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Passo Gavia - Pizzo di Vallumbrina

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Trail stats

Distance
7.65 mi
Elevation gain
2,867 ft
Technical difficulty
Difficult
Elevation loss
2,867 ft
Max elevation
10,593 ft
TrailRank 
38
Min elevation
7,947 ft
Trail type
Loop
Time
7 hours 11 minutes
Coordinates
5541
Uploaded
August 9, 2022
Recorded
August 2022
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near Saleit, Lombardia (Italia)

Viewed 239 times, downloaded 7 times

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Itinerary description

Si risale con la SS 42 l’intera Val Camonica superando Edolo e Vezza d’Oglio per raggiungere Ponte di Legno. Poco oltre il paese abbandoniamo la statale che procederebbe verso il Passo del Tonale per volgere a sinistra in direzione del Passo Gavia. La strada, a tratti molto stretta ma comunque asfaltata, risale sino ai 2610 metri del valico presso il quale sono presenti i bellissimi Lago Nero e Lago Bianco. Procediamo oltre il passo superando il Lago Bianco per raggiungere in breve il Rifugio Berni (m 2541) posto a sinistra della carreggiata e presso il quale lasciamo l’automobile. In alternativa si può accedere alla partenza dal versante opposto salendo da Bormio a Santa Caterina Valfurva per proseguire in salita verso il Passo Gavia. In questo caso il Rifugio Berni è posto poco prima del passo, immediatamente a destra della strada.


Descrizione del percorso:

Sin dalla partenza godiamo di uno splendido panorama sulle montagne circostanti scorgendo fra l’altro un settore del ghiacciaio di Dosegù. Sul lato opposto della strada rispetto al Rifugio Berni notiamo l’ampia mulattiera che scende a scavalcare con un ponticello il Torrente Gavia. Notiamo la vecchia costruzione in stato d’abbandono del Rifugio Gavia (m 2522). Scavalcato il torrente tralasciamo il bivio sulla destra, segnalato dai cartelli, per la Vedretta e la Punta della Sforzellina mantenendo il segnavia 551 che tra lande erbose d’altitudine muove verso nordest guadagnando progressivamente altitudine.

La quota elevata della partenza fa sì che non sia presente alberatura concedendo ampie visioni sui monti circostanti. Da rilevare nello specifico lo scorcio alle spalle sulle pendici del Monte Gavia mentre davanti a noi possiamo intravedere, lontana, la sagoma dell’Ortles. Sempre tra i prati magri tipici dell’alta quota guadagniamo un modesto culmine dove alcuni specchi d’acqua temporanei offrono lo spunto per splendide inquadrature fotografiche. Il percorso volge con maggiore decisione verso oriente perdendo decisamente quota in direzione del profondo vallone solcato dal Rio del Dosegù. La lingua terminale del Ghiacciaio del Dosegù è ora ben visibile caratterizzando il panorama di questo tratto di sentiero. Persi circa 100 metri di dislivello possiamo ora rasentare il torrente che resta immediatamente alla nostra sinistra. E’ il classico torrente glaciale come evidente dal colore marrone delle acque derivante dalla presenza in sospensione di sedimento originato dall’esarazione del ghiaccio sul substrato roccioso. Non è un caso se i torrenti glaciali non siano quasi mai potabili. Ne risaliamo per un breve tratto il corso senza mai scavalcarlo quindi riprende la salita lasciando alla nostra sinistra una bella cascata. Poco sopra, la particolare angolazione permette uno scorcio sulla lingua terminale del Ghiacciaio di Dosegù. Nonostante il forte ritiro sono ancora osservabili (estate 2017) alcuni serracchi in equilibrio precario sul salto sottostante.

Su fondo detritico il segnavia volge ora deciso verso meridione guadagnando quota sul fianco sinistro di una bella conca. La salita conduce, senza difficoltà, al pianoro occupato dal modesto Lago Nero (m 2800 circa). Nonostante le dimensioni contenute si tratta di uno specchio d’alta quota caratterizzato da una straordinaria limpidezza delle acque. D’origine glaciale e alimentato, per lo più, dalle nevi invernali, offre nei giorni tersi magnifiche colorazioni e l’occasione pertanto di realizzare splendide fotografie. Il sentiero ne segue la sponda sinistra quindi lo lascia alle spalle scavalcando una rampa detritica più ripida che offre ancora, alle spalle, magnifici scorci. In pochi minuti siamo al margine di una seconda conca posta più in alto che ospita altri due piccoli laghetti glaciali. Si tratta di ciò che resta della Vedretta di Vallombrina, oggi in pratica scomparsa ma ancora indicata nelle cartine geografiche del secolo scorso.

Il segnavia resta questa volta più lontano dalle acque ma anche in questo caso è possibile, per chi lo desidera, calare sino alle sponde senza via obbligata e soprattutto senza affrontare alcuna difficoltà. Nel proseguo del cammino affrontiamo il tratto più impegnativo dell’escursione. Il sentiero lascia spazio ad un tratto tra caotici accatastamenti di rocce instabili. Non vi sono tratti d’arrampicata né tanto meno settori esposti; il fondo richiede in ogni caso qualche cautela in più soprattutto in coincidenza di una frana che ha interrotto una frazione del percorso segnato (estate 2017). Il tratto si aggira senza troppa difficoltà dal basso, su gradoni ben appigliati, per riprendere poco oltre il tracciato ufficiale. Da rilevare il panorama progressivamente più vasto, alle spalle, sia sui sottostanti laghetti bordeggiati in precedenza che a distanza, osservando distintamente la sagoma scura del Corno dei Tre Signori. Bordeggiamo ciò che resta di alcune strutture in legno che risalgono all’epoca della prima guerra mondiale quindi, con un ultimo sforzo, siamo al Bivacco Capanna Battaglione Ortles (m 3122) a pochi metri dal crinale.

La posizione è oltremodo panoramica, con le pendici del Pizzo di Vallombrina, nostra meta finale, in bella vista. Da rilevare, ancora una volta, le moltissime testimonianze della prima guerra mondiale evidenti nelle centinaia di metri di filo spinato arrotolato ancora presenti sia presso il bivacco che nelle montagne circostanti. Desta vera impressione riflettere sulle immani fatiche che furono necessarie per portare a queste quote materiale da costruzione e filo metallico per un’assurda guerra di posizione che fece più caduti per il clima artico delle vette che non per le armi.

Il nostro percorso può ora proseguire oltre il bivacco. Perdiamo circa 20 metri di quota andando a toccare una selletta del crinale quindi, guidati da alcuni segnavia in vernice gialla, debordiamo a sinistra del filo di cresta per aggirare un tratto più impegnativo. Su cengia stretta ma ben evidente e priva di reali difficoltà procediamo alternando frazioni piane con altre in debole salita. Poco oltre la traccia di sentiero riprende la linea di crinale che appare ora più ampia e facile. Cominciamo a scorgere il settore superiore del Ghiacciaio di Dosegù. Superando ancora una volta sfasciumi e detriti guadagniamo infine il punto culminante del Pizzo di Vallombrina (m 3222 – ore 3,15 dalla partenza) sulla cui vetta troviamo ulteriori muretti e reperti risalenti al primo conflitto mondiale.

Il paesaggio appare di straordinaria bellezza. L’elemento più interessante è dato, come già anticipato, dal Ghiacciaio del Dosegù che, nonostante la fase di forte ritiro, offre ancora la vista di una lunga lingua glaciale in parte serraccata. La vedretta appare sovrastata da alcune tra le più alte cime del Gruppo del Cevedale. Ricordiamo nello specifico il Pizzo Tresero (m 3594), la Punta Pedranzini (m 3599), la Cima Dosegù (m 3560) e la Punta San Matteo (m 3678). In direzione opposta rispetto al ghiacciaio e quindi verso sudovest rimarchiamo la vista del grande Corno dei Tre Signori mentre sotto la nostra verticale si ripete la visione dei tre laghetti sfiorati nel sentiero di salita. Il rientro avviene a ritroso per un totale di ore 5,40 di cammino.

Comments  (1)

  • Photo of ilMorni
    ilMorni Aug 12, 2023

    Complimenti per la bella descrizione del percorso. Invoglia a percorrerlo.
    Grazie

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