Caramanico Terme - Valle Orfento
near Caramanico Terme, Abruzzo (Italia)
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Itinerary description
RICORDA COMUNQUE DI REGISTRARE LA TUA PRESENZA. L'ingresso sui sentieri all'interno della Riserva Naturale della Valle dell'Orfento nel Comune di Caramanico Terme Cuore del Parco Nazionale della Maiella in autonomia (senza guida) è regolamentato da una registrazione gratuita di accesso che viene rilasciata da remoto tramite QR-Code dislocati in alcuni punti strategici nel territorio del Comune di Caramanico Terme o presso il Centro Visita della Valle dell’Orfento. Ogni registrazione è valida per un massimo di 10 persone per gruppo. Per i gruppi organizzati da guide e professionisti del settore escursionistico, il numero è esteso ad un massimo di 15 persone per guida o accompagnatore. Si può registrarsi anche dal sito e si riceve una mail di conferma, dal seguente indirizzo https://www.orfento.comunecaramanicoterme.it/
Waypoints
Chiesa San Nicola di Bari
Partenza dalla Chiesa di San Nicola di Bari dove è possibile asciare l'auto o anche nel grande parcheggio "La Vallocchia". Qui si trova anche una fontana storica dove poter riempire la borraccia. Davanti alla fontana si può leggere un pannello informativo sulla chiesa con una spaccato grafico dell'interno. A Caramanico Terme sin dal secolo XI, sorgeva in località "San Nicolao" un monastero benedettino dedicato a San Nicola di Bari di cui pero oggi rimane solo un Paliotto in pietra, che riproduce il Santo, conservato presso il museo dell'Aquila. Il culto di San Nicola di Bari si diffuse in tutta Europa a partire dal 1087, anno in cui le sue spoglie furono traslate a Bari dalla Cilicia. L'attuale chiesa di San Nicola invece fu costruita nel 1493, data riportata con caratteri gotici su campanile. La sua facciata è disegnata in stile neoclassico, coronata da una cornice mistilinea. Oui troviamo due eleganti portali settecenteschi e al centro lo splendido portale del 1592, che con la sua esuberanza formale e decorativa domina e vivacizza la nitida e controllata eleganza della fonte neoclassica. Il portale centrale è realizzato in legno di sambuco e l'opera di intaglio é di Romanelli In alto. inserite in due nicchie, troviamo le statue di San Pietro e di Santa Lucia che affiancano l'immagine di San Nicola. La torre campanaria è alta circa 32 metri in stile rinascimentale ed è costruita in cinque ripiani. L'interno della chiesa è diviso in tre navale separate da pilastri ornati da semplici cornici. Splendidi stucchi ornano le volte settecentesche mentre nei pressi dell'altare centrale possiamo ammirare la preziosa statua lignea di San Nicola di Bari, di scuola napoletana; di pregio anche la statua dell'Immacolata Concezione di N. D'Antino. Lungo le pareti delle navate laterali troviamo ben otto altari minori: da notare il terzo da destra dedicato alla Madonna del Carmine che reca un a stupenda icona bizantina risalente a XIV secolo. La graziosa cantoria in legno dorato risale al secolo XVIII, e accompagna, con linee sinuose, la curva dell'abside. Il pannello centrale riporta scolpiti, con vera maestria i tradizionali miracoli mentre le altre formelle riportano motivi pastorali e ornati barocchi. Pulpito, pregevole opera di scuola napoletana, si presenta con eleganti fiorami, inquadrati da cornici rinascimentali dorate. Si inizia quindi il cammino percorrendo corso Umeberto I per raggiungere Via Vittorio Emanuele II.
Via Vittorio Emanuele II
Si percorre Via Vittorio Emanuele II passando davanti alla chiesa di San Domenico. Potete leggere il pannello informativo che trovate all'esterno. La chiesa di S. Domenico si trova lungo la via principale del paese di Caramanico, sitato ai piedi della Maiella, nella suggestiva valle scavata dall'Orfento. Ricca di spunti naturalistici, la zona, che è stata dichiarata riserva naturale, vanta la presenza di eminenti testimonianze architettoniche, legate all'attività degli Ordini religiosi. Infatti il territorio di Caramanico, per la sua stessa conformazione montuosa e solitaria, è stato da sempre caratterizzato da una componente di profonda spiritualità, che fu di richiamo per molte comunità monastiche. La maggior parte dei complessi conventuali abruzzesi sorse in luoghi intrisi di grande religiosità, concentrati nelle zone montuose articolate attorno al Gran Sasso, al monte Morrone ed alla Maiella, i cui pittoreschi ed isolati scenari naturalistici richiamavano alla preghiera ed alla vita contemplativa. La ricchezza di questa valle è infatti in gran parte legata alla sua millenaria storia religiosa, scandita dalla presenza di eremi, particolarmente suggestiva è la vicina Grotta di S. Giovanni d'Orfento, di chiese e di una fitta rete di sentieri percorsi un tempo da monaci e da pellegrini. Nel misticismo della valle orfentana trovarono spazio alcuni degli ordini monastici più dediti al lavoro ed alla preghiera, autori di un'intensa opera di riconquista cristiana, che stabilirono le proprie sedi nel cuore delle comunità e vicino ai fedeli. In linea con tale diffusione di fede, ai primi del 400 fu promossa l'edificazione del complesso domenicano dapprima intitolato a S. Tommaso d'Aquino, Dottore della Chiesa e Padre Domenicano, ed in seguito a S. Domenico. L'impianto formale e tipologico del complesso, inizialmente composto da due corpi ben distinti, la chiesa ed il convento, ha subito, nel corso dei secolo XVII e XVIII, profondi rimaneggiamenti, che ne hanno irrimediabilmente alterato l'originaria conformazione. La chiesa è impostata su un'unica navata rettangolare, conclusa da un presbiterio della medesima forma, in linea con la sobrietà architettonica delle fondazioni degli Ordini Mendicanti. Elemento di maggior spicco dell'edificio è da riconoscere nel prospetto principale, realizzato verosimilmente dalle stesse maestranze nordiche che nel 1452 diedero forma al grande ed articolato portale della chiesa di S. Maria, nella stessa Caramanico. Nella facciata della chiesa di S. Domenico, scandita da un portale strombato dal profilo archiacuto e dal soprastante rosone dal forte impatto chiaroscurale, elementi desunti dal lessico romanico si fondono con stilemi gotici, all'insegna di una grande armonia formale. Dopo la soppressione degli Ordini religiosi, i padri abbandonarono il monastero, che, insieme alla chiesa adiacente, andò progressivamente in rovina. Nel 1815 la chiesa divenne di proprietà del Comune, che la cedette a sua volta alla Confraternita del Sacro Monte dei Morti, uno dei sodalizi religiosi più diffusi nella regione, avente il compito principale di garantire le esequie ai confratelli in difficoltà. Ai primi del Novecento la Confraternita si fece promotrice di una prima campagna di restauri e lavori di consolidamento, in seguito portata a compimento dalla Soprintendenza dell'Aquila. Atermine della via, si incrocia il corso principale, Corso Gaetano Bernardi. Prendere a destra e continuare a salire.
Corso Gaetano Bernardi - Via del Colle
Camminare sul corso verso il Municipio. Davanti al municipio una balconata da dove osservare la veduta sui monti e sotto vedere piazza della Trinità con la Chiesa omonima. Proseguire ancora il corso e raggiunta la chiesa di Santa Maria Maggiore prendere a sinistra via del Colle. scalino dopo scalino arrivate in cima proseguendo sulla strada asfaltata.
Verso Via Castello e il giardino Filosofico
Al termine di via del Colle trovate una fontanella. Proseguire su via del Castello per iniziare a scendere. Da questa via potete ammirare Caramanico Terme dall'alto e trovate anche un sentiero che può portarvi al giardino Filosofico con ingresso ben visibile e un pannello informativo: Il Castello di Caramanico è una delle fortificazioni che, sullo scorcio del secolo X, furono realizzate nella vallata, nel tentativo di definire una rete di avvistamento e protezione ai centri abitati che andavano costituendosi, dopo secoli di presenza dell'uomo con caseggiati sparsi sul territorio. Dieci acquirenti comprarono circa 130 moggi di terra che andava dalla confluenza tra i fiumi Orta e Orfento fino al "Colle" posto sulla Chiesa di Santa Maria. Tra i grandi proprietari di terreni che esercitavano il controllo della vallata c'era Transarico, e i suoi discendenti, Alberico, e i nipoti Theodino e Gerardo. Gerardo fu forse il primo signore del Castello di Caramanico, sotto le cui rovine oggi vi trovate. Siamo intorno all'anno 1000. Il Castello, utilizzato prevalentemente per finalità di avvistamento e difensive, non fu verosimilmente mai adibito a vera e propria residenza signorile, o almeno concluse definitivamente la sua fase residenziale con gli ultimi feudatari di Caramanico, certamente già con l'assedio del 1436 (di Jacopo Caldora in favore degli Angioini) e con il successivo, devastante terremoto. I conti D'Aquino già negli ultimi anni del Trecentro preferirono utilizzare come residenza temporanea il palazzo a fianco della attuale Chiesa di San Domenico (1401), che poi fu oggetto di donazione ai Domenicani. Nel Settecento i documenti ci raccontano di un castello disabitato, senza più il castellano di guardia, e in progressiva rovina. Di O a poco rimasero solo ruderi, tanto che, per minaccia di distacco di massi sul centro abitato, il Sindaco Giuseppe De Horatis, agli inizi del 900 ne ordinò la demolizione. Durante la Prima Guerra Mondiale, prigionieri austriaci vennero condotti qui ai lavori forzati, per mettere a dimora i pini neri d'Austria, che costituiscono l'ormai secolare Pineta del Castello. Qui di fianco è conservato un palo torto in ferro, utilizzato per sostenere la recinzione in filo spinato utilizzata per assicurare i prigionieri al campo. (Liberamente tratto da "Storia di Caramanico" di Antonio De Angelis). Con Delibera di Giunta Comunale n. 93 del 23.12.2016 l'Amministrazione Comunale di Caramanico Terme ha ritenuto dover individuare quale luogo ideale per l'individuazione fisica del Giardino Filosofico Comunitario la "Pineta del Castello", il piccolo bosco di pino nero piantato, all'inizio del secolo scorso, sul sito di edificazione del Castello di Caramanico, nell'area di proprietà delle Terme di Caramanico e appositamente concessa al Comune, racchiusa tra Via del Castello. Via Cappuccini, Via Maiella e il Colle. Questo luogo fu strategico per i D'Aquino, signori di Caramanico, nell'assicurare protezione e custodia ai cittadini, a partire dal medioevo. Oggi riprendiamo questa parte di memoria, porgendola ad interpretazione simbolica e tornando ad assumere questo come luogo di custodia della Comunità. Si tratta di un luogo panoramico, dal quale è possibile contemplare lo scenario naturale della Valle dell'Orta, le montagne del Morrone, il centro storico di Caramanico e, dunque, come il frutto del lavoro dell'Uomo attraverso i secoli sia armonicamente inserito nel contesto naturale. È anche un luogo del dolore, poiché i pini che vedete oggi imponenti e dispensatori di bellezza e di profumi, sono nati dalle gesta della Grande Guerra, ovvero dal lavoro di prigionieri che furono costretti, nella piantumazione degli alberi, ai lavori forzati. Generano oggi pace e consolazione, quasi a voler ricordare all'Uomo la distanza dalle atrocità della guerra e la preziosità del benessere collettivo. E un luogo caro ai caramanichesi anche nella storia recente, quale sito abituale di passeggiate in famiglia, scampagnate, gioco dei ragazzi. "fughe ed evasioni adolescenziali... È luogo isolato e adatto alla contemplazione, pur essendo prossimo al centro abitato e dunque facilmente raggiungibile. Che i nostri cittadini, i visitatori, i viandanti, possano solcare questi luoghi, lasciando le proprie emozioni, cogliendone la freschezza dell'aria, apprezzandone il silenzio, o accogliendo i rumori sereni che provengono dalla vita del paese. E, accostandosi al genius loci che questa Comunità da sempre è disposta a mostrare e a donare a chi la visita, che possano contemplare sensazioni, riflessioni, e direzioni per il futuro, a beneficio dei nostri figli. Dal Castel di Caramanico, 10 Giugno 2018. Da via del castello proseguire su via dei Cappuccini
Contrada Santa Croce Fonte e le Acque Termali
Da via dei Cappuccini si continua su Contrada Santa Croce Fonte passando davanti alla sorgente Solfurea "LA SALUTE". L'Acqua Solfurea "La Salute" è riconosciuta da anni dal Ministero della Salute e convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale. Utilizzata come Cura Idropinica, può essere bevuta solo su indicazione dei medici termali per curare o migliorare numerose problematiche sia dell'apparato digerente che di quello renale. Per conoscere nel dettaglio tutte le patologie trattabili, rivolgersi presso il Centro Sanitario del vicino stabilimento termale. Raggiungere infine piazza Papa Giovanni Paolo II dove trovate una fonte di acqua fresca per riempire le vostre borracce prima di intraprendere il sentiero nel bosco nella valle dell'Orfento dove non ci saranno fontanelle. Di lato alla chiesa potete anche leggere un pannello che parla delle acque termali: Le straordinarie virtù terapeutiche delle acque solfuree di Caramanico Terme sono note da secoli. La prima testimonianza che ne documenta l'uso diffuso risale al 1576, quando Padre Serafino Razzi, predicatore domenicano, in visita pastorale nella zona, descrive nel suo diario di viaggio la folla di malati (soprattutto di scabbia), che attingono l' "aqua putedra" alla sorgente della "Zolfanaia". Oggi a Caramanico Terme due sono le acque usate per prevenire e curare le patologie del nostro organismo, quella solfurea e quella oligominerale Acqua Solfurea: "La salute" e la "Gisella" sono acque minerali solfuree ad alto grado solfidrimetrico ed in particolare la prima è quella che, tra le tante utilizzate nella terapia termale, ha il più alto contenuto di idrogeno soltorato. Le proprietà più importanti sono quelle antinfiammatorie ed eutrotiche sugli apparati respiratorio, osteoarticolare, digerente, sull'orecchio medio e sulla pelle. Le qualità terapeutiche di queste straordinarie acque riattivano le funzioni fisiologiche degli apparati trattati e svolgono un'attività di prevenzione, cura e riabilitazione. Acqua Oligominerale: il "Pisciarello" è un'acqua oligominerale ad effetto diuretico, comporta cioè l'aumento dell'eliminazione urinaria dei soluti (Azoto ureico, Acido urico, Acido ossalico, Mg. NaC, etc.) Struttura funzionale, personale specializzato ed impianti all'avanguardia sono le caratteristiche primarie delle Terme di Caramanico come garanzia dell'assoluta efficacia delle proprie acque sorgive. Le acque minerali delle sorgenti vanno utilizzate fluenti, direttamente alle Terme, solo così contribuiscono efficacemente allo stato di salute, intervenendo sia nella fase di prevenzione di varie patologie (rinosinusiti, faringolaringiti, otiti, bronchiti, artrosi, etc.) sia nella cura delle stesse durante la fase cronica, sia nella riabilitazione degli apparati respiratorio, motorio, vascolare, uditivo e vocale. Le Terme di Caramanico, classificate al Primo Livello Super, tra le migliori d'Europa, sono note per la tradizione ultracentenaria dovuta a benefici delle preziose acque solfuree ed oligominerali, che svolgono una importante attvità di difesa della salute.
Sul sentiero S, pannello grotta di Sant'angelo - Sentiero della Libertà
il sentiero della libertà: Percorso storico nei rifugi e nelle grotte della Valle dell'Orfento dove nella fase finale della seconda guerra mondiale si nascosero prigionieri di guerra alleati, evasi dai campi di detenzione dopo la capitolazione dell'Italia. Braccati dai soldati tedeschi ed esposti al freddo e alla fame, per i fuggitivi la sopravvivenza fu difficilissima. Determinante risulto l'appoggio dei contadini locali, che crearono, a loro rischio, una straordinaria rete di protezione e di assistenza consentendo a molti di ricongiungersi con il loro esercito. La vicenda è documentata dettagliatamente nel libro autobiografico " Povera gente, poveri noi del caporalmaggiore neozelandese John evelyn Broad, che visse in questi ripari di fortuna insieme a due commilitoni (Ted Bartlett e Bert Tulloch) dal settembre 1943 a meta aprile 1944. GROTTA SANT'ANGELO Frequentata sporadicamente nell'aprile 1944 La grotta non è mai usata come nascondiglio dai fuggitivi ma come appoggio e riferimento durante le numerose visite al borgo di Decontra alla ricerca di cibo e assistenza. Domenica 2 aprile 1944 "Rimasi un po' nella grotta di Santa Angela per risistemare un chiodo nella mia scarpa e per contare gli aerei che passavaho di tanto in tanto in formazioni da bombardamento verso Manoppello, La parte più dura della salita già davanti a me e non ebbi più inconvenienti fino a quando non raggiunsi la sommità. Qui si apri una vista superba sugli Appennini. Scorgevo il declivio lungo e ondulato di Monte Amaro, una zona perfetta per lo sci. Prima della guerra il Principe Umberto veniva sempre a Monte Amaro in questo periodo per sciare. Molto più in basso, l'Orfento al sole appariva come d'argento". Giovedì, 13 aprile "Quando tornammo a casa di Giovanni Martino, questi era ancora convinto dell'opportunità di trovare altre tre guide e voleva fare il tentativo sabato notte. Mi chiese di portare tutto il gruppo alla grotta di Santa Angela il giorno seguente, di notte, in modo da ridurre di un'ora il cammino che avremmo dovuto fare. La partenza fu fissata per le nove di sera". Venerdì14 aprile 1944 "Alle cinque e mezza del mattino partimmo per tornare alla grotta di Quattrino, portando il sacco a turno. Ci accertammo di non essere seguiti e raggiungemmo la grotta alle sette, senza aver visto segni di pattuglie tedesche. Alle sei e mezza di pomeriggio eravamo pronti a partire per la grotta di Santa Angela. Condussi il gruppo sul sentiero in alto lungo la traccia che Carmine mi aveva mostrato il nove aprile: e raggiungemmo la grotta dopo un'ora". Nota: fuori dal centro abitato di Decontra, a due miglia dal paese di Caramanico, una comoda strada conduce alla sorgente di Sant'Angelo, inoltrandosi nell'Orfento attraverso una valletta che costeggia le ripide pareti montane. A destra, sul banco roccioso, si apre una grotta dedicata a Sant'Angelo. Accanto doveva erigersi una piccola chiesetta, della quale restano poche tracce: un grosso muro realizzato a secco, parallelo al banco roccioso, ed altri brevi tratti in cui possono distinguersi, distribuiti su tutta la lunghezza, dei buchi funzionali al sostegno del perduto tetto ligneo, Questo luogo è ricordato da Serafino Razzi nel suo volume Viaggio in Abruzzo del 1576: "Alli 5 d'aprile, essendo cessato il vento, andai dopo mezzo di circa due miglia, a visitare una chiesetta di Sant'Angelo, edificata sotto una grotta, e sopra il fiume Orfento, alle radici della Majella. D'intorno a cui si veggono più altre grotte per caprari e pastori. I quali in tempo di estate per la comodità dei pascoli, e dell'acque, ci vengono con le loro greggie a passar gli estivi calori".*
Pannello su pozza lungo il sentiero S
La piccola pozza adiacente a corso dell'Orfento lungo questo tratto di sentiero costituisce il sito riproduttivo di importanti specie di anfibi. Prime fra tutte la Salamandrina di Savi, un endemita dell'Appennino Centrale e, settentrionale típico di ambienti forestali in buono stato di conservazione, poi l'Ulutone appennínico e la Rana appenninica, anch'essi diffusi solo lungo l'Appennino, ed infine il Rospo comune.
Comments (2)
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Un percorso davvero bello. L'abbiamo fatto partendo prima dalle Scalelle e poi una volta arrivati al ponte del Vallone al contrario, passando sull'altra sponda dell' Orfento. Piacevolissimo
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Information
Easy to follow
Scenery
Moderate
Superbo. Anche io fatto al contrario, bellissimo.