Gruppo della Schiara: da La Stanga a Case Bortòt per Val de Piero, Forcella Odèrz e Trói de Panza
near Casa Candaten, Veneto (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Traversata dalla Val Cordevole alla Val dell’Ardo unendo due caratteristici itinerari che normalmente fanno escursione a sé.
La risalita della Val de Piero si può considerare difficile nella “scala Wikiloc” e può essere fatta in andata-ritorno; oppure in traversata, dopo aver scollinato per Forcella Oderz, passando per il Rifugio 7° Alpini.
Il gran viàz del Troi de Panza, invece, è più facilmente affrontabile con anello sempre per il Rifugio 7° Alpini.
A mio giudizio il Troi de Panza è da considerare molto difficile nella “scala Wikiloc” presupponendo condizioni ideali di percorrenza: asciutto perfetto, buona visibilità e tempo stabile.
Se non è così la situazione può complicarsi parecchio e diventa subito «per esperti» perché bisogna mettere in atto manovre più complesse.
Il passaggio della gran frana che ho trovato poco prima dell’arrivo nel Foss de i Pinèi è di difficile valutazione.
Come orientamento nella Val de Piero il percorso è quasi sempre obbligato e non ci si perde.
Il Troi de Panza, invece, è un tracciato alquanto complicato dove in qualche caso bisogna andare per l’alternativa meno evidente e meno logica tra quelle che si presentano alla vista.
La buona notizia è che i segnavia sono numerosi (nella media di questi tracciati) nelle varie forme di bolli gialli, bolli rossi (ben più abbondanti), ometti e rami tagliati.
Per il Troi de Panza la mia guida di riferimento è “SCHIARA TÀMER SPIZ DI MEZZODÌ” di Gianpaolo Sani e Franco Bristot.
Questo itinerario è stato percorso il giorno 11 giugno 2022, e tutte le osservazioni e considerazioni successive possono valere in pieno solo per le particolari condizioni di quel giorno.
È uno degli itinerari possibili «più difficili per il GPS».
La registrazione originale, in varie parti, assomigliava a un «quadro astratto».
Ho raddrizzato a mano varie linee che chiaramente possono solo essere indicative della direzione generale senza pensare di poterle replicare guardando sul proprio terminale.
Però con i numerosi segnavia e l’osservazione del territorio ci si arrangia.
È pure molto difficile stimare un dislivello corretto in mezzo a tante micro e macro risalite inserite in gole e strettoie.
Probabilmente il dislivello di salita è sui 1.900 metri o poco più.
In discesa è di meno per la differenza di quota tra la partenza di La Stanga e l’arrivo a Case Bortot: almeno, arrivando più alti, in bicicletta ci si diverte per il rientro con più discesa da fare! 😉
******************************
Risalita della Val de Piero da La Stanga a Forcella Odèrz
Si imbocca il CAI 502 a fianco del Ristorante Bar alla Stanga e si arriva facilmente, sotto un’antenna telefonica, al bivio con il sentiero che devia verso la Val Ru da Molín.
Poi si prosegue ancora per poco fino a un altro bivio dove un cavo guida al superamento di un saltino roccioso verso sinistra (a destra il largo sentiero va in discesa verso l’impluvio della valle).
Da qui inizia un lungo tratto nel bosco con segmenti esposti e vari “cavi corrimano”, seguito da una risalita in largo fianco boschivo e altro traverso che va a sfiorare l’impluvio.
Ci si alza ancora su un paio di placche rocciose assicurate con cavo e si arriva a un piccolo pulpito in uno slargo con varie cascate sulla destra direzione salita o sinistra idrografica.
Poco oltre la valle si dirama e bisogna salire (dopo aver attraversato il ramo sinistro direzione salita) un largo costone per lo più boscoso che sta in mezzo ai due rami.
Con salita varia e contorta del costone si entra ben più in alto nel ramo (senz’acqua a questo punto) di destra: nel punto di entrata (dal fianco sinistro direzione salita) bisogna adocchiare un costone roccioso secondario spostato a destra un po’ dentro l’impluvio, dove ci sono subito un paio di segnavia CAI e un cavo di aiuto per affrontare la prima verticalità.
Poi il cavo continua nel fondo del canale per aiutare nella risalita del piano di camminata assai scivoloso per le ghiaie, e si entra in un settore con base più solida dove i segnavia CAI guidano tra gli aggiramenti dei massi.
Si arriva così al gran finale sotto un intaglio dal lato destro direzione salita con dei massi incastrati non superabili nella stretta gola rocciosa.
Qui un altro cavo aiuta a superare i primi metri verticali sul fianco roccioso di sinistra, e poi fa entrare più in alto nello stretto e ripido canalino terminale.
Il cavo continua lungo tutto il lato sinistro direzione salita fino alla Forcella Oderz: è molto utile sia per faticare meno che per ottimizzare gli appoggi e non scaricare pietre su eventuali compagni di escursione che stanno sotto.
Attenzione perché il fondo è franoso e se il cavo risolve i problemi per sé stessi “non li risolve da solo” per gli altri.
(Arrivati in forcella, se ci si sposta qualche metro verso sud per vedere meglio il Burèl si arriva sotto una targhetta e i segnavia giallo-rossi del mitico Viàz dei Camòrz e dei Camorziéri: è la direzione verso l’inizio nei pressi della Pala Alta – dall’altro lato il Viàz dei Camòrz e dei Camorziéri prosegue fino al Monte Coro.)
Dalla Forcella Oderz alla Forcella Monpiana percorrendo il Troi de Panza
Da Forcella Oderz si continua in discesa sul facile lato est del CAI 502 in direzione del Rifugio 7° Alpini.
Più o meno a quota 1450/1460 dove il CAI 502 cala di pendenza a una curva verso sinistra, si stacca a destra un sentierino un po’ meno evidente dove si nota (almeno 10 metri verso l’interno) una tabella in legno: dal bivio non si legge la scritta, ma c’è scritto “Troi de Panza” – anzi, per la precisione, “Troi de Pan…” con il disegno di una bella pancia a fianco dei puntini.
Si attraversa il vallone-conca (passando, dove c’è l’impluvio, un po’ sotto una casetta in cemento dell’acquedotto) e si arriva subito alla cornice del passaggio che dà il nome a questo gran viàz: normalmente questi passaggi sono chiamati “passo del gatto” ma qui è un “passo de panza”.
È un passaggio molto esposto ma relativamente largo e, soprattutto, ben piatto che non dà mai l’impressione di buttarti in fuori verso l’esterno.
Non è assolutamente il passaggio più difficile del viàz.
Dopo i pochi “metri de panza” bisogna procedere ancora con la schiena piegata e si aggira un successivo spigoletto della montagna su buona base di camminamento.
Ora si prosegue in puro stile viàz tra brevi saliscendi in tagli di mughi, passaggi nei boschetti e testate di canaletti secondari.
Come scritto all’inizio, poco prima dell’arrivo nel Foss de i Pinei ho trovato un largo tratto di sentierino spazzato via da una recente frana: sicuramente recente perché la fascia rocciosa grigiastra che sta sopra era bianca nell’evidente punto di distacco.
Non è per niente facile: se dovessi scegliere un solo punto in cui potermi assicurare lungo tutto il viàz, lo farei qui.
Se, nell’attraversamento, si sta attaccati alla fascia rocciosa molto probabilmente non ci si ferma in caso di scivolata.
Se ci si cala un po’ sotto bisogna scegliere al millimetro i punti dove è apparentemente possibile piantare le scarpe nelle ghiaie durissime.
Comunque bisogna puntare a uno “spigoletto emergente” nel duro fianco ghiaioso, che si può risalire sulla massima pendenza fino a dove riprende la buona traccia sotto fascia rocciosa: non serve attraversare tutta la pericolosa conca.
“Riprendendo lo stile viàz di camminata” si arriva al fondo del canalone del Foss de i Pinèi.
Qui c’è uno dei casi citati all’inizio dove non si va per la soluzione evidente all’occhio: controllare sempre i segnavia.
Al fondo del canalone si nota poco sotto un evidente sentierino che continua in discesa e dove oggi c’erano pure vari camosci: è sbagliato e bisogna andare in salita.
Si sale nell’impluvio per poche decine di metri lineari (50 secondo la guida) e si svolta dentro il primo canale-intaglio sulla sinistra che si dirama quasi a tornante.
Ci sono un segnavia rosso all’angolo di svolta e poi un ometto poco dentro la diramazione, e ancora altri bolli rossi poco dopo.
In uscita la guida indica un saltino di I°+ un po’ viscido e friabile: sono sostanzialmente d’accordo, anche se più che friabile mi è sembrato con qualche ghiaia sopra il solido.
La mini-selletta di uscita porta subito sotto dei salti dove una evidente freccia rossa indica di salire tralasciando la prosecuzione in piano.
Il riferimento per la prosecuzione è un evidente larice che si nota alzando la testa e guardando, con la faccia rivolta alla parete, verso destra.
La guida indica II° grado per il salto roccioso iniziale, e i primi pochi metri lo sono: solidi e oggi perfettamente asciutti.
Ancora qualche metro più facile sul I° grado e poi bisogna piegare a destra su (parole della guida) “esili cenge esposte sopra alti strapiombi”.
È effettivamente così con appoggi minimi per i piedi (direi “II° grado orizzontale”).
Le buone notizie sono che la schiena non tira mai indietro e le mani servono (servono MOLTO) per equilibrio, e che le piccolissime mancanze di cornice (una o due spanne max) si risolvono con dei piccoli allungamenti di passo senza dover mai fare delle spaccate.
Si passa poco sopra il larice di riferimento e il viàz “prosegue normale” tra tagli nei mughi e qualche facile rampetta, fino a una panoramica sella sul filo del costone dei Làndre de i Pinèi.
Da qui, si traversa pochi metri per scendere poi un ripido erboso, e si continua a traversare in sottobosco passando un paio di ravvicinati canali secondari.
Ancora più di 200 metri lineari stile viàz con varie rientranze, a si arriva a un altro canale: qui si rimonta su un sentierino che va a sinistra per poche decine di metri su facile cornice fino all’aggiramento di uno spigolo dove ci sono un paio di bolli rossi evidenti e una sbiaditissima freccia rossa che indica di salire.
Qui la guida scrive “… si sale a destra per una cinquantina di metri su roccette di I° grado”.
In realtà i primi 3/4 metri mi sono sembrati di buon II° e poi anche meno di I°.
Però a metà risalita ho notato altri bolli rossi più in basso verso la mia destra che arrivavano da uno svasamento del pendio che inizia, evidentemente, pochi metri prima di dove io ho visto la freccia rossa: quindi direi che ci sono due soluzioni e tutte e due segnate.
Passata la mini-sella alla fine delle roccette si continua normalmente e ho trovato un cordino su clessidra poco prima di un traverso non particolarmente preoccupante.
Sempre guidati dai segnavia si arriva nel punto … dove inizia un settore con la minor frequenza di tutto il viàz.
Ci sono, in un tratto di sottobosco, due grossi bolli rossi su tronco di faggio con, subito sopra, una freccetta in legno dove la scritta non è quasi più leggibile: mi sembra sia scritto «VIAZ DELLA MULA», e non indica la continuazione del Troi de Panza.
Ancora avanti e si arriva in un facile valloncello diagonale da affrontare in salita verso destra fino a una sella dove, subito prima e subito dopo, si ritrova qualche bollo (sia rosso che giallo).
Dai bolli sul lato discesa, non bisogna continuare per l’invitante vallone erboso che cala nel gran canalone del Foss de i Sabiói, che poi è da risalire.
Bisogna traversare pochi metri su traccia a destra, passare un canaletto (non difficile anche se oggi trasudava acqua) e infilare una traccia tra i mughi-arbusti di fronte che continua tagliando il pendio molto-molto inclinato (qui la guida indica in realtà che si può anche scendere direttamente nel Foss de i Sabiói e risalire dal fondo più in basso).
Io ho visto due possibili inizi di traccia, ho preso quello di poco più alto ma ho quasi subito realizzato che era corretto l’altro.
Mi sono abbassato di livello e ho continuato senza più dubbi tra vari rami tagliati e qualche bollo rosso.
Serve attenzione in questo tratto dove, a mio giudizio, c’è qualche passo di “I° grado orizzontale” ben esposto.
Si arriva nell’impluvio del Foss de i Sabiói appena sopra i primi grossi massi, e bisogna attraversarlo per andare su una traccia-sentierino che corre in sinistra direzione salita o destra idrografica: se si seguono i segnavia non si sta mai sul fondo del gran canalone.
Si continua intuitivamente in qualche tratto dove mancano segnalazioni tra tratti di camminamento senza o con arbusti-mughi.
Si arriva, sempre ben staccati sul fianco sopra l’impluvio, contro uno spigoletto secondario dove si nota un bollo rosso in alto, si risalgono le roccette e si entra in un taglio di mughi a destra che porta subito sotto l’articolato fianco roccioso di uscita.
Qui, dopo aver traversato ancora qualche metro, ho visto un paio di ometti più in alto e li ho raggiunti – dagli ometti si nota che si può raggiungerli in altri modi girando in su più verso la parte alta del largo canalone.
La guida indica 300 metri lineari di percorrenza tra l’entrata nel Foss de i Sabiói e l’inizio dell’uscita: secondo me sono 300 metri se si scende subito nel canale per la variante che ho citato sopra, ma sono ben di meno se si scende per il traverso delicato con i segnavia.
Ricapitolando: l’uscita da questo canalone del Foss de i Sabiói in pratica è un largo tornantone a sinistra in decisa salita.
Comunque, dall’ometto più alto si nota un bollo rosso che porta dentro un taglio di mughi che scende poi ripido ma non difficile su una bancata erbosa “rilassante”.
(Qui la guida indica l’esistenza di una variante di discesa – che non ho verificato – più ripida e assicurata con cavo.)
La bancata erbosa porta in discesa sotto il quasi verticale salto roccioso dello Scalét del Vesìn che si affronta con l’aiuto di un cavo: serve un po’ di attenzione anche qui perché l’ho trovato umido in una giornata dov’era asciutto dappertutto.
Poi rimane il giro della gran conca successiva, ancora tra tratti di camminamento stile viàz (non difficili ora) e tratti di normale sentiero, tra i mughi o in sottobosco.
Si arriva sotto una sella erbosa che si raggiunge superando prima un salto con facili roccette di I° grado: qui la guida scrive che il salto è assicurato, ma io non ho visto nulla a riguardo.
Dall’altro lato di questa sella si trova il sentiero che porta in breve a Forcella Monpiana, ma io ho tagliato prima in salita per prati verso l’elevazione panoramica di quota 1.688 che sta tra queste ultime due forcelle.
Poi sono sceso direttamente a Forcella Monpiana e ho seguito il facile CAI 506 fino al parcheggio di fine escursione a Case Bortot.
Finita … o quasi, dato che avevo previsto il rientro a La Stanga con la mia mountain bike. 😉
La risalita della Val de Piero si può considerare difficile nella “scala Wikiloc” e può essere fatta in andata-ritorno; oppure in traversata, dopo aver scollinato per Forcella Oderz, passando per il Rifugio 7° Alpini.
Il gran viàz del Troi de Panza, invece, è più facilmente affrontabile con anello sempre per il Rifugio 7° Alpini.
A mio giudizio il Troi de Panza è da considerare molto difficile nella “scala Wikiloc” presupponendo condizioni ideali di percorrenza: asciutto perfetto, buona visibilità e tempo stabile.
Se non è così la situazione può complicarsi parecchio e diventa subito «per esperti» perché bisogna mettere in atto manovre più complesse.
Il passaggio della gran frana che ho trovato poco prima dell’arrivo nel Foss de i Pinèi è di difficile valutazione.
Come orientamento nella Val de Piero il percorso è quasi sempre obbligato e non ci si perde.
Il Troi de Panza, invece, è un tracciato alquanto complicato dove in qualche caso bisogna andare per l’alternativa meno evidente e meno logica tra quelle che si presentano alla vista.
La buona notizia è che i segnavia sono numerosi (nella media di questi tracciati) nelle varie forme di bolli gialli, bolli rossi (ben più abbondanti), ometti e rami tagliati.
Per il Troi de Panza la mia guida di riferimento è “SCHIARA TÀMER SPIZ DI MEZZODÌ” di Gianpaolo Sani e Franco Bristot.
Questo itinerario è stato percorso il giorno 11 giugno 2022, e tutte le osservazioni e considerazioni successive possono valere in pieno solo per le particolari condizioni di quel giorno.
È uno degli itinerari possibili «più difficili per il GPS».
La registrazione originale, in varie parti, assomigliava a un «quadro astratto».
Ho raddrizzato a mano varie linee che chiaramente possono solo essere indicative della direzione generale senza pensare di poterle replicare guardando sul proprio terminale.
Però con i numerosi segnavia e l’osservazione del territorio ci si arrangia.
È pure molto difficile stimare un dislivello corretto in mezzo a tante micro e macro risalite inserite in gole e strettoie.
Probabilmente il dislivello di salita è sui 1.900 metri o poco più.
In discesa è di meno per la differenza di quota tra la partenza di La Stanga e l’arrivo a Case Bortot: almeno, arrivando più alti, in bicicletta ci si diverte per il rientro con più discesa da fare! 😉
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Risalita della Val de Piero da La Stanga a Forcella Odèrz
Si imbocca il CAI 502 a fianco del Ristorante Bar alla Stanga e si arriva facilmente, sotto un’antenna telefonica, al bivio con il sentiero che devia verso la Val Ru da Molín.
Poi si prosegue ancora per poco fino a un altro bivio dove un cavo guida al superamento di un saltino roccioso verso sinistra (a destra il largo sentiero va in discesa verso l’impluvio della valle).
Da qui inizia un lungo tratto nel bosco con segmenti esposti e vari “cavi corrimano”, seguito da una risalita in largo fianco boschivo e altro traverso che va a sfiorare l’impluvio.
Ci si alza ancora su un paio di placche rocciose assicurate con cavo e si arriva a un piccolo pulpito in uno slargo con varie cascate sulla destra direzione salita o sinistra idrografica.
Poco oltre la valle si dirama e bisogna salire (dopo aver attraversato il ramo sinistro direzione salita) un largo costone per lo più boscoso che sta in mezzo ai due rami.
Con salita varia e contorta del costone si entra ben più in alto nel ramo (senz’acqua a questo punto) di destra: nel punto di entrata (dal fianco sinistro direzione salita) bisogna adocchiare un costone roccioso secondario spostato a destra un po’ dentro l’impluvio, dove ci sono subito un paio di segnavia CAI e un cavo di aiuto per affrontare la prima verticalità.
Poi il cavo continua nel fondo del canale per aiutare nella risalita del piano di camminata assai scivoloso per le ghiaie, e si entra in un settore con base più solida dove i segnavia CAI guidano tra gli aggiramenti dei massi.
Si arriva così al gran finale sotto un intaglio dal lato destro direzione salita con dei massi incastrati non superabili nella stretta gola rocciosa.
Qui un altro cavo aiuta a superare i primi metri verticali sul fianco roccioso di sinistra, e poi fa entrare più in alto nello stretto e ripido canalino terminale.
Il cavo continua lungo tutto il lato sinistro direzione salita fino alla Forcella Oderz: è molto utile sia per faticare meno che per ottimizzare gli appoggi e non scaricare pietre su eventuali compagni di escursione che stanno sotto.
Attenzione perché il fondo è franoso e se il cavo risolve i problemi per sé stessi “non li risolve da solo” per gli altri.
(Arrivati in forcella, se ci si sposta qualche metro verso sud per vedere meglio il Burèl si arriva sotto una targhetta e i segnavia giallo-rossi del mitico Viàz dei Camòrz e dei Camorziéri: è la direzione verso l’inizio nei pressi della Pala Alta – dall’altro lato il Viàz dei Camòrz e dei Camorziéri prosegue fino al Monte Coro.)
Dalla Forcella Oderz alla Forcella Monpiana percorrendo il Troi de Panza
Da Forcella Oderz si continua in discesa sul facile lato est del CAI 502 in direzione del Rifugio 7° Alpini.
Più o meno a quota 1450/1460 dove il CAI 502 cala di pendenza a una curva verso sinistra, si stacca a destra un sentierino un po’ meno evidente dove si nota (almeno 10 metri verso l’interno) una tabella in legno: dal bivio non si legge la scritta, ma c’è scritto “Troi de Panza” – anzi, per la precisione, “Troi de Pan…” con il disegno di una bella pancia a fianco dei puntini.
Si attraversa il vallone-conca (passando, dove c’è l’impluvio, un po’ sotto una casetta in cemento dell’acquedotto) e si arriva subito alla cornice del passaggio che dà il nome a questo gran viàz: normalmente questi passaggi sono chiamati “passo del gatto” ma qui è un “passo de panza”.
È un passaggio molto esposto ma relativamente largo e, soprattutto, ben piatto che non dà mai l’impressione di buttarti in fuori verso l’esterno.
Non è assolutamente il passaggio più difficile del viàz.
Dopo i pochi “metri de panza” bisogna procedere ancora con la schiena piegata e si aggira un successivo spigoletto della montagna su buona base di camminamento.
Ora si prosegue in puro stile viàz tra brevi saliscendi in tagli di mughi, passaggi nei boschetti e testate di canaletti secondari.
Come scritto all’inizio, poco prima dell’arrivo nel Foss de i Pinei ho trovato un largo tratto di sentierino spazzato via da una recente frana: sicuramente recente perché la fascia rocciosa grigiastra che sta sopra era bianca nell’evidente punto di distacco.
Non è per niente facile: se dovessi scegliere un solo punto in cui potermi assicurare lungo tutto il viàz, lo farei qui.
Se, nell’attraversamento, si sta attaccati alla fascia rocciosa molto probabilmente non ci si ferma in caso di scivolata.
Se ci si cala un po’ sotto bisogna scegliere al millimetro i punti dove è apparentemente possibile piantare le scarpe nelle ghiaie durissime.
Comunque bisogna puntare a uno “spigoletto emergente” nel duro fianco ghiaioso, che si può risalire sulla massima pendenza fino a dove riprende la buona traccia sotto fascia rocciosa: non serve attraversare tutta la pericolosa conca.
“Riprendendo lo stile viàz di camminata” si arriva al fondo del canalone del Foss de i Pinèi.
Qui c’è uno dei casi citati all’inizio dove non si va per la soluzione evidente all’occhio: controllare sempre i segnavia.
Al fondo del canalone si nota poco sotto un evidente sentierino che continua in discesa e dove oggi c’erano pure vari camosci: è sbagliato e bisogna andare in salita.
Si sale nell’impluvio per poche decine di metri lineari (50 secondo la guida) e si svolta dentro il primo canale-intaglio sulla sinistra che si dirama quasi a tornante.
Ci sono un segnavia rosso all’angolo di svolta e poi un ometto poco dentro la diramazione, e ancora altri bolli rossi poco dopo.
In uscita la guida indica un saltino di I°+ un po’ viscido e friabile: sono sostanzialmente d’accordo, anche se più che friabile mi è sembrato con qualche ghiaia sopra il solido.
La mini-selletta di uscita porta subito sotto dei salti dove una evidente freccia rossa indica di salire tralasciando la prosecuzione in piano.
Il riferimento per la prosecuzione è un evidente larice che si nota alzando la testa e guardando, con la faccia rivolta alla parete, verso destra.
La guida indica II° grado per il salto roccioso iniziale, e i primi pochi metri lo sono: solidi e oggi perfettamente asciutti.
Ancora qualche metro più facile sul I° grado e poi bisogna piegare a destra su (parole della guida) “esili cenge esposte sopra alti strapiombi”.
È effettivamente così con appoggi minimi per i piedi (direi “II° grado orizzontale”).
Le buone notizie sono che la schiena non tira mai indietro e le mani servono (servono MOLTO) per equilibrio, e che le piccolissime mancanze di cornice (una o due spanne max) si risolvono con dei piccoli allungamenti di passo senza dover mai fare delle spaccate.
Si passa poco sopra il larice di riferimento e il viàz “prosegue normale” tra tagli nei mughi e qualche facile rampetta, fino a una panoramica sella sul filo del costone dei Làndre de i Pinèi.
Da qui, si traversa pochi metri per scendere poi un ripido erboso, e si continua a traversare in sottobosco passando un paio di ravvicinati canali secondari.
Ancora più di 200 metri lineari stile viàz con varie rientranze, a si arriva a un altro canale: qui si rimonta su un sentierino che va a sinistra per poche decine di metri su facile cornice fino all’aggiramento di uno spigolo dove ci sono un paio di bolli rossi evidenti e una sbiaditissima freccia rossa che indica di salire.
Qui la guida scrive “… si sale a destra per una cinquantina di metri su roccette di I° grado”.
In realtà i primi 3/4 metri mi sono sembrati di buon II° e poi anche meno di I°.
Però a metà risalita ho notato altri bolli rossi più in basso verso la mia destra che arrivavano da uno svasamento del pendio che inizia, evidentemente, pochi metri prima di dove io ho visto la freccia rossa: quindi direi che ci sono due soluzioni e tutte e due segnate.
Passata la mini-sella alla fine delle roccette si continua normalmente e ho trovato un cordino su clessidra poco prima di un traverso non particolarmente preoccupante.
Sempre guidati dai segnavia si arriva nel punto … dove inizia un settore con la minor frequenza di tutto il viàz.
Ci sono, in un tratto di sottobosco, due grossi bolli rossi su tronco di faggio con, subito sopra, una freccetta in legno dove la scritta non è quasi più leggibile: mi sembra sia scritto «VIAZ DELLA MULA», e non indica la continuazione del Troi de Panza.
Ancora avanti e si arriva in un facile valloncello diagonale da affrontare in salita verso destra fino a una sella dove, subito prima e subito dopo, si ritrova qualche bollo (sia rosso che giallo).
Dai bolli sul lato discesa, non bisogna continuare per l’invitante vallone erboso che cala nel gran canalone del Foss de i Sabiói, che poi è da risalire.
Bisogna traversare pochi metri su traccia a destra, passare un canaletto (non difficile anche se oggi trasudava acqua) e infilare una traccia tra i mughi-arbusti di fronte che continua tagliando il pendio molto-molto inclinato (qui la guida indica in realtà che si può anche scendere direttamente nel Foss de i Sabiói e risalire dal fondo più in basso).
Io ho visto due possibili inizi di traccia, ho preso quello di poco più alto ma ho quasi subito realizzato che era corretto l’altro.
Mi sono abbassato di livello e ho continuato senza più dubbi tra vari rami tagliati e qualche bollo rosso.
Serve attenzione in questo tratto dove, a mio giudizio, c’è qualche passo di “I° grado orizzontale” ben esposto.
Si arriva nell’impluvio del Foss de i Sabiói appena sopra i primi grossi massi, e bisogna attraversarlo per andare su una traccia-sentierino che corre in sinistra direzione salita o destra idrografica: se si seguono i segnavia non si sta mai sul fondo del gran canalone.
Si continua intuitivamente in qualche tratto dove mancano segnalazioni tra tratti di camminamento senza o con arbusti-mughi.
Si arriva, sempre ben staccati sul fianco sopra l’impluvio, contro uno spigoletto secondario dove si nota un bollo rosso in alto, si risalgono le roccette e si entra in un taglio di mughi a destra che porta subito sotto l’articolato fianco roccioso di uscita.
Qui, dopo aver traversato ancora qualche metro, ho visto un paio di ometti più in alto e li ho raggiunti – dagli ometti si nota che si può raggiungerli in altri modi girando in su più verso la parte alta del largo canalone.
La guida indica 300 metri lineari di percorrenza tra l’entrata nel Foss de i Sabiói e l’inizio dell’uscita: secondo me sono 300 metri se si scende subito nel canale per la variante che ho citato sopra, ma sono ben di meno se si scende per il traverso delicato con i segnavia.
Ricapitolando: l’uscita da questo canalone del Foss de i Sabiói in pratica è un largo tornantone a sinistra in decisa salita.
Comunque, dall’ometto più alto si nota un bollo rosso che porta dentro un taglio di mughi che scende poi ripido ma non difficile su una bancata erbosa “rilassante”.
(Qui la guida indica l’esistenza di una variante di discesa – che non ho verificato – più ripida e assicurata con cavo.)
La bancata erbosa porta in discesa sotto il quasi verticale salto roccioso dello Scalét del Vesìn che si affronta con l’aiuto di un cavo: serve un po’ di attenzione anche qui perché l’ho trovato umido in una giornata dov’era asciutto dappertutto.
Poi rimane il giro della gran conca successiva, ancora tra tratti di camminamento stile viàz (non difficili ora) e tratti di normale sentiero, tra i mughi o in sottobosco.
Si arriva sotto una sella erbosa che si raggiunge superando prima un salto con facili roccette di I° grado: qui la guida scrive che il salto è assicurato, ma io non ho visto nulla a riguardo.
Dall’altro lato di questa sella si trova il sentiero che porta in breve a Forcella Monpiana, ma io ho tagliato prima in salita per prati verso l’elevazione panoramica di quota 1.688 che sta tra queste ultime due forcelle.
Poi sono sceso direttamente a Forcella Monpiana e ho seguito il facile CAI 506 fino al parcheggio di fine escursione a Case Bortot.
Finita … o quasi, dato che avevo previsto il rientro a La Stanga con la mia mountain bike. 😉
Waypoints
Waypoint
1,413 ft
01 - Parcheggio 100 metri a nord del Ristorante Bar alla Stanga
Waypoint
4,373 ft
07 - Rientro nell'impluvio in alta Val de Piero dopo la risalita del costone divisorio
Waypoint
5,348 ft
10 - Base intaglio con massi incastrati e cavo di sicurezza sulle roccette di sinistra nel finale della Val de Piero
Waypoint
4,806 ft
17 - Testata canalino secondario di uscita dal Foss de i Pinèi e base roccette di II° grado iniziale
Waypoint
4,613 ft
20 - Attacco roccette poco dopo il passaggio di un canaletto in uscita dall'area sopra la Posta del Zóc
Waypoint
4,721 ft
21 - Segnavia di riferimento nel bosco poco prima di salire alla sella di accesso al Valón o Foss de i Sabiói
Waypoint
4,856 ft
23 - Discesa per l'attraversamento del fondo del Valón o Foss de i Sabiói verso una traccia in destra idrografica
Waypoint
4,872 ft
24 - Ritrovo traccia segnata in destra idrografica dopo l'attraversamento del fondo del Valón o Foss de i Sabiói
Waypoint
5,512 ft
31 - Foto varie dall'area dell'elevazione quotata 1688 a nord di Forcella Monpiana
Waypoint
5,295 ft
32 - Forcella Monpiana
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