Gruppo del Cimónega: Piz de Sagrón, Piz de Mez e Sasso delle Undici dalla Val Canzoi al Passo Cereda
near Montagne, Veneto (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Salite a tre cime lungo il ben noto (nei due sensi) percorso di traversata tra il Feltrino e il Sagron Mis.
Dal lato Sagron Mis si risparmiano km lineari e dislivello stabilendo il punto di inizio/termine alla fine della stradetta asfaltata della località Matiuz.
La via normale al Piz de Mez è nettamente più abbordabile delle altre due.
A mio giudizio, il Sasso delle Undici è da considerare un po’ più impegnativo del Piz de Sagrón, perché il suo passaggio chiave (il tratto di cengia sul lato nord) non è facilmente assicurabile come il tratto chiave del Piz de Sagrón (l’attacco iniziale su roccette di II° grado).
Sul Piz de Mez e sul Sasso delle Undici si è guidati da numerosi ometti.
Sul Piz de Sagrón, oltre agli ometti, ci sono molti segni a bande biancorosse stile CAI, e qualche semplice bollo rosso, che di fatto sostituiscono e migliorano la vecchia segnatura originale di color verde ormai sbiaditissima e poco visibile.
Il Bivacco Feltre e Walter Bodo è il punto ideale di appoggio per affrontare con calma tutte queste salite (e molte altre).
La descrizione delle tre salite parte sempre da una visuale escursionistica e non alpinistica.
DALLA VAL CANZOI AL BIVACCO FELTRE E WALTER BODO
Dal parcheggio, con breve tratto asfaltato, si arriva al Lago della Stua dove si imbocca il sentiero CAI 806 che inizialmente scorre sul lungolago.
Poi il sentiero CAI 806 si infila nella Val Caorame e la risale tutta; non c’è nulla di difficile fino a Casera Cimonega, basta solo stare attenti a non scivolare negli attraversamenti del Torrente Caorame.
Dopo Casera Cimonega, dove c’è un locale bivacco sempre aperto (per raggiungerla serve una deviazione di pochi metri dal sentiero principale), si fa un tratto piano e si inizia la salita finale verso il Bivacco Feltre e Walter Bodo.
Il sentiero continua ben segnato e va ad immettersi nel CAI 801 Alta Via n.2 sotto il Col del Mul; poi, con ultimo traverso verso destra, si arriva al Bivacco Feltre e Walter Bodo.
Tutta questa salita finale richiede più attenzione della prima parte del CAI 806: ci sono più possibilità di incontrare passaggi scivolosi e sono presenti alcune attrezzature di aiuto.
Resta una salita nettamente più semplice della discesa finale dell’escursione.
SALITA AL PIZ DE SAGRÓN
Dal Bivacco Feltre e Walter Bodo si segue verso nord il sentiero che sale sul fianco destro (direzione salita) del Pian della Regina.
Prima del caratteristico grande sperone roccioso del Vomere, la traccia piega a destra in salita più decisa e passa sopra al Vomere disegnando un grande arco fino alla base dell’attacco della via normale: da qui, secondo il mio GPS, rimangono fra i 120 e 130 metri di dislivello per arrivare in vetta.
All’attacco ci sono 4/5 metri di vero II° grado, e poi la parete continua ancora per qualche metro sul I° grado e infine “solo sul ripido”, fino al punto in cui i segnavia fanno svoltare verso sinistra.
Appigli e appoggi sono solidi per questi primi metri, e si vedono bene anche a scendere: tuttavia serve tecnica arrampicatoria.
In questo tratto iniziale ho visto tre cordini ad anello su clessidra: uno è appena sopra “il vero II° grado” e gli altri due distanziati di svariati metri più in alto.
Se ci si vuol assicurare solo sui primissimi metri più difficili, basta uno spezzone di corda di 10/15 metri.
Finita tutta la prima parte ripida, il traverso verso sinistra procede fra tracce e facili saltini con almeno una placca rocciosa inclinata lateralmente dove serve più attenzione per gli appoggi “non a misura di scarpa”.
Segue un traverso quasi altrettanto lungo verso destra con l’aspetto per lo più di cengia, con un paio di brevi restringimenti ben gestibili.
Si arriva a un nuovo tratto ripido con qualche passo di I° grado ma non sul livello di quello iniziale.
Qui in discesa ho notato “due aiutini” che non avevo visto in salita: un cordino su clessidra e uno fra due chiodi “a forma di quasi sosta” (in discesa si trova prima quello a quasi sosta).
Finito il secondo ripido si va verso la cresta est e facilmente in vetta.
In conclusione, con un uso elementare della corda si può considerare una salita sicura.
SALITA AL PIZ DE MEZ
Dall’attacco di II° grado per il Piz de Sagrón si scende liberamente in diagonale il pendio verso la sella che sta appena sotto il Piz de Mez.
Si arriva nell’evidente depressione che sta poco sotto la sella dove compaiono gli ometti.
Dalla sella si prosegue per facile cengia sotto parete fino a un ometto che sta alla base di un breve canale con un piccolo masso incastrato all’inizio.
Difficile dire quanti metri percorrere di traverso dalla sella, perché la sella è molto larga e dipende in che punto ci si sale sopra: io ne ho fatti circa 100 ma è un dato variabile.
Il piccolo masso incastrato si supera con un’unica sbracciata di I° grado, e poi si cammina fino in vetta.
Finito il breve canalino, a dire il vero ci sono ometti in due direzioni: in salita li ho visti verso sinistra e in discesa sono arrivato sul canalino dall’altra direzione.
Comunque è tutto intuitivo, qualche ometto si vede e basta spingere con le gambe per il fondo a tratti ghiaioso e faticoso; è breve perché dalla base del canalino alla vetta sono meno di 100 metri di dislivello.
Non si arriva direttamente in vetta, ma si rimonta prima sulla facile cresta ovest passando dall’ombra della parete nord a un finale assolato di quasi 100 metri lineari in linea d’aria.
In discesa, per ricollegarmi al sentiero verso il Bivacco Feltre e Walter Bodo, non sono ritornato per l’attacco della via normale al Piz de Sagrón, ma per risparmiare dislivello ho tagliato più in piano sopra i dirupi che cascano sul Pian della Regina: con ottima visibilità si può fare in sicurezza, altrimenti può diventare una scelta azzardata.
SALITA AL SASSO DELLE UNDICI
L’attacco è poco prima (lato feltrino sud) del Passo del Comedón, dove si notano degli ometti disposti lungo una striscia erbosa che stacca in mezzo al fianco montuoso dall’aspetto quasi uniforme di roccette e ghiaie.
Da qui sono circa 200 metri “netti” di dislivello per la vetta, ma ci sono varie risalitine in cresta che aumentano questo dato.
I primi 80 metri circa di dislivello sono diretti per raggiungere la cresta sud-est.
La cresta si può dividere in due parti: la prima abbastanza regolare (ma non è sentiero, è vera cresta), e la seconda più contorta con roccette e intagli vari da affrontare in saliscendi per superare vari “cucuzzoli” prima di arrivare in vetta (qualche I° grado c’è).
La seconda parte è spezzata in due da una breve cengia che è l’unico tratto che scorre sul lato nord.
La cengia è espostissima e difficile, perlomeno mentalmente difficile: meriterebbe un nome proprio definito viste le sue particolari caratteristiche.
Inizia in piano su verde/erba con degli “scavetti” dove si possono infilare/appoggiare le scarpe: il pendio sotto e di fianco è inclinatissimo e non è ammesso il benché minimo sbilanciamento – il senso di profondità … fa senso.
Poi va in leggera ascesa nella stessa direzione con base roccette sporche di ghiaie: “non sporchissime”, si gestisce con calma tenendo conto sempre della gran esposizione.
Appena prima di una piccola costola, la cornice gira a gomito in direzione contraria: qui è un’ascesa leggera che a un primo colpo d’occhio sembra relativamente più tranquilla, ma procedendo si trovano un paio di brevi restringimenti che richiedono molta attenzione.
La parte che in salita viene subito dopo l’erba, in discesa è più difficile.
Cengia a parte, ci sono altri tratti dove si trova un po’ di friabilità di fondo, ma andando piano e puntando bene i numerosi ometti si procede senza ansie particolari.
Nonostante i numerosi ometti, qui la buona visibilità è fondamentale per non finire nei guai.
DISCESA DAL PASSO DEL COMEDÓN AL PASSO CEREDA PER IL SENTIERO DEL CANALONE DELL’INTAIADA
Se si inizia facendo bene “mente locale” che è un sentiero diverso dal solito e che “insiste nella sua diversità”, si può fare anche con divertimento.
Se si inizia dopo aver fatto esattamente la versione integrale di questa escursione, bisogna tener conto di aver già ampiamente oltre i 2.000 metri di dislivello di salita nelle gambe.
Il Canalone dell’Intaiada, a un primo colpo d’occhio, sembra una gran frana, ma è pur sempre un tratto dell’Alta Via n.2, e come tale è ben segnato e si percorre sicuramente per le linee migliori possibili.
Si trovano tutti i tipi di pendenze e soprattutto di fondo: duro con leggero strato di ghiaia, molto ghiaioso, pietre e pietrisco vario, placche lisce, ecc.
Molto utili un buon paio di scarpe non consumate e … un buon paio di gambe.
Ci sono vari segmenti attrezzati, per lo più dei semplici corrimano; un paio di segmenti, però, sono dei veri passaggi di via ferrata; all’uscita del canalone c’è una scaletta di grappe metalliche su placca rocciosa: non è ripida ma è “storta”, e in discesa bisogna valutarla bene senza passare in velocità.
Dopo la scaletta si va sul facile, fino a infilarsi in un rilassante tratto boschivo che porta a una stradetta forestale; la strada forestale finisce al parcheggio che si trova alla fine della strada asfaltata che sale dalla località Matiuz o Mattiuzzi.
Oggi, però, il programma prevedeva l’arrivo al Passo Cereda.
Dalla zona parcheggio si risale su sentiero nel bosco per 90 metri circa di dislivello e si arriva nella larga forestale finale che in mezz’oretta conduce al Passo Cereda.
***********
Il dislivello reale dell’escursione è di circa 250 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc: 2.720 metri di salita e 1.995 di discesa.
Dal lato Sagron Mis si risparmiano km lineari e dislivello stabilendo il punto di inizio/termine alla fine della stradetta asfaltata della località Matiuz.
La via normale al Piz de Mez è nettamente più abbordabile delle altre due.
A mio giudizio, il Sasso delle Undici è da considerare un po’ più impegnativo del Piz de Sagrón, perché il suo passaggio chiave (il tratto di cengia sul lato nord) non è facilmente assicurabile come il tratto chiave del Piz de Sagrón (l’attacco iniziale su roccette di II° grado).
Sul Piz de Mez e sul Sasso delle Undici si è guidati da numerosi ometti.
Sul Piz de Sagrón, oltre agli ometti, ci sono molti segni a bande biancorosse stile CAI, e qualche semplice bollo rosso, che di fatto sostituiscono e migliorano la vecchia segnatura originale di color verde ormai sbiaditissima e poco visibile.
Il Bivacco Feltre e Walter Bodo è il punto ideale di appoggio per affrontare con calma tutte queste salite (e molte altre).
La descrizione delle tre salite parte sempre da una visuale escursionistica e non alpinistica.
DALLA VAL CANZOI AL BIVACCO FELTRE E WALTER BODO
Dal parcheggio, con breve tratto asfaltato, si arriva al Lago della Stua dove si imbocca il sentiero CAI 806 che inizialmente scorre sul lungolago.
Poi il sentiero CAI 806 si infila nella Val Caorame e la risale tutta; non c’è nulla di difficile fino a Casera Cimonega, basta solo stare attenti a non scivolare negli attraversamenti del Torrente Caorame.
Dopo Casera Cimonega, dove c’è un locale bivacco sempre aperto (per raggiungerla serve una deviazione di pochi metri dal sentiero principale), si fa un tratto piano e si inizia la salita finale verso il Bivacco Feltre e Walter Bodo.
Il sentiero continua ben segnato e va ad immettersi nel CAI 801 Alta Via n.2 sotto il Col del Mul; poi, con ultimo traverso verso destra, si arriva al Bivacco Feltre e Walter Bodo.
Tutta questa salita finale richiede più attenzione della prima parte del CAI 806: ci sono più possibilità di incontrare passaggi scivolosi e sono presenti alcune attrezzature di aiuto.
Resta una salita nettamente più semplice della discesa finale dell’escursione.
SALITA AL PIZ DE SAGRÓN
Dal Bivacco Feltre e Walter Bodo si segue verso nord il sentiero che sale sul fianco destro (direzione salita) del Pian della Regina.
Prima del caratteristico grande sperone roccioso del Vomere, la traccia piega a destra in salita più decisa e passa sopra al Vomere disegnando un grande arco fino alla base dell’attacco della via normale: da qui, secondo il mio GPS, rimangono fra i 120 e 130 metri di dislivello per arrivare in vetta.
All’attacco ci sono 4/5 metri di vero II° grado, e poi la parete continua ancora per qualche metro sul I° grado e infine “solo sul ripido”, fino al punto in cui i segnavia fanno svoltare verso sinistra.
Appigli e appoggi sono solidi per questi primi metri, e si vedono bene anche a scendere: tuttavia serve tecnica arrampicatoria.
In questo tratto iniziale ho visto tre cordini ad anello su clessidra: uno è appena sopra “il vero II° grado” e gli altri due distanziati di svariati metri più in alto.
Se ci si vuol assicurare solo sui primissimi metri più difficili, basta uno spezzone di corda di 10/15 metri.
Finita tutta la prima parte ripida, il traverso verso sinistra procede fra tracce e facili saltini con almeno una placca rocciosa inclinata lateralmente dove serve più attenzione per gli appoggi “non a misura di scarpa”.
Segue un traverso quasi altrettanto lungo verso destra con l’aspetto per lo più di cengia, con un paio di brevi restringimenti ben gestibili.
Si arriva a un nuovo tratto ripido con qualche passo di I° grado ma non sul livello di quello iniziale.
Qui in discesa ho notato “due aiutini” che non avevo visto in salita: un cordino su clessidra e uno fra due chiodi “a forma di quasi sosta” (in discesa si trova prima quello a quasi sosta).
Finito il secondo ripido si va verso la cresta est e facilmente in vetta.
In conclusione, con un uso elementare della corda si può considerare una salita sicura.
SALITA AL PIZ DE MEZ
Dall’attacco di II° grado per il Piz de Sagrón si scende liberamente in diagonale il pendio verso la sella che sta appena sotto il Piz de Mez.
Si arriva nell’evidente depressione che sta poco sotto la sella dove compaiono gli ometti.
Dalla sella si prosegue per facile cengia sotto parete fino a un ometto che sta alla base di un breve canale con un piccolo masso incastrato all’inizio.
Difficile dire quanti metri percorrere di traverso dalla sella, perché la sella è molto larga e dipende in che punto ci si sale sopra: io ne ho fatti circa 100 ma è un dato variabile.
Il piccolo masso incastrato si supera con un’unica sbracciata di I° grado, e poi si cammina fino in vetta.
Finito il breve canalino, a dire il vero ci sono ometti in due direzioni: in salita li ho visti verso sinistra e in discesa sono arrivato sul canalino dall’altra direzione.
Comunque è tutto intuitivo, qualche ometto si vede e basta spingere con le gambe per il fondo a tratti ghiaioso e faticoso; è breve perché dalla base del canalino alla vetta sono meno di 100 metri di dislivello.
Non si arriva direttamente in vetta, ma si rimonta prima sulla facile cresta ovest passando dall’ombra della parete nord a un finale assolato di quasi 100 metri lineari in linea d’aria.
In discesa, per ricollegarmi al sentiero verso il Bivacco Feltre e Walter Bodo, non sono ritornato per l’attacco della via normale al Piz de Sagrón, ma per risparmiare dislivello ho tagliato più in piano sopra i dirupi che cascano sul Pian della Regina: con ottima visibilità si può fare in sicurezza, altrimenti può diventare una scelta azzardata.
SALITA AL SASSO DELLE UNDICI
L’attacco è poco prima (lato feltrino sud) del Passo del Comedón, dove si notano degli ometti disposti lungo una striscia erbosa che stacca in mezzo al fianco montuoso dall’aspetto quasi uniforme di roccette e ghiaie.
Da qui sono circa 200 metri “netti” di dislivello per la vetta, ma ci sono varie risalitine in cresta che aumentano questo dato.
I primi 80 metri circa di dislivello sono diretti per raggiungere la cresta sud-est.
La cresta si può dividere in due parti: la prima abbastanza regolare (ma non è sentiero, è vera cresta), e la seconda più contorta con roccette e intagli vari da affrontare in saliscendi per superare vari “cucuzzoli” prima di arrivare in vetta (qualche I° grado c’è).
La seconda parte è spezzata in due da una breve cengia che è l’unico tratto che scorre sul lato nord.
La cengia è espostissima e difficile, perlomeno mentalmente difficile: meriterebbe un nome proprio definito viste le sue particolari caratteristiche.
Inizia in piano su verde/erba con degli “scavetti” dove si possono infilare/appoggiare le scarpe: il pendio sotto e di fianco è inclinatissimo e non è ammesso il benché minimo sbilanciamento – il senso di profondità … fa senso.
Poi va in leggera ascesa nella stessa direzione con base roccette sporche di ghiaie: “non sporchissime”, si gestisce con calma tenendo conto sempre della gran esposizione.
Appena prima di una piccola costola, la cornice gira a gomito in direzione contraria: qui è un’ascesa leggera che a un primo colpo d’occhio sembra relativamente più tranquilla, ma procedendo si trovano un paio di brevi restringimenti che richiedono molta attenzione.
La parte che in salita viene subito dopo l’erba, in discesa è più difficile.
Cengia a parte, ci sono altri tratti dove si trova un po’ di friabilità di fondo, ma andando piano e puntando bene i numerosi ometti si procede senza ansie particolari.
Nonostante i numerosi ometti, qui la buona visibilità è fondamentale per non finire nei guai.
DISCESA DAL PASSO DEL COMEDÓN AL PASSO CEREDA PER IL SENTIERO DEL CANALONE DELL’INTAIADA
Se si inizia facendo bene “mente locale” che è un sentiero diverso dal solito e che “insiste nella sua diversità”, si può fare anche con divertimento.
Se si inizia dopo aver fatto esattamente la versione integrale di questa escursione, bisogna tener conto di aver già ampiamente oltre i 2.000 metri di dislivello di salita nelle gambe.
Il Canalone dell’Intaiada, a un primo colpo d’occhio, sembra una gran frana, ma è pur sempre un tratto dell’Alta Via n.2, e come tale è ben segnato e si percorre sicuramente per le linee migliori possibili.
Si trovano tutti i tipi di pendenze e soprattutto di fondo: duro con leggero strato di ghiaia, molto ghiaioso, pietre e pietrisco vario, placche lisce, ecc.
Molto utili un buon paio di scarpe non consumate e … un buon paio di gambe.
Ci sono vari segmenti attrezzati, per lo più dei semplici corrimano; un paio di segmenti, però, sono dei veri passaggi di via ferrata; all’uscita del canalone c’è una scaletta di grappe metalliche su placca rocciosa: non è ripida ma è “storta”, e in discesa bisogna valutarla bene senza passare in velocità.
Dopo la scaletta si va sul facile, fino a infilarsi in un rilassante tratto boschivo che porta a una stradetta forestale; la strada forestale finisce al parcheggio che si trova alla fine della strada asfaltata che sale dalla località Matiuz o Mattiuzzi.
Oggi, però, il programma prevedeva l’arrivo al Passo Cereda.
Dalla zona parcheggio si risale su sentiero nel bosco per 90 metri circa di dislivello e si arriva nella larga forestale finale che in mezz’oretta conduce al Passo Cereda.
***********
Il dislivello reale dell’escursione è di circa 250 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc: 2.720 metri di salita e 1.995 di discesa.
Waypoints
Waypoint
2,068 ft
01 - Parcheggio di inizio traversata a fine Val Canzoi
Waypoint
4,293 ft
41 - Parcheggio avanzato in località Matiuz o Mattiuzzi
Waypoint
4,538 ft
42 - Immissione in breve tratto asfaltato prima del Passo Cereda
Comments (2)
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Grazie per queste foto magiche che accarezzano l'anima.
Chapeau!
Complimenti Zio Mario: in primis per la serie di cime che hai realizzato in sequenza in un sol giorno e poi per la descrizione grafica e fotografica dell'impresa. Complimenti davvero.