Gruppo della Schiara: Viàz Nord Orientale del Serva e Monte Serva da Cargadór
near Pra de Luni, Veneto (Italia)
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Itinerary description
Percorrenza di un viàz sul lato selvaggio del Monte Serva che contrasta molto rispetto al versante che si affaccia direttamente sulla pianura.
La guida di riferimento è «DOLOMITI Nuovi sentieri selvaggi» di Paolo Bonetti, Paolo Lazzarin e Marco Rocca.
In questa guida il viàz è denominato «Viàz Orientale del Serva», ma in altri loro libri gli autori lo citano (senza relazione dettagliata) come «Viàz Nord Orientale del Serva».
Preferisco la seconda denominazione perché, in effetti, l’itinerario scorre sia in versante est che nord, e il tempo che si passa in mezzo ai due versanti è quasi equivalente.
E poi il tratto più caratteristico della “parete con trama a mattoni” è proprio a nord.
Nella relazione (e nella linea disegnata sulla mappa) della guida ho rilevato una evidente imprecisione che porterebbe molto fuori strada.
Però sul campo si capisce subito il percorso obbligato di quel tratto.
Per il resto la relazione è ottima e molto-molto utile per venirne fuori senza problemi di orientamento.
Questa escursione è da inquadrare nel territorio assieme a → Gruppo della Schiara: Viàz Nord Occidentale del Serva, Monte Serva e Zima de i Tre Mas'ci (Cima Tre Maschi) da Cargadór.
Tutti e due gli itinerari fanno perno alla Forcella dei Praduzèi e insieme formano il “Giro completo della sommità del Serva”, come da denominazione di Piero Rossi nella sua notissima guida “SCHIARA” della collana “GUIDA DEI MONTI D’ITALIA” del CAI - Touring Club Italiano (pag. 165).
Questo “Giro completo” in giornata unica sarebbe senz’altro un SUPER-VIÀZ!
******************************
Avvicinamento all’inizio del Viàz Nord Orientale del Serva
Dal parcheggio di Cargador si segue la stradetta verso est fino a uno slargo prativo con manica a vento (decollo per parapendio) e una grande Croce subito dopo.
Qui ci sono più opzioni per proseguire, ed ho scelto di salire per il sentiero che devia a sinistra della Croce.
Dopo 80/90 metri di dislivello si abbandona la traccia principale che prosegue verso Casera Pian dei Fioc e si va a destra.
Ora si continua verso l’area delle Buse dei Vedèi su camminamento quasi sempre molto ben riconoscibile.
All’attraversamento delle Buse dei Vedèi si trovano ometti e anche qualche segnavia sbiadito stile CAI a bande bianco-rosse.
Passate le Buse dei Vedèi il camminamento diventa meno evidente ma la direzione è sempre intuitiva e indicata ancora da qualche ometto fino all’ingresso nell’ultima grande conca erbosa (parte alta della Val de Rui Sec) prima della forcella di inizio del Viàz Nord Orientale del Serva.
Dopo essere passati in mezzo a un gruppo di faggi isolati le tracce a terra si dividono, un po’ se ne vanno e un po’ ritornano, ma la lunga sella da raggiungere è evidentissima e si arriva senza problemi.
Arrivati sulla sella vale la pena andare verso un pulpito più esterno: camminando su questo breve tratto si hanno più visuali verso tutto il lato est del viàz e si può “mettere nel mirino” la forcella di passaggio da est a nord (ma ci vorranno un paio d’ore almeno per arrivarci).
La forcella corretta di passaggio da est a nord è quella più larga e alta addossata al corpo roccioso principale: qui sta l’imprecisione nella relazione e nella mappa della guida.
La guida indica una quota di 1.650 (più o meno come la forcella di inizio del viàz) mentre sta a 1.750 circa.
Percorrenza del Viàz Nord Orientale del Serva fino alla Forcella dei Praduzèi
Dalla depressione della sella di inizio si sale verso la fascia rocciosa e si trova un buon camminamento di camosci per un primo facile tratto in campo aperto vicino alla parete (un evidente segno rosso all’inizio, poi qualche altro nel primo tratto e poi basta).
Avanzando si entra in un tratto boschivo sempre vicini alla parete, si attraversa un valloncello e si scende un po’ per un attraversamento più infido di un altro vallone.
Fino a qui traccia sempre evidente e pure qualche ramo di mugo tagliato per segnalazione.
Si risale un “ripidino” erboso in uscita dall’ultimo vallone e si arriva al passaggio – a mio giudizio – più difficile di tutto il viàz.
Nella guida è definito “scabroso”, e quando Bonetti-Lazzarin-Rocca scrivono scabroso … di solito è scabroso.
A parte un’oggettiva difficoltà, il problema è che arrivandoci non si riesce ad avere una visione d’insieme di tutto il passaggio e scegliere di conseguenza la linea migliore senza avere dubbi.
Bisogna attraversare un canale a fondo roccioso molto profondo e il pendio-sponda d’ingresso è ultra-ripido e con tratto iniziale a fondo poco consistente.
Dopo aver perso qualche metro tra gli arbusti un po’ marci e un po’ no, ho trovato questo pendio-sponda diviso in due da un mini-crinale centrale.
Ho traversato qualche metro a sinistra del mini-crinale per trovare un ripido scivolo diagonale verso destra: è abbastanza regolare come fondo, ma è VERAMENTE RIPIDO e su base con erbe-loppe lunghe (qui ho calzato i ramponcini da prato per scendere) – attenzione perché è assai esposto.
Si arriva sopra un saltino verticale finale, ma a sinistra inizia un abbastanza comodo e breve camminamento-cornice di roccia che porta nel fondo del canale.
Ho provato ad uscire direttamente salendo la sponda opposta, ma si finisce sopra una verticalità.
Quindi sono sceso 20 o 30 metri per il facile (e bello) fondo del canale fino a un saltino verticale probabilmente di I°+, che si può evitare uscendo a sinistra per stretta traccia.
Ora si riprende a traversare su e giù per le coste tenendo sempre in vista la forcella di passaggio dal lato est a quello nord del viàz (o avendo presente dov’è da dentro le depressioni-canali).
È un saliscendi con strappi “duretti” che ho affrontato lentamente per … non rovinarmi la gamba.
Ho trovato ancora tre coste principali da superare (considerando solo quelle più marcate come pendenza).
Qui non ci sono segnalazioni, e se si sta troppo alti poi si finisce su discese verticali per l’ingresso nel canale successivo, e se si sta troppo bassi si fa più strada e si trova comunque qualche verticalità.
Ma non è difficile da capire, perché arrivati sul filo delle coste basta una pausa di osservazione e ci si sposta o un po’ su o un po’ giù per trovare il proseguimento più agevole.
Con un’ultima salita più lunga – e ultima soleggiata prima del passaggio a nord – si arriva alla forcella obiettivo che si vedeva fin dall’inizio del viàz.
Dalla massima depressione di questa forcella di passaggio da est a nord, ci si alza qualche metro verso lo spigolo che la delimita a monte e poi si inizia a scendere su traccia di camosci sotto la caratteristica “parete con trama a mattoni” dalla definizione della guida.
Prima di iniziare a scendere, però, non si può non ammirare tutto lo sviluppo nord del viàz fino alla Forcella dei Praduzèi.
Si scende senza grosse difficoltà alla costa che delimita dal lato opposto il primo anfiteatro.
Qui la guida scrive di tralasciare una larga ed evidente traccia che supera la costa a metà altezza perché dall’altro lato diventa “stretta ed insidiosa”.
Quindi, ascoltando la guida, sono sceso qualche decina di metri fino a dove il vallone a imbuto si chiude in un canale, e ho superato la costa con un passaggio sopra un gruppo di arbusti (in questo tratto ho visto vari piccoli rivoli di acqua sorgente, e pur senza pendenze difficili bisognava stare attenti per il fondo assai scivoloso).
Doppiata la costa bisogna puntare in salita a un grande larice isolato: salita breve ma per nulla banale ancora per un certo bagnato di fondo.
Ci sono delle roccette ben appigliate di I°+ (diretti al larice) oppure una diagonale verso destra (più bassi del larice) a fondo terra: ho scelto la diagonale, ma è da valutare di volta in volta.
Ora passando un’altra costa principale e qualche gobba secondaria si entra nel secondo più ampio anfiteatro abbastanza interpretabile come possibili linee di uscita.
Io mi sono alzato subito su pietraia abbastanza consolidata fin quasi sotto la “parete con trama a mattoni” (anche qui) e poi ho traversato il largo ghiaione dell’anfiteatro dove mi sembrava meno inclinato lateralmente.
Sono ritornato così al sole dentro l’ultima grande conca-anfiteatro del lato nord del viàz.
È una conca a fondo per lo più erboso: sul lato sinistro direzione salita ho attraversato due canaletti rocciosi superficiali tra dolci gobbe, poi ho attraversato il canale centrale e infine su per il “ripidino erboso” di destra fino alla Forcella dei Praduzèi di fine del Viàz Nord Orientale del Serva.
Qui, come scritto all’inizio, converge anche l’itinerario del Viàz Nord Occidentale del Serva.
Chiusura dell’escursione dalla Forcella dei Praduzèi passando per la vetta del Monte Serva
Dalla Forcella dei Praduzèi è già ben visibile la Croce di vetta del Monte Serva, e tutto il percorso di massima per raggiungerla è evidente.
Nel punto in cui sono arrivato sulla larga forcella c’era già la traccia di sentiero dell’Alta Via dei Bellunesi, che con tratto “aereo” iniziale porta sotto un salto roccioso.
Qui si entra (un po’ a destra dal filo di cresta) in una spaccatura dove si appoggiano le mani ma non a livello di arrampicata, e si completa l’aggiramento con doppia svolta sinistra-destra.
Ora c’è un buon tratto a base erba con qualche ometto e segnavia rosso, si passa la deviazione che porterebbe alla Ponta o Zima dei Tre Mas’ci, e si entra nel tratto a fondo roccette-pietre che porta sotto la bassa fascia rocciosa sommitale.
Sempre su pendenze non più che medie si arriva a scavalcare (in più punti possibili) dall’altro lato e infine alla Croce di vetta del Monte Serva.
Oggi discesa di rientro a Cargador per il sentiero CAI 517 senza alcuna variante.
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Il dislivello reale dell’escursione è di circa 1.400 metri e non 1.561 come indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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La guida di riferimento è «DOLOMITI Nuovi sentieri selvaggi» di Paolo Bonetti, Paolo Lazzarin e Marco Rocca.
In questa guida il viàz è denominato «Viàz Orientale del Serva», ma in altri loro libri gli autori lo citano (senza relazione dettagliata) come «Viàz Nord Orientale del Serva».
Preferisco la seconda denominazione perché, in effetti, l’itinerario scorre sia in versante est che nord, e il tempo che si passa in mezzo ai due versanti è quasi equivalente.
E poi il tratto più caratteristico della “parete con trama a mattoni” è proprio a nord.
Nella relazione (e nella linea disegnata sulla mappa) della guida ho rilevato una evidente imprecisione che porterebbe molto fuori strada.
Però sul campo si capisce subito il percorso obbligato di quel tratto.
Per il resto la relazione è ottima e molto-molto utile per venirne fuori senza problemi di orientamento.
Questa escursione è da inquadrare nel territorio assieme a → Gruppo della Schiara: Viàz Nord Occidentale del Serva, Monte Serva e Zima de i Tre Mas'ci (Cima Tre Maschi) da Cargadór.
Tutti e due gli itinerari fanno perno alla Forcella dei Praduzèi e insieme formano il “Giro completo della sommità del Serva”, come da denominazione di Piero Rossi nella sua notissima guida “SCHIARA” della collana “GUIDA DEI MONTI D’ITALIA” del CAI - Touring Club Italiano (pag. 165).
Questo “Giro completo” in giornata unica sarebbe senz’altro un SUPER-VIÀZ!
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Avvicinamento all’inizio del Viàz Nord Orientale del Serva
Dal parcheggio di Cargador si segue la stradetta verso est fino a uno slargo prativo con manica a vento (decollo per parapendio) e una grande Croce subito dopo.
Qui ci sono più opzioni per proseguire, ed ho scelto di salire per il sentiero che devia a sinistra della Croce.
Dopo 80/90 metri di dislivello si abbandona la traccia principale che prosegue verso Casera Pian dei Fioc e si va a destra.
Ora si continua verso l’area delle Buse dei Vedèi su camminamento quasi sempre molto ben riconoscibile.
All’attraversamento delle Buse dei Vedèi si trovano ometti e anche qualche segnavia sbiadito stile CAI a bande bianco-rosse.
Passate le Buse dei Vedèi il camminamento diventa meno evidente ma la direzione è sempre intuitiva e indicata ancora da qualche ometto fino all’ingresso nell’ultima grande conca erbosa (parte alta della Val de Rui Sec) prima della forcella di inizio del Viàz Nord Orientale del Serva.
Dopo essere passati in mezzo a un gruppo di faggi isolati le tracce a terra si dividono, un po’ se ne vanno e un po’ ritornano, ma la lunga sella da raggiungere è evidentissima e si arriva senza problemi.
Arrivati sulla sella vale la pena andare verso un pulpito più esterno: camminando su questo breve tratto si hanno più visuali verso tutto il lato est del viàz e si può “mettere nel mirino” la forcella di passaggio da est a nord (ma ci vorranno un paio d’ore almeno per arrivarci).
La forcella corretta di passaggio da est a nord è quella più larga e alta addossata al corpo roccioso principale: qui sta l’imprecisione nella relazione e nella mappa della guida.
La guida indica una quota di 1.650 (più o meno come la forcella di inizio del viàz) mentre sta a 1.750 circa.
Percorrenza del Viàz Nord Orientale del Serva fino alla Forcella dei Praduzèi
Dalla depressione della sella di inizio si sale verso la fascia rocciosa e si trova un buon camminamento di camosci per un primo facile tratto in campo aperto vicino alla parete (un evidente segno rosso all’inizio, poi qualche altro nel primo tratto e poi basta).
Avanzando si entra in un tratto boschivo sempre vicini alla parete, si attraversa un valloncello e si scende un po’ per un attraversamento più infido di un altro vallone.
Fino a qui traccia sempre evidente e pure qualche ramo di mugo tagliato per segnalazione.
Si risale un “ripidino” erboso in uscita dall’ultimo vallone e si arriva al passaggio – a mio giudizio – più difficile di tutto il viàz.
Nella guida è definito “scabroso”, e quando Bonetti-Lazzarin-Rocca scrivono scabroso … di solito è scabroso.
A parte un’oggettiva difficoltà, il problema è che arrivandoci non si riesce ad avere una visione d’insieme di tutto il passaggio e scegliere di conseguenza la linea migliore senza avere dubbi.
Bisogna attraversare un canale a fondo roccioso molto profondo e il pendio-sponda d’ingresso è ultra-ripido e con tratto iniziale a fondo poco consistente.
Dopo aver perso qualche metro tra gli arbusti un po’ marci e un po’ no, ho trovato questo pendio-sponda diviso in due da un mini-crinale centrale.
Ho traversato qualche metro a sinistra del mini-crinale per trovare un ripido scivolo diagonale verso destra: è abbastanza regolare come fondo, ma è VERAMENTE RIPIDO e su base con erbe-loppe lunghe (qui ho calzato i ramponcini da prato per scendere) – attenzione perché è assai esposto.
Si arriva sopra un saltino verticale finale, ma a sinistra inizia un abbastanza comodo e breve camminamento-cornice di roccia che porta nel fondo del canale.
Ho provato ad uscire direttamente salendo la sponda opposta, ma si finisce sopra una verticalità.
Quindi sono sceso 20 o 30 metri per il facile (e bello) fondo del canale fino a un saltino verticale probabilmente di I°+, che si può evitare uscendo a sinistra per stretta traccia.
Ora si riprende a traversare su e giù per le coste tenendo sempre in vista la forcella di passaggio dal lato est a quello nord del viàz (o avendo presente dov’è da dentro le depressioni-canali).
È un saliscendi con strappi “duretti” che ho affrontato lentamente per … non rovinarmi la gamba.
Ho trovato ancora tre coste principali da superare (considerando solo quelle più marcate come pendenza).
Qui non ci sono segnalazioni, e se si sta troppo alti poi si finisce su discese verticali per l’ingresso nel canale successivo, e se si sta troppo bassi si fa più strada e si trova comunque qualche verticalità.
Ma non è difficile da capire, perché arrivati sul filo delle coste basta una pausa di osservazione e ci si sposta o un po’ su o un po’ giù per trovare il proseguimento più agevole.
Con un’ultima salita più lunga – e ultima soleggiata prima del passaggio a nord – si arriva alla forcella obiettivo che si vedeva fin dall’inizio del viàz.
Dalla massima depressione di questa forcella di passaggio da est a nord, ci si alza qualche metro verso lo spigolo che la delimita a monte e poi si inizia a scendere su traccia di camosci sotto la caratteristica “parete con trama a mattoni” dalla definizione della guida.
Prima di iniziare a scendere, però, non si può non ammirare tutto lo sviluppo nord del viàz fino alla Forcella dei Praduzèi.
Si scende senza grosse difficoltà alla costa che delimita dal lato opposto il primo anfiteatro.
Qui la guida scrive di tralasciare una larga ed evidente traccia che supera la costa a metà altezza perché dall’altro lato diventa “stretta ed insidiosa”.
Quindi, ascoltando la guida, sono sceso qualche decina di metri fino a dove il vallone a imbuto si chiude in un canale, e ho superato la costa con un passaggio sopra un gruppo di arbusti (in questo tratto ho visto vari piccoli rivoli di acqua sorgente, e pur senza pendenze difficili bisognava stare attenti per il fondo assai scivoloso).
Doppiata la costa bisogna puntare in salita a un grande larice isolato: salita breve ma per nulla banale ancora per un certo bagnato di fondo.
Ci sono delle roccette ben appigliate di I°+ (diretti al larice) oppure una diagonale verso destra (più bassi del larice) a fondo terra: ho scelto la diagonale, ma è da valutare di volta in volta.
Ora passando un’altra costa principale e qualche gobba secondaria si entra nel secondo più ampio anfiteatro abbastanza interpretabile come possibili linee di uscita.
Io mi sono alzato subito su pietraia abbastanza consolidata fin quasi sotto la “parete con trama a mattoni” (anche qui) e poi ho traversato il largo ghiaione dell’anfiteatro dove mi sembrava meno inclinato lateralmente.
Sono ritornato così al sole dentro l’ultima grande conca-anfiteatro del lato nord del viàz.
È una conca a fondo per lo più erboso: sul lato sinistro direzione salita ho attraversato due canaletti rocciosi superficiali tra dolci gobbe, poi ho attraversato il canale centrale e infine su per il “ripidino erboso” di destra fino alla Forcella dei Praduzèi di fine del Viàz Nord Orientale del Serva.
Qui, come scritto all’inizio, converge anche l’itinerario del Viàz Nord Occidentale del Serva.
Chiusura dell’escursione dalla Forcella dei Praduzèi passando per la vetta del Monte Serva
Dalla Forcella dei Praduzèi è già ben visibile la Croce di vetta del Monte Serva, e tutto il percorso di massima per raggiungerla è evidente.
Nel punto in cui sono arrivato sulla larga forcella c’era già la traccia di sentiero dell’Alta Via dei Bellunesi, che con tratto “aereo” iniziale porta sotto un salto roccioso.
Qui si entra (un po’ a destra dal filo di cresta) in una spaccatura dove si appoggiano le mani ma non a livello di arrampicata, e si completa l’aggiramento con doppia svolta sinistra-destra.
Ora c’è un buon tratto a base erba con qualche ometto e segnavia rosso, si passa la deviazione che porterebbe alla Ponta o Zima dei Tre Mas’ci, e si entra nel tratto a fondo roccette-pietre che porta sotto la bassa fascia rocciosa sommitale.
Sempre su pendenze non più che medie si arriva a scavalcare (in più punti possibili) dall’altro lato e infine alla Croce di vetta del Monte Serva.
Oggi discesa di rientro a Cargador per il sentiero CAI 517 senza alcuna variante.
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Il dislivello reale dell’escursione è di circa 1.400 metri e non 1.561 come indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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Waypoints
Waypoint
3,385 ft
01 - Parcheggio all'ultimo tornante in località Cargadór
Waypoint
3,884 ft
02 - Primo bivio sentieri (in prossimità di una Croce) per salire verso le Buse dei Vedèi
Waypoint
4,206 ft
03 - Secondo bivio sentieri per salire verso le Buse dei Vedèi
Waypoint
5,114 ft
06 - Foto nel finale di avvicinamento alla lunga sella di inizio del Viàz Nord Orientale del Serva
Waypoint
5,379 ft
11 - Foto lungo il lato est del Viàz Nord Orientale del Serva (passaggio più difficile)
Waypoint
5,795 ft
17 - Forcella di svolta da versante est a nord lungo il Viàz Nord Orientale del Serva
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