Cava dell'Algido - Ipogei del Monte Castellacio - Fosso della Mola
near Colli del Vivaro, Lazio (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Escursione in pentola da tempo, pochi dati fin'ora raccolti sulla Cava dell'Algido, quindi era giunto il momento di andare di persona a raccogliere informazioni, sensazioni e immagini.
Insieme agli amici di avventura Alessandro, Gigi e Antonio ci siamo preparati a questa breve ed intensa escursione sapendo che seppur a due passi da casa non sarebbe stato alrettanto facile raggiungere i nostri obbiettivi.
Seguendo le indicazioni del buon Alessandro abbiamo lasciato l'auto su un piccolo spiazzo in Contrada Tagliente e ci siamo diretti sulla pericolosissima via delle Macere verso l'ingresso della Cava.
Entrarvi è semplicissimo, meno lo è perlustrare tutta l'area. Non vi sono sentieri, non vi sono più protezioni sui punti a strapiombo e scegliere di scendere ad un livello inferiore della cava o salire a quello superiore implica sempre qualche rischio.
La stagione non è quella giusta per combattere con rovi, ginestre e ortiche ma almeno le basse temperature hanno evitato incontri spiacevoli con rettili di vario tipo.
Il punto più basso della cava si trova poco distante all'ingresso e sul suo fondo una giungla di piante e alberi non permette poi molto l'esplorazione, rimane comunque un luogo affascinante e importante per osservare i sedimenti dell'attività piroclastica del vulcano laziale.
Salire agli altri livelli è stato reso difficoltoso dalla folta vegetazione ma ampiamente ripagato dal panorama e dagli enormi campi scavati nella roccia.
Dallo sperone sulla lingua basaltica è possibile ammirare la catena dei Lepini con lo svettare del Monte Lupone, la cava di Artena, tutta la valle del Sacco con alle spalle Simbruini e Prenestini, infine il perimetro del cratere laziale con la catena dell'Artemisio, le Faete e gli antennoni di Monte Cavo.
Attraverso un comodo sentiero si torna poi all'ingresso della Cava, abbiamo fatto visita al capanno abandonato e preso il sentiero che sale alle sue spalle.
Mai fatto prima, questo sentiero conduce ai piedi del Monte Castellaccio, costeggiando un sentiero alle spalle della cava ci siamo imbattuti in un cunicolo di captazione con una bella sorgente grondante dalle pareti tufacee, il suo interno finisce in due cunicoli ciechi pieni di cavallette delle grotte (Dolichopodi) saltellanti e belli grossi, e uno sparuto pipistrello.
Proseguendo sul sentiero ci siamo diretti verso un punto ignoto cercando di raggiungere la sommità del Monte Castellaccio o quantomeno l'ingresso alla cava, ci siamo imbattuti invece in un altro ipogeo che al suo ingresso, osservando in alto presenta dei fori come fosse stato predisposta una tettoia.
Dopo vari tentativi di risalire la ripida pentima abbiamo desistito cercando di arrivare alla strada via Vittorio Veneto imbattendoci in una cascatella del Fosso della Mola.
Alimentato dalle acque provenienti dalle sorgenti del lago Regillo questo fosso è purtoppo pieno di vari tipi di immondizia ma ospita anche una vegetazione rigogliosa e ancestrale.
Lasciato il Fosso (messo in agenda per una futura esplorazione) abbiamo raggiunto la pericolosa strada asfaltata e molto velocemente raggiunto il punto di partenza.
Per chiudere, si tratta come molte delle mie e nostre escursioni, di piccoli viaggi nati dal desiderio di conoscenza e per questo non hanno molto spesso caratteristiche di comodità, accessibilità, facile fruibilità, quindi laddove non ve la sentite, tornate indietro. A volte ce l'andiamo a cercare e in qualche occasione corriamo dei rischi, questo percorso non ne ha di elevati ma lottare con piante, rovi, pentime scoscese, insetti e fossi pieni di qualsiasi tipo di rifiuto non è per tutti.
Insieme agli amici di avventura Alessandro, Gigi e Antonio ci siamo preparati a questa breve ed intensa escursione sapendo che seppur a due passi da casa non sarebbe stato alrettanto facile raggiungere i nostri obbiettivi.
Seguendo le indicazioni del buon Alessandro abbiamo lasciato l'auto su un piccolo spiazzo in Contrada Tagliente e ci siamo diretti sulla pericolosissima via delle Macere verso l'ingresso della Cava.
Entrarvi è semplicissimo, meno lo è perlustrare tutta l'area. Non vi sono sentieri, non vi sono più protezioni sui punti a strapiombo e scegliere di scendere ad un livello inferiore della cava o salire a quello superiore implica sempre qualche rischio.
La stagione non è quella giusta per combattere con rovi, ginestre e ortiche ma almeno le basse temperature hanno evitato incontri spiacevoli con rettili di vario tipo.
Il punto più basso della cava si trova poco distante all'ingresso e sul suo fondo una giungla di piante e alberi non permette poi molto l'esplorazione, rimane comunque un luogo affascinante e importante per osservare i sedimenti dell'attività piroclastica del vulcano laziale.
Salire agli altri livelli è stato reso difficoltoso dalla folta vegetazione ma ampiamente ripagato dal panorama e dagli enormi campi scavati nella roccia.
Dallo sperone sulla lingua basaltica è possibile ammirare la catena dei Lepini con lo svettare del Monte Lupone, la cava di Artena, tutta la valle del Sacco con alle spalle Simbruini e Prenestini, infine il perimetro del cratere laziale con la catena dell'Artemisio, le Faete e gli antennoni di Monte Cavo.
Attraverso un comodo sentiero si torna poi all'ingresso della Cava, abbiamo fatto visita al capanno abandonato e preso il sentiero che sale alle sue spalle.
Mai fatto prima, questo sentiero conduce ai piedi del Monte Castellaccio, costeggiando un sentiero alle spalle della cava ci siamo imbattuti in un cunicolo di captazione con una bella sorgente grondante dalle pareti tufacee, il suo interno finisce in due cunicoli ciechi pieni di cavallette delle grotte (Dolichopodi) saltellanti e belli grossi, e uno sparuto pipistrello.
Proseguendo sul sentiero ci siamo diretti verso un punto ignoto cercando di raggiungere la sommità del Monte Castellaccio o quantomeno l'ingresso alla cava, ci siamo imbattuti invece in un altro ipogeo che al suo ingresso, osservando in alto presenta dei fori come fosse stato predisposta una tettoia.
Dopo vari tentativi di risalire la ripida pentima abbiamo desistito cercando di arrivare alla strada via Vittorio Veneto imbattendoci in una cascatella del Fosso della Mola.
Alimentato dalle acque provenienti dalle sorgenti del lago Regillo questo fosso è purtoppo pieno di vari tipi di immondizia ma ospita anche una vegetazione rigogliosa e ancestrale.
Lasciato il Fosso (messo in agenda per una futura esplorazione) abbiamo raggiunto la pericolosa strada asfaltata e molto velocemente raggiunto il punto di partenza.
Per chiudere, si tratta come molte delle mie e nostre escursioni, di piccoli viaggi nati dal desiderio di conoscenza e per questo non hanno molto spesso caratteristiche di comodità, accessibilità, facile fruibilità, quindi laddove non ve la sentite, tornate indietro. A volte ce l'andiamo a cercare e in qualche occasione corriamo dei rischi, questo percorso non ne ha di elevati ma lottare con piante, rovi, pentime scoscese, insetti e fossi pieni di qualsiasi tipo di rifiuto non è per tutti.
Waypoints
Waypoint
1,915 ft
Punto di risalita al livello superiore
Comments (2)
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Information
Easy to follow
Scenery
Moderate
Esperienza sfortunata. Pur essendo un neofita, seguire il percorso è davvero difficile! mancano le segnalazioni di base e il GPS spesso vaga più che indirizzare! Siamo arrivati vicinissimi alla "cascatella" (almeno credo) ma all'ennesimo bivio incerto siamo tornati indietro (dal GPS dell'orologio ho calcolato quasi un KM di fuori pista! Tuttavia siamo convinti che il percorso merita merita e pertanto lo rifaremo
Spero possiate riuscire a rifarla. Questa tipologia di escursione è altamente esplorativa e serve tanta pazienza e intuito per trovare i passaggi giusti. Di bolli, segnali o tracce segnate naturalmente neanche l'ombra, ed il divertimento sta anche in questo, cercare e mettersi alla prova in ambienti che vedono più cinghiali che persone. Buon cammino e alla prossima 😉