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Madonie: Vallone Madonna degli Angeli - Monte San Salvatore

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Trail stats

Distance
8.18 mi
Elevation gain
2,129 ft
Technical difficulty
Moderate
Elevation loss
2,129 ft
Max elevation
6,222 ft
TrailRank 
72
Min elevation
4,205 ft
Trail type
Loop
Coordinates
1605
Uploaded
December 25, 2020
Recorded
December 2020
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near Vivaio Piano Noce, Sicilia (Italia)

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Itinerary description

Madonie: Vallone Madonna degli Angeli – Monte San Salvatore

Itinerario Andata e ritorno sullo stesso percorso
Partenza/arrivo SP119 / N 37°51'03" - E 14°00'54”
Lunghezza km 13,2
Guadagno/perdita mt 723/-723
Pendenza media 10,6%/-10,6%
Elevaz.ne min/max mt 1279/1912
Tipo di suolo strada forestale 88%, sentiero agevole 12% (km 5,8-7,3)
Difficoltà livello Medio (E)

L’itinerario parte alla base dell’Anfiteatro della Quacella e si sviluppa per buona parte all’interno del Vallone Madonna degli Angeli, sul versante meridionale della Quacella, prosegue su l’altipiano di Piano Grande, per poi concludersi sulla parte sommitale di Monte San Salvatore, con ritorno sullo stesso percorso, attraversando alcune delle aeree di maggiore interesse naturalistico e paesaggistico delle Madonie (1).
La prima area è la Quacella, le dolomiti siciliane, che oltre ad offrire il caratteristico paesaggio, racchiude interessi dal punto di vista geologico (2) e botanico per la particolare biodiversità (3).
Si prosegue con il Vallone Madonna degli Angeli, che si apre tra le pendici settentrionali di monte Scalone e quelle meridionali della Quacella, che per la particolare esposizione dei due versanti origina un caratteristico microclima che sovrappone le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio. All’interno della faggeta, sul versante di monte Scalone, resistono gli ultimi esemplari della specie endemica di Abies nebrodensis (4).
L’obiettivo finale della vetta di monte San Salvatore è uno spettacolare balcone sul versante est della Sicilia e sul vicino santuario di Madonna dell’Alto (5).

Il percorso non è particolarmente impegnativo ma richiede comunque una attenta programmazione, specie per le condizioni meteo che dovranno essere buone, con assenza di nebbia che pregiudicherebbe la sicurezza dell’escursione e, possibilmente, con ottima visibilità per apprezzare i paesaggi. I periodi consigliati per l’escursione sono quelli primaverile ed autunnale.
Il punto di partenza dell’escursione è raggiungibile dalla SP119 che collega Portella Colla a Polizzi Generosa (km 3,3) con accesso dal cancello dell'area forestale di Piano Noce.
Il primo tratto del percorso è su strada forestale, con ampie vedute sull’anfiteatro di monte Quacella. Dal punto panoramico al km 1,24 in direzione sud, si scorge Polizzi Generosa tra le pareti del Vallone.
Al secondo tornante (km 1,5) si incontra il bivio per il sentiero (16B) che scende nel Vallone Madonna degli Angeli per proseguire verso la zona degli Abies Nebrodensis, noi proseguiremo a sn sulla strada forestale che percorre il Vallone Madonna degli Angeli lungo il versante sud della Quacella.
Al km 2,65 si incontrano delle particolari formazioni rocciose.
Al km 2,8 casa forestale.
Al km 2,9 fontana.
Al km 3,2 valico Iola (scende verso Pomieri), noi proseguiremo a dx.
Al km 3,8 ampio panorama verso E da Piano Grande.
Al km 5,7 ripetitori, panorama verso E e santuario Madonna dell’Alto.
Al km 6,1 vetta di monte San Salvatore, con possibilità di vedere, nelle giornate nitide, i tre mari.
Il ritorno è sullo stesso tracciato dell’andata.
Il percorso in discesa all’interno del Vallone, se fatto nel tardo pomeriggio prima del tramonto, offre spunti panoramici di straordinario interesse.

1 Parco delle Madonie
ll massiccio delle Madonie costituisce il secondo gruppo montuoso della Sicilia, dopo l’Etna, per altitudine ed estensione territoriale. La cima più alta, Pizzo Carbonara, raggiunge i 1.979 mt.
Rappresenta la porzione occidentale della catena montuosa che si sviluppa lungo la costa settentrionale della Sicilia, in prosecuzione dell’Appennino calabro, che i geografi indicano con il termine di Appennino siculo.
Le Madonie rappresentano, con i suoi 39.679 ettari, un’area di notevole interesse geologico e botanico, per la cui tutela e valorizzazione la Regione Siciliana ha istituito, nel 1989, il Parco delle Madonie.
Il parco è gestito dall'Ente Parco delle Madonie, ente di diritto pubblico, sottoposto a controllo e vigilanza della Regione Siciliana. Il Parco è suddiviso in quattro zone a tutela differenziata, le alture che vediamo intorno a noi, con i loro 5733 ha, fanno parte della zona A, ambiente naturale conservato nella sua totale integrità.
Nel 2015 il Parco delle Madonie è stato inserito nella Rete di geoparchi globale dell'Unesco, per il notevole interesse geologico del complesso montuoso.

2 Geologia
La formazione delle rocce madonite ha avuto inizio 230 Ma fa durante il Mesozoico , Con la separazione della Pangea nei due nuovi continenti Africa ed Euro-Asia, le spinte tettoniche hanno originato la formazione dell'oceano e della crosta oceanica, su cui si sono depositate, in un ecosistema tipico della scogliera corallina, sedimentazioni carbonatiche. Ne sono testimonianza i fossili contenuti nelle rocce del Carbonara.
Il processo di separazione dei due nuovi continenti e la sedimentazione di rocce carbonatiche sono continuati fino a 50 Ma fa, quando si è invertita la spinta dei continenti Africa ed Euro-Asia ed è iniziato il sollevamento tettonico della crosta oceanica.
Il sollevamento tettonico ha provocato la frattura della crosta oceanica e la formazione di sedimenti di varia natura, fino all'emersione avvenuta 10 Ma fa.
Il sollevamento tettonico è continuato fino a 500.000 anni fa, fino a formare gli attuali rilievi montuosi. In quest'ultima fase è iniziata sulle rocce carbonatiche, durante le glaciazioni del Pleistocene (-2 Ma -12.000 anni), la dissoluzione carsica causata dalle acque meteoriche, tuttora attiva sia per le caratteristiche climatiche determinate dall'elevata piovosità (1400 mm annui, più del doppio della media regionale), sia per la persistenza del manto nevoso alle quote più elevate, che consente una corrosione prolungata. Il risultato è la formazione di doline (ca. 400 nel solo Carbonara), pozzi, inghiottitoi e risorgenze a valle.
Per il fenomeno carsico le alture del complesso centrale delle Madonie si comportano come una spugna, che assorbe ed accumula le precipitazioni meteoriche in un fitto sistema di circolazione idrica sotterranea, per poi alimentare con continuità il sistema idrologico di fiumi e sorgenti a valle.
Dal complesso delle Madonie sgorgano le acque di tre fiumi, l’Imera settentrionale ed il Pollina che sfociano sul mar Tirreno, l’Imera meridionale o Salso che sfocia nel canale del Mediterraneo all’altezza di Licata.
L’acquedotto Madonie ovest di Scillato alimenta una porzione della città di Palermo, mentre l’acquedotto Madonie est di Blufi alimenta diversi paesi e parte di Caltanissetta.
La sedimentazione carbonatica ha originato principalmente la formazione di rocce calcaree , con alcune inclusioni di dolomia. La Quacella (le dolomiti siciliane) che abbiamo davanti a noi è costituita principalmente da dolomia , una roccia caratterizzata da elevata fragilità, causa dell’evidente erosione.
Sussistono ancora molti dubbi sulla formazione del minerale dolomite. Esistono ampi depositi di antica formazione geologica, ma il minerale è relativamente raro negli ambienti moderni. Ci si riferisce a questo come "il problema della dolomite".
La dolomia rappresenta il 10% di tutte le rocce sedimentarie e si pensa che si sia prodotta vicino alla superficie della terra. Tuttavia, la sintesi fatta in laboratorio richiede temperature superiori a 100 °, circostanze tipiche della formazione in bacini sedimentari profondi - anche se secondo molti la dolomite sembra essersi formata a bassa temperatura.
Probabili cause della formazione sono:
• Sedimentazione in laghi altamente salini
• Sedimentazione in alto mare con una elevata presenza di materia organica
• Processo chimico innescato dai batteri a bassa temperatura

3 Biodiversità
Nelle Madonie, specie vegetali provenienti da climi diversi, sono riuscite a trovare una particolare condizione di equilibrio, dando origine ad una Biodiversità unica nel contesto del Mediterraneo.
Ricordiamo che l’emersione del suolo siciliano ed in particolare delle Madonie è avvenuta nel tardo Terziario, indicativamente 10 Ma fa. Nelle alture che cominciarono a formarsi, in un ambiente subtropicale con clima caldo umido, si formarono boschi sempreverdi di Querce Mediterranee (Leccio, Sughera, Roverella + Agrifoglio).
Le successive glaciazioni dell’era Quaternaria o Pleistocene (-2 Ma -12.000 anni) sconvolsero l’assetto della vegetazione del continente europeo, costringendo molte specie vegetali a migrare verso latitudini più basse.
Nelle appena nate Madonie hanno coesistito specie appartenenti a climi diversi, dal subtropicale caldo umido al temperato. Nelle alture si insediarono le specie provenienti dal centro Europa, come il Faggio e le Querce Bianche (Rovere e Cerro), mentre a quote più basse permasero le coperture boschive con Querce Mediterranee, con una fascia di separazione tra i 600-800 mt slm.
Terminate le glaciazioni del Pleistocene (-12.000 anni), le temperature aumentarono originando l’attuale assetto delle fasce vegetazionali:
• La fascia fino ai 1000 mt è occupata dalle specie mediterranee, in ordine sughera, leccio, roverella e frassino
• La fascia intermedia 1000-1400 mt è occupata dal leccio, roverella, cerro, acero e agrifoglio
• La zona di sovrapposizione delle querce mediterranee con il faggio tra 1400 e 1600 mt
• La fascia sopra i 1600 mt è occupata dalle specie del centro Europa, faggio, rovere, con qualche particolare inclusione di leccio.
Le specie erbacee si sono a loro volta adattate ai suoli lasciati liberi dalla vegetazione primaria. La principale e più caratteristica è il Basilisco che forma vaste praterie.
Numerosi sono gli endemismi. In un territorio di modeste dimensioni, appena l’1,5% del territorio siciliano, vegetano più di 1500 specie, con ben 170 endemismi. La principale causa di questa straordinaria ricchezza botanica sono state le glaciazioni ed il successivo aumento delle temperature dopo il Pleistocene, che ha costretto molte specie vegetali ad isolarsi nelle alture delle Madonie, generando nel tempo un elevato numero di endemismi, in buona parte concentrati nell’Anfiteatro naturale della Quacella: abete dei nebrodi, astralago dei nebrodi, genista di Cupani, lino punteggiato, lino delle fate, viola dei nebrodi, ecc.
La particolare biodiversità delle Madonie è stata pesantemente danneggiata dall’antropizzazione degli ultimi 2000 anni, che ha dimezzato la copertura boschiva.
Il faggio è l’essenza principale dei massicci centrali delle Madonie, forma boschi monotipici oltre i 1600 mt, distribuiti in nuclei di notevole valore paesaggistico, con diverso stato di crescita dovuto alla profondità del terreno ed alla esposizione ai venti. Il faggio raggiunge nelle Madonie le condizioni limiti di crescita nel continente europeo: la minore latitudine (monte Cervi) e la maggiore altitudine (Carbonara quasi 2000 mt slm, in Toscana scende fino a quota 200 mt slm).
Nelle alture siciliane le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio si separano a quota 1500 mt slm. Sotto cresce il Leccio, sopra il Faggio, con una fascia di sovrapposizione, dove si possono trovare entrambi, di un centinaio di metri.
Questa regola fa eccezione nel Vallone Madonna degli Angeli, dove si osserva il leccio (Quercus ilex) spingersi fino a 1800 metri sul versante meridionale della Quacella, mentre sul versante opposto di monte Scalone, il Faggio scende fino a quota 1300 mt slm.
L'anomalia è solo apparente perché gioca un ruolo determinante l'esposizione. Il Leccio, pianta termofila e facilmente adattabile ai terreni poveri, si spinge in quota sul versante meridionale della Quacella, che oltre ad essere più caldo per l'esposizione a sud, è anche ripido e ben drenato. Proprio per le caratteristiche del terreno e l’esposizione, su questo versante non cresce il Faggio.
Il versante opposto di monte Scalone, esposto a nord-nordovest, di natura arenacea, è invece dominato dal faggio che cresce a partire da quota 1300 mt.

4 Abete dei Nebrodi (Abete delle Madonie)
Per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Avvalora tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti.
Un tempo endemico delle montagne della catena settentrionale sicula, l'Abete nebrodensis dal 1900 era stato considerato estinto. Fu riscoperto, nel 1957, nel Vallone Madonna degli Angeli (comune di Polizzi Generosa) sulle Madonie, dove ne sono rimasti circa una trentina di esemplari, sopravvissuti, forse, grazie all'isolamento e alla minore competitività locale di altre specie più forti, come il faggio (Fagus sylvatica). La maggior parte degli esemplari sopravvissuti cresce stentatamente su pendio sassoso e probabilmente si sono sottratti al taglio proprio per le loro modeste dimensioni. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, protetti da Faggi, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli.
Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti.
Il nome della specie può indurre in errore sulla sua origine. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni è corretto chiamarlo Abete delle Madonie.
L’abete predilige l’esposizione a nord ed ha una crescita molto lenta, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci, da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami.
Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando lasciano disperdere i semi.
A seguito di discutibili piani di rimboschimento, sono stati introdotte varietà di abete il cui polline potrebbe ibridare i semi della specie endemica. Per evitare l’ibridazione attualmente gli stroboli del Nebrodensis vengono isolati in apposite buste ed è stato programmato l’abbattimento delle specie di abeti alloctone.
Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale.
Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.
Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.

5 Santuario Madonna dell’Alto (fonte Wikipedia)
Il Santuario della Madonna dell'Alto è un luogo di culto cristiano dove si venera la Vergine Maria, sulla sommità del Monte Alto (1819 m s.l.m.), nelle Madonie.
Il santuario è composto da una chiesa, una sacrestia e da un romitorio provvisto di stanze per ospitare i pellegrini. Il santuario ha origini remote ma probabilmente risale al XIII secolo circa.
La tradizione orale della leggenda narra che vicino alla torre di Roccella fu rinvenuta dopo un violento naufragio una cassa contenente la statua marmorea della Vergine. Gli scopritori, mossi da devozione la venerarono e la trasportarono nella vicina Termini. Ma per qualche misterioso motivo la statua non si fermò né a Termini, né a Collesano, né a Polizzi. Quindi fu posta su un carro trainato da buoi e lasciata alla sorte. Dopo un lunghissimo tragitto, i buoi si fermarono dove ora sorge il santuario e dall'altezza di quella montagna diedero il titolo di Maria Santissima dell'Alto a quella mistica statua della Vergine. Le raffigurazioni di questa leggenda si trovano in due formelle dell'altare marmoreo in cui è custodita la statua.
Per la tradizione orale e alcuni studiosi, l'edificazione sarebbe da attribuire al beato Guglielmo Gnoffi da Polizzi, morto nel 1317 l'edificò per opera degli abitanti di Polizzi e di Petralia. Altre fonti affermano l'esistenza di una chiesa e di una piccola abitazione in rovina quando vi si stabilì. Il documento noto più antico a citare la Madonna dell'Alto risale al 1454, ovvero dopo la morte del Beato. il culto alla Madonna dell'Alto deriva sicuramente dalla devozione filiale della città di Messina, sotto la cui diocesi erano anche le Petralie, alla Vergine Maria a cui è intitolato il Santuario della Madonna di Montalto sul monte della Caperrina.
Sull'altare della chiesa di origine medievale è presente una statua in marmo della Madonna dell'Alto che viene attribuita allo scultore Domenico Gagini datata 1471. Quello che colpisce della piccola scultura sono i muti dialoghi tra madre e figlio attraverso gli sguardi. La statua, alta quasi un metro, è di pregevolissima fattura ed è conservata in un bellissimo altare rivestito in marmi del 1749. Del 1797 sono l'arco rivestito in marmi policromi e l'elegante cancellata in ferro battuto che dividono la cappella dal resto della chiesa. Le corone che ornano la statua della Madonna sono state donate dal popolo di Petralia Sottana nel 1809. Nel 1912 è stato aggiunto alla parete sinistra della chiesa un altare con una statua del SS. Crocifisso in cartapesta.
Sulla parete sinistra è custodito un pregevole tela di scuola siciliana raffigurante lo Spasimo di Sicilia copia del più famoso Spasimo di Raffaello Sanzio. Questo quadro era prima conservato nell'antica chiesa della Provvidenza di Petralia Sottana, oggi non più esistente. Sulle pareti della chiesa o in altre stanze adiacenti sono presenti diversi ex-voto (quadretti, gioielli, oggetti in oro e argento) che testimoniano le grazie che nei secoli la vergine Maria ha elargito ai suoi numerosi devoti. Nella cappella principale è anche conservato un piccolo Crocifisso ligneo di ignoto autore che era prima collocato in una cappelletta sul vicino monte San Salvatore (1912 m s.l.m.).
Il santuario è meta comune di pellegrinaggi. I pellegrinaggi sono molto frequenti in estate e soprattutto nelle giornate della quindicina e della festa che si celebra il 14 agosto con la suggestiva fiaccolata notturna e il 15 agosto con la partecipatissima processione solenne della statua della Madonna dell'Alto attorno al santuario. Anche gli abitanti di Calcarelli, Nociazzi, e Castellana Sicula festeggiano la Madonna dell'Alto, la prima domenica di luglio, con la differenza di non poter portare in processione il simulacro della Vergine, perché questo è un onore che spetta solo ai petralesi. La Madonna dell'Alto dopo aver preservato da diverse calamità il popolo e l'abitato di Petralia Sottana è stata eletta patrona e protettrice della città insieme a San Calogero Eremita. Dal 2011 il Santuario della Madonna dell'Alto è affiliato alla Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma.

Waypoints

PictographCar park Altitude 4,203 ft

P/A

SP119 / N 37°51'03" - E 14°00'54”

PictographPanorama Altitude 4,364 ft
Photo ofPanorama Quacella Photo ofPanorama Quacella

Panorama Quacella

La prima area è la Quacella, le dolomiti siciliane, che oltre ad offrire il caratteristico paesaggio, racchiude interessi dal punto di vista geologico (2) e botanico per la particolare biodiversità (3).

PictographPanorama Altitude 4,431 ft
Photo ofPanorama Photo ofPanorama

Panorama

Panorama inizio Vallone Madonna degli Angeli

PictographIntersection Altitude 4,573 ft

Bivio vs Abies Nebrodensis

Bivio verso versante settentrionale monte Scalone, zona di crescita ultimi esemplari Abies Nebrodensis

PictographMountain pass Altitude 4,785 ft
Photo ofVallone Madonna degli Angeli Photo ofVallone Madonna degli Angeli Photo ofVallone Madonna degli Angeli

Vallone Madonna degli Angeli

Nelle alture siciliane le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio si separano a quota 1500 mt slm. Sotto cresce il Leccio, sopra il Faggio, con una fascia di sovrapposizione, dove si possono trovare entrambi, non superiore ai 100 mt. La particolare esposizione del Vallone Madonna degli Angeli, che si apre tra le pendici settentrionali di monte Scalone e quelle meridionali della Quacella, origina un caratteristico microclima che sovrappone le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio, il primo si spinge fino a 1800 metri sul versante meridionale della Quacella, mentre il secondo, sul versante opposto di monte Scalone esposto a nord, cresce a partire da quota 1300 mt slm. L'anomalia è solo apparente perché gioca un ruolo determinante l'esposizione. Il Leccio, pianta termofila e facilmente adattabile su terreni poveri, si spinge in quota sul versante meridionale della Quacella, che oltre ad essere più caldo per l'esposizione a sud, è anche ripido e ben drenato tanto da risultare sufficientemente arido dalla tarda primavera all'autunno, con suolo scarso, in forte pendenza e con substrato di roccia dolomitica fratturata. Proprio per le caratteristiche del terreno e l’esposizione, su questo versante non cresce il Faggio. Il versante opposto di monte Scalone, esposto a nord-nordovest, di natura arenacea, è invece dominato dal faggio che cresce a partire da quota 1300 mt. La seconda evidenza naturalistica del Vallone è la presenza di una particolare specie endemica. In condizioni naturali l’abete non forma boschi puri, ma cresce distribuito all’interno della faggeta. E’ quello che succede nel Vallone Madonna degli Angeli, su monte Scalone, il versante opposto a quello del percorso dell’escursione, dove resistono gli ultimi esemplari della specie endemica di Abies Nebrodensis (https://www.wikiloc.com/hiking-trails/madonie-vallone-madonna-degli-angeli-abies-nebrodensis-52811126).

PictographTree Altitude 5,132 ft
Photo ofLeccio

Leccio

La particolare esposizione del Vallone Madonna degli Angeli, che si apre tra le pendici settentrionali di monte Scalone e quelle meridionali della Quacella, origina un caratteristico microclima che sovrappone le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio, il primo si spinge fino a 1800 metri sul versante meridionale della Quacella, mentre il secondo, sul versante opposto di monte Scalone esposto a nord, cresce a partire da quota 1300 mt slm. L'anomalia è solo apparente perché gioca un ruolo determinante l'esposizione. Il Leccio, pianta termofila e facilmente adattabile su terreni poveri, si spinge in quota sul versante meridionale della Quacella, che oltre ad essere più caldo per l'esposizione a sud, è anche ripido e ben drenato tanto da risultare sufficientemente arido dalla tarda primavera all'autunno, con suolo scarso, in forte pendenza e con substrato di roccia dolomitica fratturata. Proprio per le caratteristiche del terreno e l’esposizione, su questo versante non cresce il Faggio. Il versante opposto di monte Scalone, esposto a nord-nordovest, di natura arenacea, è invece dominato dal faggio che cresce a partire da quota 1300 mt.

PictographTree Altitude 5,069 ft
Photo ofFaggio Photo ofFaggio

Faggio

La particolare esposizione del Vallone Madonna degli Angeli, che si apre tra le pendici settentrionali di monte Scalone e quelle meridionali della Quacella, origina un caratteristico microclima che sovrappone le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio, il primo si spinge fino a 1800 metri sul versante meridionale della Quacella, mentre il secondo, sul versante opposto di monte Scalone esposto a nord, cresce a partire da quota 1300 mt slm. L'anomalia è solo apparente perché gioca un ruolo determinante l'esposizione. Il Leccio, pianta termofila e facilmente adattabile su terreni poveri, si spinge in quota sul versante meridionale della Quacella, che oltre ad essere più caldo per l'esposizione a sud, è anche ripido e ben drenato tanto da risultare sufficientemente arido dalla tarda primavera all'autunno, con suolo scarso, in forte pendenza e con substrato di roccia dolomitica fratturata. Proprio per le caratteristiche del terreno e l’esposizione, su questo versante non cresce il Faggio. Il versante opposto di monte Scalone, esposto a nord-nordovest, di natura arenacea, è invece dominato dal faggio che cresce a partire da quota 1300 mt.

PictographWaypoint Altitude 5,219 ft
Photo ofFormazioni rocciose Photo ofFormazioni rocciose

Formazioni rocciose

Particolari formazioni rocciose

PictographMountain hut Altitude 5,312 ft
Photo ofCasa Forestale

Casa Forestale

Casa Forestale

PictographFountain Altitude 5,339 ft
Photo ofFontana

Fontana

Fontana, uno delle poche del complesso delle Madonie

PictographIntersection Altitude 5,372 ft
Photo ofBivio vs Abies Nebrodensis

Bivio vs Abies Nebrodensis

Bivio verso versante settentrionale monte Scalone, zona di crescita ultimi esemplari Abies Nebrodensis

PictographMountain pass Altitude 5,429 ft
Photo ofValico Piano Iola

Valico Piano Iola

Valico Piano Iola verso Vallone Fra Paolo e Pomieri

PictographPanorama Altitude 5,628 ft
Photo ofPanorama Photo ofPanorama Photo ofPanorama

Panorama

Panorama da Piano Grande

PictographMountain pass Altitude 5,686 ft
Photo ofPiano Grande Photo ofPiano Grande Photo ofPiano Grande

Piano Grande

Piano Grande

PictographPanorama Altitude 6,105 ft
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Panorama S-SW

La tappa finale dell’escursione è la parte sommitale di monte San Salvatore, che per la posizione isolata e la sua altezza (1912 mt) consentono di godere tra i più bei paesaggi delle Madonie. Dalla postazione antenne in direzione NE-W verso Madonie, W-S verso il meridione della Sicilia sino, con buona visibilità, al mar Mediterraneo, in direzione SE verso il suggestivo Santuario di Madonna dell’Alto. Dalla cima in direzione E verso Nebrodi ed Etna.

PictographPanorama Altitude 6,110 ft
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Panorama NW-N

La tappa finale dell’escursione è la parte sommitale di monte San Salvatore, che per la posizione isolata e la sua altezza (1912 mt) consentono di godere tra i più bei paesaggi delle Madonie. Dalla postazione antenne in direzione NE-W verso Madonie, W-S verso il meridione della Sicilia sino, con buona visibilità, al mar Mediterraneo, in direzione SE verso il suggestivo Santuario di Madonna dell’Alto. Dalla cima in direzione E verso Nebrodi ed Etna.

PictographSummit Altitude 6,204 ft

Monte San Salvatore Cima

La tappa finale dell’escursione è la parte sommitale di monte San Salvatore, che per la posizione isolata e la sua altezza (1912 mt) consentono di godere tra i più bei paesaggi delle Madonie. Dalla postazione antenne in direzione NE-W verso Madonie, W-S verso il meridione della Sicilia sino, con buona visibilità, al mar Mediterraneo, in direzione SE verso il suggestivo Santuario di Madonna dell’Alto. Dalla cima in direzione E verso Nebrodi ed Etna.

PictographSummit Altitude 5,357 ft
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Monte Scalone

La seconda evidenza naturalistica del Vallone è la presenza di una particolare specie endemica. In condizioni naturali l’abete non forma boschi puri, ma cresce distribuito all’interno della faggeta. E’ quello che succede nel Vallone Madonna degli Angeli, su monte Scalone, il versante opposto a quello del percorso dell’escursione, dove resistono gli ultimi esemplari della specie endemica di Abies Nebrodensis (https://www.wikiloc.com/hiking-trails/madonie-vallone-madonna-degli-angeli-abies-nebrodensis-52811126). L’abete dei Nebrodi per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Ad avvalorare tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone. Grazie alla loro produzione di strobili con semi fertili si è potuta iniziare un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. L’abete, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci. Da qui il nome dialettale di “arvulu cruci cruci”.

PictographTree Altitude 4,913 ft
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Abies Nebrodensis

4 Abete dei Nebrodi (Abete delle Madonie) Per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Avvalora tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti. Un tempo endemico delle montagne della catena settentrionale sicula, l'Abete nebrodensis dal 1900 era stato considerato estinto. Fu riscoperto, nel 1957, nel Vallone Madonna degli Angeli (comune di Polizzi Generosa) sulle Madonie, dove ne sono rimasti circa una trentina di esemplari, sopravvissuti, forse, grazie all'isolamento e alla minore competitività locale di altre specie più forti, come il faggio (Fagus sylvatica). La maggior parte degli esemplari sopravvissuti cresce stentatamente su pendio sassoso e probabilmente si sono sottratti al taglio proprio per le loro modeste dimensioni. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, protetti da Faggi, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli. Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti. Il nome della specie può indurre in errore sulla sua origine. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni è corretto chiamarlo Abete delle Madonie. L’abete predilige l’esposizione a nord ed ha una crescita molto lenta, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci, da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami. Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando lasciano disperdere i semi. A seguito di discutibili piani di rimboschimento, sono stati introdotte varietà di abete il cui polline potrebbe ibridare i semi della specie endemica. Per evitare l’ibridazione attualmente gli stroboli del Nebrodensis vengono isolati in apposite buste ed è stato programmato l’abbattimento delle specie di abeti alloctone. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.

PictographTree Altitude 5,317 ft
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Abies Nebrodensis

4 Abete dei Nebrodi (Abete delle Madonie) Per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Avvalora tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti. Un tempo endemico delle montagne della catena settentrionale sicula, l'Abete nebrodensis dal 1900 era stato considerato estinto. Fu riscoperto, nel 1957, nel Vallone Madonna degli Angeli (comune di Polizzi Generosa) sulle Madonie, dove ne sono rimasti circa una trentina di esemplari, sopravvissuti, forse, grazie all'isolamento e alla minore competitività locale di altre specie più forti, come il faggio (Fagus sylvatica). La maggior parte degli esemplari sopravvissuti cresce stentatamente su pendio sassoso e probabilmente si sono sottratti al taglio proprio per le loro modeste dimensioni. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, protetti da Faggi, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli. Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti. Il nome della specie può indurre in errore sulla sua origine. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni è corretto chiamarlo Abete delle Madonie. L’abete predilige l’esposizione a nord ed ha una crescita molto lenta, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci, da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami. Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando lasciano disperdere i semi. A seguito di discutibili piani di rimboschimento, sono stati introdotte varietà di abete il cui polline potrebbe ibridare i semi della specie endemica. Per evitare l’ibridazione attualmente gli stroboli del Nebrodensis vengono isolati in apposite buste ed è stato programmato l’abbattimento delle specie di abeti alloctone. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.

PictographSummit Altitude 5,886 ft
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Monte Cervi

mt 1794

PictographSummit Altitude 6,042 ft
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Quacella

mt 1865

PictographSummit Altitude 6,062 ft
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Monte Mufara

mt 1869

PictographSummit Altitude 6,404 ft
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Monte Carbonara

mt 1979

PictographReligious site Altitude 5,936 ft
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Santuario Madonna dell'Alto

5 Santuario Madonna dell’Alto (fonte Wikipedia) Il Santuario della Madonna dell'Alto è un luogo di culto cristiano dove si venera la Vergine Maria, sulla sommità del Monte Alto (1819 m s.l.m.), nelle Madonie. Il santuario è composto da una chiesa, una sacrestia e da un romitorio provvisto di stanze per ospitare i pellegrini. Il santuario ha origini remote ma probabilmente risale al XIII secolo circa. La tradizione orale della leggenda narra che vicino alla torre di Roccella fu rinvenuta dopo un violento naufragio una cassa contenente la statua marmorea della Vergine. Gli scopritori, mossi da devozione la venerarono e la trasportarono nella vicina Termini. Ma per qualche misterioso motivo la statua non si fermò né a Termini, né a Collesano, né a Polizzi. Quindi fu posta su un carro trainato da buoi e lasciata alla sorte. Dopo un lunghissimo tragitto, i buoi si fermarono dove ora sorge il santuario e dall'altezza di quella montagna diedero il titolo di Maria Santissima dell'Alto a quella mistica statua della Vergine. Le raffigurazioni di questa leggenda si trovano in due formelle dell'altare marmoreo in cui è custodita la statua. Per la tradizione orale e alcuni studiosi, l'edificazione sarebbe da attribuire al beato Guglielmo Gnoffi da Polizzi, morto nel 1317 l'edificò per opera degli abitanti di Polizzi e di Petralia. Altre fonti affermano l'esistenza di una chiesa e di una piccola abitazione in rovina quando vi si stabilì. Il documento noto più antico a citare la Madonna dell'Alto risale al 1454, ovvero dopo la morte del Beato. il culto alla Madonna dell'Alto deriva sicuramente dalla devozione filiale della città di Messina, sotto la cui diocesi erano anche le Petralie, alla Vergine Maria a cui è intitolato il Santuario della Madonna di Montalto sul monte della Caperrina. Sull'altare della chiesa di origine medievale è presente una statua in marmo della Madonna dell'Alto che viene attribuita allo scultore Domenico Gagini datata 1471. Quello che colpisce della piccola scultura sono i muti dialoghi tra madre e figlio attraverso gli sguardi. La statua, alta quasi un metro, è di pregevolissima fattura ed è conservata in un bellissimo altare rivestito in marmi del 1749. Del 1797 sono l'arco rivestito in marmi policromi e l'elegante cancellata in ferro battuto che dividono la cappella dal resto della chiesa. Le corone che ornano la statua della Madonna sono state donate dal popolo di Petralia Sottana nel 1809. Nel 1912 è stato aggiunto alla parete sinistra della chiesa un altare con una statua del SS. Crocifisso in cartapesta. Sulla parete sinistra è custodito un pregevole tela di scuola siciliana raffigurante lo Spasimo di Sicilia copia del più famoso Spasimo di Raffaello Sanzio. Questo quadro era prima conservato nell'antica chiesa della Provvidenza di Petralia Sottana, oggi non più esistente. Sulle pareti della chiesa o in altre stanze adiacenti sono presenti diversi ex-voto (quadretti, gioielli, oggetti in oro e argento) che testimoniano le grazie che nei secoli la vergine Maria ha elargito ai suoi numerosi devoti. Nella cappella principale è anche conservato un piccolo Crocifisso ligneo di ignoto autore che era prima collocato in una cappelletta sul vicino monte San Salvatore (1912 m s.l.m.). Il santuario è meta comune di pellegrinaggi. I pellegrinaggi sono molto frequenti in estate e soprattutto nelle giornate della quindicina e della festa che si celebra il 14 agosto con la suggestiva fiaccolata notturna e il 15 agosto con la partecipatissima processione solenne della statua della Madonna dell'Alto attorno al santuario. Anche gli abitanti di Calcarelli, Nociazzi, e Castellana Sicula festeggiano la Madonna dell'Alto, la prima domenica di luglio, con la differenza di non poter portare in processione il simulacro della Vergine, perché questo è un onore che spetta solo ai petralesi. La Madonna dell'Alto dopo aver preservato da diverse calamità il popolo e l'abitato di Petralia Sottana è stata eletta patrona e protettrice della città insieme a San Calogero Eremita. Dal 2011 il Santuario della Madonna dell'Alto è affiliato alla Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma.

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