Madonie: Neviera Fossa della Principessa
near Vivaio Piano Noce, Sicilia (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Partenza/arrivo Battaglietta N 37°52’46,90”- E 14°01’42,96”
Lunghezza km 5,90
Guadagno/perdita mt 619/-619
Pendenza media 13,5%/-13,5%
Pendenza max 38,8%/-38,8%
Elevazione min/max mt 1625/1887
Tipo di suolo sentiero, impegnativo su pietraia km 2,10-2,65
Livello difficoltà Difficile (EE)
Le alture delle Madonie sono conosciute per la Geologia, ben presente con il carsismo delle alture centrali, e la Biodiversità, che si può ancora apprezzare anche se sono bene evidenti le tracce del continuo dissidio uomo natura.
Le attività produttive dell’uomo in montagna hanno invece subito, nel corso dell’ultimo secolo, radicali cambiamenti. Permangono il pascolo di bovini e ovini ed i prelievi per legnatico, quest’ultimo con finalità molto diverse rispetto al passato. Si è perso infatti l’antico mestiere del carbonaio, che trasformava la legna in carbone vegetale per gli usi domestici delle popolazioni locali, sostituito dall’inquietante prelievo incontrollato per la produzione di energia elettrica attraverso combustione.
Una nuova attività produttiva è la caccia di frodo, resa possibile dalla diffusione incontrollata dei cinghiali.
Resta infine solo la memoria di una antica e particolare attività produttiva, la produzione di ghiaccio dalle neviere.
Peppino Intravartolo, vecchio carbonaio e nivaloru che, dopo anni di lontananza per lavoro a Torino, al ritorno nella sua Polizzi Generosa, volle rivivere le emozioni che le sue montagne gli avevano dato in gioventù con il suo vecchio lavoro. A distanza di decenni rivide i luoghi dei suoi ricordi e volle condividere con gli amici quelle tradizioni che il tempo cominciava a cancellare. Iniziò a guidare gruppi di amici ed appassionati lungo gli antichi percorsi montani ed a trasmettere loro le sue conoscenze degli antichi mestieri. In una di queste escursioni volle sorprendere un gruppo di ragazzi, portandoli a trovare la neve in piena estate e preparare la granita di limone utilizzando un semplice pentolino.
Da allora diventò consuetudine, ogni anno, organizzare una escursione estiva per raggiungere la neviera naturale di Fossa della Principessa dove preparare e gustare la granita. La neviera si trova sul versante NE dell’omonimo Pizzo ed è la più capiente e profonda di un gruppo di 5 neviere naturali. Per l’elevata altitudine (1850 mt slm) e per la protezione dall’insolazione dalla faggeta, la neviera di Fossa della Principessa riesce a conservare uno spesso strato nevoso sino ai mesi estivi.
Nel 1999, per dare risalto a quell'antico mestiere, il CAI di Polizzi Generosa, di cui lo stesso Peppino era socio, trasformò l'ormai consueta escursione al nevaio di Piano Principessa in ‘Festa della Neve’, evento che si ripete ogni anno, con una folta partecipazione, la terza domenica di luglio.
L’impiego del ghiaccio per il raffreddamento di cibi o per usi medici, ottenuto attraverso il compattamento della neve, era noto già dal XV secolo. Il suo uso era comunque contenuto.
Una importante scoperta del XVII secolo trasformò in maniera radicale l’impiego del ghiaccio naturale, che iniziò così ad essere utilizzato per “ghiacciare” anziché “raffreddare”. Nel 1626 Santorio Santorio, medico fisiologo, narra di essere stato in grado di congelare del vino usando una miscela di ghiaccio e sale comune. Era stata scoperta la miscela eutettica, una miscela di sostanze il cui punto di fusione è più basso di quello delle singole sostanze che la compongono. La miscela di tre parti di ghiaccio tritato finemente ed una di sale da cucina, comincia a fondersi abbassando la temperatura della miscela liquida fino a -21°. La fusione è un processo endotermico, cioè richiede calore dall'ambiente circostante, condizione ideale per raffreddare un pozzetto contenente un preparato da ghiacciare.
Questa scoperta si diffuse rapidamente e dal XVII secolo si diffusero prepotentemente “granite e sorbetti“, con ingredienti esclusivamente frutto della natura isolana: la neve delle alture ed il sale delle saline per congelare, il limone che offriva il suo succo rinfrescante nei mesi estivi e la canna da zucchero per addolcire.
Nei salotti della nobiltà e dell’alta borghesia della Sicilia tra il ‘700 e ‘800 divenne costume comune, soprattutto nella stagione estiva, offrire ai propri ospiti “granite e sorbetti“. La richiesta di ghiaccio da parte degli abitanti di paesi e città, avidi di soddisfare i palati arsi dalla calura estiva siciliana, crebbe progressivamente.
La crescente richiesta di ghiaccio naturale fu resa possibile per le particolari condizione climatiche di quel periodo. La “piccola era glaciale” è un periodo della storia climatica della Terra che va dalla metà del XIV alla metà del XIX secolo in cui si registrò un brusco abbassamento della temperatura media terrestre. Dal 1300 infatti si assistette ad un graduale avanzamento dei ghiacciai che nel periodo precedente si erano ritirati molto o erano scomparsi, e si ebbe anche la formazione di nuovi. Tali ghiacciai arrivarono al culmine della loro estensione intorno al 1850, quando le temperature ripresero ad aumentare, comportando la riduzione dell'estensione delle superfici ghiacciate. Il prolungato innevamento delle alture siciliane in questo periodo rese abbondantemente disponibile la materia prima necessaria per la produzione del ghiaccio.
Si formarono così delle vere e proprie imprese commerciali, che si occupavano sia della produzione, che del trasporto e consegna del “ghiaccio naturale”. La raccolta della neve e la sua trasformazione in ghiaccio, per mezzo delle Neviere e dei Nevaioli, fu una diffusa attività lavorativa che impiegò per secoli le maestranze dei paesi montani.
Le “Neviere” erano depressioni naturali o adattate in cui si accumulava la neve. Lo storico Luigi Romana ne ha censito oltre cento nelle sole Madonie, ambiente ideale con le sue alture fino a quasi 2000 mt slm.
Sulle Madonie, dopo le nevicate, squadre composte da centinaia di nevaioli salivano in montagna per raccogliere la neve con ceste di vimini e depositarla nelle Neviere, dove veniva "ammataffata" (compressa con la mataffa=mazzeranghe attrezzo in legno che per battitura compattava il terreno o la neve) e trasformata in strati di ghiaccio, separati da uno strato di paglia. Ogni paio di settimane i nevaioli controllavano e ricostituivano la protezione termica della neviera, costituita da materiale arbustivo e erbaceo reperibile in zona.
Con l'arrivo dell'estate il ghiaccio veniva tagliato in blocchi da 50-60 kg, isolato termicamente all’interno di sacchi di iuta, caricato sui muli (2 sacchi per mulo) e trasportato nelle ore notturne fino alla spiaggia di Buonfornello, dove veniva imbarcato nei velieri verso il porto di Palermo, da dove con i carretti veniva trasportato ai magazzini dello Spasimo, per la distribuzione in città.
La diffusione della produzione del ghiaccio industriale del secondo dopoguerra e l’aumento delle temperature, con la conseguente riduzione della copertura nevosa, fecero spegnere la fiorente attività della produzione del ghiaccio in Neviera.
La meta di questa escursione, svoltasi a metà giugno, è stata proprio la neviera di Fossa della Principessa che per le particolari condizioni ambientali, altitudine, profondità della neviera, faggeta che protegge lo strato nevoso dall’insolazione, riesce ad accumulare naturalmente un notevole strato di neve che riesce così a mantenersi sino ai mesi estivi.
L’escursione si sviluppa sulla parte sommitale del monte Carbonara, sul versante NE di Pizzo della Principessa.
Il percorso inizia dall’ampio parcheggio della Battaglietta, percorrendo il margine dell’omonima dolina, la più grande, insieme a Piano Battaglia, delle Madonie.
Al km 0,4 alla destra del sentiero, si può osservare un interessante fossile testimonianza della barriera corallina dell’era secondaria.
Dal km 0,7 il percorso sale in leggera ascesa. In questa zona, nel mese di giugno, si incontra la fioritura della Stregonia o Tè di montagna (2).
Al km 1,1 bel panorama verso la dolina della Battaglietta.
Al bivio di km 1,3 si prosegue a destra verso la dolina Zottafonda, a sinistra si sale verso Pizzo Carbonara.
La fascia tra i 1600 e 1800 mt nel mese di giugno si è vestita, fino ad un recente passato, della vistosa fioritura gialla del Basilisco (2). L’elevata presenza dei Daini, che brucano gli scapi fiorali del Basilisco, non ha consentito la fioritura, compromettendo la riproduzione di questa specie che è adesso a rischio di estinzione.
Al km 1,50 dolina Zottafonda. Sul fondo della dolina vistose fioriture di Peverina Tomentosa e Euphorbia myrsinites.
Superata la dolina si attraversano tratti di folta faggeta.
Al km 1,9 panorama su Mufara e Quacella.
Al km 2,03 splendido esemplare centenario di Biancospino.
Dal km 2,15 il sentiero, contrassegnato da punti di vernice rossa, diventa impegnativo perché il fondo è pietroso.
Al km 2,34 panorama su Pizzo S. Stefano.
Al km 2,55 panorama Geraci Siculo ed Etna.
Al km 2,66 panorama monte Ferro.
Al km 2,77 dolina.
Al km 2,88 omino indicatore.
Al km 2,97 si raggiunge la neviera di Fossa della Principessa, che quest’anno ha mantenuto uno spessore di 4-5 metri di neve. In neviera abbiamo voluto provare l’antica preparazione della granita di limone con la tecnica della miscela eutettica. In prossimità della neviera si può notare un antico “sculaturi”, utilizzato dai nevaioli nei mesi estivi per recuperare acqua dalla neve disciolta.
Percorso di ritorno sullo spesso tracciato. Per aggiungere alla meta della neviera anche quella dei panorami, si consiglia di fare l’escursione in giornata con condizioni meteo con buona visibilità.
1) Tè di montagna
La Sideritis syriaca è conosciuta in Italia come Stregonia siciliana, piccolo cespuglio che cresce spontaneo su suoli rocciosi, a quote superiori ai 1.000 metri slm. Alto circa 40 cm, ha foglie oblanceolate-spatolate e fiori gialli che compaiono tra maggio e luglio.
Viene chiamata dai pastori "erba di muntagna" e ricopre i pascoli sul suolo calcareo del Carbonara.
Già nel I sec. d.C il medico greco Dioscoride attribuiva a questo genere di pianta una funzione emostatica utile per curare ferite da armi di ferro; non a caso l’etimologia greca del nome Sideritis significa proprio “ferro”. Proprio per le sue capacità emostatiche, i pastori delle Madonie avevano l’abitudine di portarne sempre qualche foglia.
Detta anche tè del pastore (i pastori greci usavano farne una tisana durante il pascolo delle greggi in alta montagna), in Grecia ha acquisito tanti nomi diversi a seconda del luogo di origine. A Creta, ad esempio, durante il dominio veneziano è stata ribattezzata “Malotira”, parola di derivazione italiana col significato di “tirar via i mali”, in riferimento alle sue citate virtù benefiche sulla salute umana.
I rami fioriti e le foglie sono raccolti durante la fioritura tra giugno e luglio, lasciati essiccare a mazzetti e utilizzati per preparare una tisana molto gradevole, dall’aroma leggermente floreale, dal colore giallo-oro e un sapore che ricorda vagamente la camomilla e la liquirizia. Senza caffeina, è adatta a tutti e, grazie alle sue proprietà antiinfiammatorie e antibatteriche, è utilissima per alleviare mal di gola, raffreddori, sinusiti e disturbi digestivi. Inoltre svolge un effetto rilassante e ansiolitico facilitando il sonno.
2) Basilisco - Cachrys ferulacea
La notevole diffusione di Cinghiali e Daini, introdotti nelle Madonie negli ultimi decenni, in assenza di specie antagoniste, sta gravemente danneggiando l’ambiente.
Con il termine Basilisco si indica in genere un fungo, il Pleurotus nebrodensis che cresce nel mese di maggio sui pendii più alti delle Madonie. Il fungo è saprofita dei resti della Cachrys ferulacea (ombrellifera anch'essa detta Basilisco) dalla quale trae il nome e la particolare e rara essenza che rende pregiata la sua polpa bianca e soda.
Il Basilisco pianta forma delle spettacolari praterie verdi sulle alture delle Madonie, che si trasformano in un vistoso tappeto giallo nella prima quindicina del mese di giugno. Purtroppo la pianta è un foraggio ricercato dai Daini, che negli ultimi anni stanno proliferando in maniera incontrollata sulle Madonie. Quest'anno, siamo nel 2020, le praterie di Basilisco non hanno fiorito, perché i Daini hanno brucato sistematicamente tutti i germogli con gli scapi floreali.
La Cachrys ferulacea è una specie erbacea perenne, cioè con un ciclo di vita superiore ai due anni. La pianta, per qualche anno, riesce a rivegetare attraverso le radici ed il rizoma carnoso, che si mantengono vivi nel periodo di riposo invernale. Ma proprio perché questo sistema di vegetazione è a termine, il Basilisco fiorisce abbondantemente ogni anno, producendo numerosi semi che gli consentiranno comunque di riprodursi. In assenza della riproduzione per seme le praterie di Basilisco sono destinate a scomparire nell'arco di qualche anno.
Waypoints
Battaglietta P/A
Parcheggio della Battaglietta N 37°52’46,90”- E 14°01’42,96”
Corallo fossile
I fossili che si incontrano facilmente nelle rocce delle Madonie sono testimonianza dei paesaggi oceanici con grandi barriere coralline dell'era secondaria (200-150 milioni di anni fa), poi coperti nel Terziario durante l'avvicinamento tra Africa ed Europa, da sedimenti di varia natura.
Inghiottitoio Battaglietta
Inghiottitoio della Battaglietta L'inghiottitoio della Battaglietta costituisce una piccola grotta che si apre alla base del versante settentrionale di Monte Spina Puci (1.596 m s.l.m.), nella parte sud-orientale della depressione della Battaglietta. In base alle esplorazioni fino ad oggi condotte, la cavità ha uno sviluppo complessivo di circa 80-100 m ed una profondità di quasi 30 m, terminando con un sifone intasato dal fango. La grotta è caratterizzata da strette e basse gallerie che raramente superano il metro, sia in larghezza che in altezza, in cui si notano le evidenze morfologiche di un abbondante scorrimento idrico attuale, a causa del quale peraltro sono assenti forme di concrezionamento (stalattiti, stalagmiti, ecc.). L'inghiottitoio, oltre a costituire l'ingresso della grotta, rappresenta infatti anche il punto attraverso cui le acque meteoriche e di fusione nivale, drenate dalla depressione della Battaglietta, vengono convogliate nel sottosuolo. Per questo motivo stagionalmente i passaggi più interni vengono ostruiti dal materiale argilloso che vi confluisce, rendendo difficoltose le campagne di esplorazione condotte annualmente da gruppi di speleologi. La visita della grotta è consigliata solo a speleologi esperti e provvisti dell'adeguata attrezzatura.
Sideritis syriaca
Il tè di montagna La Sideritis syriaca è conosciuta in Italia come Stregonia siciliana, piccolo cespuglio che cresce spontaneo su suoli rocciosi, a quote superiori ai 1.000 metri slm. Alto circa 40 cm, ha foglie oblanceolate-spatolate e fiori gialli che compaiono tra maggio e luglio. Viene chiamata dai pastori "erba di muntagna" e ricopre i pascoli sul suolo calcareo del Carbonara. Già nel I sec. d.C il medico greco Dioscoride attribuiva a questo genere di pianta una funzione emostatica utile per curare ferite da armi di ferro; non a caso l’etimologia greca del nome Sideritis significa proprio “ferro”. Proprio per le sue capacità emostatiche, i pastori delle Madonie avevano l’abitudine di portarne sempre qualche foglia con se. Detta anche tè del pastore (i pastori greci usavano farne una tisana durante il pascolo delle greggi in alta montagna), in Grecia ha acquisito tanti nomi diversi a seconda del luogo di origine. A Creta, ad esempio, durante il dominio veneziano è stata ribattezzata “Malotira”, parola di derivazione italiana col significato di “tirar via i mali”, in riferimento alle sue citate virtù benefiche sulla salute umana. I rami fioriti e le foglie sono raccolti durante la fioritura tra giugno e luglio, lasciati essiccare a mazzetti e utilizzati per preparare una tisana molto gradevole. Dall’aroma leggermente floreale, il liquore si caratterizza per un bel colore giallo-oro e un sapore che ricorda vagamente la camomilla e la liquirizia. Senza caffeina, è adatta a tutti e, grazie alle sue proprietà antiinfiammatorie e antibatteriche, è utilissima per alleviare mal di gola, raffreddori, sinusiti e disturbi digestivi. Inoltre svolge un effetto rilassante e ansiolitico facilitando il sonno. Il tè montagna si prepara mettendo in un pentolino una manciata di foglie, fiori e rametti e aggiungendo circa 300 ml d’acqua. Portare a ebollizione e lasciare sobbollire per 3-5 minuti a seconda dell’intensità di gusto desiderata. Spegnere il fuoco e filtrare il decotto. Si può aggiungere miele e/o del limone. In estate il tè di montagna è ottimo bevuto freddo.
Basilisco
Basilisco - Cachrys ferulacea La notevole diffusione di Cinghiali e Daini, introdotti nelle Madonie negli ultimi decenni, in assenza di specie antagoniste, sta gravemente danneggiando l’ambiente. Con il termine Basilisco si indica in genere un fungo, il Pleurotus nebrodensis che cresce nel mese di maggio sui pendii più alti delle Madonie. Il fungo è saprofita dei resti della Cachrys ferulacea (ombrellifera anch'essa detta Basilisco) dalla quale trae il nome e la particolare e rara essenza che rende pregiata la sua polpa bianca e soda. Il Basilisco pianta forma delle spettacolari praterie verdi sulle alture delle Madonie, che si trasformano in un vistoso tappeto giallo nella prima quindicina del mese di giugno. Purtroppo la pianta è un foraggio ricercato dai Daini, che negli ultimi anni stanno proliferando in maniera incontrollata sulle Madonie. Quest'anno, siamo nel 2020, le praterie di Basilisco non hanno fiorito, perché i Daini hanno brucato sistematicamente tutti i germogli con gli scapi floreali. La Cachrys ferulacea è una specie erbacea perenne, cioè con un ciclo di vita superiore ai due anni. La pianta, per qualche anno, riesce a rivegetare attraverso le radici ed il rizoma carnoso, che si mantengono vivi nel periodo di riposo invernale. Ma proprio perché questo sistema di vegetazione è a termine, il Basilisco fiorisce abbondantemente ogni anno, producendo numerosi semi che gli consentiranno comunque di riprodursi. In assenza della riproduzione per seme le praterie di Basilisco sono destinate a scomparire nell'arco di qualche anno.
Bivio
Al bivio di km 1,3 si prosegue a destra verso la dolina Zottafonda, a sinistra si sale verso Pizzo Carbonara.
Pizzo Ferro
Pizzo Ferro
Pizzo della Principessa
Pizzo della Principessa
Pizzo Carbonara
Pizzo Carbonara
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