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ISCHIA-Sentiero arte e architettura rupestre nel tufo verde

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Author

Trail stats

Distance
8.29 mi
Elevation gain
1,568 ft
Technical difficulty
Moderate
Elevation loss
3,038 ft
Max elevation
2,498 ft
TrailRank 
34
Min elevation
7 ft
Trail type
One Way
Coordinates
668
Uploaded
May 16, 2024
Recorded
July 2021
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near Migliaccia, Campania (Italia)

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Itinerary description

SENTIERO ARTE E ARCHITETTURA RUPESTRE NEL TUFO VERDE
CAI 501
Presenza di acqua potabile: Non sono presenti fonti lungo il percorso

Percorso con quote altimetriche:
Fontana (460 m), Monte Epomeo (Punta di San Nicola 789 m), Pietra dell’Acqua (700 m), Pietra Martone (550 m), Bosco dei Frassitelli (500 m), Bosco della Falanga (Case di Pietra 600 m), Santa Maria al Monte (400 m), Forio (20 m)

Località sul percorso, eventuali punti di appoggio:
Punta San Nicola presente un ristorante; Borgo di Santa Maria al Monte presente un ristorante.

Caratteristiche e descrizione del percorso, ed eventuali peculiarità storiche, culturali, naturali, paesistiche:
Il percorso parte dalla Piazza di Fontana (frazione del comune di Serrara Fontana) e si sviluppa in salita sui resti di un’antica mulattiera (oggi strada carrabile) per circa un chilometro. Da questo punto costeggiando un bosco di castagni si sale, attraverso una mulattiera che nell’ultimo tratto si collega ad un antico tratturo inciso nel tufo verde, fin sulla cima del Monte Epomeo che con la Punta di San Nicola rappresenta la quota più elevata dell’escursione; il percorso prosegue in discesa su sterrato e costeggiando la Pietra dell’Acqua (enorme masso di tufo che funge da cisterna, da cui il nome) e Bocca di Serra, si inoltra in un paesaggio selvaggio ed affascinante sul versante ovest dell’isola (Forio), fino ad arrivare al bosco dei Frassitelli, un terrazzo di acacie fittissime, e subito dopo a quello della Falanga; qui la realtà incontra la fantasia. Infatti in questo bosco di castagni è possibile ritrovare le tipiche buche (le fosse della neve) ed i rifugi scavati nei massi di tufo precipitati dall’Epomeo, come conseguenza di assestamenti tettonici (le cosiddette Case di Pietra). Usciti dal sentiero nel bosco, si riprende una mulattiera che conduce ad un piccolo villaggio ed una chiesa: Santa Maria al Monte (400 m). La discesa, panoramicissima e con toni esotici, continua per cinque chilometri circa, fino all’iconica chiesa del Soccorso di Forio. Arrivati nel cuore del centro storico di Forio vi sono varie bretelle che accompagnano l’escursionista in un trekking urbano ricco di storia e tradizioni con vicoli, chiese e torri medievali.

Waypoints

PictographWaypoint Altitude 1,447 ft

Belvedere

PictographWaypoint Altitude 1,657 ft

Bivio per Lacco Ameno

PictographWaypoint Altitude 2,121 ft

Bivio per Monte Epogeo

Boschi Di Latifoglie

PictographWaypoint Altitude 1,503 ft

Bosco dei Frassitielli

Bosco dei Frassitelli Sul versante Sud - Ovest dell'isola d’Ischia, a circa seicento metri sul livello del mare, nel comune di Forio d’Ischia, tra splendidi costoni a strapiombo e giovani Vette granitiche, al confine tra il verde lussureggiante dei castagneti e l’arido costone meridionale, nasce il bosco dei Frassitelli. Un bosco di acacie di dimensioni contenute, ma unico per posizione e vegetazione. Chi ci fa visita, seguendo i sentieri che vi conducono dal comune di Serrara Fontana o d’altro lato dal comune di Forio, salendo per Santa Maria al Monte, potrà incontrare, se fortunato, l’ultimo gregge di pecore e caprette dell’isola, un panorama mozzafiato ed una vegetazione lussureggiante. Adatto anche per pic-nic o splendide notti estive in campeggio. A cinque minuti di cammino verso Nord si giunge allo splendido bosco della Falanga.

PictographWaypoint Altitude 1,709 ft

Bosco della Falanga - Case nelle Pietra

Adagiato tra il monte Epomeo e il costone dove sorge il villaggio di Santa Maria al Monte c’è uno dei boschi più interessanti dell’isola di Ischia, sia dal punto di vista naturalistico, che da quello storico: il bosco della Falanga. Oltre ad essere una riserva interessante dove andare a funghi, è un bosco freschissimo anche in piena estate, quando la temperatura diventa insopportabile a valle, nella Falanga grazie al fitto castagneto l’aria è sempre piacevolmente fresca. Abbiamo parlato di castagneto, ma questa zona non fu sempre alberata, prima dell’Ottocento era invece una grande collina coltivata a vite, ed il bosco è tuttora pieno di tracce di questo lontano passato. Le case scavate nei grossi massi caduti dall’Epomeo sono ancora lì nel bosco Alcune sono conservate benissimo; si possono osservare all’interno i ganci per legare gli animali, la zona del focolare, e le piccole nicchie ricavate nella pietra dove si poggiavano le candele per illuminare la notte. Se l’interno è opera dell’uomo, gli agenti atmosferici hanno provveduto a scolpire l’esterno donando a queste abitazioni - che definire spartane è il minimo – degli artistici giochi di vuoto e di pieno, altorilievi e forme plasmate dal vento, dalla pioggia e dal ghiaccio, elementi che non hanno dovuto faticare molto per scolpire la tenera materia tufacea. Vicino all’arco di ingresso venivano sistemate delle grandi croci imbiancate a calce, non solo per devozione religiosa o valore apotropaico. Quelle croci con la loro bianchezza accecante data dalla calce tenevano lontani gli animali del bosco, topacci per lo più. Ma non è l’unica traccia quella delle case-caverna alla Falanga che testimonia la vita agricola del villaggio in quota: ci sono le fosse della neve, buche realizzate dall’uomo profonde anche 10 metri nelle quali si conservava il ghiaccio e la neve che in inverno cadeva sull’Epomeo. Poi se si fa attenzione si possono notare lungo tutto il bosco dei muretti a secco, alcuni dei quali perfettamente conservati, sono un chiaro indizio di come questo territorio fosse ricamato da vigneti di ogni forma e dimensione, distribuiti sui terrazzamenti di terreno che man mano che salivano verso la cima dell’Epomeo diventavano più stretti e impervi, ma si sa, la coltivazione della vite sull’isola di Ischia è sempre stata eroica! Eppoi ci sono i palmenti. I palmenti del bosco della Falanga sono antichissimi, uno in particolare è davvero in eccellente stato di conservazione. È formato da due vasche rettangolari, di diverse dimensioni: nella più grande si metteva l’uva, questa vasca era collegata attraverso un foro all’altra più piccola dove scorreva il mosto. Gli studiosi ritengono che questo palmento sia anche uno dei più antichi dell’isola di Ischia, dal momento che negli atti dell’anno 1000 si ricorda l’esistenza ad Ischia nel casale “ qui nominatur ad bicum” di un palmentum e di un subscetorium, la vasca per il mosto, che si trovava in mezzo alle vigne, è chiaro che questa descrizione aderisce come un guanto alla fisionomia della Falanga. La riserva di caccia dei Borbone I Borbone erano degli instancabili cacciatori, durante il loro Regno sull’isola vengono piantumati vari boschi tra cui il castagneto della Falanga; intanto l’attività del villaggio del vino era un po’ scemata, si preferivano terreni più vicini al mare, anche perché il pericolo delle incursioni saracene era finito, non c’era necessità di spingersi così lontano. Sappiamo invece che i “nevaioli” della Falanga continuarono la loro attività, e siccome quel ghiaccio serviva anche per preparare delle gustose granite quando Ferdinando IV venne ad Ischia la prima volta nel luglio 1783 assaggiò proprio una granita fatta con la neve dell’Epomeo e i nevaioli divennero fornitori ufficiali di corte per delizie ghiacciate. Dei “nevaioli” si ha notizia fino ai primi decenni del secolo scorso. Come operavano queste persone? Quando si verificava una grossa nevicata i nevaioli si radunavano in piazza allertati dal suono di una grossa conchiglia, chiamata tofa, utilizzata da un banditore. Quindi salivano in montagna portando con sé pale, cofani e bastoni, e raccoglievano la neve e la grandine all’interno delle fosse della Falanga. Per non far sciogliere la neve la ricoprivano con una pacciamatura di foglie e rami. Poi quando giungeva la stagione calda risalivano in montagna con i muli e mettevano la neve dentro dei contenitori di giunco, ben avvolta nella stoffa per non farla squagliare, poi se ne andavano in giro per paesidando la voce “a’ neve, a’ neve, ‘u nevaiuolo”; le massaie la utilizzavano per rinfrescare le bevande e il vino o per preparare le granite e sorbetti al limone.

PictographBus stop Altitude 1,480 ft

Bus FONTANA

Borgo di Fontana
Fontana è la frazione più alta e popolosa del comune di Serrara-Fontana, da qui o si prosegue la discesa verso Barano ed in seguito Ischia, oppure, imboccando una stradina offre la possibilità di raggiungere l' attrazione principale del luogo: il Monte Epomeo. Durante il percorso che porta alla cima ci sono numerosi punti panoramici e anfratti selvaggi. Sulla vetta di tufo verde, si può ammirare la Chiesa e l' Eremo di San Nicola, scavati a colpi di piccone nella roccia, e il panorama mozzafiato dell' intera isola sottostante, con l' azzurro del mare che le fa da cornice. Il Comune
La suggestiva località, definita dallo storico D’Ascia “la Svizzera dell’isola d’Ischia “, sia per la sua posizione elevata sia per l’economia di tipo contadino, si compone di due paesi confinanti, Serrara e Fontana, anticamente dei villaggi di pastori e contadini divenuti poi comune unico nel 1806. Serrara-Fontana confina con Barano, Casamicciola Terme e Forio ed è costituita da varie località: Noja, Calimera, Pantano, Ciglio, Succhivo, Sant’Angelo. Fontana , il cui nome deriva da una sorgente scoperta nel secolo scorso in seguito ad una frana, è il paese più elevato dell’isola d’Ischia ed al suo territorio appartiene il Monte Epomeo, alto 787 metri. Il clima è quello dell’alta collina, anzi un po’ continentale, se si resta in vetta al Monte Epomeo, che è diventato ormai il consolidato punto d’arrivo di un’escursione tra le più belle della Campania. Calanchi scoscesi, orti e vigneti eroici, boschi e radure sono gli aspetti tipici della “terra” nel comune meno popolato dell’isola d’Ischia. Come già anticipato il comune di Serrara Fontana è diviso nelle due frazioni principali di Serrara e Fontana, ed è punteggiato da toponimi come Kalimera e Noia, villaggi di chiara impronta greca, ed ancora avvolti nel mistero per i residui di un dialetto misto-ellenico tuttora in uso; poi il Ciglio e Succhivo, con le loro immancabili chiesette bianche; ed infine, l’istmo di Sant’Angelo, l’oasi pedonale col porticciolo-bomboniera frequentato dai vip e da yachtmen di ogni nazionalità. La presenza dell’uomo qui è documentata dall’età del ferro, ma dall’VIII al VI secolo a.C. troviamo un villaggio greco nella zona di Cava Grado, dove sono venute alla luce testimonianze fittili d’importazione e di fabbricazione locale. Il villaggio scomparve nel VI secolo a. C. in seguito ad una alluvione. Un altro piccolo nucleo si sviluppò nel periodo ellenistico, alle spalle dell’attuale abitato di Noia, dove è stata rinvenuta moltissima ceramica, in particolare quella chiamata “sigillata chiara”. I reperti sono datati fino al IV secolo d. C. Nel medioevo, un villaggio di una certa importanza è proprio quello di Noia, dove il vescovo d’Ischia costruì un rifugio. Ma, sul fronte religioso, va ricordato che già prima dell’anno Mille, sulla cosiddetta “torre di Sant’Angelo” sorge un piccolo monastero benedettino denominato “Sant’Angelo Alloquio”. L’abitato di Serrara compare solo nel secolo XVII: il vescovo d’Ischia, che ha il titolo di barone, mantiene i suoi vassalli che solo tra la fine del secolo XVII e l’inizio del seguente muteranno il loro vassallaggio con un’annuale offerta simbolica al vescovo. Tutto il territorio faceva parte dell’”Università” di Fontana che, al momento della fondazione dei Comuni, diventerà Comune di Serrara Fontana.

PictographBus stop Altitude 16 ft

BUS Forio

Via Cristoforo Colombo

PictographBus stop Altitude 72 ft

BUS-Lacco Ameno-ferm.Don Pepe

PictographWaypoint Altitude 16 ft

Chiesa del Soccorso

La Chiesa del Soccorso a Forio d’Ischia non è solo bella ma riveste un significato particolare per tutti gli abitanti dell’isola. Sorge su un piccolo promontorio a picco sul mare ed è dedicata al culto della Madonna della Neve; è bianca, spicca da lontano e rappresenta la classica costruzione mediterranea.
Il promontorio del Soccorso a Forio non ospita solo la Chiesa, accanto a questa infatti vi è il Torrione, simbolo di Forio e sede del museo. La leggenda del crocifisso del Soccorso All’interno della Chiesa del Soccorso, c’è la cappella del Crocifisso che risale al 1791; il crocifisso è una scultura lignea del ‘400 e secondo la leggenda popolare, fu trovato in mare da alcuni marinai.
Questi rimasero bloccati a Ischia da una tempesta e decisero di mettere al riparo il crocifisso nell’allora convento del Soccorso che era inglobato alla chiesa. Si narra quindi che una volta cessata la tempesta, i marinai tentarono inutilmente di riportare fuori il crocifisso ma non vi riuscirono perché il portone d’ingresso scompariva alla loro vista.
Dopo vari e inutili tentativi, i marinai decisero di lasciare il crocifisso sul posto a protezione di tutti i marinai che sarebbero passati di lì.
Ecco perché per secoli (e ancora oggi), la Chiesa del Soccorso è il simbolo che sta a protezione di Ischia, tanti infatti gli ex voto presenti nella chiesa. Visitare la Chiesa del Soccorso La Chiesa, posta sul promontorio del Soccorso, è circondata su tre lati dal mare ed è riconoscibile anche da lontano per la sua caratteristica facciata bianca.
Ha un ampio piazzale davanti e vi si accede tramite 20 scalini; l’impostazione architettonica è quella greco bizantina e l’interno è caratteristico per i diversi tipi di volta presenti.
La Chiesa conserva diverse opere d’arte, come appunto il crocifisso ligneo che si trova nella cappella a sinistra, e la pala di Sant’Agostino di Cesare Calise più diverse opere in pietra piperno risalenti al IX-X secolo. La prima costruzione del promontorio del Soccorso risale al 1350, anno durante il quale fu fondato il convento degli eremitani di Sant’Agostino che fu soppresso nel 1652 in seguito alla bolla papale di Innocenzo X sulla razionalizzazione delle spese. In epoca moderna, il promontorio ha subito opere di rafforzamento per limitare l’erosione del mare, quindi opere di restauro consistenti tra la metà del XVIII e la fine del XIX secolo.
Il Sagrato, ad esempio, è il risultato di questi interventi con la scala in pietra circondata da croci in pietra piperno, così come il portale, decorato con maioliche del ‘700 raffiguranti scene della passione di Cristo alternate a motivi floreali. Nel 1740 è stata installata sulla terrazza della Chiesa una edicola votiva alla Madonna delle Grazie, mentre di un secolo dopo, nel 1854 è la costruzione della cupola che dopo il terremoto del 1883 fu ricostruita in dimensioni decisamente ridotte.

PictographReligious site Altitude 1,250 ft

Chiesa di S. Maria a monte

Descrizione
La chiesa, situata ad oltre 400 metri sul livello del mare, si trova in un contesto naturalistico di grande fascino e suggestione, tra boschi, sentieri di montagna, terrazze e case di pietra, antichi ricoveri di pastori e contadini. Scavata in parte nel tufo, questa "chiesa di pietra" può considerarsi un caratteristico esempio di architettura rupestre. La struttura dell'edificio è molto semplice. L'ampio sagrato antistante presenta delle panchine in pietra e un'enorme cisterna scavata nel tufo per la raccolta dell'acqua piovana. La facciata, di estrema semplicità, è sormontata da una struttura rettangolare con due campane e da una cupola sferica. L'interno ha un'ampia navata centrale terminante nell'abside, affiancata sul lato destro da una navata più stretta. Oltre alla pala d'altare di anonimo raffigurante la Madonna con i santi Antonio Abate e Paolo Eremita, la chiesa conserva un altare ligneo con paliotto dipinto con motivi floreali, risalente agli inizi del Seicento, e residui di affreschi del XVII sec. nella volta. Notizie storico-critiche
Nella sua monografia D'Ascia (1867) riporta la notizia secondo la quale la chiesa sarebbe stata eretta nel 1596 da Sebastiano Sportiello per espiare un omicidio. Sportiello apparteneva alla famiglia cui si deve anche la fondazione della chiesa di S. Carlo, altro esempio di architettura rurale che nella facciata rivela affinità con la chiesa di S. Maria al Monte. Basandosi sulla testimonianza di alcuni discendenti della famiglia, D'Ascia racconta che i tre fratelli Sportiello (Sebastiano, Vito Nicola e Andrea), ricchi possidenti di Salerno, fuggirono a Forio dopo aver ucciso il vescovo della loro città; per penitenza, furono costretti a costruire due chiese ad una certa distanza l'una dall'altra. D'Arbitrio e Ziviello (1982) ipotizzano che la chiesa sia stata edificata dalle popolazioni locali quando l'agricoltura e quindi gli insediamenti rurali si diffusero anche nei territori montuosi. La chiesa, costruita in una posizione strategica, divenne un punto di riferimento per le comunità contadine insediatasi in quelle zone, soddisfacendone le esigenze religiose, sociali e pratiche. S. Maria al Monte assolveva infatti funzione non solo di luogo di culto volto a conservare le tradizioni religiose della popolazione, ma anche di punto di aggregazione, di incontro nonché di raccolta in caso di pericolo. La chiesa fu abbandonata intorno al 1930 ed utilizzata come ricovero di animali e deposito di legna fino a quando, per iniziativa di un ex monaco dell'eremo di S. Nicola sul monte Epomeo, grazie alle offerte raccolte tra i fedeli foriani, fu riaperta e ristrutturata. Ci fu una grande festa d’inaugurazione e da allora S. Maria al Monte è diventata meta di un pellegrinaggio per la festa celebrata ogni anno il 12 settembre, in cui viene portata in processione una statua della Madonna. Una leggenda di tradizione orale registrata a Forio nel 1990 (Vuoso, 2002, pp. 84-85) associa la chiesa alle incursioni piratesche che tormentarono l'isola fra il XVI e il XVIII secolo: un pescatore foriano fu spinto da una tempesta in Turchia dove fu catturato dai turchi. Questi, saputo dal pescatore che Forio era priva di fortezze e di strutture difensive, organizzarono un assalto; giunti in vista dell'isola, videro in cima al monte una regina con centinaia di soldati armati e fiaccole accese. Spaventati, i pirati si fermarono e uccisero brutalmente il pescatore, convinti che avesse mentito. In ricordo di questo evento, i foriani fecero dipingere il quadro per l'altare della chiesa. Accanto alla secentesca chiesetta vi è un piccolo eremo, oggi trasformato in abitazione. 12 settembre festa patronale

PictographWaypoint Altitude 1,621 ft

Chiesa Rupestre

PictographWaypoint Altitude 1,916 ft

Croce caduta aereo

PictographSummit Altitude 2,510 ft

Eremo di San Nicola

di San Nicola è una chiesa interamente scavata nel tufo verde e si trova proprio sotto la vetta del Monte Epomeo (789 mt. s.l.m.). L’edificio risale alla metà del XV secolo, mentre il convento annesso è  stato costruito successivamente per volere della nobildonna Beatrice Quadra (vedova D’Avalos), che qui voleva realizzare quel ritiro di monache Clarisse in seguito trasferito nelle mura più accoglienti del Castello Aragonese. Nel XVIII secolo la chiesetta e le celle laterali sono state dimora di molti anacoreti. Tra questi, il più famoso fu senza dubbio Giuseppe D’Arghout (1704-1778), il comandante della guarnigione militare di stanza sull’isola che scelse l’eremitaggio come “voto” per essere miracolosamente sopravvisuto a un agguato subito proprio in una delle strettoie che conduce alla cima del monte. Attualmente la chiesa e il convento non sono aperti al pubblico, ma c’è l’impegno del comune di Serrara Fontana di rendere quanto prima fruibile il bene.

PictographWaypoint Altitude 938 ft

Fumarole Bocca di Tifeo

PictographMountain hut Altitude 52 ft

Grand Hotel Terme di Augusto

Via Roma

PictographSummit Altitude 2,388 ft

Monte Epomeo 789m

Monte Epomeo, il gigante buono di Ischia La nascita del Monte Epomeo, risale a circa 100 mila anni fa, quando iniziò il processo di sollevamento che creò l’horst vulcano-tettonico. Ma il Monte Epomeo è soprattutto un luogo mitologico dove, si dice, si trovi uno dei punti di accesso al mondo sotterraneo di Agarthi, il regno all’interno della Terra descritto nelle opere di Willis George Emerson. Gli unici altri punti di accesso sarebbero il Polo Nord, il Polo Sud, le piramidi di Giza in Egitto e il deserto dei Gobi in Mongolia. Il Monte Epomeo quindi con i suoi 789 metri, oltre ad essere la montagna più alta di Ischia è anche il suo simbolo, il gigante buono che non minaccia dal momento che la sua ultima eruzione risale al 1302. Le escursioni sul Monte Epomeo Chi arriva per una vacanza sull’isola non può evitare di conquistare la vetta del Monte Epomeo.
I suoi fianchi sono percorsi da molti sentieri non tutti tracciati nelle cartine. Quello più percorso e battuto è sicuramente quello che con un’ora di cammino parte dalla piazzetta di Fontana e arriva in cima con un dislivello di 400 metri in circa 3 km.
Nel primo tratto si percorre una strada asfaltata poi prima della zona militare si svolta a sinistra all’altezza di un ristorante. Inizia qui il sentiero immerso nella natura che nel primo tratto è carrozzabile, anche se molto sconnesso a causa di qualche colata di cemento lasciata nel tentativo di agevolare il passaggio delle auto. Poco più avanti si entra in una zona boscosa e il sentiero si restringe fino a diventare un canale stretto tra le rocce tufacee.
Arrivati in cima si troveranno due terrazze di cui una si affaccia su una chiesetta del 1459 scavata nel tufo e dedicata a San Nicola di Bari. Dalla seconda terrazza è possibile raggiungere la vetta più alta attraverso un sentiero ricavato nel tufo. La cima regala un panorama mozzafiato con Casamicciola visibile sulla destra, poi Lacco Ameno e il suo caratteristico fungo, quindi la baia di San Montano, la colata lavica di Zaro e poi verso sinistra Forio e la chiesetta di Santa Maria del Soccorso. In lontananza poi sono visibili Napoli, il Vesuvio, la penisola sorrentina e i Monti Lattari, ma anche l’isola di Capri e, nelle giornate più limpide, anche Ponza e Ventotene.

PictographWaypoint Altitude 2,280 ft

Pietra dell'acqua

Rifugio e riserva d'acqua sul Monte della Guardia
Si presenta imponente e mostra ben visibili gli interventi che l'uomo ha fatto in epoche lontane per sfruttare quanto la natura gli offriva: dovendo coltivare anche le zone più alte, più sicure dagli attacchi dei pirati, i contadini avevano bisogno d'acqua; scavando nella roccia crearono una grande cisterna alla quale l'acqua giungeva tramite un canale anch'esso scavato nella pietra, dalla cisterna l'acqua confluiva in alcune vasche ricavate attorno ad essa e lì si abbeveravano tanto i contadini che gli animali. Al tempo delle invasioni piratesche, verso la metà dei 500, le famiglie che si rifugiavano in alto sulla montagna utilizzavano i massi che avevano trasformato in case anche come sistema difensivo: infatti, sulla sommità di molti di essi, alla quale si arrivava mediante scalini intagliati nella roccia, sono stati trovati dei fori e ganci che dovevano servire probabilmente per sistemarvi delle torce o fiaccole; dai fori non solo entrava luce per illuminare l'ambiente ma si potevano anche fare segnalazioni. Secondo lo storico D'Ascia anche Pietra dell'Acqua può essere stata utilizzata come "osservatorio", si trova, infatti, in un punto dell'Epomeo da cui è ben visibile la costa flegrea. Il linguaggio dei fuochi da Napoli alle torri d'avvistamento sulla costa ischitana e alle zone più alte sull'Epomeo, segnalava il pericolo d'incursioni. Come Raggiungere la Pietra dell'acqua
La pietra dell'acqua, si trova sulla cima del Monte della Guardia, 720 m, la seconda vetta più alta del Monte Epomeo. E' costituito da un blocco tufaceo scavato negli ultimi secoli dall'uomo. La pietra è raggiungibile solo a piedi attraverso un sentiero di montagna, abbastanza agevole. Seguite le indicazioni per il risotrante Bracconiere, e continuate per via Falanga fino alla fine della strada carrabile. Se siete in auto dovete lasciarla lungo la strada, al termine della strada carrabile, da lì prendete una mulattiera direzione Monte Epomeo, attenzione, la strada non è segnalata, seguitela per 1 km, fino alla vetta del Monte della Guardia circa 25 minuti di cammino, e sul sentiero che conduce all'altra vetta troverete la Pietra dell'acqua. Se non disponte di Auto, l'autobus vi lascerà al Cimitero di Serrara, da cui seguite le indicazioni per il ristorante Bracconiere, dovete aggiungere 1,5 km al percorso precedente, e circa 20 minuti a piedi. Altri sentieri conducono alla Pietra dell'acqua, dalla vetta di San Nicola e l'altro dalla falanga e dai frassitelli ma sono indicati per gli escursionisti ed amanti della montagna.

PictographWaypoint Altitude 7 ft

Spiaggia Chiaia

PictographWaypoint Altitude 49 ft

Torrione

PictographWaypoint Altitude 1,401 ft

Veduta dall'antico borgo di Noja

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