Monte Padon. Anello da Davedino
near Davedino, Veneto (Italia)
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Itinerary description
Se in questo percorso si deve indicare il tratto chiave, non esiterei a individuarlo nella strada che porta a Davedino.
Lunga e molto stretta, seriamente danneggiata e in riparazione con ulteriore ristringimento della carreggiata. Impossibile lo scambio tra due mezzi se non in un paio di punti. Il che significa retromarcia per chi sale su pendii attorno al 20%.
Detto questo, suggerisco di andarci nelle prime ore del mattino, per evitare di trovare auto in senso contrario (detto che i residenti di Davedino e di Sottinghiazza, uniche due micro frazioni servite dalla strada saranno forse una decina e di auto ce ne sarano forse 4 o 5).
Arrivati a Davedino, si parcheggia all'inizio della frazioncina (piccolo parcheggio, ma sufficiente per più macchine). Il paesello appare subito come un qualcosa di fiabesco, così minuscolo e incastonato nella valle, con case ben tenute anche se datate.
Lo si percorre con curiosità e quasi in punta di piedi, per non disturbare chi ci vive.
Si risale a lungo la valle sempre su mulattiera larga e con le indicazioni esssenziali per portarci verso la cresta. Si passa per il pittoresco Ciampei, quindi su a dx sempre seguendo il 635. Ad un certo punto si può uscire a sx (come nella presente traccia) e risalire i pascoli finali, prima di arrivare a EL Jof (valico sulla traccia 636 che porta al Migogn. Qui si piega a dx e si segue l'evidente sentiero appena sotto la cresta fin sotto le Crepe Rosse. Qui altra biforcazione. Su a dx per perndii abbastanza dolci fino a sotto il Padon. Sempre in questa traccia abbiamo abbandonato il 636 a 2350mt circa, per proseguire su traccia di mulattiera militare (abbandonata) e portarci sulla forcella a dx del massiccio del Padon per verificare la possibilità di successiva discesa per una variante rivelatasi inpraticabile per l'eccessiva pendenza. Quindi si ritorna sul 636 che va verso il Passo Padon e l'omonimo rifugio, abbandonandola in corrispondenza del cartello che indica il Padon. Qui inizia l'ultima salita per tracce labilissime (complice anche l'erba alta) che con un paio di zig zag ci portano sul filo della cresta fnale e subito sulla cima. Cima con piccola croce, senza libro di vetta e con poco spazio. Fare attenzione al precipizio a nord. La visione sulla Marmolada è eccezionale, come sulla catena (più lontana) che fa capo al Piz Boè. Quindi tutto il resto delle solite superlative vette dolomitiche.
Si scende ritornando al cartello, quindi al passo Padon. Qui giù a dx per la pista di sci. Un centinaio di metri più sotto si prende a dx il 634 che, con lungo tratto, in parte su prateria, ci scarica su una mulattiera, in frte discesa, che arriverà alla frazioncina di (nei pressi) Col D'Ornella. Adesso si prende a dx una carrareccia più ampia, ma non utilizzata, che ci porterà a Sottinghiazza. Da qui tramite l'asfaltata, ci si porta sulla strada che sale a Davedino, quindi a chiudere l'anello.
Durante il tragitto è possibile vedere i danni di Vaja veramente da vicino. Impressionante è dir poco. E peggio è vedere come l'odiato bostrico si stà mangiando tutti i boschi di abeti, dei quali, in poco tempo, non rimarrà traccia. Non so se è chiaro a tutti, ma il danno sarà veramente colossale e comporterà un riassetto radicale della flora.
Lunga e molto stretta, seriamente danneggiata e in riparazione con ulteriore ristringimento della carreggiata. Impossibile lo scambio tra due mezzi se non in un paio di punti. Il che significa retromarcia per chi sale su pendii attorno al 20%.
Detto questo, suggerisco di andarci nelle prime ore del mattino, per evitare di trovare auto in senso contrario (detto che i residenti di Davedino e di Sottinghiazza, uniche due micro frazioni servite dalla strada saranno forse una decina e di auto ce ne sarano forse 4 o 5).
Arrivati a Davedino, si parcheggia all'inizio della frazioncina (piccolo parcheggio, ma sufficiente per più macchine). Il paesello appare subito come un qualcosa di fiabesco, così minuscolo e incastonato nella valle, con case ben tenute anche se datate.
Lo si percorre con curiosità e quasi in punta di piedi, per non disturbare chi ci vive.
Si risale a lungo la valle sempre su mulattiera larga e con le indicazioni esssenziali per portarci verso la cresta. Si passa per il pittoresco Ciampei, quindi su a dx sempre seguendo il 635. Ad un certo punto si può uscire a sx (come nella presente traccia) e risalire i pascoli finali, prima di arrivare a EL Jof (valico sulla traccia 636 che porta al Migogn. Qui si piega a dx e si segue l'evidente sentiero appena sotto la cresta fin sotto le Crepe Rosse. Qui altra biforcazione. Su a dx per perndii abbastanza dolci fino a sotto il Padon. Sempre in questa traccia abbiamo abbandonato il 636 a 2350mt circa, per proseguire su traccia di mulattiera militare (abbandonata) e portarci sulla forcella a dx del massiccio del Padon per verificare la possibilità di successiva discesa per una variante rivelatasi inpraticabile per l'eccessiva pendenza. Quindi si ritorna sul 636 che va verso il Passo Padon e l'omonimo rifugio, abbandonandola in corrispondenza del cartello che indica il Padon. Qui inizia l'ultima salita per tracce labilissime (complice anche l'erba alta) che con un paio di zig zag ci portano sul filo della cresta fnale e subito sulla cima. Cima con piccola croce, senza libro di vetta e con poco spazio. Fare attenzione al precipizio a nord. La visione sulla Marmolada è eccezionale, come sulla catena (più lontana) che fa capo al Piz Boè. Quindi tutto il resto delle solite superlative vette dolomitiche.
Si scende ritornando al cartello, quindi al passo Padon. Qui giù a dx per la pista di sci. Un centinaio di metri più sotto si prende a dx il 634 che, con lungo tratto, in parte su prateria, ci scarica su una mulattiera, in frte discesa, che arriverà alla frazioncina di (nei pressi) Col D'Ornella. Adesso si prende a dx una carrareccia più ampia, ma non utilizzata, che ci porterà a Sottinghiazza. Da qui tramite l'asfaltata, ci si porta sulla strada che sale a Davedino, quindi a chiudere l'anello.
Durante il tragitto è possibile vedere i danni di Vaja veramente da vicino. Impressionante è dir poco. E peggio è vedere come l'odiato bostrico si stà mangiando tutti i boschi di abeti, dei quali, in poco tempo, non rimarrà traccia. Non so se è chiaro a tutti, ma il danno sarà veramente colossale e comporterà un riassetto radicale della flora.
Waypoints
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