Pale di San Lucano: Boràl de la Besàusega, Bivacco Margherita Bedin, Cima d’Ambrosogn o Ambrusogn e Forcella Gardès
near Soccol, Veneto (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Escursione che per tutta la parte di salita richiede attenzione nel seguire il percorso.
Di fatto è tutto segnato, ma non è comunque semplicissimo da seguire.
Anche la variante in discesa di collegamento diretto verso Forcella Gardès è da seguire con concentrazione, vista la presenza di pochi ometti su un tracciato poco evidente come impronta a terra.
Ho valutato il tutto “difficile” perché i tratti tecnicamente delicati sono molti ma brevi – però se, nella valutazione complessiva, includiamo pure la costante concentrazione necessaria per l’orientamento, quasi-quasi si potrebbe valutare “molto difficile”.
È un itinerario veramente molto vario, che alla fine darà soddisfazione agli amanti del “genere selvaggio”.
**********
Dentro il Boràl de la Besàusega, il GPS ha perso il segnale e si è auto-resettato più volte.
Ho tirato io manualmente qualche linea diritta da poco dopo l’inizio del canalone fino ai traversi di uscita già iniziati per evitare i “geroglifici” disegnati dal GPS.
Anche se non c’è minimamente precisione in questo tratto, è un settore ben segnato e facile da seguire.
**********
Il dislivello reale dell’escursione dovrebbe essere di circa 400 metri in meno di quanto indicato nel dati di riepilogo Wikiloc, ma sulle gambe non se ne sente di meno!
Dal parcheggio di Forno di Val all’impluvio del Boràl de la Besàusega
Dopo il breve tratto iniziale di stradetta, si imbocca la traccia di sentiero che sale stretto in buona pendenza tra i tagli degli alberi schiantati a terra dalla Tempesta Vaia.
La salita continua un po’ meno pendente in diagonale fino a oltrepassare un macereto e immettersi in un largo e lungo vallone-canale.
Qui si sale tra i 350 e i 400 metri di dislivello su fondo vario: erboso, compatto, pietraia, ecc., sempre con attenzione ai segnavia perché ci sono vari piccoli spostamenti di linea da fare.
Il punto di uscita si nota verso sinistra direzione salita in un tratto di bosco rado e rinsecchito-bruciato, con vari rami e piccoli tronchi che creano un po’ di confusione a terra.
Si doppia il costone e in breve si arriva a una forcella da cui inizia la parte più tecnica (ho letto nella guida “Dolomiti – Il grande libro dei sentieri selvaggi” che questa forcella è nominata “Forzelàt de la Besàusega”).
Si scende in versante opposto per pochissimi metri e poi inizia un lungo traverso (vari strappetti in saliscendi) verso destra quasi sempre stretto e con, fin dal principio, brevi tratti esposti stile cengia-viàz.
Si trova un primo breve cavo di aiuto e si prosegue fino alla base di un canale boschivo a fondo terra non sempre compatta.
Bisogna risalire il canale alcune decine di metri finché si nota sulla sinistra un gran segno bianco-rosso CAI sulla parete rocciosa che indica di prendere una cornice di cengia, inizialmente larga.
Dopo un altro traverso più o meno sulle stesse quote, si deve scendere un ripido canaletto erboso (più o meno 20 metri di dislivello), e si riprende a traversare fino al passaggio di un piccolo canalino-impluvio.
Dopo questo canalino-impluvio c’è il tratto che ho trovato più difficilino da seguire (ma oggi 12 Luglio c’era erba alta dappertutto) come evidenza di impronta del sentiero e distanziamento dei segnavia (fino a qui c’è pure qualche raro ma utile tronco di alberello tagliato).
Quando ormai si vede l’impluvio del Boràl de la Besàusega, si arriva su una bancata erbosa che si segue fino a dove si restringe: qui ci si cala qualche metro all’esterno su traccia ripida (c’è un lungo chiodo per eventualmente appoggiare un piede), e poi in dolce discesa diagonale (con cavo su tratto esposto) si arriva nell’impluvio del Boràl de la Besàusega.
Dall’immissione nell’impluvio del Boràl de la Besàusega al Bivacco Margherita Bedin
La risalita del Boràl de la Besàusega è in ambiente spettacolare e non è mai difficile.
Qualche volta si appoggiano le mani ma, guidati dai segnavia, non ci sono mai passi di vera arrampicata.
Appena dopo l’inizio c’è un bel covolo centrale sotto un grande masso che può essere un ottimo riparo di emergenza.
Poco oltre i 1.400 metri di quota si passa un nevaio che, viste le buone condizioni a metà Luglio, probabilmente non se ne va mai via.
Si arriva sotto un gran salto roccioso prima del restringimento del canalone, e bisogna portarsi tutto a sinistra direzione salita per trovare i cavi di aiuto per uscire dal Boràl de la Besàusega.
Dopo i primi metri verticali si piega a destra e si esce definitivamente seguendo un sentierino esposto.
Il sentierino continua per poco quasi in piano e poi prende a salire per una specie di fianchetto-valloncello con vegetazione sparsa: qui ho visto solo un paio di piccoli bolli e sono andato su a intuito fino a sotto una fascia rocciosa dove ho ritrovato un evidentissimo segno CAI.
Dalla fascia rocciosa si va a destra per bancata facile da seguire fino a un restringimento MOLTO ESPOSTO, non lunghissimo ma di attenzione.
Poco dopo si sale qualche facile roccetta e si doppia una costola dove cambia scenario.
Intanto, da qui in poi i segni CAI bianco-rossi sono MOLTO sbiaditi e sono integrati da segnavia arancioni.
Al doppiaggio della costola c’è il primo tratto con i residui di un recente incendio, che creano confusione a terra (un paio di segnavia arancione sono molto poco visibili) e lasciano i segni neri su zaino e vestiario se non si sta attenti.
Dopo aver saltato un unico tronco fastidioso, si arriva alla base di un ripido vallone erboso da risalire – in tutto il vallone ho visto un unico segno arancione … sull’unica roccia che affiorava dall’erba.
Sopra il vallone si doppia un’altra costola verso destra e si entra nel tratto … “più affumicato”.
Si procede di traverso, prima in breve discesetta e poi in salita diagonale più decisa (occhio ai segnavia) fin sotto un salto di roccette: primi metri liberi non difficili, e poi cavo di aiuto.
Però il tratto con il cavo è ostruito in un punto da un alberello bruciacchiato e caduto, e bisogna abbandonare la presa del cavo e arrangiarsi per 3/4 metri.
Poi si sale sempre sul ripido con vari cambi di direzione e ancora con tratti in mezzo a mughi e altri arbusti bruciacchiati che, se toccati, lasciano dei gran segni neri.
Finalmente si arriva sotto il gran vallone-circo (parzialmente pietroso all’inizio e poi solo erba) che conduce sotto le roccette finali che anticipano il Bivacco Bedin.
Queste roccette si superano con l’aiuto di tre brevi settori attrezzati, e poi si arriva con un ultimo tratto dove si riesce a sciogliere un po’ i muscoli delle gambe.
Dal Bivacco Margherita Bedin a Cima d’Ambrosogn o Ambrusogn, e discesa all’inizio del collegamento diretto per Forcella Gardès
Per andare alla Cima d’Ambrosogn bisogna prima aggirare la cima più vicina al bivacco, denominata “Le Cime” (oggi non l’ho salita perché … ne avevo già abbastanza del programma base e perché già la conoscevo, vedi → Dolomiti Pale di San Lucano: Viàz Drio la Spàla o Bancón, Le Cime e Bivacco Margherita Bedin da Pradimezzo).
Si può aggirare (guardandola dal bivacco) sia dal lato sinistro per il sentiero CAI che dal lato destro per tracce sul pendio: sono andato a destra perché mi sembrava più bello e vario.
Dopo l’aggiramento della base di Le Cime, ci si immette sulla dorsale finale di salita poco sopra l’insellatura che divide le due vette.
Si sale qualche decina di metri sul filo di dorsale e poi, con piccolo spostamento a sinistra, si imbocca il ripido canalino erboso finale: è ripido ma ci sono sempre “scavetti” per appoggiare i piedi, e si usano le mani (ma non a livello arrampicata) per appoggiarsi solo negli ultimissimi metri.
In discesa si ripercorre il canalino finale e poi si piega a destra verso il ben visibile tracciato del sentiero CAI 765.
Io ho tagliato presto sul ripido, ma si può piegare anche un po’ più avanti sopra una dorsale che è utilizzabile per un’eventuale salita da quel lato.
Dal CAI 765 si prende la direzione verso Malga d’Ambrosogn e Pradimezzo, si doppia il pulpito della Forcella Besàusega e si scende qualche decina di metri lineari: ora bisogna abbandonare il sentiero e scendere nella depressione di sinistra più o meno in direzione di un gruppo di grandi massi.
Collegamento diretto per Forcella Gardès
Intanto questo è un tracciato “selvaggio di suo”, e anche se fa risparmiare percorrenza lineare e dislivello rispetto al passaggio per Malga d’Ambrosogn non è di sicuro meno faticoso né complessivamente più veloce.
Non è un sentiero vero e proprio anche se è indicato con tratteggio nero sulla cartina Tabacco: lo definirei una “direttrice” con impronte a terra saltuarie, qualche raro ometto e molti corridoi logici.
Dopo aver passato i grandi massi nella depressione a sinistra del CAI 765, si va verso un largo canale-impluvio di rocce-pietre non difficili (girandosi indietro si può notare che ci sono varie linee per arrivare a questo canale, di certo non solo quella che ho fatto io).
Bisogna scendere questo canale per svariate decine di metri fino a uscirne sopra la sponda sinistra in corrispondenza di un grande ometto che ci sta sopra: l’uscita è facile MA NON BISOGNA MANCARLA.
(Da qui in poi la registrazione GPS si sovrappone quasi perfettamente al tracciato della cartina Tabacco rasterizzata, e non capita spesso).
Ora non c’è molto da spiegare: le impronte a terra sono brevi, labili e discontinue (roba da animali); di contro si notano vari corridoi naturali nella vegetazione che non sembrano avere alternative; ho visto in tutto 3 o 4 ometti “minimalisti”; non è tutto dolce saliscendi, ma c’è qualche breve strappetto-svolta di pochi metri; c’è solo una risalita un po’ più lunga che anticipa il piano dove si trova l’unico ometto grande dopo il primo di uscita dal canale (e qui c’è già in vista Forcella Gardès); pochissimo dopo questo grande ometto c’è un breve traverso MOLTO ESPOSTO E INFIDO con cavo di aiuto che però è fissato da un solo lato e quindi è penzolante: comunque se si sale un paio di metri prima in direzione del cavo si riesce a fare un aggiramento che aumenta di parecchio il margine di sicurezza.
Da qui Forcella Gardès sembra a un passo ma ci ho messo ancora quasi mezz’ora … di stanchezza! – però non c’è più pericolo di sbagliare direzione.
Discesa da Forcella Gardès a Col di Prà e rientro alla partenza di Forno di Val
Tutto normale e ben segnato per sentieri CAI fino a Col di Prà: nessuna stravaganza dopo quello che c’è stato prima! 😊
Nella parte medio bassa di discesa, non si può non apprezzare l’enorme lavoro di taglio e sistemazione boschivi dei danni della Tempesta Vaia: senza questi lavori, un giro come questo non sarebbe più stato possibile e godibile.
Rientro al parcheggio di partenza in bicicletta con poco più di 5 km tutti in discesa.
Di fatto è tutto segnato, ma non è comunque semplicissimo da seguire.
Anche la variante in discesa di collegamento diretto verso Forcella Gardès è da seguire con concentrazione, vista la presenza di pochi ometti su un tracciato poco evidente come impronta a terra.
Ho valutato il tutto “difficile” perché i tratti tecnicamente delicati sono molti ma brevi – però se, nella valutazione complessiva, includiamo pure la costante concentrazione necessaria per l’orientamento, quasi-quasi si potrebbe valutare “molto difficile”.
È un itinerario veramente molto vario, che alla fine darà soddisfazione agli amanti del “genere selvaggio”.
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Dentro il Boràl de la Besàusega, il GPS ha perso il segnale e si è auto-resettato più volte.
Ho tirato io manualmente qualche linea diritta da poco dopo l’inizio del canalone fino ai traversi di uscita già iniziati per evitare i “geroglifici” disegnati dal GPS.
Anche se non c’è minimamente precisione in questo tratto, è un settore ben segnato e facile da seguire.
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Il dislivello reale dell’escursione dovrebbe essere di circa 400 metri in meno di quanto indicato nel dati di riepilogo Wikiloc, ma sulle gambe non se ne sente di meno!
Dal parcheggio di Forno di Val all’impluvio del Boràl de la Besàusega
Dopo il breve tratto iniziale di stradetta, si imbocca la traccia di sentiero che sale stretto in buona pendenza tra i tagli degli alberi schiantati a terra dalla Tempesta Vaia.
La salita continua un po’ meno pendente in diagonale fino a oltrepassare un macereto e immettersi in un largo e lungo vallone-canale.
Qui si sale tra i 350 e i 400 metri di dislivello su fondo vario: erboso, compatto, pietraia, ecc., sempre con attenzione ai segnavia perché ci sono vari piccoli spostamenti di linea da fare.
Il punto di uscita si nota verso sinistra direzione salita in un tratto di bosco rado e rinsecchito-bruciato, con vari rami e piccoli tronchi che creano un po’ di confusione a terra.
Si doppia il costone e in breve si arriva a una forcella da cui inizia la parte più tecnica (ho letto nella guida “Dolomiti – Il grande libro dei sentieri selvaggi” che questa forcella è nominata “Forzelàt de la Besàusega”).
Si scende in versante opposto per pochissimi metri e poi inizia un lungo traverso (vari strappetti in saliscendi) verso destra quasi sempre stretto e con, fin dal principio, brevi tratti esposti stile cengia-viàz.
Si trova un primo breve cavo di aiuto e si prosegue fino alla base di un canale boschivo a fondo terra non sempre compatta.
Bisogna risalire il canale alcune decine di metri finché si nota sulla sinistra un gran segno bianco-rosso CAI sulla parete rocciosa che indica di prendere una cornice di cengia, inizialmente larga.
Dopo un altro traverso più o meno sulle stesse quote, si deve scendere un ripido canaletto erboso (più o meno 20 metri di dislivello), e si riprende a traversare fino al passaggio di un piccolo canalino-impluvio.
Dopo questo canalino-impluvio c’è il tratto che ho trovato più difficilino da seguire (ma oggi 12 Luglio c’era erba alta dappertutto) come evidenza di impronta del sentiero e distanziamento dei segnavia (fino a qui c’è pure qualche raro ma utile tronco di alberello tagliato).
Quando ormai si vede l’impluvio del Boràl de la Besàusega, si arriva su una bancata erbosa che si segue fino a dove si restringe: qui ci si cala qualche metro all’esterno su traccia ripida (c’è un lungo chiodo per eventualmente appoggiare un piede), e poi in dolce discesa diagonale (con cavo su tratto esposto) si arriva nell’impluvio del Boràl de la Besàusega.
Dall’immissione nell’impluvio del Boràl de la Besàusega al Bivacco Margherita Bedin
La risalita del Boràl de la Besàusega è in ambiente spettacolare e non è mai difficile.
Qualche volta si appoggiano le mani ma, guidati dai segnavia, non ci sono mai passi di vera arrampicata.
Appena dopo l’inizio c’è un bel covolo centrale sotto un grande masso che può essere un ottimo riparo di emergenza.
Poco oltre i 1.400 metri di quota si passa un nevaio che, viste le buone condizioni a metà Luglio, probabilmente non se ne va mai via.
Si arriva sotto un gran salto roccioso prima del restringimento del canalone, e bisogna portarsi tutto a sinistra direzione salita per trovare i cavi di aiuto per uscire dal Boràl de la Besàusega.
Dopo i primi metri verticali si piega a destra e si esce definitivamente seguendo un sentierino esposto.
Il sentierino continua per poco quasi in piano e poi prende a salire per una specie di fianchetto-valloncello con vegetazione sparsa: qui ho visto solo un paio di piccoli bolli e sono andato su a intuito fino a sotto una fascia rocciosa dove ho ritrovato un evidentissimo segno CAI.
Dalla fascia rocciosa si va a destra per bancata facile da seguire fino a un restringimento MOLTO ESPOSTO, non lunghissimo ma di attenzione.
Poco dopo si sale qualche facile roccetta e si doppia una costola dove cambia scenario.
Intanto, da qui in poi i segni CAI bianco-rossi sono MOLTO sbiaditi e sono integrati da segnavia arancioni.
Al doppiaggio della costola c’è il primo tratto con i residui di un recente incendio, che creano confusione a terra (un paio di segnavia arancione sono molto poco visibili) e lasciano i segni neri su zaino e vestiario se non si sta attenti.
Dopo aver saltato un unico tronco fastidioso, si arriva alla base di un ripido vallone erboso da risalire – in tutto il vallone ho visto un unico segno arancione … sull’unica roccia che affiorava dall’erba.
Sopra il vallone si doppia un’altra costola verso destra e si entra nel tratto … “più affumicato”.
Si procede di traverso, prima in breve discesetta e poi in salita diagonale più decisa (occhio ai segnavia) fin sotto un salto di roccette: primi metri liberi non difficili, e poi cavo di aiuto.
Però il tratto con il cavo è ostruito in un punto da un alberello bruciacchiato e caduto, e bisogna abbandonare la presa del cavo e arrangiarsi per 3/4 metri.
Poi si sale sempre sul ripido con vari cambi di direzione e ancora con tratti in mezzo a mughi e altri arbusti bruciacchiati che, se toccati, lasciano dei gran segni neri.
Finalmente si arriva sotto il gran vallone-circo (parzialmente pietroso all’inizio e poi solo erba) che conduce sotto le roccette finali che anticipano il Bivacco Bedin.
Queste roccette si superano con l’aiuto di tre brevi settori attrezzati, e poi si arriva con un ultimo tratto dove si riesce a sciogliere un po’ i muscoli delle gambe.
Dal Bivacco Margherita Bedin a Cima d’Ambrosogn o Ambrusogn, e discesa all’inizio del collegamento diretto per Forcella Gardès
Per andare alla Cima d’Ambrosogn bisogna prima aggirare la cima più vicina al bivacco, denominata “Le Cime” (oggi non l’ho salita perché … ne avevo già abbastanza del programma base e perché già la conoscevo, vedi → Dolomiti Pale di San Lucano: Viàz Drio la Spàla o Bancón, Le Cime e Bivacco Margherita Bedin da Pradimezzo).
Si può aggirare (guardandola dal bivacco) sia dal lato sinistro per il sentiero CAI che dal lato destro per tracce sul pendio: sono andato a destra perché mi sembrava più bello e vario.
Dopo l’aggiramento della base di Le Cime, ci si immette sulla dorsale finale di salita poco sopra l’insellatura che divide le due vette.
Si sale qualche decina di metri sul filo di dorsale e poi, con piccolo spostamento a sinistra, si imbocca il ripido canalino erboso finale: è ripido ma ci sono sempre “scavetti” per appoggiare i piedi, e si usano le mani (ma non a livello arrampicata) per appoggiarsi solo negli ultimissimi metri.
In discesa si ripercorre il canalino finale e poi si piega a destra verso il ben visibile tracciato del sentiero CAI 765.
Io ho tagliato presto sul ripido, ma si può piegare anche un po’ più avanti sopra una dorsale che è utilizzabile per un’eventuale salita da quel lato.
Dal CAI 765 si prende la direzione verso Malga d’Ambrosogn e Pradimezzo, si doppia il pulpito della Forcella Besàusega e si scende qualche decina di metri lineari: ora bisogna abbandonare il sentiero e scendere nella depressione di sinistra più o meno in direzione di un gruppo di grandi massi.
Collegamento diretto per Forcella Gardès
Intanto questo è un tracciato “selvaggio di suo”, e anche se fa risparmiare percorrenza lineare e dislivello rispetto al passaggio per Malga d’Ambrosogn non è di sicuro meno faticoso né complessivamente più veloce.
Non è un sentiero vero e proprio anche se è indicato con tratteggio nero sulla cartina Tabacco: lo definirei una “direttrice” con impronte a terra saltuarie, qualche raro ometto e molti corridoi logici.
Dopo aver passato i grandi massi nella depressione a sinistra del CAI 765, si va verso un largo canale-impluvio di rocce-pietre non difficili (girandosi indietro si può notare che ci sono varie linee per arrivare a questo canale, di certo non solo quella che ho fatto io).
Bisogna scendere questo canale per svariate decine di metri fino a uscirne sopra la sponda sinistra in corrispondenza di un grande ometto che ci sta sopra: l’uscita è facile MA NON BISOGNA MANCARLA.
(Da qui in poi la registrazione GPS si sovrappone quasi perfettamente al tracciato della cartina Tabacco rasterizzata, e non capita spesso).
Ora non c’è molto da spiegare: le impronte a terra sono brevi, labili e discontinue (roba da animali); di contro si notano vari corridoi naturali nella vegetazione che non sembrano avere alternative; ho visto in tutto 3 o 4 ometti “minimalisti”; non è tutto dolce saliscendi, ma c’è qualche breve strappetto-svolta di pochi metri; c’è solo una risalita un po’ più lunga che anticipa il piano dove si trova l’unico ometto grande dopo il primo di uscita dal canale (e qui c’è già in vista Forcella Gardès); pochissimo dopo questo grande ometto c’è un breve traverso MOLTO ESPOSTO E INFIDO con cavo di aiuto che però è fissato da un solo lato e quindi è penzolante: comunque se si sale un paio di metri prima in direzione del cavo si riesce a fare un aggiramento che aumenta di parecchio il margine di sicurezza.
Da qui Forcella Gardès sembra a un passo ma ci ho messo ancora quasi mezz’ora … di stanchezza! – però non c’è più pericolo di sbagliare direzione.
Discesa da Forcella Gardès a Col di Prà e rientro alla partenza di Forno di Val
Tutto normale e ben segnato per sentieri CAI fino a Col di Prà: nessuna stravaganza dopo quello che c’è stato prima! 😊
Nella parte medio bassa di discesa, non si può non apprezzare l’enorme lavoro di taglio e sistemazione boschivi dei danni della Tempesta Vaia: senza questi lavori, un giro come questo non sarebbe più stato possibile e godibile.
Rientro al parcheggio di partenza in bicicletta con poco più di 5 km tutti in discesa.
Waypoints
Waypoint
4,514 ft
10 - Inizio discesetta finale nel Boràl de la Besàusega alla fine di una bancata erbosa
Waypoint
5,531 ft
16 - Passaggio molto esposto nel traverso-bancata dopo l'uscita dal Boràl de la Besàusega
Waypoint
7,378 ft
20 - Inizio risalita roccette con successivo tratto attrezzato lungo il sentiero CAI 765
Waypoint
7,466 ft
21 - Fine breve tratto attrezzato e continuazione in zona con residui di incendio recente
Waypoint
7,703 ft
22 - Inizio risalita ultimo vallone prima delle roccette finali per il Bivacco Margherita Bedin
Waypoint
7,994 ft
23 - Inizio roccette finali prima del Bivacco Margherita Bedin con 3 brevi tratti attrezzati
Waypoint
8,274 ft
30 - Rientro nel sentiero CAI 765 dopo discesa dalla vetta di Cima d'Ambrosogn o Ambrusogn
Waypoint
7,547 ft
34 - Importantissimo ometto di svolta lungo il collegamento diretto verso Forcella Gardès
Waypoint
7,721 ft
38 - Unico tratto molto esposto verso Forcella Gardès con cavo di aiuto 'penzolante'
Waypoint
4,246 ft
41 - Parcheggio avanzato dopo Col di Prà a inizio sentiero CAI 761
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