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Madonie: Vallone Madonna degli Angeli - Abies Nebrodensis

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Trail stats

Distance
5.01 mi
Elevation gain
1,627 ft
Technical difficulty
Moderate
Elevation loss
1,627 ft
Max elevation
5,466 ft
TrailRank 
67 5
Min elevation
5,466 ft
Trail type
Loop
Coordinates
784
Uploaded
July 15, 2020
Recorded
July 2020
  • Rating

  •   5 2 Reviews

near Vivaio Piano Noce, Sicilia (Italia)

Viewed 2836 times, downloaded 106 times

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Itinerary description

Madonie: Vallone Madonna degli Angeli - Abies Nebrodensis

Itinerario Anello
Partenza/arrivo SP119 / N 37°50'53" - E 14°00'45”
Lunghezza km 8,10
Guadagno/perdita mt 519/-519
Pendenza media 12,5%
Elevazione min/max mt 1246/1664
Tipo di suolo strada forestale 75%, sentiero agevole 25% (km 1,5-3,5)
Difficoltà livello Medio (E)

L’itinerario si sviluppa per buona parte all’interno del Vallone Madonna degli Angeli, una tra le aree di maggiore interesse naturalistico e paesaggistico delle Madonie (1), per gli aspetti geologici (2) e per la particolare biodiversità (3). La particolare esposizione del Vallone, che si apre tra le pendici settentrionali di monte Scalone e quelle meridionali della Quacella, origina un caratteristico microclima che sovrappone le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio. All’interno della faggeta resistono gli ultimi esemplari della specie endemica di Abies nebrodensis (4).

Il percorso non è particolarmente impegnativo ma richiede comunque una attenta programmazione, specie per le condizioni meteo che dovranno essere buone, con assenza di nebbia che pregiudicherebbe la sicurezza dell’escursione e, possibilmente, con ottima visibilità per apprezzare i paesaggi. I periodi consigliati per l’escursione sono quelli primaverile ed autunnale.
Il Vallone Madonna degli Angeli si apre tra le pendici di Monte Scalone e quelle di Monte Quacella. È raggiungibile dalla SP119 che collega Portella Colla a Polizzi Generosa (km 3,3) con accesso dal cancello dell'area forestale di Piano Noce.
Il primo tratto del percorso è su strada forestale, con ampie vedute sull’anfiteatro di monte Quacella. Dal punto panoramico al km 1,24 in direzione sud, si scorge Polizzi Generosa tra le pareti del Vallone.
Al secondo tornante (km 1,5) si abbandona la strada forestale per il sentiero (16B) che scende nel Vallone Madonna degli Angeli. Il sentiero risale a tornanti le pendici nord di Monte Scalone dove, all’interno della faggeta, crescono isolati gli esemplari di Abete dei Nebrodi, recintati per proteggerli dal pascolamento.
Al km 2,9 deviazione a sinistra sul sentiero 16.
Al km 3,5, a ridosso della cima di Monte Scalone, all’interno di un boschetto di pini neri, il percorso continua su strada forestale.
Al km 4,7 deviazione a sinistra sulla strada forestale che scende lungo il vallone Madonna degli Angeli; al km 4,85 fontana, al km 4,95 rifugio forestale (chiuso) ed al km 5,1 particolari formazioni rocciose.
Il percorso in discesa all’interno del Vallone, che chiude l’anello, se fatto nel tardo pomeriggio in prossimità del tramonto, offre spunti panoramici di straordinario interesse.

1 Parco delle Madonie
ll massiccio delle Madonie costituisce il secondo gruppo montuoso della Sicilia, dopo l’Etna, per altitudine ed estensione territoriale.
La cima più alta, Pizzo Carbonara, raggiunge i 1.979 mt.
Rappresenta la porzione occidentale della catena montuosa che si sviluppa lungo la costa settentrionale della Sicilia, in prosecuzione dell’Appennino calabro, che i geografi indicano con il termine di Appennino siculo.
Le Madonie rappresentano, con i suoi 39.679 ettari, un’area di notevole interesse geologico e botanico, per la cui tutela e valorizzazione la Regione Siciliana ha istituito, nel 1989, il Parco delle Madonie.
Il parco è gestito dall'Ente Parco delle Madonie, ente di diritto pubblico, sottoposto a controllo e vigilanza della Regione Siciliana. Il Parco è suddiviso in quattro zone a tutela differenziata, le alture che vediamo intorno a noi, con i loro 5733 ha, fanno parte della zona A, ambiente naturale conservato nella sua totale integrità.
Nel 2015 il Parco delle Madonie è stato inserito nella Rete di geoparchi globale dell'Unesco, per il notevole interesse geologico del complesso montuoso.

2 Geologia
La formazione delle rocce madonite ha avuto inizio 230 Ma fa durante il Mesozoico , Con la separazione della Pangea nei due nuovi continenti Africa ed Euro-Asia, le spinte tettoniche hanno originato la formazione dell'oceano e della crosta oceanica, su cui si sono depositate, in un ecosistema tipico della scogliera corallina, sedimentazioni carbonatiche. Ne sono testimonianza i fossili contenuti nelle rocce del Carbonara.
Il processo di separazione dei due nuovi continenti e la sedimentazione di rocce carbonatiche sono continuati fino a 50 Ma fa, quando si è invertita la spinta dei continenti Africa ed Euro-Asia ed è iniziato il sollevamento tettonico della crosta oceanica.
Il sollevamento tettonico ha provocato la frattura della crosta oceanica e la formazione di sedimenti di varia natura, fino all'emersione avvenuta 10 Ma fa.
Il sollevamento tettonico è continuato fino a 500.000 anni fa, fino a formare gli attuali rilievi montuosi. In quest'ultima fase è iniziata sulle rocce carbonatiche, durante le glaciazioni del Pleistocene (-2 Ma -12.000 anni), la dissoluzione carsica causata dalle acque meteoriche, tuttora attiva sia per le caratteristiche climatiche determinate dall'elevata piovosità (1400 mm annui, più del doppio della media regionale), sia per la persistenza del manto nevoso alle quote più elevate, che consente una corrosione prolungata. Il risultato è la formazione di doline (ca. 400 nel solo Carbonara), pozzi, inghiottitoi e risorgenze a valle.
Per il fenomeno carsico le alture del complesso centrale delle Madonie si comportano come una spugna, che assorbe ed accumula le precipitazioni meteoriche in un fitto sistema di circolazione idrica sotterranea, per poi alimentare con continuità il sistema idrologico di fiumi e sorgenti a valle.
Dal complesso delle Madonie sgorgano le acque di tre fiumi, l’Imera settentrionale ed il Pollina che sfociano sul mar Tirreno, l’Imera meridionale o Salso che sfocia nel canale del Mediterraneo all’altezza di Licata.
L’acquedotto Madonie ovest di Scillato alimenta una porzione della città di Palermo, mentre l’acquedotto Madonie est di Blufi alimenta diversi paesi e parte di Caltanissetta.
La sedimentazione carbonatica ha originato principalmente la formazione di rocce calcaree , con alcune inclusioni di dolomia. La Quacella (le dolomiti siciliane) che abbiamo davanti a noi è costituita principalmente da dolomia , una roccia caratterizzata da elevata fragilità, causa dell’evidente erosione.
Sussistono ancora molti dubbi sulla formazione del minerale dolomite. Esistono ampi depositi di antica formazione geologica, ma il minerale è relativamente raro negli ambienti moderni. Ci si riferisce a questo come "il problema della dolomite".
La dolomia rappresenta il 10% di tutte le rocce sedimentarie e si pensa che si sia prodotta vicino alla superficie della terra. Tuttavia, la sintesi fatta in laboratorio richiede temperature superiori a 100 °, circostanze tipiche della formazione in bacini sedimentari profondi - anche se secondo molti la dolomite sembra essersi formata a bassa temperatura.
Probabili cause della formazione sono:
• Sedimentazione in laghi altamente salini
• Sedimentazione in alto mare con una elevata presenza di materia organica
• Processo chimico innescato dai batteri a bassa temperatura

3 Biodiversità
Nelle Madonie, specie vegetali provenienti da climi diversi, sono riuscite a trovare una particolare condizione di equilibrio, dando origine ad una Biodiversità unica nel contesto del Mediterraneo.
Ricordiamo che l’emersione del suolo siciliano ed in particolare delle Madonie è avvenuta nel tardo Terziario, indicativamente 10 Ma fa. Nelle alture che cominciarono a formarsi, in un ambiente subtropicale con clima caldo umido, si formarono boschi sempreverdi di Querce Mediterranee (Leccio, Sughera, Roverella + Agrifoglio).
Le successive glaciazioni dell’era Quaternaria o Pleistocene (-2 Ma -12.000 anni) sconvolsero l’assetto della vegetazione del continente europeo, costringendo molte specie vegetali a migrare verso latitudini più basse.
Nelle appena nate Madonie hanno coesistito specie appartenenti a climi diversi, dal subtropicale caldo umido al temperato. Nelle alture si insediarono le specie provenienti dal centro Europa, come il Faggio e le Querce Bianche (Rovere e Cerro), mentre a quote più basse permasero le coperture boschive con Querce Mediterranee, con una fascia di separazione tra i 600-800 mt slm.
Terminate le glaciazioni del Pleistocene (-12.000 anni), le temperature aumentarono originando l’attuale assetto delle fasce vegetazionali:
• La fascia fino ai 1000 mt è occupata dalle specie mediterranee, in ordine sughera, leccio, roverella e frassino
• La fascia intermedia 1000-1400 mt è occupata dal leccio, roverella, cerro, acero e agrifoglio
• La zona di sovrapposizione delle querce mediterranee con il faggio tra 1400 e 1600 mt
• La fascia sopra i 1600 mt è occupata dalle specie del centro Europa, faggio, rovere, con qualche particolare inclusione di leccio.
Le specie erbacee si sono a loro volta adattate ai suoli lasciati liberi dalla vegetazione primaria. La principale e più caratteristica è il Basilisco che forma vaste praterie.
Numerosi sono gli endemismi. In un territorio di modeste dimensioni, appena l’1,5% del territorio siciliano, vegetano più di 1500 specie, con ben 170 endemismi. La principale causa di questa straordinaria ricchezza botanica sono state le glaciazioni ed il successivo aumento delle temperature dopo il Pleistocene, che ha costretto molte specie vegetali ad isolarsi nelle alture delle Madonie, generando nel tempo un elevato numero di endemismi, in buona parte concentrati nell’Anfiteatro naturale della Quacella: abete dei nebrodi, astralago dei nebrodi, genista di Cupani, lino punteggiato, lino delle fate, viola dei nebrodi, ecc.
La particolare biodiversità delle Madonie è stata pesantemente danneggiata dall’antropizzazione degli ultimi 2000 anni, che ha dimezzato la copertura boschiva.
Il faggio è l’essenza principale dei massicci centrali delle Madonie, forma boschi monotipici oltre i 1600 mt, distribuiti in nuclei di notevole valore paesaggistico, con diverso stato di crescita dovuto alla profondità del terreno ed alla esposizione ai venti. Il faggio raggiunge nelle Madonie le condizioni limiti di crescita nel continente europeo: la minore latitudine (monte Cervi) e la maggiore altitudine (Carbonara quasi 2000 mt slm, in Toscana scende fino a quota 200 mt slm).
Nelle alture siciliane le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio si separano a quota 1500 mt slm. Sotto cresce il Leccio, sopra il Faggio, con una fascia di sovrapposizione, dove si possono trovare entrambi, di un centinaio di metri.
Questa regola fa eccezione nel Vallone Madonna degli Angeli, dove si osserva il leccio (Quercus ilex) spingersi fino a 1800 metri sul versante meridionale della Quacella, mentre sul versante opposto di monte Scalone, il Faggio scende fino a quota 1300 mt slm.
L'anomalia è solo apparente perché gioca un ruolo determinante l'esposizione. Il Leccio, pianta termofila e facilmente adattabile ai terreni poveri, si spinge in quota sul versante meridionale della Quacella, che oltre ad essere più caldo per l'esposizione a sud, è anche ripido e ben drenato. Proprio per le caratteristiche del terreno e l’esposizione, su questo versante non cresce il Faggio.
Il versante opposto di monte Scalone, esposto a nord-nordovest, di natura arenacea, è invece dominato dal faggio che cresce a partire da quota 1300 mt.

4 Abete dei Nebrodi (Abete delle Madonie)
Per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Avvalora tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti.
Un tempo endemico delle montagne della catena settentrionale sicula, l'Abete nebrodensis dal 1900 era stato considerato estinto. Fu riscoperto, nel 1957, nel Vallone Madonna degli Angeli (comune di Polizzi Generosa) sulle Madonie, dove ne sono rimasti circa una trentina di esemplari, sopravvissuti, forse, grazie all'isolamento e alla minore competitività locale di altre specie più forti, come il faggio (Fagus sylvatica). La maggior parte degli esemplari sopravvissuti cresce stentatamente su pendio sassoso e probabilmente si sono sottratti al taglio proprio per le loro modeste dimensioni. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, protetti da Faggi, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli.
Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti.
Il nome della specie può indurre in errore sulla sua origine. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni è corretto chiamarlo Abete delle Madonie.
L’abete predilige l’esposizione a nord ed ha una crescita molto lenta, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci, da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami.
Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando lasciano disperdere i semi.
A seguito di discutibili piani di rimboschimento, sono stati introdotte varietà di abete il cui polline potrebbe ibridare i semi della specie endemica. Per evitare l’ibridazione attualmente gli stroboli del Nebrodensis vengono isolati in apposite buste ed è stato programmato l’abbattimento delle specie di abeti alloctone.
Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale.
Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.
Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.

Waypoints

PictographWaypoint Altitude 4,102 ft

P/A

P/A

PictographSummit Altitude 5,722 ft
Photo ofQuacella Photo ofQuacella

Quacella

Quacella

PictographPanorama Altitude 4,431 ft
Photo ofPanorama

Panorama

Panorama

PictographIntersection Altitude 4,573 ft

Bivio

Bivio

PictographWaypoint Altitude 4,785 ft
Photo ofVallone Madonna degli Angeli Photo ofVallone Madonna degli Angeli

Vallone Madonna degli Angeli

Nelle alture siciliane le fasce vegetazionali di Leccio e Faggio si separano a quota 1500 mt slm. Sotto cresce il Leccio, sopra il Faggio, con una fascia di sovrapposizione, dove si possono trovare entrambi, di un centinaio di metri. Questa regola fa eccezione nel Vallone Madonna degli Angeli, dove si osserva il leccio (Quercus ilex) spingersi fino a 1800 metri sul versante meridionale della Quacella, mentre sul versante opposto di monte Scalone, il Faggio scende fino a quota 1300 mt slm. L'anomalia è solo apparente perché gioca un ruolo determinante l'esposizione. Il Leccio, pianta termofila e facilmente adattabile ai terreni poveri, si spinge in quota sul versante meridionale della Quacella, che oltre ad essere più caldo per l'esposizione a sud, è anche ripido e ben drenato. Proprio per le caratteristiche del terreno e l’esposizione, su questo versante non cresce il Faggio. Il versante opposto di monte Scalone, esposto a nord-nordovest, di natura arenacea, è invece dominato dal faggio che cresce a partire da quota 1300 mt.

PictographSummit Altitude 5,251 ft

Monte Scalone

Monte Scalone

PictographBridge Altitude 4,598 ft

Ponte

Ponte

PictographTree Altitude 4,913 ft
Photo ofAbies Nebrodensis Photo ofAbies Nebrodensis

Abies Nebrodensis

Per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Avvalora tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti. Un tempo endemico delle montagne della catena settentrionale sicula, l'Abete nebrodensis dal 1900 era stato considerato estinto. Fu riscoperto, nel 1957, nel Vallone Madonna degli Angeli (comune di Polizzi Generosa) sulle Madonie, dove ne sono rimasti circa una trentina di esemplari, sopravvissuti, forse, grazie all'isolamento e alla minore competitività locale di altre specie più forti, come il faggio (Fagus sylvatica). La maggior parte degli esemplari sopravvissuti cresce stentatamente su pendio sassoso e probabilmente si sono sottratti al taglio proprio per le loro modeste dimensioni. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, protetti da Faggi, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli. Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti. Il nome della specie può indurre in errore sulla sua origine. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni è corretto chiamarlo Abete delle Madonie. L’abete predilige l’esposizione a nord ed ha una crescita molto lenta, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci, da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami. Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando lasciano disperdere i semi. A seguito di discutibili piani di rimboschimento, sono stati introdotte varietà di abete il cui polline potrebbe ibridare i semi della specie endemica. Per evitare l’ibridazione attualmente gli stroboli del Nebrodensis vengono isolati in apposite buste ed è stato programmato l’abbattimento delle specie di abeti alloctone. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.

PictographFountain Altitude 4,950 ft

Sorgente

Sorgente

PictographIntersection Altitude 5,372 ft

Bivio

Bivio

PictographTree Altitude 5,317 ft
Photo ofAbies Nebrodensis Photo ofAbies Nebrodensis

Abies Nebrodensis

Per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Avvalora tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti. Un tempo endemico delle montagne della catena settentrionale sicula, l'Abete nebrodensis dal 1900 era stato considerato estinto. Fu riscoperto, nel 1957, nel Vallone Madonna degli Angeli (comune di Polizzi Generosa) sulle Madonie, dove ne sono rimasti circa una trentina di esemplari, sopravvissuti, forse, grazie all'isolamento e alla minore competitività locale di altre specie più forti, come il faggio (Fagus sylvatica). La maggior parte degli esemplari sopravvissuti cresce stentatamente su pendio sassoso e probabilmente si sono sottratti al taglio proprio per le loro modeste dimensioni. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, protetti da Faggi, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli. Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti. Il nome della specie può indurre in errore sulla sua origine. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni è corretto chiamarlo Abete delle Madonie. L’abete predilige l’esposizione a nord ed ha una crescita molto lenta, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci, da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami. Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando lasciano disperdere i semi. A seguito di discutibili piani di rimboschimento, sono stati introdotte varietà di abete il cui polline potrebbe ibridare i semi della specie endemica. Per evitare l’ibridazione attualmente gli stroboli del Nebrodensis vengono isolati in apposite buste ed è stato programmato l’abbattimento delle specie di abeti alloctone. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.

PictographTree Altitude 5,177 ft
Photo ofAbies Nebrodensis

Abies Nebrodensis

Per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’Abete Bianco (Abies Alba), in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Avvalora tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti. Un tempo endemico delle montagne della catena settentrionale sicula, l'Abete nebrodensis dal 1900 era stato considerato estinto. Fu riscoperto, nel 1957, nel Vallone Madonna degli Angeli (comune di Polizzi Generosa) sulle Madonie, dove ne sono rimasti circa una trentina di esemplari, sopravvissuti, forse, grazie all'isolamento e alla minore competitività locale di altre specie più forti, come il faggio (Fagus sylvatica). La maggior parte degli esemplari sopravvissuti cresce stentatamente su pendio sassoso e probabilmente si sono sottratti al taglio proprio per le loro modeste dimensioni. I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, protetti da Faggi, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli. Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti. Il nome della specie può indurre in errore sulla sua origine. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni è corretto chiamarlo Abete delle Madonie. L’abete predilige l’esposizione a nord ed ha una crescita molto lenta, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci, da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami. Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando lasciano disperdere i semi. A seguito di discutibili piani di rimboschimento, sono stati introdotte varietà di abete il cui polline potrebbe ibridare i semi della specie endemica. Per evitare l’ibridazione attualmente gli stroboli del Nebrodensis vengono isolati in apposite buste ed è stato programmato l’abbattimento delle specie di abeti alloctone. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate. Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.

PictographIntersection Altitude 5,110 ft
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Bivio

Bivio

PictographMountain pass Altitude 5,429 ft

Valico Piano Iola

Valico Piano Iola

PictographFountain Altitude 5,339 ft
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Fontana

Fontana

PictographMountain hut Altitude 5,312 ft

Rifugio

Rifugio

PictographWaypoint Altitude 5,219 ft
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Sculture

Sculture

PictographTree Altitude 5,132 ft
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Leccio

Leccio

PictographTree Altitude 5,069 ft
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Faggio

Faggio

Comments  (2)

  • Photo of Graziella e Vincenzo
    Graziella e Vincenzo Aug 15, 2022

    I have followed this trail  View more

    Sentiero veramente bello, informazioni dettagliate, i paesaggi sono bellissimi così come la storia di questi abeti.

  • Photo of MariJ.Soria
    MariJ.Soria Apr 30, 2024

    Muy bien explicada, muy bonita la excursión sobre todo por el valor que tiene poder ver los esplendidos ejemplares de Abies nebrodensis. Muchas gracias y un saludo.

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