Champoluc
near Pallenc, Valle d’Aosta (Italia)
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Val d' Ayas, lago Perrin, laghi di Pinter e colle di Pinter da Champoluc, passando all' andata dalla cascata di Mascognaz e da Mascognaz, e al ritorno passando per Cuneaz e il rifugio Crest.unico tratto moderatamente difficile è il sentiero che collega il lago Perrin ai laghi di Pinter, in parte su rocce, per il resto può considerarsi facile
Abbia preteso esser il cuore l’organo generativo del senso comune; il pensiero,
o la facoltà di pensare, occupa la sommità e il mezzo del cervello e la memoria
la parte posteriore. Gli organi della voce sono multipli: l’interno del petto tra le
costole, i muscoli, il torace, il polmone, la trachea, la gola. La bocca è l’organo
generativo della parola; la lingua articola il suono con lo schiudersi dei denti e
delle labbra, a somiglianza delle corde della lira. Il naso infine contribuisce alla
formazione di un suono buono o cattivo.
Al di sopra dell’anima che esplica le sue forze per mezzo degli organi del
corpo, il posto supremo è tenuto dalla mente incorporea stessa. Tale spirito ha
due sorta di nature. L’una, che ricerca le cose contenute nell’ordine della
natura, scrutandone le cause le proprietà e i progressi, che consiste nella
contemplazione e nella ricerca della verità e che per tal motivo viene chiamata
lo spirito contemplativo. L’altra che discerne le cose da compiere o da evitare,
che non è intenta che a consultare e ad agire e che perciò vien chiamata
l’intelletto lo spirito o l’intendimento attivo.
La natura ha dunque fatto si che mercé i sensi esteriori sia possibile
conoscere le cose corporali e mercé i sensi interiori anche le similitudini dei
corpi ed infine per mezzo della mente o intelletto le cose che non sono corpi né
alcunché di simigliante a un corpo. Seguendo queste tre specie d’ordini di
possanze dell’anima, nascono nell’anima tre sorta di appetenze. La prima è
naturale ed è una certa inclinazione della natura a tendere alla sua fine, così
come la pietra tende a cadere al basso, inclinazione che si riscontra in tutte le
cose; la seconda è animale, segue i sensi e si divide in irascibile e
concupiscibile; la terza è intellettuale, si chiama volontà, è differente dal
sensitivo in quanto non esiste che per sé stessa e non appetisce nulla di ciò
che si offre ai sensi senza averlo in qualche modo compreso. Nondimeno,
essendo libera di sua natura, la volontà può anche volgersi verso l’impossibile,
come vediamo nei demoni che hanno aspirato a divenire eguali alla divinità.
Perciò s’altera di continuo e si deprava con la voluttà e col dolore, cedendo alla
potenze inferiori.
Depravata in tal modo, tale appetenza fa che in se stessa nascano quattro
passioni, da cui anche il corpo è talora ossessionato, di cui la prima si chiama
dilettazione ed è una certa mollezza o arrendevolezza dello spirito o della
volontà, per cui entrambi si lasciano attrarre volentieri verso le dolcezze
promesse loro dai sensi. Perciò viene definita una. inclinazione dello spirito al
piacere che snerva e avvilisce. La seconda si chiama effusione ed è un
rilasciamento o una dissoluzione della virtù e della forza, che si produce
allorché lo spirito si abbandona per intero alla dolcezza d’un bene presente e se
ne esalta per gioirne. La terza si chiama iattanza ed è un trasporto di gioia per
l’acquisizione immaginaria o reale di qualche gran bene. La quarta e ultima è la
malevolenza ed è un certo diletto che si prova per le sventure e per i mali
altrui, senza ricavarne alcun profitto personale. Perché se alcuno si rallegra del
male altrui in vista d’un proprio vantaggio, tale sentimento proverrebbe
piuttosto da una benevolenza verso sé stesso, che da una malevolenza verso
altri.
Il dolore poi genera quattro passioni contrarie a quelle generate
dall’appetenza sregolata del piacere, ossia l’orrore, la tristezza, il timore e il
dispetto o dispiacere che si concepisce nell’osservare un bene che si river
senza che noi se ne abbia danno e che si chiama invidia, vale a dire una
tristezza per la felicità altrui, opposta alla misericordia, che è una afflizione pei
mali altrui.
CAPITOLO LXII.
Delle passioni dell’anima, della loro origine, della loro differenza e delle loro
specie.
Le passioni dell’anima non sono che certi movimenti o inclinazioni
provenienti dal considerare alcunché come buono o cattivo, come conveniente
o no. Tali inclinazioni sono di tre specie: sensuali razionali e mentali, che
suscitano tre sorta di passioni nell’anima. Spesso esse seguono un’apprensione
sensitiva e allora considerano un bene o un male temporale sotto l’aspetto
della comodità o dell’incomodità, del dilettevole o del dannoso e vengono
chiamate passioni naturali o animali. Talora provengono da un’apprensione
razionale e vedono il bene e il male come virtù o vizio, lusinga o biasimo, utilità
o inutilità, onestà o disonestà, e vengono chiamate passioni razionali o
volontarie (qualche volta seguono l’apprensione mentale e scrutano il bene e il
male, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso e allora si chiamano passioni
intellettuali, o sinderesi.
Ciò che è oggetto delle passioni dell’anima è la forza concupiscente
dell’anima, che si divide in concupiscibile e in irascibile e entrambe scrutano il
bene e il male, ma in modo diverso. Perché la parte concupiscibile osserva
talora il bene e il male in modo assoluto e ciò causa l’amore, o inclinazione
violenta, e al contrario l’odio; ovvero giudica un bene irraggiungibile o lontano
e ne deriva la cupidigia, o il desiderio e il male non presenti ma prossimi a
giungere, e ne deriva l’orrore la fuga e l’abbominazione; ovvero infine
considera il bene e il male come presenti e acquisiti e ne derivano il piacere, la
gioia e le delizie da un lato e dall’altro la tristezza la pena e il dolore.
La parte irascibile invece considera il bene il male come alcunché di difficile
acquisizione o d’inevitabile e da ciò deriva la speranza e l’ardire, talora la
diffidenza che origina la disperazione e la paura o il timore. Qualche volta la
forza irascibile da’ luogo alla vendetta originata da un male passato o da un
torto o da un’ingiuria patita, da cui proviene la collera.
In tal modo nello spirito, noi possiamo riscontrare undici passioni: l’amore,
l’odio, il desiderio, l’orrore, la gioia, la tristezza, la speranza, la disperazione,
l’ardimento, il timore e la collera.
CAPITOLO LXII
In che modo le passioni dell’anima giungano a modificare il corpo istesso e a
Abbia preteso esser il cuore l’organo generativo del senso comune; il pensiero,
o la facoltà di pensare, occupa la sommità e il mezzo del cervello e la memoria
la parte posteriore. Gli organi della voce sono multipli: l’interno del petto tra le
costole, i muscoli, il torace, il polmone, la trachea, la gola. La bocca è l’organo
generativo della parola; la lingua articola il suono con lo schiudersi dei denti e
delle labbra, a somiglianza delle corde della lira. Il naso infine contribuisce alla
formazione di un suono buono o cattivo.
Al di sopra dell’anima che esplica le sue forze per mezzo degli organi del
corpo, il posto supremo è tenuto dalla mente incorporea stessa. Tale spirito ha
due sorta di nature. L’una, che ricerca le cose contenute nell’ordine della
natura, scrutandone le cause le proprietà e i progressi, che consiste nella
contemplazione e nella ricerca della verità e che per tal motivo viene chiamata
lo spirito contemplativo. L’altra che discerne le cose da compiere o da evitare,
che non è intenta che a consultare e ad agire e che perciò vien chiamata
l’intelletto lo spirito o l’intendimento attivo.
La natura ha dunque fatto si che mercé i sensi esteriori sia possibile
conoscere le cose corporali e mercé i sensi interiori anche le similitudini dei
corpi ed infine per mezzo della mente o intelletto le cose che non sono corpi né
alcunché di simigliante a un corpo. Seguendo queste tre specie d’ordini di
possanze dell’anima, nascono nell’anima tre sorta di appetenze. La prima è
naturale ed è una certa inclinazione della natura a tendere alla sua fine, così
come la pietra tende a cadere al basso, inclinazione che si riscontra in tutte le
cose; la seconda è animale, segue i sensi e si divide in irascibile e
concupiscibile; la terza è intellettuale, si chiama volontà, è differente dal
sensitivo in quanto non esiste che per sé stessa e non appetisce nulla di ciò
che si offre ai sensi senza averlo in qualche modo compreso. Nondimeno,
essendo libera di sua natura, la volontà può anche volgersi verso l’impossibile,
come vediamo nei demoni che hanno aspirato a divenire eguali alla divinità.
Perciò s’altera di continuo e si deprava con la voluttà e col dolore, cedendo alla
potenze inferiori.
Depravata in tal modo, tale appetenza fa che in se stessa nascano quattro
passioni, da cui anche il corpo è talora ossessionato, di cui la prima si chiama
dilettazione ed è una certa mollezza o arrendevolezza dello spirito o della
volontà, per cui entrambi si lasciano attrarre volentieri verso le dolcezze
promesse loro dai sensi. Perciò viene definita una. inclinazione dello spirito al
piacere che snerva e avvilisce. La seconda si chiama effusione ed è un
rilasciamento o una dissoluzione della virtù e della forza, che si produce
allorché lo spirito si abbandona per intero alla dolcezza d’un bene presente e se
ne esalta per gioirne. La terza si chiama iattanza ed è un trasporto di gioia per
l’acquisizione immaginaria o reale di qualche gran bene. La quarta e ultima è la
malevolenza ed è un certo diletto che si prova per le sventure e per i mali
altrui, senza ricavarne alcun profitto personale. Perché se alcuno si rallegra del
male altrui in vista d’un proprio vantaggio, tale sentimento proverrebbe
piuttosto da una benevolenza verso sé stesso, che da una malevolenza verso
altri.
Il dolore poi genera quattro passioni contrarie a quelle generate
dall’appetenza sregolata del piacere, ossia l’orrore, la tristezza, il timore e il
dispetto o dispiacere che si concepisce nell’osservare un bene che si river
senza che noi se ne abbia danno e che si chiama invidia, vale a dire una
tristezza per la felicità altrui, opposta alla misericordia, che è una afflizione pei
mali altrui.
CAPITOLO LXII.
Delle passioni dell’anima, della loro origine, della loro differenza e delle loro
specie.
Le passioni dell’anima non sono che certi movimenti o inclinazioni
provenienti dal considerare alcunché come buono o cattivo, come conveniente
o no. Tali inclinazioni sono di tre specie: sensuali razionali e mentali, che
suscitano tre sorta di passioni nell’anima. Spesso esse seguono un’apprensione
sensitiva e allora considerano un bene o un male temporale sotto l’aspetto
della comodità o dell’incomodità, del dilettevole o del dannoso e vengono
chiamate passioni naturali o animali. Talora provengono da un’apprensione
razionale e vedono il bene e il male come virtù o vizio, lusinga o biasimo, utilità
o inutilità, onestà o disonestà, e vengono chiamate passioni razionali o
volontarie (qualche volta seguono l’apprensione mentale e scrutano il bene e il
male, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso e allora si chiamano passioni
intellettuali, o sinderesi.
Ciò che è oggetto delle passioni dell’anima è la forza concupiscente
dell’anima, che si divide in concupiscibile e in irascibile e entrambe scrutano il
bene e il male, ma in modo diverso. Perché la parte concupiscibile osserva
talora il bene e il male in modo assoluto e ciò causa l’amore, o inclinazione
violenta, e al contrario l’odio; ovvero giudica un bene irraggiungibile o lontano
e ne deriva la cupidigia, o il desiderio e il male non presenti ma prossimi a
giungere, e ne deriva l’orrore la fuga e l’abbominazione; ovvero infine
considera il bene e il male come presenti e acquisiti e ne derivano il piacere, la
gioia e le delizie da un lato e dall’altro la tristezza la pena e il dolore.
La parte irascibile invece considera il bene il male come alcunché di difficile
acquisizione o d’inevitabile e da ciò deriva la speranza e l’ardire, talora la
diffidenza che origina la disperazione e la paura o il timore. Qualche volta la
forza irascibile da’ luogo alla vendetta originata da un male passato o da un
torto o da un’ingiuria patita, da cui proviene la collera.
In tal modo nello spirito, noi possiamo riscontrare undici passioni: l’amore,
l’odio, il desiderio, l’orrore, la gioia, la tristezza, la speranza, la disperazione,
l’ardimento, il timore e la collera.
CAPITOLO LXII
In che modo le passioni dell’anima giungano a modificare il corpo istesso e a
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