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Sasso Moro e rif. Bignami da Campomoro.

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Trail stats

Distance
7.98 mi
Elevation gain
4,288 ft
Technical difficulty
Difficult
Elevation loss
2,946 ft
Max elevation
10,200 ft
TrailRank 
32
Min elevation
6,283 ft
Trail type
One Way
Time
8 hours 48 minutes
Coordinates
2610
Uploaded
September 17, 2023
Recorded
September 2023
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near Alpe Gera, Lombardia (Italia)

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Photo ofSasso Moro e rif. Bignami da Campomoro. Photo ofSasso Moro e rif. Bignami da Campomoro. Photo ofSasso Moro e rif. Bignami da Campomoro.

Itinerary description

16/09/2023.
Lasciata l’automobile nei pressi del rifugio Campomoro o del bar-ristoro Poschiavina e scendiamo, per una strada asfaltata che termina alla diga. Qui parte un sentiero per i rifugi Carate Brianza e Marinelli. Si sale rapidamente sul versante meridionale del Sasso Moro con qualche tratto protetto da corrimano. Il sentiero raggiunge un bosco di larici, raggiungendo la bocchetta delle Forbici e il rifugio Carate Brianza (2636mt). A destra del rifugio troviamo il cartello che indica la partenza del sentiero per la forca di Fellaria ed il rifugio Bignami. Imbocchiamo questo sentiero, segnato da triangoli gialli. Il sentiero è un continuo cammino su massi fino alla forca che appare come una sella che chiude il vallone di sfasciumi. A destra, troviamo una traccia segnalata da ometti che rapidamente sale il versante settentrionale del Sasso Moro su sfasciumi. Dobbiamo fare molta attenzione ai radi ometti fino alla cima del Sasso Moro (3069mt). Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.itripiano, che ci apre, ad ovest, una prima splendida, anche se limitata, finestra sul monte Disgrazia, sulle cime di Chiareggio, sul monte Sissone, sulle cime di Rosso e di Vazzeda e sul gruppo delle Sciore. Più a destra, oltre alla punta di Fora ed alla triade Entova-Malenco-Tremoggia, compaiono il pizzo Gluschaint (che significa “luminoso”, per l’aspetto che mostra sul versante elvetico) e le cime gemelle della Sella. Dietro le gotiche cime di Musella, infine, cominciano a far capolino i pizzi Roseg (da “rösa” o “rosa”, massa di ghiaccio), Scerscen e Zupò (che significa “nascosto”, da “zuper”, nascondere).
Dalla porta non proseguiamo diritti, come forse istintivamente tenderemmo a fare, ma volgiamo a sinistra, sempre prestando la massima attenzione agli ometti, salendo per via diretta ad un ripido canalino che ci fa accedere ad una modesta pianetta. Davanti a noi, leggermente a destra, vediamo il crinale interrompersi bruscamente e precipitare con un orrido salto sul versante della conca di Musella. Anche qui non proseguiamo diritti verso il crinale, ma pieghiamo a sinistra, raggiungendo un ampio pianoro di sfasciumi e dirigendoci verso est-sud-est, cioè tornando indietro in direzione della Bignami e passando a destra di una pozza d’acqua, che ci regala uno splendido effetto di specchio che ha come protagoniste cime di Musella, cima di Caspoggio e pizzo e Zupò (l’inseparabile gemello, l’Argient, resta, invece, ancora nascosto).
Percorso questo pianoro, gli ometti ci fanno piegare gradualmente a destra, cioè in direzione del crinale, e ci portano ad un canalino intagliato fra roccioni scuri, dai quali scende anche un rivolo d’acqua. Prima di attaccare il canalino, guardiamo a sinistra, in basso: scorgeremo uno splendido laghetto di un azzurro intenso, sperduto in un mare di sfasciumi.


Apri qui una panoramica dal laghetto del Sasso Moro

Superato il canalino (attenzione ai sassi mobili ed al terriccio insidioso), affrontiamo un canale più ampio, fra due roccioni, piegando a destra. Al termine del canale, si presenta davanti a noi una nuova ampia conca. Guardando a nord, nessuna cima della testata della Valmalenco, dal pizzo Gluschaint al pizzo Varuna, manca ora all’appello. Cominciamo a descrive un arco a sinistra, in direzione del crinale; passiamo, così, poco a sinistra di una portina (m. 3020 circa) che si affaccia su un salto roccioso: da essa la visuale si apre sulla media Valmalenco, con il Sasso Alto (“sas òlt”, o monte Motta), il monte Canale e, sul fondo, le Orobie centrali. Puntiamo, dunque, in direzione di alcuni modesti roccioni scuri; il sentiero, con ripidi zig-zag, guadagna l’ampio cupolone sassoso della quota 3069, dove proseguiamo la salita senza portarci sulla destra (non, dunque, in direzione di un sasso appuntito che sembra un ometto), ma rimanendo, più meno, al centro, finché giungiamo a vedere un grande ometto, sormontato da un sasso a punta di lancia, che segna la quota 3069. Lo raggiungiamo dopo circa 50 minuti di cammino dalla forca.


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Amplissimo, da qui, il panorama, analogo a quello che si può godere dalla cima del Sasso Moro, che ora si mostra, a sud-est, come un vicino torrione scuro e minaccioso. In particolare, a sud lo sguardo raggiunge Primolo, mentre verso ovest possiamo vedere non solamente la Carate Brianza e la bocchetta delle Forbici, ma anche, al di là di questa, il laghetto delle Forbici. Fin qui possiamo giungere senza particolari problemi, purché prestiamo attenzione agli ometti (cosa ancor più necessaria nella discesa per la medesima via). Potremmo anche essere paghi, perché sicuramente la meta è di primario valore panoramico, e comunque fa molto chic poter rispondere, a chi chiede “Dove sei stato?”, “Sulla quota 3069”, gustando poi lo stupore dell’interlocutore di fronte ad un’indicazione che sorprenderà anche i più esperti conoscitori di cime malenche.


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Se, invece, vogliamo proseguire, procediamo così. Innanzitutto vinciamo un moto di delusione: eravamo convinti di trovarci, a quota 3069, ormai in prossimità della cima e di dover affrontare solo un ultimo sforzo rimanendo sul crinale. Invece il crinale che ci separa dalla vetta è tutt’altro che semplice: sale e scende con salti piuttosto arditi e la via alla cima non è certo diretta. Vinta la delusione, vinciamo anche la repulsione: la salita al torrione terminale del Sasso Moro, visto da qui, appare di impegno alpinistico. Così, in realtà, non è, ma per scoprirlo dobbiamo proprio arrivare a ridosso dei suoi bastioni. Non ci resta, ora, che vincere la stanchezza, perché i saliscendi si snodano su un terreno che richiede concentrazione, quindi il recupero di una certa freschezza, che è possibile solo dopo un’adeguata sosta. Consiglio, quindi, di approfittare della bella calotta della quota 3069 per recuperare energie. Ricordo, infine, che da qui fino all’attacco diretto del torrione non troveremo più neppure ometti.
Microlaghetto. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.itRiprendiamo il cammino, verso il torrione, seguendo una debole traccia, che si affaccia ad un saltino di rocce a monte di un’ampia conca; scendiamo a zig-zag fra le boccetta, e ci troviamo a sinistra di una porta sul crinale (m. 3020 circa), alla quale giunge, sul versante opposto della conca di Musella, un ripido canalino. La tentazione è quella di guadagnare il crinale e seguirlo fino allo strappo finale, ma è del tutto sconsigliabile, per i salti che questo propone e che da qui non vediamo. Proseguiamo, dunque, rimanendo sotto il crinale, fino a giungere in vista di un nevaio, non particolarmente ripido, di cui siamo, più o meno, all’altezza del limite alto.
È, questo, il punto di maggiore difficoltà dell’escursione: se abbiamo con noi i ramponi (cosa consigliabile) li calziamo attraversandone il limite alto (poco più di una superficie gelata); in caso contrario, potremmo sentirci poco sicuri e propendere per un aggiramento a monte, che sfrutta le roccette ed il terreno smosso. Teniamo, però, presente che questa soluzione è assai più faticosa di quanto potremmo a prima vista immaginare, perché terriccio e massi spesso poggiano su un fondo ghiacciato, che non vediamo, per cui tengono molto meno di quanto potremmo prevedere. Attenzione, in particolare, a non appoggiarci a massi di una certa consistenza che siano a monte rispetto a noi, per evitare di farceli scivolare letteralmente addosso. In un modo o nell’altro, comunque, raggiungiamo il lato opposto del nevaietto; non, però, il suo limite estremo; fermiamoci un po’ prima, per sfruttare un canalino che sale ad un balcone superiore di sfasciumi.


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Qui giunti, possiamo dire di essere a buon punto. Percorrendo quasi in piano l’ampio terrazzo, raggiungiamo un bellissimo microlaghetto, alla nostra sinistra, che ci risolleva sicuramente il morale. Oltrepassato il microlaghetto, scendiamo leggermente, passando a monte di chiazze di nevaio e raggiungendo un marcato corridoio, ai piedi del versante di sfasciumi che sale fino alle ultime rocce sotto la cima. Percorrendolo, raggiungiamo una Microlaghetto. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.ittraccia e ritroviamo gli ometti: qui giunge, infatti, la via di salita sopra menzionata, che risale, diritta, il canalone di sfasciumi direttamente dall’alpe di Fellaria. Se sia più semplice o meno faticosa della via qui descritta, non saprei dire.
Ci resta da scegliere, ora, per quale via attaccare la cima. Gli ometti segnalano una traccia che risale, a zig-zag, il ridico versante di sfasciumi, portando ad alcune roccette (attaccabili in due punti). Non sono eccessivamente difficili, ma, non essendo attrezzate con corde fisse, possono risultate ostiche, anche perché non sempre asciutte. Ecco una soluzione di ripiego che ci permette di evitare la seppur breve arrampicata. Invece di puntare al limite inferiore delle rocce, traversiamo a destra, portandoci ad una bocchetta cui giunge un ripido canalino dal versante di Musella. Si tratta del canalino che sfruttarono, il 5 settembre 1912, i primi salitori del Sasso Moro, A. Balabio, R. Rossi e F. Barbieri, i quali si staccarono dal sentiero per la bocchetta delle Forbici dopo il primo gradino, piegando a destra e raggiungendo un canale di sfasciumi che cominciarono a risalire, fino ad una biforcazione, alla quale presero a destra, giungendo al punto nel quale ci troviamo, poco sotto la cima.
Una traccia, alla nostra sinistra, si appoggia per un breve tratto al versante del canalino, restando a sinistra rispetto al suo ripido solco: salendo a ridosso del fianco roccioso, prestiamo attenzione a non scivolare sul terriccio. Superato questo breve passaggio un po’ esposto, pieghiamo a sinistra e risaliamo un altrettanto breve canalino fra roccette, fino ad una porta finale, in corrispondenza di un ometto: qui intercettiamo la traccia di sentiero che Ultimo tratto prima della cima del Sasso Moro. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.itsale dalle roccette sopra menzionate. Una brevissima e facile salita dall’ometto ci porta agli ometti posti ai 3108 metri del piccolo pianoro sommitale del Sasso Moro (memorizziamo la via percorsa, per non avere perplessità nella discesa).
-----------------------La discesa è assai più agevole della salita: troviamo una buona traccia di sentiero che ci permette di perdere quota senza fatica. Scendiamo in un ampio vallone, compreso fra il vallone gemello che culmina nella bocchetta di Caspoggio, a nord, ed il versante settentrionale del Sasso Moro, a sud; piegando a destra, ci portiamo sul suo lato destro, fino a raggiungere, sempre guidati dai segnavia, un pianoro percorso da un La finestra dalla quale si vede il monte Disgrazia. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.itpigro torrentello. Procediamo, quindi, in direzione est-nord-est, con andamento pianeggiante.
La traccia non sempre è visibile, ma la traversata, senza problemi, ci conduce sulle soglie di un modesto avvallamento, nel quale scendiamo da destra, raggiungendo il punto in cui il sentiero confluisce in quello che, salendo dal rifugio Bignami, conduce alla bocchetta di Caspoggio. Percorrendolo verso destra, siamo in breve alle baite dell’alpe di Fellaria (m. 2401) e, a breve distanza, al rifugio Bignami (m. 2385).

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