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L-ELBA,1tp-Cavo-Rio Marina

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Trail stats

Distance
10.43 mi
Elevation gain
2,497 ft
Technical difficulty
Easy
Elevation loss
2,477 ft
Max elevation
1,138 ft
TrailRank 
40
Min elevation
10 ft
Trail type
One Way
Time
one hour 40 minutes
Coordinates
764
Uploaded
March 14, 2020
Recorded
January 2010
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near Cavo, Toscana (Italia)

Viewed 1185 times, downloaded 17 times

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Itinerary description

Premessa: La Grande Traversata Elbana o GTE rappresenta l’itinerario più significativo della rete escursionistica dell’Isola d’Elba. Si tratta di una dorsale che collega la maggior parte dei sentieri elbani, permettendo di osservare l’incredibile varietà geologica, vegetazionale e morfologica dell’isola. Il tracciato può essere facilmente percorso a tappe, in quanto si collega per tutta la sua estensione con rapide vie di raccordo con i centri abitati, nei quali si può pernottare o usufruire di mezzi pubblici per ritornare al luogo di soggiorno.
La GTE parte dal centro abitato di Cavo e, seguendo il crinale, si dirige ad Ovest, a monte del paese di Porto Azzurro; prosegue nell’entroterra fino ad inerpicarsi sul Monte Perone. Successivamente, giunge nei pressi del Monte Capanne, ove si biforca in due rami. Di questi: uno si dirige a sud e raggiunge il paese di Pomonte seguendo il crinale che divide la valle omonima da Vallebuia, l’altro invece abbraccia il Monte Capanne tagliando in costa il versante settentrionale e termina sulla strada provinciale, in Loc. Patresi Mortaio.
Il primo tratto in comune della GTE, cioè dal Cavo alla biforcazione, nei pressi del Passo delle Filicaie, ha una lunghezza di circa 42 km e un tempo di percorrenza di circa 15 ore. In alcuni tratti i dislivelli sono impegnativi, perciò, per non rendere le giornate di cammino eccessivamente lunghe e faticose, la cosa migliore sarebbe dividere l’escursione in 4 parti, con deviazioni verso Porto Azzurro, Procchio e Poggio, dove trascorrere la notte (lungo l’itinerario è vietato il campeggio).

Nei pressi della partenza, dal centro abitato di Cavo (Frazione del comune di Rio) si incontra subito una deviazione per visitare il Mausoleo Tonietti. La via sale poi fino a Monte Grosso (344 mslm), ove era posizionata una postazione di osservazione militare, dalla quale si gode di un panorama strepitoso. Successivamente si scende fino a lambire la strada provinciale n. 33 della Parata, fiancheggiando il fosso del Vignolo in un piacevole saliscendi ombreggiato, si attraversa la Valle delle Fiche e si giunge poi in località Aia di Cacio dove il sentiero incrocia la strada che conduce a Nisporto e Nisportino. In pochi minuti si raggiungere, seguendo il sentiero 203, l’Orto dei Semplici presso l’eremo di Santa Caterina. Lasciamo il percorso del GTE e ci dirigiamo verso i ruderi della Torre del Giove per poi, ritornando per un breve tratto sui nostri passi, proseguire in direzione del Parco minerario e raggiungere Rio Marina dove faremo tappa per la notte.

Waypoints

PictographWaypoint Altitude 20 ft

l Cavo-porto

Cavo è una piacevole località balneare posta sulla costa nord orientale dell'Elba. Sul finire dell'Ottocento vi fu costruita la grande villa Tonietti, detta anche il Castello. L'imponente edificio dallo stile eclettico fungeva anche da simbolo della potenza e solidità economica della famiglia che gestiva le miniere locali. Dal cuore del paesino percorriamo il Lungomare Kennedy: il panorama marino è incantevole e movimentato dagli isolotti di Palmaiola e Cerboli. Oltrepassati i promontori di Capo Scandelli e Capo Castello ci appare la bella spiaggia di Frugoso ed il piccolo isolotto dei Topi. Stiamo percorrendo l'inizio della GTE, la Grande Traversata Elbana, un itinerario che costituisce la spina dorsale dell'Elba attraversandola da un capo all'altro.

PictographWaypoint Altitude 873 ft

l Eremo di Santa Caterina

Le mura che oggi formano l'Eremo di Santa Caterina risalgono al 1624, ma è evidente che chiesa, romitorio e hortus conclusus dell'eremo, sono fatti di pietre rimaneggiate per almeno 1500 anni e antecedenti l'arrivo del primo eremita. L'attuale costruzione fu infatti eretta sopra un piccolo tempio più antico e piccolo, la cui abside era orientata verso il monte. La facciata presenta un timpano interrotto all’apice e due finestrelle mentre l’interno è costituito da una navata che culmina in un altare fiancheggiato da colonne in pietra scura provenienti da cave locali. La chiesa è sormontata da un basso campanile a forma di piramide. Secondo la tradizione l’eremo è stato ampliato e imbellito in seguito ad una apparizione di Santa Caterina che bellissima e bianco-vestita, sarebbe apparsa in un pomeriggio di primavera a un pastorello chiedendo di festeggiare questa visione ogni Lunedì di Pasqua. Ogni anno infatti, il lunedì di Pasquetta, i riesi si recano all’Eremo per celebrare la festa della sportella, dolce tradizionale le cui origini sembrano risalire ad un rito pagano legato alla primavera e alla fertilità. In seguito alle manifestazioni miracolose e gli interventi di rifacimento della struttura, l'eremo divenne luogo di pellegrinaggio per tutta l'Elba. Qui i marinai erano soliti portare i loro ex-voto per ringraziare la Santa dei pericoli scampati in mare. C'era inoltre l'usanza degli uomini di mare riesi di rendere omaggio alla chiesa quando si allontanavano dalla costa, salutandola col cappello in mano e la bandiera al picco. Curiosità: Molte leggende sono collegate alla bella immagine dello Sposalizio Mistico di S. Caterina, commissionato e donato dalla famiglia Appiani e che una volta ornava l’altare della chiesa. Si narra che il committente riteneva che il pittore avesse dipinto la Santa con un collo troppo lungo, ma costui si rifiutava di ritoccare la pittura. Solamente le fervide preghiere di un’intera notte riuscirono a riportare il collo a proporzioni normali. L'ultimo custode visse al santuario fino al 1858, da allora la chiesa fu completamente abbandonata e cadde in rovina, subendo anche tre furti clamorosi: il grande quadro di Santa Caterina, lo stemma e un stranissima maschera di marmo usata per le offerte. Dalla geniale intuizione del fotografo e scrittore tedesco Hans Georg Berger, che riscoprì questo luogo più di trent‘anni fa in uno stato di totale abbandono, oggi l'Eremo di Santa Caterina è tornato ad essere crocevia di saperi e pensieri: un centro attivo per la creazione artistica e scientifica, spesso sede di mostre d'arte e fotografia. Dagli anni '90 l'Eremo di Santa Caterina è sede dell'Orto dei Semplici e di un campo catalogo, nati per promuovere ricerche e iniziative sulla flora naturale e coltivata dell'Isola d'Elba e delle isole toscane al fine di tutelarne la diversità ed evidenziarne gli usi botanici.

PictographWaypoint Altitude 991 ft

l Fonte d'acqua Viviola

fonte dell'acqua vivola

PictographMountain hut Altitude 6 ft

l Hotel Maristella

Maristella Lungomare John Fitzgerald Kennedy 4 Cavo, Toscana, 57038, Italia +(39)-(0565)-949859

PictographWaypoint Altitude 449 ft

l info

Successivamente si scende fino a lambire la strada provinciale n. 33 della Parata, ancheggiando il fosso del Vignolo in un piacevole saliscendi ombreggiato, si attraversa la Valle delle Fiche e si giunge poi in località Aia di Cacio dove il sentiero incrocia la strada che conduce a Nisporto e Nisportino. In pochi minuti si può anche raggiungere, seguendo il sentiero 203, l’Orto dei Semplici presso l’eremo di Santa Caterina. da qui si inizia la discesa verso Rio Marina possibilmente passando da Parco Minerario.

PictographWaypoint Altitude 151 ft

l Ingresso Parco minerario

bivio per ingresso/trenino

PictographWaypoint Altitude 367 ft

l Mausoleo Tonietti

Il Mausoleo Tonietti si trova a Cavo, sul monte Lentisco in una posizione isolata e panoramica. Fu progettato intorno al 1900 dall'architetto fiorentino Adolfo Coppedè per la famiglia Tonietti. La costruzione fu voluta da Ugo Ubaldo Tonietti, figlio di Giuseppe, che nel 1888 aveva ricevuto l'appalto per la gestione delle miniere dell'Isola d'Elba e a cui era subentrato in seguito alla morte del padre. La direzione delle miniere era affidata invece a Pilade del Buono. All'epoca la società fondata da Tonietti e del Buono non solo era stata creata per gestire il minerale isolano, ma puntava alla costruzione di un'industria siderurgica all'Isola d'Elba. Il 29 luglio, aggiudicandosi anche l'appalto del 1897, Ugo Ubaldo fondò con il socio “L'Elba società anonima di miniere e altiforni”. È in questo periodo di ascesa che Tonietti volle far costruire il Mausoleo in ricordo del padre Giuseppe e come tomba di famiglia privata. Il mausoleo non sarà mai destinato a luogo di sepoltura della famiglia, in quanto non gli è mai stata assegnata la concessione cimiteriale. Il Mausoleo è un'imponente torrione a pianta quadrata slanciato in verticale, preceduto da una scalinata marmorea. Questa sua particolare struttura suggerisce un richiamo al mondo navale, in particolare alla forma di un faro. Realizzando questo monumento Coppedè fece valere non solo la sua esperienza di architetto, ma anche di decoratore. Ed è soprattutto dall'esterno che si apprezzano queste decorazioni in stile liberty. All'ingresso del Mausoleo, sopra la scritta “Famiglia Tonietti” è raffigurata una civetta intenta a spiccare il volo ad ali spiegate. Al lati dell'ingresso, a guardia della porta e del vecchio cancello in ferro battuto, vi è un doppio ordine di colonne arricchite da teste di leone. Motivi decorativi di ispirazione romano-imperiale sono le grandi prue rosastre messe sui due prospetti laterali e le minacciose protome sulle cantonate del primo piano. Il secondo piano è caratterizzato da un largo inserto marmoreo su cui sono ritagliati gli oblò per l'illuminazione dell'interno, originariamente chiusi da vetrate colorate, e su cui sono posti stemmi con simboli marinari. Culminante la struttura è una coppa a ricalcare, come detto in precedenza, la forma di un'antica lanterna di un faro. L'ambiente purtroppo è abbastanza compromesso e devastato da graffiti e scritte. All'interno più nulla è rimasto della configurazione originaria. In cattivo stato risulta anche la scaletta a chiocciola in ghisa elevata fino alla terrazza superiore. Salendo al primo piano pare di trovarsi in una torretta di avvistamento, dai 4 oblò infatti si ha un bel colpo d'occhio sul panorama circostante: la costa tirrenica e l'isola dei topi. Per accedere all'ultimo terrazzo si utilizzava un'ardita scala a chiocciola in ferro battuto ormai pericolante.

PictographSummit Altitude 1,112 ft

l Monte Grosso

Monte Grosso (344 mslm), ove era posizionata una postazione di osservazione militare, dalla quale si gode di un panorama strepitoso Il semaforo di Montegrosso[1] è un semaforo marittimo dismesso dell'isola d'Elba situato presso l'omonimo promontorio che si eleva all'estremità settentrionale dell'isola, nel territorio comunale di Rio, tra le acque del mar Ligure sud-orientale e il canale di Piombino. Il semaforo, già attestato nel Catasto leopoldino del 1842, venne attivato dalla Regia Marina per monitorare il traffico marittimo nel tratto tra il mar Ligure e il canale di Piombino, in prossimità della costa settentrionale e di quella orientale dell'isola d'Elba, oltre che per l'illuminazione notturna dell'estremità nord-orientale dell'isola ai natanti in transito nei medesimi tratti marini. Nel 1917 venne attivato anche un osservatorio meteorologico che ha registrato i dati fino al 1960[2], anno in cui venne probabilmente decisa la definitiva dismissione dell'infrastruttura, che nel corso della seconda metà del Novecento non risultava più operativa. Nel corso della seconda guerra mondiale l'infrastruttura venne adibita a punto di avvistamento contraereo. Del complesso si è conservato il fabbricato principale in muratura, con conci di pietra angolari, che è rimasto oramai privo del tetto di copertura sommitale e di porte e finestre, oltre a due edifici secondari situati nelle sue vicinanze, uno dei quali ospitava le abitazioni degli addetti della Marina Militare che vi prestavano servizio e l'altro adibito a deposito. Il fabbricato principale, disposto su due livelli, è costituito da due corpi di fabbrica addossati tra loro, quello principale a pianta rettangolare ed un altro a sezione semicircolare addossato sul lato settentrionale di cui si conserva un unico livello. La facciata principale del complesso è rivolta a sud e presenta i resti del portone d'ingresso sovrastato da un arco tondo, che si apre nella parte centrale; sulla medesima facciata si aprono tre finestre, due rettangolari che affiancano il portone d'ingresso su ciascuno dei due lati ed una quadrata che si apre al centro della parte superiore del fronte meridionale. Altre finestre rettangolari si aprono lungo le pareti laterali e lungo la facciata posteriore del complesso a forma semicircolare.

PictographWaypoint Altitude 70 ft

l Rio Marina

Il paese di Rio Marina si trova nel versante orientale dell'isola d’Elba, dolcemente incastonata in una piccola insenatura di mare contornata da colline la cui terra, rossa per l'ossido di ferro, ne testimonia il ricco passato minerario. In questa zona dell’isola, l'estrazione del ferro dalle miniere ha avuto luogo fin dai tempi degli antichi Etruschi ed è stata, insieme alla marineria, l'attività prevalente degli abitanti fino a qualche decennio fa. Attualmente il passato minerario di Rio Marina è tornato a essere un’attrattiva importante per il turismo isolano, tanto che il tratto di costa che va da Rio Marina a Cavo è stato denominato la “Costa che brilla”, in onore  a quel luccichio quasi onirico della polvere mineraria nera presente su alcune spiagge e che ne contraddistingue l’aspetto. Da ricordare sotto questo profilo i versi dell’Eneide di Virgilio, che decantavano la ricchezza mineraria dell’Elba: “Ast Ilva [...] Insula inexhaustis Chalybum generosa metallis […]”, ovvero “ma l’Elba […]un’isola ricca di miniere di ferro inesauribili” (Eneide, libro 10, versi 146-214). Oggi Rio Marina è una località balneare attrezzata per le esigenze del turismo. Il suo Comune si è costituito nel 1882, distaccandosi da Rio nell'Elba e ottenendo una sua indipendenza. Dal porto sono attivi efficienti collegamenti con la terraferma – in alternativa a Portoferraio – ed è presente anche il porto di Cavo per collegamenti con Portoferraio e Piombino. Molti sono i luoghi di particolare interesse storico e culturale che potrete scoprire a Rio Marina: fra questi la Chiesa di San Rocco, la cinquecentesca Torre dell’Orologio o Torre degli Appiani, il Forte del Giove o del Giogo. Ma una menzione particolare la merita senz’altro il Parco Minerario dell’isola d'Elba, con le sue straordinarie miniere a cielo aperto, e il Museo di minerali e di arte mineraria. Di notevole interesse storico è anche il Palazzo di Pons de l’Hérault – anche se attualmente inagibile – che prende il nome dal direttore delle miniere in epoca napoleonica, noto per essersi opposto alla richiesta dell’Imperatore di avere a disposizione la “cassa” delle miniere. Nel comune di Rio Marina si trova il paese di Cavo raggiungibile anche con un itinerario a piedi che permette di arrivare al sentiero con il suggestivo Mausoleo Tonietti. Altre località sono Capo d'Arco e Ortano. Anche l'isola di Palmaiola amministrativamente fa parte del territorio comunale di Rio Marina

PictographWaypoint Altitude 446 ft

l San Quirico/ingr.Parco Minerario

Parco Minerario dell'Isola d'Elba Tel. +39 0565 962088 Dal Museo mineralogico di Rio Marina è possibile effettuare una visita al Parco Minerario a cielo aperto di Rio Marina, la più antica miniera dell'Isola d'Elba (l'ingresso è possibile solo attraverso la visita guidata). Sono previste escursioni a piedi lungo i sentieri minerari o su un caratteristico trenino. Lungo il percorso le guide illustrano le diverse specie mineralogiche e le varie tecniche estrattive utilizzate all'interno della miniera. La miniera ha un grande valore scientifico e storico e, attraversando i suggestivi cantieri caratterizzati da paesaggi “lunari”, colori magici e resti di vecchi impianti di lavorazione, permette di scoprire un'area di enorme importanza paesaggistico e culturale. I minerali maggiormente rinvenuti nella miniera sono l'ematite e la oirite, ma sono stati recuperati anche altri minerali come il quarzo, l'elbaite, la goethite e marmi bianche e verdi. Escursioni guidate su prenotazione Le visite si effettuano tutti i giorni da aprile ad ottobre su prenotazione. Trekking Partendo dal Museo e percorrendo le strade un tempo utilizzate per il trasporto dei minerali estratti si attraversano i principali cantieri del Parco Minerario di Rio Marina, ognuno con le sue particolarità: Cantiere Bacino, Cantiere Valle Giove, Cantiere Falcacci, Cantiere Conche. Attività riservata a gruppi e scolaresche effettuata tutto l'anno su prenotazione. Prezzi comprensivo di visita al Museo:
Gruppi € 9,00 a persona (gratis per il capogruppo)
Scuole € 8,00 a studente (gratis per i docenti) Cercando i minerali Una piacevole escursione alla ricerca dei preziosi campioni di ematite e di pirite proprio sul luogo dove venivano estratti. Dopo una breve descrizione storica e geologica con l'aiuto delle guide è possibile improvvisarsi minatori per trovare campioni dei minerali da conservare e collezionare, come ricordo della visita alla miniera e della vacanza all'Isola d'Elba. Attività riservata a gruppi e scolaresche effettuata tutto l'anno su prenotazione telefonando con almeno tre giorni di anticipo.

PictographWaypoint Altitude 1,138 ft

l Torre del Giove

Si trova sulla vetta di una collina di 352 metri, dominante sulle miniere di ferro riesi. L'ambiente è ancora molto selvaggio: i fianchi dell'altura sono completamente coperti di un manto di leccete rigogliose, a parte il versante meridionale, sventrato dai gradoni degli scavi minerari. La vista dal forte è spettacolare su 360: un bellissimo colpo d'occhio si ha sul canale di Piombino, punteggiato dagli isolotti di Palmaiola e Cerboli, e sulla costa toscana, dal promontorio di Populonia a quello dell'Argentario. Inoltre la vista si spinge fino all'isola del Giglio, e copre una buona parte del versante orientale dell'Elba. Si raggiunge facilmente: dalla strada provinciale della Parata, che congiunge Rio nell'Elba a Cavo, si stacca un sentiero (segnalato in loco e sulle cartografie con il numero 59), che in meno di mezz'ora ciò porta ai piedi dei suoi bastioni. Il fondo del tracciato è buono, ampio e in leggera salita. Anche in estate offre poche difficoltà, perché completamente sotto un'alta vegetazione. L'accesso è libero e semplice, ma occorre avere il massimo rispetto delle strutture che vanno velocemente degradandosi in attesa di un impellente restauro. L'edificio Il castello è oggi fortemente diroccato per motivi che vedremo nel capitolo storico. Originariamente si presentava in forma rettangolare, con un torrione che poggiava su una base cinta da mura a scarpa. L'opera era completamente circondata da un fossato secco. Il torrione, o maschio, aveva mura con cordolo e base a scarpa, e l'ingresso si apriva a nord. Era formato da tre piani con soffitto a volta. Da un piano all'altro, scrive Coresi del Bruno, si andava per mezzo di certe piccole scale fabbricate vicino alle mura di dentro, e senza parapetto et assai strette, si crede fatte così ad arte. Il terrazzo scoperto della torre, forse protetto da una merlatura, serviva principalmente ad accendervi fuochi di segnalazione. In ogni piano si aprivano un numero variabile di finestre, ma sembra che il versante più vigilato fosse quello che guarda il mare e le miniere. Attualmente proprio il maschio la parte che ha subito i peggiori danni: di essa si eleva il solo muro orientale, per quanto fortemente pericolante, e parte della base. Un po' meglio è messa la cinta esterna: solo due spezzoni (angolo nord-ovest e lato sud) sono crollati. Essa si presenta con una muraglia a scarpa non altissima, il cui perimetro interno è protetto da una cortina in cui si aprono feritoie. Sul lato orientale si trova l'ingresso principale, salvatosi per miracolo dallo sfacelo circostante. Si tratta di un'apertura ad arco, di non grandi dimensioni, protetta dal ponte levatoio e guardata anch'essa da feritoie. Sull'altro lato del fossato è presente il basamento di appoggio del ponte levatoio.Fonti anche recenti ricordano che sopra l'ingresso era affisso lo stemma marmoreo degli Appiani, poi caduto nel fossato. Pare che sia stato rubato nel 1967. La storia: Le fonti erudite sette-ottocentesche danno credito all'esistenza di una struttura più antica di quella che vediamo oggi, pur mitizzando molto la sua origine (c' chi disse che quassù sorgesse un tempio dedicato appunto a Giove, chi un faro romano). Per quanto non peregrina l'ipotesi che vi potesse sorgere un luogo di controllo più antico (magari un oppida etrusco), attualmente tutto ciò rimane nel campo delle congetture. L'attuale forte ha un periodo di costruzione preciso: sotto il principato di Jacopo III Appiani. E' ormai opinione diffusa che l'anno di fondazione sia il 1459. Scrive Gianfranco Vanagolli: [Il forte], da annoverarsi tra gli esempi più illustri di architettura militare minore tardomedievale dell'intera Toscana per la sua solidità e per il rigore delle proporzioni, rifletteva la personalità di Jacopo III d'Appiano, un signore [dall']animo risoluto e talora spietato [...]. Oltre che per funzioni di vigilanza sul mare e le miniere, Torre del Giove doveva servire come luogo di rifugio per gli abitanti di Grassera, paese vicino al castello e oggi non più esistente. Tuttavia non sempre riuscir a svolgere il ruolo di sentinella sicura contro i pericoli corsari, come il vicino Volterraio. E' il caso dello sbarco all'Elba di Barbarossa nel 1534. Il borgo di Grassera fu assalito nella notte, devastato, saccheggiato, e molti dei suoi abitanti trascinati alle navi pirata in ceppi. Quelli che riuscirono a scappare alla Torre del Giove non poterono far altro che assistere impotenti alla distruzione delle loro case. Da allora Grassera cesserà praticamente di esistere. Ancora peggio andò nell'invasione del 1553. Questa volta i turchi erano guidati dal temibile allievo di Barbarossa, Dragut. Come nelle invasioni precedenti, parte dei riesi sciamò con i pochi beni nel castello. Questo fu subito preso d'assedio. Il primo attacco, asserisce Giuseppe Ninci, fu agevolmente sventato con un massiccio fuoco dagli spalti. Gli assedianti, convintisi che la resa del castello non sarebbe stata cosa facile, concentrarono gli sforzi e l'artiglieria sul forte per tre o quattro giorni con una massiccia potenza di fuoco. Il motivo della capitolazione è per un mistero. Secondo Ninci i cannoneggiamenti furono così devastanti sulle mura che il comandante della piazza fu costretto alla resa. Marcello Squarcialupi invece la imputa alla viltà dello stesso comandante che, a suo giudizio, poteva ancora resistere. Altri vogliono che Dragut, nella difficoltà di espugnarlo, agisse d'astuzia. In ogni caso sappiamo che il comandante della piazzaforte patteggi con il capo nemico la resa in cambio della libertà degli occupanti, e il pirata, una volta spalancatesi le porte, rinnegò la promessa. Il 19 settembre 1554 alcuni magonieri del ferro di Firenze, guidati da Giovan Francesco di Campiglia e spediti a lavorare nelle miniere riesi, chiesero e ottennero di poter abitare nella fortezza del Giovo, affine non siano preda di qualche corsale. E anche questo la dice lunga sul clima di insicurezza di quegli anni. Quando nel 1603 fu edificata la piazzaforte spagnola di Longone, gran parte delle torri dell'isola, compresa la nostra, fu presidiata da guarnigioni iberiche. Ovvio quindi che Torre del Giove subisse gli eventi legati agli assedi della piazza principale. E' il caso dell'invasione francese del 1646. Prima di dare l'assalto a Longone, i transalpini espugnarono le difese minori. Nel caso del forte riese, la cui guarnigione era in buon numero e ben equipaggiata, l'assalto and a vuoto, e per tre giorni l'assedio non dette risultati. Racconta Ninci che i francesi alzarono assai vicino a questa fortezza della terra come se da questa si partisse una mina per far saltare in aria; e dato ad intendere agli spagnoli, che, se avessero tardato a rendersi l'avrebbero incendiata; questi, spaventati da tale annunzio subitamente capitolarono. Evidentemente Torre del Giove aveva il maledetto destino di cadere solo per inganno. Nel 1708 un nuovo assedio a Longone interessò la nostra torre. Ma qui è interessante annotare ciò che successe al termine dell'evento bellico. Dopo aver liberato la piazza spagnola dalla morsa nemica, il comandante Pinel de Moroy, convintosi che gli isolani avessero tenuto un contegno troppo collaborazionista col nemico, per rappresaglia decise di smantellare molte delle loro opere difensive. Tra queste vi fu il nostro forte. E' in gran parte per questa ragione se la sua struttura è così fortemente rovinata. A ciò si aggiunga l'abbandono all'incuria del tempo e dell'uomo, che da allora Torre del Giove si è trovata a subire, in attesa di un sempre più urgente restauro. Come unico evento saliente negli ultimi tre secoli, alcuni vogliono che Napoleone, durante l'esilio, mostrasse interessamento per riattare il castello e farne una sua dimora. Il progetto sarebbe rimasto sulla carta per mancanza di fondi.

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