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Selva del Lamone e le sue cascate

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Trail stats

Distance
9.62 mi
Elevation gain
866 ft
Technical difficulty
Easy
Elevation loss
866 ft
Max elevation
1,291 ft
TrailRank 
32
Min elevation
585 ft
Trail type
Loop
Time
6 hours 44 minutes
Coordinates
1255
Uploaded
March 24, 2024
Recorded
March 2024
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near Farnese, Lazio (Italia)

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Itinerary description

Percorso ad anello da Farnese passando per:
- Cascata del Salabrone (0.5 km)
- Cascata del Pelicotonno (1.9 km)
- Tomba del gottimo (5.5 km)

Da sempre impenetrabile barriera di confine tra Toscana e Lazio, lambita dal fiume Olpeta, la Riserva Naturale Selva del Lamone, istituita nel 1994, è situata nel Comune di Farnese, nella media Valle del Fiora.

Aspro e selvaggio, tanto da aver ispirato Dante per il suo capolavoro, l’ambiente della Selva del Lamone, immenso e pietroso, disseminato di curiose formazioni rocciose, si estende su di un plateau lavico leggermente inclinato e originato dal vulcano Latera, centro eruttivo ed effusivo posto sul margine occidentale del Distretto vulcanico Vulsinio.

Boschi fitti mai toccati dall’uomo, ricchi di piante secolari, anfiteatri lavici e anfratti bui, hanno consentito la conservazione di un ecosistema unico tale da costituire un’importanza fondamentale per l’equilibrio biologico dei territori circostanti.

Luoghi sconvolti tra 158000 e 145000 anni fa, quando un’imponente attività effusiva determinò la fuoriuscita di una colata lavica spessa localmente oltre quaranta metri, dal punto di vista della sua composizione chimica, questa lava è detta dai geologi fonolite tefritica, a indicare una roccia povera di silice e che, quando viene spezzata con un colpo di martello, emette un rumore netto (fonolite appunto: roccia che suona).

La lava del Lamone però ha dato luogo a un fenomeno particolare: tutte le colate laviche, infatti, terminata l’attività eruttiva che le ha emesse, iniziano a raffreddarsi lentamente, contraendosi e diminuendo di volume e di conseguenza fratturandosi in più punti, le cosiddette “Murce”, la più famosa delle quali prende il nome di Rosa Crepante. Le “Murce” si originano da lave viscose che, una volta eruttate, invece di scorrere formano delle collinette dette Domi le quali, fratturandosi per contrazione da raffreddamento secondo il processo descritto in precedenza, originano degli enormi cumuli di massi. Le Pile invece, sono delle depressioni nel terreno, anch’esse ricoperte di massi e originate molto probabilmente dal crollo di cavità sotterranee. Tali cavità sono quasi certamente costituite da grotte a scorrimento lavico, ampliate dalle acque di deflusso del sottosuolo. Infatti, in corrispondenza di forti piogge o immediatamente dopo di esse, si ascolta un continuo rumore di massi che rotolano, anche se in superficie non si nota alcun movimento. Il rotolamento è reale, ma avviene sottoterra in cavità di scorrimento lavico a opera delle acque di deflusso.

La presenza dei Farnese, che fecero della Selva, per secoli, una riserva di caccia, ne permisero la conservazione. La numerosa fauna selvatica, che in questi anfratti trova sicuro riparo, annovera la lontra, il gatto selvatico, la testuggine di palude, il tritone punteggiato e crestato, il gambero di fiume, il biancone e saltuariamente il lupo appenninico.

Negli avvallamenti di terreno argilloso si formano piccole pozze temporanee (i “Lacioni”), che ospitano uccelli di palude.

Il Lamone è stato rifugio leggendario per schiere di briganti e teatro di scorribande di Domenico Tiburzi, il più famoso brigante della Maremma.

Domenico Tiburzi noto con più appellativi, come Domenichino o il più eloquente Livellatore. Dal 1867 al 1896, anno in cui venne ucciso dai Carabinieri in località Casale Le Forane presso Capalbio, Tiburzi e la sua banda spadroneggiarono nell’area, caratterizzandosi per l’ambiguità delle gesta tipica di questo periodo di riassestamento politico e sociale durante il passaggio dallo Stato Pontificio al Regno D’Italia.

Azioni alla Robin Hood, infatti, si associarono a comportamenti di vero e proprio banditismo come estorsioni, omicidi e abigeato, in un crescendo estremamente violento durante un periodo di drammatiche sperequazioni economiche tra latifondisti, mezzadri, braccianti e mandriani.

La sua attività banditesca fu una vera e propria organizzazione di tipo aziendale, stabilendo degli equilibri con le varie componenti sociali dell’epoca, garantendo, dietro adeguato compenso, protezione ai ricchi possidenti contro gli altri briganti e verso qualsiasi altro genere di problemi.

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