Botta- Prati Parini - Canto Alto
near Botta, Lombardia (Italia)
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Itinerary description
Alor il vesco, che per bono zelo
in soccorso di Griffarosto venne,
cotal bestieme sotto 'l bianco pelo
di santa e dritta fede non sostenne;
sgombra la sala presto e spiega il velo
di colera nel mar su l'alte antenne.
Rainer sen ride e spesso a drieto il chiama,
dicendo: - Cosí fugge chi non ama.
Lo mercenario vede il lupo e scampa, Auttorità del Vangelo
perche non gli pertene de l'armento. -
Poi, vòlto agli altri, disse: - Di tal stampa
son tutti, che non stan fermi al cimento,
dovendosi ammortar qualch'empia vampa
d'eretici, perché co' l'argumento
sol d'Aristotil vogliono provare Aristotile
quel che con Paolo deveno salvare. Paolo
Sincera, pura, monda e senza macchia
quantunque esser la fede nostra deggia,
nulla di manco un sol error ammachia
la mente mia che forse non vaneggia:
non men credo al garrir d'una cornacchia
che al predicar d'un frate, il qual dardeggia
da' pulpiti chimere, sogni e folle,
che né Iesú né Paolo mai pensolle. -
Qui narra poi l'auttore che Milone
di mezza notte giunse armato in sella;
narra l'amore e gran compassione
ch'ebbe a la moglie, e come poi s'abbella
trovando un figlio in quella vil magione,
che scorre, guizza, iubila, saltella,
vedendo il padre che menarlo via
quindi promette, e già prendon la via.
Narra lo gran viaggio al mar Euxino,
ove trovò ch'Amone suo fratello,
scampando dal figliuolo di Pipino, Re Carlo
condotto avea d'armati un gran drapello,
et ha con seco il forte Rinaldino,
d'un angioletto piú vivace e bello.
Il qual con Orlandin s'accosta e 'nsieme
fan prove di sua forza molto estreme.
Amon quivi Costanza la regina
ingravidò del gran Guidon Selvaggio; Guidon Selvaggio
quivi narrò poi cena la ruina
di Chiaramonte, il foco e gran dannaggio,
di Beatrice ancora la rapina,
la morte di Rampallo tanto saggio.
E cosí Amon quel caso lor sponea,
come di Troia fece il grande Enea.
Onde se mai sarà chi scriver voglia
diffusamente questo mio compendio,
il libbro di Virgilio avanti toglia,
ove si narra quel troian incendio.
Ho di mangiar che di cantar piú voglia:
però, signori, date il mio stipendio,
il qual sarà di laude un sacco pieno;
et io non mangio laude, quand'io ceno!
Ben dirvi ancor potrei come Agolante
prese tutta la Europa et in Parigi
di Franza incoronò lo re Barbante,
drizando Macometto in San Dionigi;
la presa di re Carlo; e come Atlante
tolse for de le cune Malagigi, Malagigi
e come lo condusse in certe grotte,
e qui l'ammaestrava giorno e notte.
E come in Roma il giovenetto Almonte
entrò col gran triunfo di vittoria;
e come né per piano né per monte
non era piú di cristian memoria.
Potrei poscia tornare a Chiaramonte,
che, come di Turpin scrive l'istoria,
diece anni andò per l'Asia vagabondo
cercando in mar, in terra, tutto 'l mondo.
Potrei scriver ch'Orlando fatto grande
col suo cugin Rinaldo armati insieme
si ritornaro d'Asia in queste bande,
ove con forze smisurate, estreme,
oprorno sí che le genti nefande
di Macometto e paganesco seme
cacciare virilmente; e come al fonte
questo Mambrin, quell'altro ancise Almonte. Rinaldo, Orlando
Ma voglio questa impresa sia d'altrui,
c'ho detto assai, signori, e forse troppo.
Dati perdon, vi prego, se pur fui
di andata sguerzo e di veduta zoppo:
puotesi mal per loghi negri e bui
correr di lungo senza qualche intoppo;
donde ne prego Dio che mi sovegna;
et a chi mal mi vòl, cancar li vegna!
FINISCE L 'ORLANDINO DI
LIMERNO PITOCCO
DA MANTOVA.
APOLOGIA DE L'AUTORE
Leggesi, candidissimi lettori miei, fra gli altri fa ceti gesti del lepidissimo Gonella che, volendo egl i la
openione sua sostentare al signor illustrissimo Duca di Ferrara, ch'assai magiore fusse de' medici lo
numero che d'altri professori di qualunque arte si sia, legatosi un giorno il braccio destro in guisa di
stroppiato al collo, andava quinci e quindi girando per la piazza come se per doglia di spasmo non
ritrovasse loco dove fermarsi potesse. Or avenne ch e, quanti mai cosí angosciosamente quello pennare
vedeano, con molta lui compassione addimandavanogli qual fusse del suo male la cagione; et egli,
tuttavia simulandosi addolorato, ritrovava qualor questa qualor quell'altra infirmitade, tal che da tutti
loro qualche remedio ripportava: laonde lo proverbio da lui stesso pensato finalmente con gli altri
meritò d'essere per esperienzia collocato. Ma veramente, poscia che questa favoletta mia de
l'Orlandino, sincerissimamente da me composta, uscita mi è da le mani per complacenzia di chi solo
commandar mi puote, dirò con baldanza non manco essere lo numero de' commentatori e interpreti che
de' medici temerari, de li quali, se rarissimi sono (risguardato il numero loro copiosissimo) li periti
conoscitori de li occurrenti morbi, niuno al tutto commentatore de l'Orlandino mio essere verace sin
qua ho isperimentato. Ma Dio volesse almeno che lor interpretazioni, cosí come resultano in mio
danno e vergogna, mi fusseno per contrario ad utilitade insieme con qualche onore, come sopra la
bella canzone del Benevienni lo profondissimo ingeg no di Gianni Pico aver fatto vedemo. Certamente
né voglio né per niuna guisa possiomi delli evidenti errori alle dotte persone iscusare, dico quanto a
l'eleganzia toscana, totalmente di Lombardia (non mediantevi lo studio di essa) da natura rimossa; ma
del soggetto e materia di essa operetta immeritamente per colpa d'alcuni sospettosi ipocriti son io
d'infamia non poca svergognato; perché, quantunque alcune cose vi siano poste le quali in gravezza de
la fede nostra o sia de la Sacra Scrittura o de li relligiosi appaiono essere, nulladimanco la mera
intenzione de l'autore non vien in alquanti accommodamente intesa, la qual è via piú presto inclinata in
biasmar li mordaci di essa che morder universalmente la candidissima fede nostra. E in segno
manifesto di mia sinceritade quelle pochette bestieme pongo sempre in bocca d'alcuno tramontano,
donde li errori il piú de le volte sogliono repullulare. Vero è che da me stesso confermo poi li relli giosi
d'oggi (non dico tutti) esserne potentissima cagione, la quale non mi curo testé quivi descrivere, ove
solamente a la escusazione e deffensione mia io son o intento. S'io pongo la istoria di monsignore
Griffarosto, la intenzione mia non fu però d'alcuna particolaritade conceputo; anzi voglio che sotto
l'ombra di esso, eccettuata la reverenzia sempre de l'integerrimi prelati, stiano tutti quanti li simili soi,
non avendovi un minimo riguardo a le minaccie d'alcuni, li quali, per sua verso me contra ragione
malevolenzia, di mie calumnie sono seminatori. Ma di molto piú momento potriami parere la sciocca
saviezza d'alcuni altri, li quali, di continuo perf umandosi di muschio e ambracano, cosí a noia e schifo
pigliano quella piacevole e risoria giostra mia, ne la quale, sí come ancora in altri passi di essa
operetta, fassi menzione di sterco e puzzo, non attendendo loro la persona lorda e vieta e stomacosa
d'un furfante, la quale non mi sdegno reppresentarvi, acciò che per mezzo di poter dire
baldanzosamente ogni cosa, pervegnasi finalmente a la veritade; ché quando d'altra materia non cosí
vile io parlassi, lo nome mio appropriato, anzi niuno, vi antiponerei. Pur questa lor alterigia di mente
poco mi offende, ché tal opera non composi a simili sputasenni; ma veda chiunque di loro quello che
sanno in mio scorno e infamia scrivere, ché forse udiranno le colonne profetizare insieme con li pareti
de lor vita, ché dove sentesi la doglia ivi corre l a lingua. Questo simile dico de le parole uscite ta lora
da la penna men che onestamente publicate, perché non molto disconvenevole mi parve in simile
soggetto fingermi «pitocco», ne la qual persona dov endosi recitar una comedia, ragionamenti soluti e
strabocchevoli accascarebbono. Ben vorrovi, singula rissimi amici miei, esservi alora odioso e reprobo,
quando la vita e' costumi a le predette immondizie corrisponderanno. Ma, s'io vi paro singularmente
tassar alcuna persona, non è però ch'uomo qual che si sia poscia quella imaginare non che sapere,
perché non mi reputo lealmente aver nemico al mundo tanto da me odiato quanto l'anima mia da me
risguardata: bastami solamente che ambi noi sapiamo di cui si parla. Or dunque la mera veritade via
piú satisfacevole vi sia che la presente Apologia, candidissimi lettori mei, la quale dal seggio suo
esagerando azioni per sè indifferenti; quindi confermarono sempre più la opinione preconcepita dai giudici. E siccome questi instavano perchè nominassero il capo, si de. nunziò il Padilla figlio del comandante del castello. Forse era desso l'unica persona d'importanza da loro conosciuta , e tale da rendere eredibile l'accusa , fors' anche fu per vendetta di servigj mal ricompensati dallo spagnuolo. Il quale, affetto egli pure da lue venerea, come pare indichi il Processo (vedi specialmente pag. 329), aveva forse avuto relazione con alcano degli accusati per rimedj, o peggio.
Allora i giudici credettero aver rinvenuto gli uptori ed il loro capo, con maggior fervore continuarono il processo, che a molti infelici sgra. ziatamente costò la vita. Ma chi erano questi giudici che li condannarono morire tra le più orribili carnificine ? Uomini distinti per nobiltà, per sapere, per impieghi , che , durante la carestia e la peste , si adoperarono con zelo non
a vantaggio della patria, 00mini, che, nel generale scompiglio, rimasero fermi ai loro posti , ingegnandosi con ogni mezzo di alleviare i danni del contagio, di cui parecchi, come il Monti, presidente della Sanità , morirono rittima.
Ora librate in eque lancie le circostanze lutte che ho esposte, la condanna degli uotori è ella da rimproverarsi all'animo perverso ed alla ignoranza dei giudici, o si veramente alla triste e quasi inevitabile conseguenza della superstizione de' tempi ? A roi, lettori, lo spassionato giudizio!
comune
111.
in soccorso di Griffarosto venne,
cotal bestieme sotto 'l bianco pelo
di santa e dritta fede non sostenne;
sgombra la sala presto e spiega il velo
di colera nel mar su l'alte antenne.
Rainer sen ride e spesso a drieto il chiama,
dicendo: - Cosí fugge chi non ama.
Lo mercenario vede il lupo e scampa, Auttorità del Vangelo
perche non gli pertene de l'armento. -
Poi, vòlto agli altri, disse: - Di tal stampa
son tutti, che non stan fermi al cimento,
dovendosi ammortar qualch'empia vampa
d'eretici, perché co' l'argumento
sol d'Aristotil vogliono provare Aristotile
quel che con Paolo deveno salvare. Paolo
Sincera, pura, monda e senza macchia
quantunque esser la fede nostra deggia,
nulla di manco un sol error ammachia
la mente mia che forse non vaneggia:
non men credo al garrir d'una cornacchia
che al predicar d'un frate, il qual dardeggia
da' pulpiti chimere, sogni e folle,
che né Iesú né Paolo mai pensolle. -
Qui narra poi l'auttore che Milone
di mezza notte giunse armato in sella;
narra l'amore e gran compassione
ch'ebbe a la moglie, e come poi s'abbella
trovando un figlio in quella vil magione,
che scorre, guizza, iubila, saltella,
vedendo il padre che menarlo via
quindi promette, e già prendon la via.
Narra lo gran viaggio al mar Euxino,
ove trovò ch'Amone suo fratello,
scampando dal figliuolo di Pipino, Re Carlo
condotto avea d'armati un gran drapello,
et ha con seco il forte Rinaldino,
d'un angioletto piú vivace e bello.
Il qual con Orlandin s'accosta e 'nsieme
fan prove di sua forza molto estreme.
Amon quivi Costanza la regina
ingravidò del gran Guidon Selvaggio; Guidon Selvaggio
quivi narrò poi cena la ruina
di Chiaramonte, il foco e gran dannaggio,
di Beatrice ancora la rapina,
la morte di Rampallo tanto saggio.
E cosí Amon quel caso lor sponea,
come di Troia fece il grande Enea.
Onde se mai sarà chi scriver voglia
diffusamente questo mio compendio,
il libbro di Virgilio avanti toglia,
ove si narra quel troian incendio.
Ho di mangiar che di cantar piú voglia:
però, signori, date il mio stipendio,
il qual sarà di laude un sacco pieno;
et io non mangio laude, quand'io ceno!
Ben dirvi ancor potrei come Agolante
prese tutta la Europa et in Parigi
di Franza incoronò lo re Barbante,
drizando Macometto in San Dionigi;
la presa di re Carlo; e come Atlante
tolse for de le cune Malagigi, Malagigi
e come lo condusse in certe grotte,
e qui l'ammaestrava giorno e notte.
E come in Roma il giovenetto Almonte
entrò col gran triunfo di vittoria;
e come né per piano né per monte
non era piú di cristian memoria.
Potrei poscia tornare a Chiaramonte,
che, come di Turpin scrive l'istoria,
diece anni andò per l'Asia vagabondo
cercando in mar, in terra, tutto 'l mondo.
Potrei scriver ch'Orlando fatto grande
col suo cugin Rinaldo armati insieme
si ritornaro d'Asia in queste bande,
ove con forze smisurate, estreme,
oprorno sí che le genti nefande
di Macometto e paganesco seme
cacciare virilmente; e come al fonte
questo Mambrin, quell'altro ancise Almonte. Rinaldo, Orlando
Ma voglio questa impresa sia d'altrui,
c'ho detto assai, signori, e forse troppo.
Dati perdon, vi prego, se pur fui
di andata sguerzo e di veduta zoppo:
puotesi mal per loghi negri e bui
correr di lungo senza qualche intoppo;
donde ne prego Dio che mi sovegna;
et a chi mal mi vòl, cancar li vegna!
FINISCE L 'ORLANDINO DI
LIMERNO PITOCCO
DA MANTOVA.
APOLOGIA DE L'AUTORE
Leggesi, candidissimi lettori miei, fra gli altri fa ceti gesti del lepidissimo Gonella che, volendo egl i la
openione sua sostentare al signor illustrissimo Duca di Ferrara, ch'assai magiore fusse de' medici lo
numero che d'altri professori di qualunque arte si sia, legatosi un giorno il braccio destro in guisa di
stroppiato al collo, andava quinci e quindi girando per la piazza come se per doglia di spasmo non
ritrovasse loco dove fermarsi potesse. Or avenne ch e, quanti mai cosí angosciosamente quello pennare
vedeano, con molta lui compassione addimandavanogli qual fusse del suo male la cagione; et egli,
tuttavia simulandosi addolorato, ritrovava qualor questa qualor quell'altra infirmitade, tal che da tutti
loro qualche remedio ripportava: laonde lo proverbio da lui stesso pensato finalmente con gli altri
meritò d'essere per esperienzia collocato. Ma veramente, poscia che questa favoletta mia de
l'Orlandino, sincerissimamente da me composta, uscita mi è da le mani per complacenzia di chi solo
commandar mi puote, dirò con baldanza non manco essere lo numero de' commentatori e interpreti che
de' medici temerari, de li quali, se rarissimi sono (risguardato il numero loro copiosissimo) li periti
conoscitori de li occurrenti morbi, niuno al tutto commentatore de l'Orlandino mio essere verace sin
qua ho isperimentato. Ma Dio volesse almeno che lor interpretazioni, cosí come resultano in mio
danno e vergogna, mi fusseno per contrario ad utilitade insieme con qualche onore, come sopra la
bella canzone del Benevienni lo profondissimo ingeg no di Gianni Pico aver fatto vedemo. Certamente
né voglio né per niuna guisa possiomi delli evidenti errori alle dotte persone iscusare, dico quanto a
l'eleganzia toscana, totalmente di Lombardia (non mediantevi lo studio di essa) da natura rimossa; ma
del soggetto e materia di essa operetta immeritamente per colpa d'alcuni sospettosi ipocriti son io
d'infamia non poca svergognato; perché, quantunque alcune cose vi siano poste le quali in gravezza de
la fede nostra o sia de la Sacra Scrittura o de li relligiosi appaiono essere, nulladimanco la mera
intenzione de l'autore non vien in alquanti accommodamente intesa, la qual è via piú presto inclinata in
biasmar li mordaci di essa che morder universalmente la candidissima fede nostra. E in segno
manifesto di mia sinceritade quelle pochette bestieme pongo sempre in bocca d'alcuno tramontano,
donde li errori il piú de le volte sogliono repullulare. Vero è che da me stesso confermo poi li relli giosi
d'oggi (non dico tutti) esserne potentissima cagione, la quale non mi curo testé quivi descrivere, ove
solamente a la escusazione e deffensione mia io son o intento. S'io pongo la istoria di monsignore
Griffarosto, la intenzione mia non fu però d'alcuna particolaritade conceputo; anzi voglio che sotto
l'ombra di esso, eccettuata la reverenzia sempre de l'integerrimi prelati, stiano tutti quanti li simili soi,
non avendovi un minimo riguardo a le minaccie d'alcuni, li quali, per sua verso me contra ragione
malevolenzia, di mie calumnie sono seminatori. Ma di molto piú momento potriami parere la sciocca
saviezza d'alcuni altri, li quali, di continuo perf umandosi di muschio e ambracano, cosí a noia e schifo
pigliano quella piacevole e risoria giostra mia, ne la quale, sí come ancora in altri passi di essa
operetta, fassi menzione di sterco e puzzo, non attendendo loro la persona lorda e vieta e stomacosa
d'un furfante, la quale non mi sdegno reppresentarvi, acciò che per mezzo di poter dire
baldanzosamente ogni cosa, pervegnasi finalmente a la veritade; ché quando d'altra materia non cosí
vile io parlassi, lo nome mio appropriato, anzi niuno, vi antiponerei. Pur questa lor alterigia di mente
poco mi offende, ché tal opera non composi a simili sputasenni; ma veda chiunque di loro quello che
sanno in mio scorno e infamia scrivere, ché forse udiranno le colonne profetizare insieme con li pareti
de lor vita, ché dove sentesi la doglia ivi corre l a lingua. Questo simile dico de le parole uscite ta lora
da la penna men che onestamente publicate, perché non molto disconvenevole mi parve in simile
soggetto fingermi «pitocco», ne la qual persona dov endosi recitar una comedia, ragionamenti soluti e
strabocchevoli accascarebbono. Ben vorrovi, singula rissimi amici miei, esservi alora odioso e reprobo,
quando la vita e' costumi a le predette immondizie corrisponderanno. Ma, s'io vi paro singularmente
tassar alcuna persona, non è però ch'uomo qual che si sia poscia quella imaginare non che sapere,
perché non mi reputo lealmente aver nemico al mundo tanto da me odiato quanto l'anima mia da me
risguardata: bastami solamente che ambi noi sapiamo di cui si parla. Or dunque la mera veritade via
piú satisfacevole vi sia che la presente Apologia, candidissimi lettori mei, la quale dal seggio suo
esagerando azioni per sè indifferenti; quindi confermarono sempre più la opinione preconcepita dai giudici. E siccome questi instavano perchè nominassero il capo, si de. nunziò il Padilla figlio del comandante del castello. Forse era desso l'unica persona d'importanza da loro conosciuta , e tale da rendere eredibile l'accusa , fors' anche fu per vendetta di servigj mal ricompensati dallo spagnuolo. Il quale, affetto egli pure da lue venerea, come pare indichi il Processo (vedi specialmente pag. 329), aveva forse avuto relazione con alcano degli accusati per rimedj, o peggio.
Allora i giudici credettero aver rinvenuto gli uptori ed il loro capo, con maggior fervore continuarono il processo, che a molti infelici sgra. ziatamente costò la vita. Ma chi erano questi giudici che li condannarono morire tra le più orribili carnificine ? Uomini distinti per nobiltà, per sapere, per impieghi , che , durante la carestia e la peste , si adoperarono con zelo non
a vantaggio della patria, 00mini, che, nel generale scompiglio, rimasero fermi ai loro posti , ingegnandosi con ogni mezzo di alleviare i danni del contagio, di cui parecchi, come il Monti, presidente della Sanità , morirono rittima.
Ora librate in eque lancie le circostanze lutte che ho esposte, la condanna degli uotori è ella da rimproverarsi all'animo perverso ed alla ignoranza dei giudici, o si veramente alla triste e quasi inevitabile conseguenza della superstizione de' tempi ? A roi, lettori, lo spassionato giudizio!
comune
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