliamento e una zonizzazione della Riserva con un incremento della superficie da 651 a 25.268 ettari.
Nell’area sono presenti, in modo totale o parziale, 7 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) della Rete Natura 2000 molisana: 1) Bosco di Collemeluccio – Selvapiana – Castiglione – La Cocozza, 2) Bosco di Monte di Mezzo – Monte Miglio – Pennataro – Monte Capraro – Monte Cavallerizzo, 3) Isola della Fonte della Luna, 4) Pesche – Monte Totila, 5) Torrente Tirino (Forra) – Monte Ferrante, 6) Gola di Chiauci, 7) Torrente Verrino, caratterizzati dalla presenza di habitat di interesse comunitario forestali, ma anche arbustivi e prativi.
Le due aree storiche sono fruibili grazie a un’ampia rete sentieristica (in particolare, il sentiero Colle San Biagio, a Montedimezzo, garantisce l’accessibilità ai portatori di handicap), lungo la quale periodicamente si organizzano anche gare di orienteering, corsa podistica e mountain bike, grazie ad aree picnic e a zone adibite a campeggi su richiesta. Inoltre, a Montedimezzo è presente il Centro visitatori, con sezioni dedicate alla geologia, ai legni e alla fauna, una sala proiezioni, recinti faunistici e voliere che ospitano la fauna selvatica in difficoltà recuperata sul territorio.
Per quanto riguarda nello specifico il nucleo originario di Montedimezzo la vegetazione è arborea, con prevalenza di cerro (Quercus cerris) e faggio (Fagus selvatica), due specie che predominano l’una sull’altra in funzione della pendenza, dell’altitudine, del substrato pedologico e delle variazioni microclimatiche. Il cerro si sviluppa prevalentemente su substrati argillosi e marnosi, con tolleranza di periodi siccitosi. Le specie arboree della cerreta sono il perastro, il melo selvatico, l’acero campestre, l’acero di monte (Acer pseudoplatanus). Nella fascia del cerro è presente una ricca gamma di specie secondarie che, ove il cerro è rado, assume il ruolo di soprassuolo principale ed è rappresentato da carpino bianco (Carpynus betulus), frassino maggiore (Fraxinus excelsior) e acero (Acer campestre). In tali situazioni, in passato, sono stati eseguiti massicci coniferamenti a prevalenza bianco. Nell’arboreto (Horti colturali) che si sviluppa all’ingresso della riserva, fino alle infrastrutture ricettive a mo’ di anfiteatro le cui origini risalgono agli anni Venti, si annoverano molte altre specie sia indigene che esotiche. La faggeta invece, presente a quote più elevate, risulta strettamente adattata alle condizioni climatico-edafiche, piuttosto estreme, che caratterizzano le altitudini superiori ai 1000 metri. In linea generale, si distinguono due gruppi di faggio: uno più basso, che da un limite inferiore variabile tra gli 800 e i 1000 metri sfuma in uno superiore, che si arresta a partire dai 1500 metri di quota, laddove la faggeta cede il posto alle praterie di vetta. Le faggete d’alto fusto della fascia inferiore si trovano a contatto diretto con i querceti, ma in condizioni di umidità atmosferica maggiori. In questa fascia il sottobosco tipico è costituito dall’agrifoglio, da alcune specie di acero e dal novellame dello stesso faggio. Meno frequenti sono i piccoli frutici, quali la dafne (Daphne laureola). Lo strato erbaceo, anch’esso di norma poco folto, vede come specie più rappresentative il caglio odoroso (Galium odoratum), l’erba fragolina (Sanicula europaea), il ciclamino (Cyclamen hederifolium), il ranuncolo lanuto (Ranunculus lanuginosus). In primavera, quando gli alberi sono ancora spogli, si ha l’effimera comparsa di entità bulbose a fiori appariscenti, quali la scilla (Scilla bifolia), lo zafferano (Crocus neapolitanus) e il bucaneve (Galanthus nivalis).
Nel nucleo di Collemeluccio il soprassuolo forestale è caratterizzato per più della metà dall’abete bianco, presente con formazioni spontanee quali relitto delle antiche abetine che nei secoli e millenni addietro ricoprivano la dorsale appenninica e che oggi, oltre che in Molise, si ritrovano con piccoli nuclei in Abruzzo, in Toscana e in Calabria. In questa particolare realtà, infatti, le gestioni passate, basate su una moderazione dei tagli e sulla loro distribuzione su tutta la superficie del bosco, hanno determinato un’ottima conservazione dell’abete bianco. Particolarmente abbondante e vigorosa, soprattutto laddove l’abete bianco si mescola con il cerro, è la rinnovazione naturale.
L’altra specie che partecipa alla formazione del consorzio forestale è il cerro, che caratterizza maggiormente le aree a margine della Riserva. Nelle esposizioni più fresche, all’abete si associa il faggio. A queste specie si aggiungono il carpino bianco, l’acero campestre, l’olmo campestre, il frassino maggiore. Nel sottobosco rigoglioso si trovano il biancospino, l’agrifoglio, il prugnolo e il nocciolo.
Nelle radure e lungo i margini sono frequenti i meli, i peri selvatici, i sorbi e fra i cespugli la rosa canina e il pruno selvatico.
Numerose sono le specie animali presenti: caprioli, lepri, tassi, martore, donnole, faine, volpi, scoiattoli e gatti selvatici. Numericamente abbondante è il cinghiale, la cui presenza è messa in evidenza anche dagli insogli rinvenibili in alcune aree della foresta e dai numerosi fusti scortecciati di abete bianco sui quali l’animale va a grattarsi. Lo stato di conservazione delle cenosi forestali ha consentito anche al lupo di frequentare questi luoghi. Le specie che maggiormente caratterizzano l’avifauna presente sono invece il falco pellegrino, l’ortolano, il falco pecchiaiolo, il nibbio reale, la balia dal collare, il biancone, l’averla piccola e la poiana. Tra gli invertebrati meritano di essere segnalati Cerambix cerdo, Rosalia alpina ,Callimorpha quadripuncta e Eriogaster catax.Negli ambienti umidi è segnalata la presenza della salamandrina terdigitata
(Estratto preso da internet su Re Fajone)
La leggenda di "Re Fajone"
Non può non dispiacere la notizia che, a fine novembre 2017, Re Fajone è morto. I forti venti di quei giorni hanno stremato e buttato a terra lo storico albero, vecchio di 500 anni, attrazione principale dell’area forestale protetta (patrimonio della biosfera Unesco) di Montedimezzo in provincia di Isernia. Un gigante di 25 metri di altezza e metri 6,40 di circonferenza. Denominato “Fajone” in quanto, in dialetto molisano = grande faggio. “Re” in quanto albero di grande imponenza e maestà. Intorno a quell’albero amico, il 27 maggio 2012 ci lasciammo andare ad un suggestivo, allegro girotondo, durante la bella escursione del Cai Vasto “Carovilli – Montedimezzo – San Pietro Avellana”.
In carenza di documentazioni attendibili, pochi conoscono l’importanza sacrale del luogo ove Re Fajone ha proteso per 5 secoli le sue fronde. Boschi e foreste, come spesso raccontano antiche saghe e leggende, sono stati sovente, presso tutti i popoli, teatro di riti magico-religiosi. Riti propiziatori rivolti a questa o quella divinità, ninfa, spirito protettore.
Considerata la breve distanza della foresta di Montedimezzo da Pietrabbondante, insediamento di rilievo della Confederazione sannita che nel III e II secolo a.C. contrastò con coraggio il potere di Roma che si stava espandendo, è possibile ritenere che, proprio nell’area sacra ove, diversi secoli più tardi, sarebbe cresciuto Re Fajone, il comandante sannita Gaio Ponzio Telesino abbia invocato, alla presenza di sacerdoti locali, i Numi tutelari del popolo sannita affinché proteggessero e sostenessero le truppe nello scontro imminente con i nemici Romani. Preghiere non inutili, verrebbe da dire, in quanto nell’anno 321 a. C. Gaio Ponzio conseguì un’importante vittoria su Roma alle “Forche Caudine”, in Campania non lontano dal Molise. Evento a seguito del quale i Romani dovettero subire l’umiliazione di passare, a schiena curva, sotto i gioghi sanniti.
È utile ricordare che diversi secoli più tardi, nel XIII secolo d. C. Federico II di Svevia diede grande impulso alla realizzazione di tracciati specifici dedicati al transito del bestiame, dai pascoli di montagna in Abruzzo ai meno freddi stazionamenti invernali in Puglia: i cosiddetti tratturi.
Il territorio alto-molisano che include le attuali foreste di Montedimezzo e Collemeluccio venne anch’esso attraversato da un tratturo: il Celano-Foggia, importante itinerario della “transumanza”. Tratturo che attraversava i pendii di San Pietro Avellana, Vastogirardi e Pietrabbondante prima di oltrepassare la valle del Trigno più a sud. Una leggenda vuole che Federico II in persona, al fine di verificare la validità del tracciato, abbia ispezionato l’area che qualche secolo dopo avrebbe visto crescere rigoglioso Re Fajone.
Un luogo davvero, per certi aspetti, magico, regale, ricco di storia, ha dunque accompagnato lo sviluppo straordinario di quest’albero imponente, a lungo simbolo dell’Alto Molise, che lo scorrere del tempo e le forze stesse della natura hanno, per forza di cose, finito per consumare ed abbattere.
Waypoints
Comments (1)
You can add a comment or review this trail
Percorso descritto in maniera eccezionale, molto piacevole da fare e struttura di Montedimezzo che merita una visita.