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Crandola Valsassina- pian delle Betulle - Cimone di Margno

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Author

Trail stats

Distance
9.55 mi
Elevation gain
3,730 ft
Technical difficulty
Moderate
Elevation loss
3,730 ft
Max elevation
5,952 ft
TrailRank 
67
Min elevation
2,519 ft
Trail type
Loop
Moving time
3 hours 56 minutes
Time
5 hours 22 minutes
Coordinates
2646
Uploaded
February 20, 2023
Recorded
February 2023
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near Crandola Valsassina, Lombardia (Italia)

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Itinerary description

Berta risponde: — E pur non cura l’uomo
spiccarsi da le spalle tal urtica;
cotanto dolce fu l’acerbo pomo
ch’Adam gustò, porgendol Eva antica,
che, benché sol per lei di propria domo
scacciato fusse, parvegli fatica
lasciar la causa drieto del suo male,
perché dura è ragion al sensuale.
71
Cosí ti vien, Milon, che per la fame
d’indi non po’ levarti questo fumo. —
Egli risponde: — Son le belle dame
che ci han posto a la coda questo dumo. —
Berta ne ride, e senza voglie grame
sul pesce sparge omai di sale un grumo,
lo qual giá cotto rende saporito,
e poi lo mette in tavola sul lito.

72
Quel vecchiarello, a gentilezza dedito,
arrecavi le sue vivande povere;
egli non ha de’ campi o feudi redito,
se non la barca, il mar, il sole, ’l piovere.
Onde di simil sue ricchezze predito,
quel suo vin muffolente e pan di rovere
appone in sua presenzia, e dice: — Inopia
chi mangia di cotesta, mai non scopia.
73
Quanto mi trovo, tanto ne la vostra
presenzia, o miei patroni, ho qui diffuso.
In me il voler, ma no ’l poter si mostra
di far com’è tra vostri pari l’uso;
ma svaria molto questa voglia nostra:
chi tien aperto il pugno, chi ’l tien chiuso;
tal poco n’ha, che altrui quel poco imparte;
tal molto n’ha, che ruba l’altrui parte.
74
S’io avessi in arca l’oro di Tiberio
e li pomi del drago ch’ancise Ercule,
credeti a me (ciò dico a vituperio
de’ ricchi), men sarian coteste fercule.
Questi avarazzi fanno quel suo imperio
col sparagnare in fin a le cesercule,
le scope ed altre cose frali e frivole,
che per disdegno tutte non descrivole
s’io potessi, fondarei tal legge,
cui meglio non fondâr li antichi padri,
ché chi è signore e gli uomini corregge,
dricciar faria le forche a pochi ladri;
e chi la robba e vita sua ben regge,
verrebbe al sol de loghi oscuri ed adri;
ch’oggi vertú sta serva del dinaro
come ’l pover dottore a l’usuraro. —

76
— Qual legge è questa? — dissegli Milone
narraci, ti pregamo, padre caro.
— Voglio — risponde — che niun ladrone
abbia d’esser appeso alcun riparo,
se piglia quel d’altrui contra ragione,
eccettuando sol ciò c’ha l’avaro;
anzi vorrei che ’l pover s’appiccasse
se, potendo, l’avaro non rubasse.
77Tu vederesti l’integri Catoni
più grati al mondo e dal predon sicuri;
tu vederesti l’improbi Neroni
a povertade men crudeli e duri;
tu vederesti li empi Licaoni,
pigliata la lor parte, non più furi;
la parte sua, che sta ne l’altrui copia,
ché ’l tuo superfluo causa la mia inopia.
78
Che maladetta sia l’ingorda rabbia
di questa lupa, e chi adorar la vole!
Ché se quante son miche in questa sabbia
e quanti cascan atomi dal sole,
tanti dinari avvien che ’l miser abbia,
apre, per anche averne, mille gole,
né pur si sazia la sua mente avara;
onde, qual sia un piacer, mai non impara.
79
Tal biasmo non v’adduco senza causa;
ché ho fatto d’un avaro mille prove.
E se ’l mio dir non vi facesse nausa,
direi di lui la miser vita, e dove. —
Rispose allor Milone: — Io faccio pausa
eccoti da mangiare; ché ’l mi move
l’aspetto tuo talmente, ch’io starei
digiuno, per udirti, giorni sei. —

80
Qui narrò il vecchio una faceta istoria
d’un prete fiorentino tanto avaro,
ch’ai fin di doglia perse la memoria,
giá divenuto pazzo pel dinaro.
Ma voglio ch’abbian altri questa gloria
dirlo meglio di me; ché sol m’è caro
venirne finalmente ad Orlandino,
giá molto al nascimento suo vicino.
81
Ma Caritunga mia chiedemi a cena;
tenetivi, signori, ch’io vi lasso.
Penso mangiar una cornacchia piena
de’ sogni, che non scrive il mio Tricasso poscia vo’ bere d’una certa vena
d’acque distanti a quelle del Parnasso,
le quali a molti toglion il cervello,
ma queste li dinari col mantello.



pulviscoli ed un sedimento sabbioso, che rinase loro attaccato sulle dita é sulle vesti. Tosto s'annebbiarono gli occhi, e furono prese da vertigini e dolore aculo di testa: portate a casa, dopo quarant'ore morirono fra gli spasimi, senz' indizio veruno di peste. La madre e tutti i servi morirono anch'essi di quel male inesplicabile.
Il senatore Caccia divenne rinomato in Milano non tanto pel suo grado, ma per l'ultimo suo caso, il quale per la novità del delitto' rese a tutti notissimo il nome di lui. Un certo Ferletta (1), suo servo, ovvero uno di que' clienti che frequentano le case de' senatori ed ambiscono acconpagnarli allorchè escono di casa , si presentò una mattina tutto ossequioso e sorridente, e porse al Caccia un fiore , lodandone per avventura la specie o la fragranza. Il buon Senatore per gentilezza l'appressò alle nari, e tocco all'istante nelle parti vitali, morì in brev'ora ().
A Volpedo, nel Tortonese, si scoprirono sette malfattori: confessarono d'aver fabbricati gli unti, e mentre subivano il supplizio della ruota, si vide, sopra la macina d'un mulino vicino, una macchia di quel pestifero veleno (3). Se ne fece l'esperimento, stropicciando quell' unto con mollica di pane, che fu data in briciole ad alcune galline ; in una mezz'ora caddero morte, e sparate, si trovarono
(1) Codesto G. B. Farletla, morlo in prigione durante procedura, veone abbruciato in effigie il 7 settembre mentre si giustiziavano il Maganza ed altri untori.
(2) Mentre odorava la superficie, nel manico ouero piede vi si trouava il veleno, et morse in brevità di tempo.
( Tadino , pag. 121.) (3) Che si trouaua di colore gialdetto oscuro. Questa prelesa unzione accadde nel settembre 1630, ed il Tadino s'appoggia alla relazione del dottore e avvocato Giuseppe Dondeo, delegato nel Tortonese.
(Pag. 122. )
le interiora nerissime. Un moscone, che forse erasi posato sopra quella macchia, vold sull'orecchio d'un cocchiere , il quale in quattro giorni morì senza dolore o sintomi d'altro male, accusando soltanto ch'era stato morsicato da quell'insetto riferiti casi di persone e animali sono indizi che la peste non era solo naturale, ma vi concorreva altresì l'arte degli uomini, i quali manipolavano le più velenose sostanze della natura, fatali alla vita. Se non che le unzioni erano fattura più diabolica che umana, come apparisce dal fatto che racconterà (1).
Antonio Croce e Giovan Battista Saracco , abitanti in Porta Ticinese, nella contrada di Cittadella , si presentarono al Tribunale di Sanità, e deposero con giuramento quanto segue :
« Che ivi loro vicino si ritrovava un legnamaro in« fermo suo amico , al quale di notte v’andorno alcune “ persone in camera senza sentire aprire l'uscio; e li fu « commandato dovesse di subito levare e andare al ba
stione, che colà avrebbe ritrovato una persona di molta autorità, la quale gli avrebbe dato da ungere le case in
quel suo contorno , e dipoi gli promettesse andar seco « che lo avrebbero risanato. Fratanto pigliasse a buon « conto 25 scudi, li quali per quello fu rifferito, furno ri
posti sopra una tavola, e benchè l'infermo ricusasse più 6 volte il fare questa funzione, prima perchè non poteva “ per la sua infermità, e non voleva pericolare la sua vita ; 6 e poi perchè non vedeva persona alcuna , se non sen“ tirse movere il letto e levarli la coperta e li lenzuoli ;
(1) Avendo il Ripamonti tradotto questo pazzo racconto dal Tadino, io cito l'originale perchè sarebbe inutile ed assurdo il ritradurre dal latino.
(Tadino, pag. 123.)
meschino, non sapendo più che dire, atterrito di tanto 6 accidente, si risolse dimandare che persone erano, e da « chi mandate. Uno di loro rispose nominarse Ottavio 6 Sasso, il quale mai s'è ritrovato, per certo essere stato il u demonio. Finalmente non volendo promettere di fare « questa loro volontà, ritornarono pregare con lasciarli al« tri denari, sentendo l'infermo il moto sopra la tavola. « E dopo molto contrasto gli fu detto, che si vestisse : s sarebbero poco dopo tornati per andar seco, e dopo
partiti, si ritrovò una voce di uno lupo che mugghiava « sotto la lettiera, e tre gattoni sopra il letto, che sino al « far del giorno vi dimorarono. Dopo tutti sparvero« stando il meschino mezzo morto, e riavuto alquanto “ domandd ajuto, e v’andarono i sopra
menzionati suoi 6 amici vicini, a' quali racconto subito tutto il successo se“ guito quella notte ; il quale fu riferito subito al Presi66 dente allora della Sanità ».
Per questo fatto e per altri, il Tribunale di Sanità ed il Tadino, conservatore di essa, avevano piena fede nelle unzioni.
VII
Repentino e pestifero tumulto.
Ormai il sospetto e il terrore de' mortiferi unguenti, se non era dileguato dall'animo in tutti i cittadini, in molti almeno andava di giorno in giorno scemando; quand'ecco il 25 luglio repentinamente e contro la comune aspettazione, correre il popolo d'ogni parte all'arme, innondare le strade e scoppiare incendj in diversi luoghi. Dubitarono i magnati, ed il volgo tenne per sicuro, che il subbuglio fosse suscitato per spargere dappertutto gli unti. Verso l'ora undecima di quel giorno (1), pochi Decurioni trovavansi in Palazzo, consultando intorno i provvedimenti, che ogni dì diventavano più necessarj. Giunse fino al loro orecchio il romore, per cui, balzando in piedi costernati, s'affacciarono ai balconi ; alcuni più animosi scesero le scale. Non udivasi che un solo grido: « All'armi! i nemici sono in città ! » I pianti delle donne ed un confuso schiamazzio rintronava l'udito, mettendo in agitazione gli animi, perchè nessuno ne conosceva la causa. Alfine serpeggid, fra la tumultuante moltitudine, la voce che i Francesi si trovavano

Waypoints

PictographPanorama Altitude 2,529 ft
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Crandola

PictographPanorama Altitude 2,615 ft
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Crandola

PictographPanorama Altitude 2,756 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 2,988 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 3,837 ft
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Alpe Piazza

PictographPanorama Altitude 3,928 ft
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Alpe Piazza

PictographPanorama Altitude 4,462 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 4,606 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 4,777 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 4,951 ft
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Alpe Ortighera

PictographPanorama Altitude 4,986 ft
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Alpe Ortighera

PictographPanorama Altitude 5,040 ft
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Bivio

PictographPanorama Altitude 5,126 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 5,183 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 5,596 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 5,628 ft
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Larice Bruciato

PictographPanorama Altitude 5,674 ft
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Larice Bruciato

PictographPanorama Altitude 5,745 ft
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Panorama

PictographSummit Altitude 5,869 ft
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Cima di Olino

PictographSummit Altitude 5,863 ft
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Cima di Olino

PictographPanorama Altitude 5,833 ft
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Panorama

PictographSummit Altitude 5,916 ft
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Cimone di Margno

PictographSummit Altitude 5,937 ft
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Cimone di Margno

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Cimone di Margno

PictographPanorama Altitude 5,645 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 5,615 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 5,546 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 4,951 ft
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Pian delle Betulle

PictographPanorama Altitude 4,893 ft
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Pian delle Betulle

PictographPhoto Altitude 4,892 ft
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Pian delle Betulle

PictographPanorama Altitude 4,879 ft
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Pian delle Betulle

PictographPhoto Altitude 4,492 ft
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Alpe Gras

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