Nebrodi: Monte Soro - laghetto Intagli, terreno innevato
near Fattoria Cazzipoli, Sicilia (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Itinerario Anello
Partenza/arrivo SS289 - N 37°55’08” - E 14°39'16”
Lunghezza km 10,0
Guadagno/perdita mt 565/-565
Pendenza media 9,3%/-9,9%
Pendenza max 35,9%/-38%
Elevazione min/max mt 1528/1833
Tipo di suolo percorso innevato, pista forestale 60%, fuori pista 40%
Livello difficoltà Medio (E)
L’escursione si sviluppa su monte Soro (1.847 m s.l.m.), la cima più alta dei monti Nebrodi e tra le vette più elevate della Sicilia dopo l'Etna (3.357 m), Pizzo Carbonara (1.979 m) e altre cime delle Madonie. Situato nel cuore del Parco dei Nebrodi (1), quasi al centro dell'appennino siculo, il monte è raggiungibile dalla strada statale 289 che congiunge Sant'Agata di Militello e Cesarò, partendo dal bivio di Portella Femmina Morta.
Il clima della zona sommitale è di tipo appenninico. In inverno è tra le prime vette dell'isola ad essere coperta dalla neve, che a volte può durare da novembre fino ad aprile. In estate le temperature massime arrivano a 20-22 gradi, in inverno scendono sotto lo 0 e possono raggiungere anche i -12 gradi.
Notevole dalla vetta la visibilità verso i territori circostanti, in parte preclusa da un ripetitore Rai.
Molti sono gli aspetti naturalistici che rendono Monte Soro un luogo unico e straordinario. Dalla fitta copertura boschiva del versante ovest di Sollazzo Verde, formata prevalentemente da cerreto fino a 1600 mt slm, al di sopra il fitto bosco ceduo (2) di faggio (3), con inclusioni di agrifogli ed aceri, alla zona umida d’alta quota di maggior valore naturalistico della Sicilia, formata dai laghi Maulazzo (4), Biviere e tanti di piccole dimensioni (Intagli, ecc.).
Monte Soro, nelle sue diverse vesti stagionali, si presta per interessanti escursioni. L’escursione del 14 febbraio 2022 è stata fatta su un abbondante strato nevoso, sporcato dalla cenere lavica dell’eruzione dell’Etna del 12 febbraio.
La copertura nevosa ha reso necessario l’impiego di ciaspole per buona parte del percorso.
Le ciaspole evitano lo sprofondamento degli scarponi nel soffice terreno nevoso. Allo stesso tempo, però, rallentano e rendono impegnativa la camminata. Pertanto è preferibile, nella prima parte della mattinata e nei tratti del percorso con esposizione a nord, quindi con temperatura inferiore a 0° e neve ghiacciata compatta, procedere con gli scarponi, per passare all’uso delle ciaspole quando la temperatura sale e lo strato di neve si ammorbidisce. Le ciaspole possono essere facilmente trasportate attaccandole allo zaino con cinghie o moschettoni. E’ inoltre necessario dotare i bastoncini di rosette, per evitarne lo sprofondamento nel manto nevoso. Altrettanto necessario l’uso di ghette.
L’escursione parte dal bivio Portella Femmina Morta e per i primi 2 km si svolge su pista forestale, quasi pianeggiante. In direzione SE bella veduta dell’Etna, al km 1,0 in direzione N veduta Filicudi.
Al km 1,07 cappella votiva, dopo la quale inizia il fitto bosco di Sollazzo Verde, caratterizzato da copertura a Cerro fino a 1600 mt slm, al di sopra faggeta.
Al bivio di Portella Calacudera (km 1,5) deviazione a destra, sempre su pista forestale, verso la vetta di monte Soro, nella fitta area boschiva di Sollazzo Verde, in leggera ma costante salita.
Al km 3,3 veduta in direzione W del complesso delle Madonie.
Al km 4,4 si lascia la pista forestale verso il monumentale Acerone di monte Soro, splendido esemplare di acero montano con 500 anni di età presunta.
Al km 4,6 si riprende la pista forestale in prossimità della vetta di monte Soro, purtroppo invasa dalle antenne.
Al km 4,7 deviazione fuori pista, in discesa, verso il laghetto Intagli (km 5,3), che abbiamo trovato completamente ghiacciato. Il percorso è proseguito sul versante sud di monte Soro, fuori pista all’interno della faggeta, in continua e costante discesa, fino a riprendere al km 7,6 la pista forestale.
Nel corso dell’escursione abbiamo incontrato sulla neve diverse impronte di lepre (5).
Alla fine dell’escursione incontro ravvicinato con un Picchio Muratore (6).
1) Nebrodi (Wikipedia)
Il parco dei Nebrodi è un'area naturale protetta istituita il 4 agosto 1993, con i suoi quasi 86000 ettari di superficie è la più grande area naturale protetta della Sicilia.
I Nebrodi, insieme alle Madonie ad ovest e ai Peloritani ad est, costituiscono l'Appennino siculo. Essi s'affacciano, a nord, direttamente sul Mar Tirreno, mentre il loro limite meridionale è segnato dall'Etna, in particolare dal fiume Alcantara e dall'alto corso del Simeto.
Notevole è la escursione altimetrica, che da poche decine di metri sul livello del mare raggiunge la quota massima di 1847 metri di Monte Soro.
Gli elementi principali che più fortemente caratterizzano il paesaggio naturale dei Nebrodi sono l'asimmetria dei vari versanti, la diversità di modellazione dei rilievi, la ricchissima vegetazione e gli ambienti umidi.
Connotazione essenziale dell'andamento orografico è la dolcezza dei rilievi, dovuta alla presenza di estesi banchi di rocce argillose ed arenarie: le cime, che raggiungono con Monte Soro la quota massima di 1847 m s.l.m., hanno fianchi arrotondati e s'aprono in ampie vallate solcate da numerose fiumare che sfociano nel Mar Tirreno. Ove però predominano i calcari, il paesaggio assume aspetti dolomitici, con profili irregolari e forme aspre e fessurate. È questo il caso del Monte San Fratello e, soprattutto, delle Rocche del Crasto (1315 m s.l.m.).
Il parco è gestito dall'"Ente Parco dei Nebrodi", ente di diritto pubblico sottoposto a controllo e vigilanza della Regione siciliana, i cui uffici di presidenza sono ubicati presso l'ottocentesco palazzo Gentile di Sant'Agata di Militello.
Il parco è suddiviso in quattro zone nelle quali operano, a seconda dell'interesse naturalistico, particolari divieti e limitazioni, funzionali alla conservazione e, quindi, alla valorizzazione delle risorse che costituiscono il patrimonio dell'area protetta.
La zona A (di riserva integrale), estesa per 24 546 ettari, comprende i sistemi boschivi alle quote più elevate, le uniche stazioni siciliane di tasso (Taxus baccata) ed alcuni affioramenti rocciosi. Oltre i 1200 metri sul livello del mare, sono localizzate varie faggete (circa 10 000 ettari), mentre a quote comprese fra gli 800 e i 1200 metri, sui versanti esposti a nord, e tra i 1000 e i 1400 metri, sui versanti meridionali, è dominante il cerro. Ampie aree per il pascolo s'aprono, inoltre fra faggete e cerrete. È importante evidenziare che il faggio trova nel parco l'estremo limite meridionale della sua area di diffusione. A quote meno elevate (600-800 metri sul livello del mare) si trova la sughera che, in particolare nel territorio di Caronia, forma associazioni di grande pregio ecologico. Sono, infine, comprese nella zona A le stazioni delle specie endemiche più importanti e le zone umide d'alta quota, nonché tratti d'interessanti corsi d'acqua.
Le temperature medie massime annuali delle zone interne, pur variando da un'area all'altra, generalmente si mantengono fra 8 e 12 °C nella media e alta montagna, mentre la piovosità, fortemente correlata all'altitudine e soprattutto all'esposizione dei versanti, varia da un minimo di 600 mm ad un massimo di 1400 mm. Fenomeni come la neve e la nebbia sono assai frequenti e fanno sì che si crei quel giusto grado d'umidità necessaria per l'esistenza di alcuni tipi di bosco. Il lento deflusso delle acque meteoriche verso valle, la condensazione e le piogge occulte favoriscono, infatti, la permanenza del faggio che, grazie alle sue foglie ovali provviste di peluria, è in grado di trattenere l'acqua di condensazione riuscendo a superare i lunghi periodi siccitosi.
La vegetazione del parco dei Nebrodi è caratterizzata da differenti tipi di vegetazione sia in funzione della fascia di altezza sul livello del mare che da altri fattori fisici e ambientali.
Nella fascia litoranea e nelle colline retrostanti, fino ai 700-800 metri s.l.m., cosiddetta fascia termomediterranea la vegetazione è rappresentata da boschi sempreverdi di sughera (Quercus suber) alternata a zone di macchia mediterranea che comprende specie quali l'Erica arborea, la ginestra spinosa (Calicotome spinosa), il corbezzolo (Arbutus unedo), il mirto (Myrtus communis), l'euforbia (Euphorbia dendroides), il lentisco (Pistacia lentiscus) ed il leccio (Quercus ilex).
La fascia vegetativa al di sopra, fino alla quota di 1000-1200 mt slm (cosiddetta fascia mesomediterranea), è costituita da formazioni di boschi caducifogli in cui dominano le quercete di Quercus gussonei, specie affine al cerro ma da questo ben distinta morfologicamente, e, sul versante meridionale, da un particolare tipo di roverella, Quercus congesta. In alcune aree, come nel territorio di San Fratello si rinvengono inoltre lembi di lecceta mentre le aree non forestate sono occupate da arbusteti in cui si annoverano il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna), la Rosa canina, la Rosa sempervirens, il melo selvatico (Malus sylvestris), Pyrus amygdaliformis e Rubus ulmifolius.
Oltre i 1200 si entra nella zona propriamente montana (cosiddetta fascia supramediterranea) dove sono insediate estese formazioni boschive a cerreta e a faggeta. È questo il limite meridionale dell'areale del faggio (Fagus sylvatica). Un altro elemento peculiare è rappresentato dalla presenza dell'acero montano (Acer pseudoplatanus), di cui è segnalato un esemplare alto 22 m e con 6 m di circonferenza, annoverato tra gli alberi monumentali d'Italia. Il sottobosco rigoglioso presenta svariate specie di piante tra le quali vi sono l'agrifoglio (Ilex aquifolium), il pungitopo (Ruscus aculeatus), il biancospino (Crataegus monogyna) e il tasso (Taxus baccata). Quest'ultima specie è presente, all'interno del bosco della Tassita, con esemplari maestosi che raggiungono i 25 m di altezza.
Un tempo regno di cerbiatti (così come di daini, orsi e caprioli), i Nebrodi (il cui significato deriva dal greco Nebros, che vuol dire appunto cerbiatto) costituiscono ancora la parte della Sicilia più ricca di fauna, nonostante il progressivo impoverimento ambientale. Il Parco ospita comunità faunistiche ricche e complesse: numerosi i piccoli mammiferi, i rettili e gli anfibi, ingenti le specie d'uccelli nidificanti e di passo, eccezionale il numero d'invertebrati.
2) Bosco ceduo e fustaie
I boschi sfruttati dall'uomo possono essere distinti in cedui e fustaie:
• ceduo è un bosco tagliato periodicamente (di solito ogni 10/30 anni), che a seguito del taglio si rigenera grazie all'emissione di polloni, cioè di ricacci dalla ceppaia. Il bosco ceduo perciò si rigenera prevalentemente per via vegetativa o agamica;
• fustaia (o "bosco d'alto fusto") è un bosco in cui gli alberi si lasciano crescere fino alla maturità. I tagli si eseguono quindi ad intervalli di almeno 40/100 anni e in modo tale che il bosco stesso si rinnovi attraverso la nascita di nuoveplantule nate dai semi degli alberi preesistenti o lasciati dopo il taglio ("alberi portasemi" o "riserve"). Una fustaia perciò si rigenera soprattutto per via sessuata o gamica.
La gestione del bosco ad alto fusto, permettendo il taglio solo a intervalli molto distanziati, si addice alle grandi proprietà (che sono perlopiù pubbliche), dove è possibile procedere al taglio a lotti scaglionati nel tempo (assestamento forestale). Nelle piccole proprietà, la necessità di ottenere legname ogni anno spinge il possessore del bosco a una gestione dello stesso a ceduo. Inoltre, solitamente, dai cedui si ottiene soprattutto legna da ardere o, soprattutto nel caso del castagno, pali; le fustaie invece forniscono legname da opera di ogni tipo.
In Italia circa un terzo dei boschi sono fustaie e i due terzi cedui; le fustaie sono soprattutto di conifere, di faggio e di castagno mentre tra i cedui prevalgono le querce ed i boschi misti sia collinari che della macchia mediterranea.
3) Faggeta
L’emersione del suolo siciliano ed in particolare delle alture dell’Appennino Siculo (Nebrodi e Madonie) è avvenuta nel tardo Terziario, indicativamente 10 Ma fa. Nelle alture che emersero, in un ambiente subtropicale con clima caldo umido, si formarono boschi sempreverdi di Querce Mediterranee (Leccio, Sughera, Roverella + Agrifoglio).
Le successive glaciazioni dell’era Quaternaria o Pleistocene (-2 Ma -12.000 anni) sconvolsero l’assetto della vegetazione del continente europeo, costringendo molte specie vegetali a migrare verso latitudini più basse.
Nelle alture siciliane hanno coesistito specie appartenenti a climi diversi, dal subtropicale caldo umido al temperato. Nelle alture si insediarono le specie provenienti dal centro Europa, come il Faggio e le Querce Bianche (Rovere e Cerro), mentre a quote più basse permasero le coperture boschive con Querce Mediterranee.
Terminate le glaciazioni del Pleistocene (-12.000 anni), le temperature aumentarono originando l’attuale assetto delle fasce vegetazionali:
- la fascia fino ai 1000 mt è occupata dalle specie mediterranee, in ordine sughera, leccio, roverella e frassino
- la fascia intermedia 1000-1400 mt è occupata dal leccio, roverella, agrifoglio
- cerro, rovere ed acero si spingono fino ai 1600 mt
- la zona di sovrapposizione delle querce mediterranee con il faggio tra 1400 e 1600 mt
- la fascia sopra i 1600 mt è occupata dal faggio.
In Sicilia il faggio raggiunge la minore latitudine e la maggiore altitudine di crescita nel continente Europeo.
4) Lago Maulazzo
Il lago Maulazzo è un suggestivo invaso artificiale di circa 5 ettari alle pendici nord-orientali del Monte Soro (mt 1400 slm), la vetta più alta dei Nebrodi. È incastonato nella bellissima faggeta di Sollazzo Verde e, con il passare del tempo, ha acquisito una notevole importanza sul piano naturalistico e paesaggistico. Rientra nel territorio di Alcara li Fusi, in provincia di Messina. Fu realizzato negli anni Ottanta dall’Amministrazione Forestale della Regione. Il percorso che conduce al lago procede attraverso sentieri nascosti e inusuali. Si possono ammirare ruscelli d’acqua limpida, piccoli mammiferi, rapaci diurni, grifoni e, con un po’ di fortuna, anche l’aquila reale. Non mancano le piante, i fiori e i funghi tipici del sottobosco. Il lago Maulazzo è un importante ambiente lacustre: nonostante sia nato come lago artificiale, nel corso del tempo si è naturalizzato, offrendo rifugio a tante specie animali e vegetali. A circa 500 metri dallo specchio d'acqua, si incontra una caratteristica fontana di pietra dove ci si può dissetare con acqua di fonte freschissima o riempire le borracce per proseguire il cammino verso il Biviere di Cesarò (m. 1325), a circa 6 chilometri di distanza. Lungo il tragitto si incontrano faggi secolari e una radura dove cavalli sanfratellani e suini neri dei Nebrodi vivono allo stato brado.
5) Impronta di Lepre
L’impronta Y della Lepre è inconfondibile. Contrariamente a quello che potrebbe suggerirci il senso comune, la disposizione delle orme è invertita rispetto alla direzione di marcia: i primi due segni (quelli affiancati in alto) sono infatti lasciati dalle zampe posteriori. Ovvio se ci pensiamo, perché la lepre procedete a salti: atterra con le zampe anteriori una davanti all’altra (la gamba della “Y”) e successivamente porta avanti le zampe posteriori per darsi un nuovo slancio.
La lepre è abilissima a mascherare le proprie piste. Prima di mettersi al riparo in un punto vi si avvicina percorrendo una spirale che fa centro nel riparo. Un predatore che segue le sue impronte passerà a qualche metro dal rifugio senza vedere l'animale nascosto. La lepre quindi messa in allarme, ha tutto il tempo di allontanarsi prima che questi finisca di percorrere le sue tracce.
6) Picchio Muratore
Non è un Picchio ma è una specie di passeraceo (Sitta europaea).
È diffuso in quasi tutta l'Europa centro-occidentale e meridionale, e in alcune zone del Nordafrica e del Medio-oriente. In Italia è diffuso ovunque, tranne che in Sardegna. Vive nei boschi di latifoglie, ma è possibile incontrarlo nei parchi, giardini e frutteti in prossimità dei centri abitati. E’ una specie stanziale.
Il volo non è rapido ma piuttosto leggero. La particolarità del picchio muratore consiste nell'arrampicarsi (anche a testa in giù) sui tronchi degli alberi con rapide corse a spirale, aiutandosi con la coda.
Misura circa 14 cm di lunghezza per 22-25 g di peso. Il piumaggio è vivace, grigio-blu sul capo, sul dorso, le ali e la coda, mentre l'addome è color arancio. Le guance e la gola sono bianche; una striscia nera attraversa gli occhi fino ad arrivare al becco anch'esso nero, lungo, appuntito e molto robusto. La coda e le zampe sono relativamente corte.
Il picchio muratore è prevalentemente insettivoro durante la primavera e l'estate. Per i restanti mesi si nutre di semi, noci, ghiande e frutta. Le noci e le ghiande vengono aperte “picchiandole” con il becco, dopo averle incastrate nella corteccia degli alberi.
E’ denominato Picchio per la tecnica di apertura dei semi e delle fessure dei tronchi, alla ricerca di insetti, muratore perché usa adattare e ridurre, per difesa, l’imbocco delle tane in cui si adatta con una tecnica costruttiva simile a quella delle rondini.
Waypoints
01 - P/A - Portella Femmina Morta
SS289 - N 37°55’08” - E 14°39'16” L’escursione parte dal bivio Portella Femmina Morta e per i primi 2 km si svolge su pista forestale, quasi pianeggiante.
07 - Sollazzo Verde - Cerreta
La vegetazione del parco dei Nebrodi è caratterizzata da differenti tipi di vegetazione sia in funzione della fascia di altezza sul livello del mare che da altri fattori fisici e ambientali. Nella fascia litoranea e nelle colline retrostanti, fino ai 700-800 metri s.l.m., cosiddetta fascia termomediterranea la vegetazione è rappresentata da boschi sempreverdi di sughera (Quercus suber) alternata a zone di macchia mediterranea che comprende specie quali l'Erica arborea, la ginestra spinosa (Calicotome spinosa), il corbezzolo (Arbutus unedo), il mirto (Myrtus communis), l'euforbia (Euphorbia dendroides), il lentisco (Pistacia lentiscus) ed il leccio (Quercus ilex). La fascia vegetativa al di sopra, fino alla quota di 1000-1200 mt slm (cosiddetta fascia mesomediterranea), è costituita da formazioni di boschi caducifogli in cui dominano le quercete di Quercus gussonei, specie affine al cerro ma da questo ben distinta morfologicamente, e, sul versante meridionale, da un particolare tipo di roverella, Quercus congesta. In alcune aree, come nel territorio di San Fratello si rinvengono inoltre lembi di lecceta mentre le aree non forestate sono occupate da arbusteti in cui si annoverano il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna), la Rosa canina, la Rosa sempervirens, il melo selvatico (Malus sylvestris), Pyrus amygdaliformis e Rubus ulmifolius. Oltre i 1200 si entra nella zona propriamente montana (cosiddetta fascia supramediterranea) dove sono insediate estese formazioni boschive a cerreta e a faggeta. È questo il limite meridionale dell'areale del faggio (Fagus sylvatica). Un altro elemento peculiare è rappresentato dalla presenza dell'acero montano (Acer pseudoplatanus), di cui è segnalato un esemplare alto 22 m e con 6 m di circonferenza, annoverato tra gli alberi monumentali d'Italia. Il sottobosco rigoglioso presenta svariate specie di piante tra le quali vi sono l'agrifoglio (Ilex aquifolium), il pungitopo (Ruscus aculeatus), il biancospino (Crataegus monogyna) e il tasso (Taxus baccata). Quest'ultima specie è presente, all'interno del bosco della Tassita, con esemplari maestosi che raggiungono i 25 m di altezza.
08 - Portella Calacudera
Al bivio di Portella Calacudera (km 1,5) deviazione a destra, sempre su pista forestale, verso la vetta di monte Soro, nella fitta area boschiva di Sollazzo Verde, in leggera ma costante salita.
10 - Sollazzo verde - Faggeta
La vegetazione del parco dei Nebrodi è caratterizzata da differenti tipi di vegetazione sia in funzione della fascia di altezza sul livello del mare che da altri fattori fisici e ambientali. Nella fascia litoranea e nelle colline retrostanti, fino ai 700-800 metri s.l.m., cosiddetta fascia termomediterranea la vegetazione è rappresentata da boschi sempreverdi di sughera (Quercus suber) alternata a zone di macchia mediterranea che comprende specie quali l'Erica arborea, la ginestra spinosa (Calicotome spinosa), il corbezzolo (Arbutus unedo), il mirto (Myrtus communis), l'euforbia (Euphorbia dendroides), il lentisco (Pistacia lentiscus) ed il leccio (Quercus ilex). La fascia vegetativa al di sopra, fino alla quota di 1000-1200 mt slm (cosiddetta fascia mesomediterranea), è costituita da formazioni di boschi caducifogli in cui dominano le quercete di Quercus gussonei, specie affine al cerro ma da questo ben distinta morfologicamente, e, sul versante meridionale, da un particolare tipo di roverella, Quercus congesta. In alcune aree, come nel territorio di San Fratello si rinvengono inoltre lembi di lecceta mentre le aree non forestate sono occupate da arbusteti in cui si annoverano il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna), la Rosa canina, la Rosa sempervirens, il melo selvatico (Malus sylvestris), Pyrus amygdaliformis e Rubus ulmifolius. Oltre i 1200 si entra nella zona propriamente montana (cosiddetta fascia supramediterranea) dove sono insediate estese formazioni boschive a cerreta e a faggeta. È questo il limite meridionale dell'areale del faggio (Fagus sylvatica). Un altro elemento peculiare è rappresentato dalla presenza dell'acero montano (Acer pseudoplatanus), di cui è segnalato un esemplare alto 22 m e con 6 m di circonferenza, annoverato tra gli alberi monumentali d'Italia. Il sottobosco rigoglioso presenta svariate specie di piante tra le quali vi sono l'agrifoglio (Ilex aquifolium), il pungitopo (Ruscus aculeatus), il biancospino (Crataegus monogyna) e il tasso (Taxus baccata). Quest'ultima specie è presente, all'interno del bosco della Tassita, con esemplari maestosi che raggiungono i 25 m di altezza.
16 Ceduo faggio
2) Bosco ceduo e fustaie I boschi sfruttati dall'uomo possono essere distinti in cedui e fustaie: • ceduo è un bosco tagliato periodicamente (di solito ogni 10/30 anni), che a seguito del taglio si rigenera grazie all'emissione di polloni, cioè di ricacci dalla ceppaia. Il bosco ceduo perciò si rigenera prevalentemente per via vegetativa o agamica; • fustaia (o "bosco d'alto fusto") è un bosco in cui gli alberi si lasciano crescere fino alla maturità. I tagli si eseguono quindi ad intervalli di almeno 40/100 anni e in modo tale che il bosco stesso si rinnovi attraverso la nascita di nuoveplantule nate dai semi degli alberi preesistenti o lasciati dopo il taglio ("alberi portasemi" o "riserve"). Una fustaia perciò si rigenera soprattutto per via sessuata o gamica. La gestione del bosco ad alto fusto, permettendo il taglio solo a intervalli molto distanziati, si addice alle grandi proprietà (che sono perlopiù pubbliche), dove è possibile procedere al taglio a lotti scaglionati nel tempo (assestamento forestale). Nelle piccole proprietà, la necessità di ottenere legname ogni anno spinge il possessore del bosco a una gestione dello stesso a ceduo. Inoltre, solitamente, dai cedui si ottiene soprattutto legna da ardere o, soprattutto nel caso del castagno, pali; le fustaie invece forniscono legname da opera di ogni tipo. In Italia circa un terzo dei boschi sono fustaie e i due terzi cedui; le fustaie sono soprattutto di conifere, di faggio e di castagno mentre tra i cedui prevalgono le querce ed i boschi misti sia collinari che della macchia mediterranea.
18 - Acerone
Al km 4,4 si lascia la pista forestale verso il monumentale Acerone di monte Soro, splendido esemplare di acero montano con 500 anni di età presunta.
20 - Cima monte Soro, antenne Rai
Al km 4,6 si riprende la pista forestale in prossimità della vetta di monte Soro, purtroppo invasa dalle antenne. Al km 4,7 deviazione fuori pista, in discesa, verso il laghetto Intagli
21 - Laghetto Intagli
Al km 4,7 deviazione fuori pista, in discesa, verso il laghetto Intagli (km 5,3), che abbiamo trovato completamente ghiacciato.
22
Il percorso è proseguito sul versante sud di monte Soro, fuori pista all’interno della faggeta, in continua e costante discesa, fino a riprendere al km 7,6 la pista forestale
23 - Impronte
Impronta di Lepre L’impronta Y della Lepre è inconfondibile. Contrariamente a quello che potrebbe suggerirci il senso comune, la disposizione delle orme è invertita rispetto alla direzione di marcia: i primi due segni (quelli affiancati in alto) sono infatti lasciati dalle zampe posteriori. Ovvio se ci pensiamo, perché la lepre procedete a salti: atterra con le zampe anteriori una davanti all’altra (la gamba della “Y”) e successivamente porta avanti le zampe posteriori per darsi un nuovo slancio. La lepre è abilissima a mascherare le proprie piste. Prima di mettersi al riparo in un punto vi si avvicina percorrendo una spirale che fa centro nel riparo. Un predatore che segue le sue impronte passerà a qualche metro dal rifugio senza vedere l'animale nascosto. La lepre quindi messa in allarme, ha tutto il tempo di allontanarsi prima che questi finisca di percorrere le sue tracce.
30 - Picchio Muratore
Picchio Muratore Non è un Picchio ma è una specie di passeraceo (Sitta europaea). È diffuso in quasi tutta l'Europa centro-occidentale e meridionale, e in alcune zone del Nordafrica e del Medio-oriente. In Italia è diffuso ovunque, tranne che in Sardegna. Vive nei boschi di latifoglie, ma è possibile incontrarlo nei parchi, giardini e frutteti in prossimità dei centri abitati. E’ una specie stanziale. Il volo non è rapido ma piuttosto leggero. La particolarità del picchio muratore consiste nell'arrampicarsi (anche a testa in giù) sui tronchi degli alberi con rapide corse a spirale, aiutandosi con la coda. Misura circa 14 cm di lunghezza per 22-25 g di peso. Il piumaggio è vivace, grigio-blu sul capo, sul dorso, le ali e la coda, mentre l'addome è color arancio. Le guance e la gola sono bianche; una striscia nera attraversa gli occhi fino ad arrivare al becco anch'esso nero, lungo, appuntito e molto robusto. La coda e le zampe sono relativamente corte. Il picchio muratore è prevalentemente insettivoro durante la primavera e l'estate. Per i restanti mesi si nutre di semi, noci, ghiande e frutta. Le noci e le ghiande vengono aperte “picchiandole” con il becco, dopo averle incastrate nella corteccia degli alberi. E’ denominato Picchio per la tecnica di apertura dei semi e delle fessure dei tronchi, alla ricerca di insetti, muratore perché usa adattare e ridurre, per difesa, l’imbocco delle tane in cui si adatta con una tecnica costruttiva simile a quella delle rondini.
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