Monti del Sole: Col Zaresìn per la Val del Mus e la Forzèla de la Rochéta da La Muda, con rientro per la Val dei Zoldani
near La Muda, Veneto (Italia)
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Itinerary description
Escursione con l’obiettivo di scoprire la parte medio-bassa della selvaggia Val del Mus con salita finale al “panettone mugoso” del Col Zaresin che sta appena a nord-ovest della Rochéta.
La guida di riferimento è la solita “Monti del Sole e Piz de Mezodì” di Pietro Sommavilla e Luca Celi.
Da questa ho tratto il toponimo “Forzéla de la Rochéta” per la forcella che sta tra Le Stornade e il Col Zaresin, anche se in alcune cartine (come la LagirAlpina) è indicata come Forzèla del Col Zaresin.
Sommavilla e Celi scrivono che, anche se non adiacente a La Rochéta, il nome “Forzéla de la Rochéta” è più usato nella letteratura alpinistica e nella parlata locale.
Riporto una parte dell’introduzione della guida che bisogna tener presente e che chiarisce vari riferimenti che ho inserito nella descrizione: «Il tratto mediano della Val del Mus è attrezzato in modo discontinuo con chiodi e corde d’acciaio poste in opera dalla Forestale nei primi anni sessanta, privi in genere di manutenzione e oggi dissestati e malsicuri; si raccomanda la massima attenzione.»
******************************
In vari punti della Val del Mus, e pure all’interno della Val dei Zoldani, il GPS ha sofferto di perdite e rimbalzi vari di segnale, e pertanto la traccia non è affidabile per poterla seguire “con gli occhi incollati al terminale”: meglio avere occhi, piedi e mani incollati al terreno.
Salita da La Muda a La Vilòta per la Val del Mus
Da La Muda si imbocca il solito Sentiero Tematico della Via degli Ospizi che passa di fronte all’imbocco della Val Pegolera e poi, più o meno a quota 700, arriva all’imbocco della Val del Mus.
Circa 30 metri lineari prima dell’attraversamento dell’impluvio della Val del Mus, sulla destra si stacca un sentierino non segnalato e non troppo evidente che potrebbe essere confuso con una delle tante tracce di animali che si trovano da queste parti.
Tuttavia, è l’unica traccia che si stacca dalla Via degli Ospizi nei pressi della Val del Mus, ed è quella giusta per questa escursione.
Dopo pochi metri ci sono un paio di tornantini ravvicinati un po’ confusi, e poi il sentiero è più riconoscibile e iniziano i rami tagliati di segnalazione: i rami tagliati sono il “filo di Arianna” per la percorrenza della Val del Mus.
In breve si attraversa facilmente il canalone che scende dal Colàz con un ometto che aiuta a ritrovare il sentierino dall’altro lato pochi metri più in alto.
Da qui si procede in “stile viàz” alti sulla sinistra idrografica (o destra direzione salita) della valle e si incontrano i primi brevi tratti con funi e chiodi – è la zona de “I Strét” secondo la guida.
Alla prima fune ho subito infilato i guanti per evitare danni dallo sfilacciamento dell’intreccio metallico.
Sono brevi segmenti tipo “corrimano” che possono dare più sicurezza su tratti molto stretti ed esposti dove c’è comunque appoggio seppur con poco margine.
Ci sono alcuni spezzoni penzolanti per il cedimento degli ancoraggi e non è facile neanche contare questi segmenti perché uno spezzone penzolante potrebbe essere stato in origine l’unione con il successivo: a occhio sono 4 o 5 fino al passaggio caratteristico di discesa nel canale proveniente dal Col Much.
Qui c’è una bella diagonale su paretina verticale attrezzata molto bene da poco con corda ottima e varie staffe: senza questi aiuti fissi qui servirebbe una breve calata in corda doppia.
Passato questo canale laterale, in due minuti si arriva all’attraversamento dell’impluvio della Val del Mus dalla sinistra alla destra idrografica (oppure da destra a sinistra direzione salita): secondo la guida e anche il mio altimetro a pressione la quota è di circa 885 metri.
Dall’altro lato si sale con svolte su pendenze varie superando anche una passerella in legno (marcio) crollata in corrispondenza di un cavetto metallico.
Si arriva su un pianoro in sottobosco di circa 30 mq più o meno a quota 1000; da qui inizia il lungo traverso finale, tratto chiave per arrivare a La Vilòta, che è il punto di uscita di questa escursione dalla Val del Mus.
Si attraversano inizialmente un paio di canaletti laterali con “cordini instabili” di aiuto e si continua sempre con molta attenzione ai rami tagliati incontrando anche un paio di sbiaditi bolli rossi su alberi.
Il segmento più difficile di tutta l’escursione inizia subito dopo una breve discesa di un saltino roccioso.
Qui la guida scrive: «… alcuni passaggi molto esposti sia su roccia che su erba; massima attenzione!»
È una lunga diagonale con cavo, dove ho scattato una foto solo all’inizio perché poi c’è altro a cui pensare.
Ci si alza all’inizio qualche metro su roccette parzialmente viscide, e poi si continua con alternanza di tratti su “minime liste d’erba” e altri con base relativamente più piatta ma sempre molto stretta.
La pendenza è un susseguirsi di medio e ripido a brevi tratti – tutto molto-molto esposto.
Il cavo di fatto è continuo, ma non dà sempre l’impressione di essere ancorato benissimo e in qualche tratto l’ho trovato nascosto sotto le “loppe” di erba e quasi interrato: sicuramente aiuta ma bisogna partire dall’idea di guardare bene passo per passo (o mezzo-passo per mezzo-passo) dove appoggiarsi.
Purtroppo dove si intuisce che sta per finire la parte difficile il cavo è strappato con un tratto penzolante, e si è su una “listarella” erbosa molto appesa ed esposta.
Sinceramente, se avessi avuto i ramponcini ai piedi avrei potuto passare, ma non li avevo calzati prima per via del terreno misto e in quella situazione era impossibile tirarli fuori dallo zaino e calzarli.
Qui, ma anche prima, in gruppo ci si può assicurare con uno spezzone di corda partendo preparati già all’inizio di tutto il traverso (20 o 30 metri di corda sono più che sufficienti).
Prima di tornare eventualmente indietro in una posizione più comoda per attrezzarmi per bene, ho provato un aggiramento verso l’alto.
Dal punto di strappo degli ancoraggi del cavo si riesce a risalire sul ripido tra i mughi allargati (senza troppo appendersi perché qualcuno è marcio) per 5/7 metri circa e poi iniziare a traversare tenendo d’occhio la linea del viàz più in basso.
Qui ho attraversato 3 o 4 mini canaletti-intagli per trovare una linea compatibile di ridiscesa sul sentierino ufficiale senza utilizzo della corda: con la corda ci si potrebbe ricalare quasi subito.
Ritrovato il sentierino-viàz, la traccia migliora decisamente e si arriva sotto un largo fianco boschivo di larici e faggi dove un paio di piccoli ometti indicano di salire liberamente sul ripido ma non troppo.
In 5 minuti si arriva sul pianoro-slargo boschivo dove – incredibilmente per la posizione “fuori dal mondo” – sorgeva La Vilòta: ora si notano solo i basamenti in pietra delle vecchie costruzioni che la guida indica come vecchie postazioni di caccia.
Salita da La Vilòta alla Forzèla de la Rochéta
Qui la guida scrive di andare in direzione sud-est nel bosco e poi si ritrova il sentiero.
In pratica bisogna trovare il punto di scavalcamento del filo della dorsale che si vede a sinistra guardando verso l’alto dai ruderi di La Vilòta.
Dai primi resti delle costruzioni sono salito nel bosco in direzione sud per circa 50 metri di dislivello e casualmente sono finito “contro” un ometto da dove inizia una traccia verso sinistra: dopo pochi metri ho trovato un nastrino bianco-rosso da cantiere e un paio di evidenti rami tagliati su dei tronchi diagonali.
Ancora pochi metri e il sentiero si fa più evidente al punto di scavalcamento del filo di dorsale: rispetto a La Vilòta, questo punto di scavalcamento è effettivamente in direzione sud-est.
Da qui non è difficile rispetto al sentiero-viàz della Val del Mus, basta seguire il “filo di Arianna” dei rami tagliati.
In qualche punto finalmente si apre la vista anche verso l’esterno e oggi 1 Giugno, nonostante la bassa quota, ho trovato l’attraversamento (facile) di un paio di canaletti con un buon strato di neve.
Poco prima dell’arrivo alla Forzèla de la Rochéta, si incontrano un covolo e un fianco boschivo che anticipano un comodissimo tratto finale di sentiero.
Salita dalla Forzèla de la Rochéta al Col Zaresin
Arrivando da La Vilòta si esce dal bosco subito verso sinistra e si imbocca il taglio tra i mughi che conduce fino in vetta.
A tratti è un vero taglio di mughi e poi sono semplici rami tagliati tra i mughi.
Pendenza sempre buona con qualche facile utilizzo delle mani e un unico passaggio con un movimento di I° grado su roccetta solidissima.
La vetta, come scritto nella guida, è un sistema di «piccole radure intercomunicanti tra i mughi».
Ci sono dei rami tagliati che guidano tra le varie piccole piazzole di osservazione, perché non ce n’è una singola da cui si vede tutto il panorama a 360°.
Discesa dalla Forzèla de la Rochéta al Mandrìz de la Rochéta
C’è un primo breve tratto di sentiero evidentissimo e poi si va come sempre per tagli di rami.
Attenzione verso destra a qualche traccia secondaria (con qualche rametto tagliato) che porta verso la via normale per Le Stornade (eventualmente vedi itinerario → Monti del Sole: Le Stornàde per la Val dei Zoldani e la Cengia Alta del Versante Est partendo da La Muda).
Poco pima di arrivare alla spianata del Mandrìz de la Rochéta, c’è una fascia boschiva schiantata: qui non ho più cercato i tagli sui rami ma ho semplicemente seguito una linea di aggiramento dei vari tronchi abbattuti senza doverli scavalcare.
Discesa dal Mandrìz de la Rochéta per la Val dei Zoldani
Dal Mandrìz de la Rochéta si scende con iniziale direzione est, e in breve dopo i resti del basamento di un’altra costruzione in pietra inizia, verso sinistra, una lunga serie di ometti molto ravvicinati.
Il sentiero scende per un lungo tratto più o meno sulla linea di massima pendenza, e poi va a piegare in diagonale con iniziale tendenza destra.
Qui serve attenzione per vari motivi:
In generale, la Val dei Zoldani non è difficile da seguire “rispetto allo standard dei Monti del Sole” e soprattutto “rispetto allo standard della Val del Mus”, ma è sempre tutt’altra roba rispetto a un normale sentiero CAI.
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Considerazioni finali
Non perdere MAI la traccia dei rami tagliati in Val del Mus.
Consiglio ramponcini e uno spezzone di corda (anche se oggi non li ho mai usati) per superare eventuali peggioramenti dello stato dei cavi di sicurezza.
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Il dislivello reale dell’escursione – anche se difficile da calcolare con esattezza su terreni simili – dovrebbe essere di circa 150 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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La guida di riferimento è la solita “Monti del Sole e Piz de Mezodì” di Pietro Sommavilla e Luca Celi.
Da questa ho tratto il toponimo “Forzéla de la Rochéta” per la forcella che sta tra Le Stornade e il Col Zaresin, anche se in alcune cartine (come la LagirAlpina) è indicata come Forzèla del Col Zaresin.
Sommavilla e Celi scrivono che, anche se non adiacente a La Rochéta, il nome “Forzéla de la Rochéta” è più usato nella letteratura alpinistica e nella parlata locale.
Riporto una parte dell’introduzione della guida che bisogna tener presente e che chiarisce vari riferimenti che ho inserito nella descrizione: «Il tratto mediano della Val del Mus è attrezzato in modo discontinuo con chiodi e corde d’acciaio poste in opera dalla Forestale nei primi anni sessanta, privi in genere di manutenzione e oggi dissestati e malsicuri; si raccomanda la massima attenzione.»
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In vari punti della Val del Mus, e pure all’interno della Val dei Zoldani, il GPS ha sofferto di perdite e rimbalzi vari di segnale, e pertanto la traccia non è affidabile per poterla seguire “con gli occhi incollati al terminale”: meglio avere occhi, piedi e mani incollati al terreno.
Salita da La Muda a La Vilòta per la Val del Mus
Da La Muda si imbocca il solito Sentiero Tematico della Via degli Ospizi che passa di fronte all’imbocco della Val Pegolera e poi, più o meno a quota 700, arriva all’imbocco della Val del Mus.
Circa 30 metri lineari prima dell’attraversamento dell’impluvio della Val del Mus, sulla destra si stacca un sentierino non segnalato e non troppo evidente che potrebbe essere confuso con una delle tante tracce di animali che si trovano da queste parti.
Tuttavia, è l’unica traccia che si stacca dalla Via degli Ospizi nei pressi della Val del Mus, ed è quella giusta per questa escursione.
Dopo pochi metri ci sono un paio di tornantini ravvicinati un po’ confusi, e poi il sentiero è più riconoscibile e iniziano i rami tagliati di segnalazione: i rami tagliati sono il “filo di Arianna” per la percorrenza della Val del Mus.
In breve si attraversa facilmente il canalone che scende dal Colàz con un ometto che aiuta a ritrovare il sentierino dall’altro lato pochi metri più in alto.
Da qui si procede in “stile viàz” alti sulla sinistra idrografica (o destra direzione salita) della valle e si incontrano i primi brevi tratti con funi e chiodi – è la zona de “I Strét” secondo la guida.
Alla prima fune ho subito infilato i guanti per evitare danni dallo sfilacciamento dell’intreccio metallico.
Sono brevi segmenti tipo “corrimano” che possono dare più sicurezza su tratti molto stretti ed esposti dove c’è comunque appoggio seppur con poco margine.
Ci sono alcuni spezzoni penzolanti per il cedimento degli ancoraggi e non è facile neanche contare questi segmenti perché uno spezzone penzolante potrebbe essere stato in origine l’unione con il successivo: a occhio sono 4 o 5 fino al passaggio caratteristico di discesa nel canale proveniente dal Col Much.
Qui c’è una bella diagonale su paretina verticale attrezzata molto bene da poco con corda ottima e varie staffe: senza questi aiuti fissi qui servirebbe una breve calata in corda doppia.
Passato questo canale laterale, in due minuti si arriva all’attraversamento dell’impluvio della Val del Mus dalla sinistra alla destra idrografica (oppure da destra a sinistra direzione salita): secondo la guida e anche il mio altimetro a pressione la quota è di circa 885 metri.
Dall’altro lato si sale con svolte su pendenze varie superando anche una passerella in legno (marcio) crollata in corrispondenza di un cavetto metallico.
Si arriva su un pianoro in sottobosco di circa 30 mq più o meno a quota 1000; da qui inizia il lungo traverso finale, tratto chiave per arrivare a La Vilòta, che è il punto di uscita di questa escursione dalla Val del Mus.
Si attraversano inizialmente un paio di canaletti laterali con “cordini instabili” di aiuto e si continua sempre con molta attenzione ai rami tagliati incontrando anche un paio di sbiaditi bolli rossi su alberi.
Il segmento più difficile di tutta l’escursione inizia subito dopo una breve discesa di un saltino roccioso.
Qui la guida scrive: «… alcuni passaggi molto esposti sia su roccia che su erba; massima attenzione!»
È una lunga diagonale con cavo, dove ho scattato una foto solo all’inizio perché poi c’è altro a cui pensare.
Ci si alza all’inizio qualche metro su roccette parzialmente viscide, e poi si continua con alternanza di tratti su “minime liste d’erba” e altri con base relativamente più piatta ma sempre molto stretta.
La pendenza è un susseguirsi di medio e ripido a brevi tratti – tutto molto-molto esposto.
Il cavo di fatto è continuo, ma non dà sempre l’impressione di essere ancorato benissimo e in qualche tratto l’ho trovato nascosto sotto le “loppe” di erba e quasi interrato: sicuramente aiuta ma bisogna partire dall’idea di guardare bene passo per passo (o mezzo-passo per mezzo-passo) dove appoggiarsi.
Purtroppo dove si intuisce che sta per finire la parte difficile il cavo è strappato con un tratto penzolante, e si è su una “listarella” erbosa molto appesa ed esposta.
Sinceramente, se avessi avuto i ramponcini ai piedi avrei potuto passare, ma non li avevo calzati prima per via del terreno misto e in quella situazione era impossibile tirarli fuori dallo zaino e calzarli.
Qui, ma anche prima, in gruppo ci si può assicurare con uno spezzone di corda partendo preparati già all’inizio di tutto il traverso (20 o 30 metri di corda sono più che sufficienti).
Prima di tornare eventualmente indietro in una posizione più comoda per attrezzarmi per bene, ho provato un aggiramento verso l’alto.
Dal punto di strappo degli ancoraggi del cavo si riesce a risalire sul ripido tra i mughi allargati (senza troppo appendersi perché qualcuno è marcio) per 5/7 metri circa e poi iniziare a traversare tenendo d’occhio la linea del viàz più in basso.
Qui ho attraversato 3 o 4 mini canaletti-intagli per trovare una linea compatibile di ridiscesa sul sentierino ufficiale senza utilizzo della corda: con la corda ci si potrebbe ricalare quasi subito.
Ritrovato il sentierino-viàz, la traccia migliora decisamente e si arriva sotto un largo fianco boschivo di larici e faggi dove un paio di piccoli ometti indicano di salire liberamente sul ripido ma non troppo.
In 5 minuti si arriva sul pianoro-slargo boschivo dove – incredibilmente per la posizione “fuori dal mondo” – sorgeva La Vilòta: ora si notano solo i basamenti in pietra delle vecchie costruzioni che la guida indica come vecchie postazioni di caccia.
Salita da La Vilòta alla Forzèla de la Rochéta
Qui la guida scrive di andare in direzione sud-est nel bosco e poi si ritrova il sentiero.
In pratica bisogna trovare il punto di scavalcamento del filo della dorsale che si vede a sinistra guardando verso l’alto dai ruderi di La Vilòta.
Dai primi resti delle costruzioni sono salito nel bosco in direzione sud per circa 50 metri di dislivello e casualmente sono finito “contro” un ometto da dove inizia una traccia verso sinistra: dopo pochi metri ho trovato un nastrino bianco-rosso da cantiere e un paio di evidenti rami tagliati su dei tronchi diagonali.
Ancora pochi metri e il sentiero si fa più evidente al punto di scavalcamento del filo di dorsale: rispetto a La Vilòta, questo punto di scavalcamento è effettivamente in direzione sud-est.
Da qui non è difficile rispetto al sentiero-viàz della Val del Mus, basta seguire il “filo di Arianna” dei rami tagliati.
In qualche punto finalmente si apre la vista anche verso l’esterno e oggi 1 Giugno, nonostante la bassa quota, ho trovato l’attraversamento (facile) di un paio di canaletti con un buon strato di neve.
Poco prima dell’arrivo alla Forzèla de la Rochéta, si incontrano un covolo e un fianco boschivo che anticipano un comodissimo tratto finale di sentiero.
Salita dalla Forzèla de la Rochéta al Col Zaresin
Arrivando da La Vilòta si esce dal bosco subito verso sinistra e si imbocca il taglio tra i mughi che conduce fino in vetta.
A tratti è un vero taglio di mughi e poi sono semplici rami tagliati tra i mughi.
Pendenza sempre buona con qualche facile utilizzo delle mani e un unico passaggio con un movimento di I° grado su roccetta solidissima.
La vetta, come scritto nella guida, è un sistema di «piccole radure intercomunicanti tra i mughi».
Ci sono dei rami tagliati che guidano tra le varie piccole piazzole di osservazione, perché non ce n’è una singola da cui si vede tutto il panorama a 360°.
Discesa dalla Forzèla de la Rochéta al Mandrìz de la Rochéta
C’è un primo breve tratto di sentiero evidentissimo e poi si va come sempre per tagli di rami.
Attenzione verso destra a qualche traccia secondaria (con qualche rametto tagliato) che porta verso la via normale per Le Stornade (eventualmente vedi itinerario → Monti del Sole: Le Stornàde per la Val dei Zoldani e la Cengia Alta del Versante Est partendo da La Muda).
Poco pima di arrivare alla spianata del Mandrìz de la Rochéta, c’è una fascia boschiva schiantata: qui non ho più cercato i tagli sui rami ma ho semplicemente seguito una linea di aggiramento dei vari tronchi abbattuti senza doverli scavalcare.
Discesa dal Mandrìz de la Rochéta per la Val dei Zoldani
Dal Mandrìz de la Rochéta si scende con iniziale direzione est, e in breve dopo i resti del basamento di un’altra costruzione in pietra inizia, verso sinistra, una lunga serie di ometti molto ravvicinati.
Il sentiero scende per un lungo tratto più o meno sulla linea di massima pendenza, e poi va a piegare in diagonale con iniziale tendenza destra.
Qui serve attenzione per vari motivi:
- ci sono dei brevi settori di cengia non banali più altri isolati passi esposti
- in qualche punto la traccia cambia improvvisamente aspetto e i tagli di rami sono più utili degli ometti
- attenzione a un paio di punti (peraltro ben segnati da ometti) dove si scende diretti per un tratto anziché proseguire in diagonale
- attenzione poco dopo un tornante sinistro quando, a 920 metri di quota circa, si trova un bivio dove si va verso sinistra (con tagli di rami) per la traccia che inizialmente potrebbe sembrare “meno importante”
In generale, la Val dei Zoldani non è difficile da seguire “rispetto allo standard dei Monti del Sole” e soprattutto “rispetto allo standard della Val del Mus”, ma è sempre tutt’altra roba rispetto a un normale sentiero CAI.
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Considerazioni finali
Non perdere MAI la traccia dei rami tagliati in Val del Mus.
Consiglio ramponcini e uno spezzone di corda (anche se oggi non li ho mai usati) per superare eventuali peggioramenti dello stato dei cavi di sicurezza.
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Il dislivello reale dell’escursione – anche se difficile da calcolare con esattezza su terreni simili – dovrebbe essere di circa 150 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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Waypoints
Waypoint
2,292 ft
02 - Uscita dalla Via degli Ospizi per sentierino in sinistra idrografica della Val del Mus
Waypoint
2,953 ft
05 - Passaggio attrezzato del canale proveniente dal Col Much lungo la Val del Mus
Waypoint
3,200 ft
08 - Pianoro boschivo e inizio lungo traverso finale in destra idrografica della Val del Mus
Waypoint
3,351 ft
11 - Inizio aggiramento tratto esposto con cavo strappato in destra idrografica della Val del Mus
Waypoint
3,407 ft
12 - Fine aggiramento tratto esposto con cavo strappato in destra idrografica della Val del Mus
Waypoint
3,873 ft
15 - Ometto nel bosco dopo la ripartenza da La Vilòta
Waypoint
3,898 ft
16 - Inizio rami tagliati sul sentierino che collega La Vilòta alla Forzèla de la Rochéta
Waypoint
2,507 ft
28 - Rientro sulla Via degli Ospizi
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