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Bardolino

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Trail stats

Distance
11.99 mi
Elevation gain
1,040 ft
Technical difficulty
Easy
Elevation loss
1,040 ft
Max elevation
1,049 ft
TrailRank 
61
Min elevation
178 ft
Trail type
Loop
Moving time
4 hours 9 minutes
Time
5 hours 44 minutes
Coordinates
3297
Uploaded
March 22, 2023
Recorded
March 2023
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near Bardolino, Veneto (Italia)

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Itinerary description

c'hai presa per vorarla in un boccone!
Dimmi, li Santi Padri tal pastura Costumi de li
mangiaron forse? o lecer con ragione antichi Padri
quel si ricerca al manto, a la tonsura,
al floco, al scapolare et al cordone?
Falliron elli mai lo esterno manto
col viver parasito e finger santo? -

19. Cotal parole usava un dongelletto
contra un prelato grave et attempato;
e già sí pel rubor sí perché astretto
era di comprar legna a bon mercato,
lasciagli la gaioffa e dal cospetto
del volgo ch'ivi corre si ha celato;
prende Orlandin quel breviario e scampa,
ch'altro non fu giamai di meglior stampa.

20. Vola per la città la fama, il grido,
che l'arciprete ha perso l'Instituta
con altri libbri posti in loco fido
d'un suo carnero, andando ad un'arguta
disputa fatta in capite «Divido
sanguinem Christi», dove si confuta
l'error de' Stoici, e provasi Epicuro Stoici, Epicuri
esser in domo Dei via piú sicuro.

21. Rainer similemente, che Signore
stava de la cittade al regimento,
ode che 'l venerabil monsignore
di mal di gola perso avea l'onguento;
poi de la vita lui tutto 'l tenore
viengli narrato, et ebbene tormento,
perché di Cristo il patrimonio vede
sovente in man di ch'oncia in Dio non crede.

22. - I' non mi meraviglio - disse alora -
se scandalo patiscono gli agnelli
e se vanno le grege a la malora
sotto alcun lupi, di pietà rubelli;
ma vogliovi proveder ora ora.
Tosto che quel priore qui s'appelli! -
Al cui fiero precetto il cavallero
con la sbiraglia corse al monastero.

23. Tranno quel mostro orrendo for di tana
e l'han condotto di Rainer al seggio.
Corresi per mirar la bestia strana,
cui di grassezza un bue non ha pareggio;
ciascun si stoppa il naso a la profana
puzza di vino, di sudor e peggio;
chi 'l chiama porco, chi Sileno e Bacco,
chi bottaglion, chi di letame un sacco.

24. - Tràtivi avanti, - disse a lui Rainero -
uomo di Dio, santissimo profeta.
Del spirito devin ogni mistero
so che 'ntendeti e di ciascun pianeta;
la libertade ancor, ch'ebbe san Piero, Piero
libertà grande, ma poca moneta;
tràtivi, dico, innanzi, padre santo,
ché d'un mio caso ho da parlarvi alquanto.

25. So che sapete ancora quanta tripa
richiede il vostro armario di brotaglie,
ove piú carne e pesce si discipa
che non han frondi tutte le boscaglie;
né tanta rena in lido al mar si stipa
quanti voi consumati tordi e quaglie;
però vi onoro qui né piú né meno
d'un animai d'urina e fezza pieno.

26. Non hai tu, tripponazzo, alcun rubore
scoprirti agli occhi mai d'uomo vivente?
pàrti ch'elletto sei d'esser pastore
de la greggia di Cristo per niente?
Peggio di te mai Giuda il traditore Giuda traditore
non fe' vendendo il Mastro suo clemente;
né Caifa, né Anna, né Pilato, Erode;
ché per te Pluto di tant'alme gode.

27. Pàrti che i Benedetti, Antoni e Paoli
dieder cotali avisi ai soi soggetti?
Mangiavan cardi, fabe, lente e caoli Costumi degli antiqui
per darli assai piú essempi che precetti, religiosi
acciò schivar sappesser de' diavoli
le frode tante e riti maladetti:
dormivan su l'arena e freddi marmi,
cantando giorno e notte i santi carmi.

28. Stavan occulti ne' lor chiostra e queti,
for de le piazze e dal volgo luntani;
benigni a' viandanti e mansueti,
lavando e' piedi lor non che le mani;
e quando uscir volean de' soi pareti
per gir altrove per montagne o piani,
un bastoncello, o sia caval di legno,
era de la vecchiezza lor sostegno.

29. Ma quelle sue radici e succo d'erbe
son oggidí cangiati in tordi e starne;
e le lor giande, more e fraghe acerbe
son ora per miracol fatte carne;
e le paglie de' letti già in soperbe
coltrine e piume; e quelle faccie scarne
pigliato han volti grassi di tre gole,
col color stesso quando spunta il sole.

Lor verghe e bastoncelli, per miracoli
di santi d'oggi, sono be' destrieri;
le celle di cannuzze e gli cenacoli
pigliato han forma de palazzi alteri;
e molte oggi badie son recettacoli
di lorde putte, cani e sparaveri.
O stolti, pazzi, sciocchi e forsennati, Notando
che 'l vostro aver lasciati a preti o frati!

31. Qual impietade usar si può magiore
che tòr a' soi la facultà per darla
a chi con le campane fan rumore
di notte, e poscia in chiesa un solo parla?
Dico quelli che povertà di fore
mostran al volgo e tendon a lodarla,
per addescar sott'ombra del capuzzo
la scardovella e guadagnar il luzzo. -

32. Queste parole et altre colme d'ira
dicea Rainero contra ogni ragione;
perché qualunque nel parlar s'adira
convien che 'l sentimento l'abandone;
ma spesso accade ch'un signor delira
parlando de la Chiesa a passione,
parendo lor (e pur han torto grande!)
pasto de frati esser le fabe o giande.

33. Rispose alor l'abbate: - Alto signore,
con sopportazion vi parlo schietto;
Ecclesia Dei non facit mai errore,
non so s'in Tullio voi l'avete letto;
et Aristotel, ch'è commentatore
oggi al Vangelo sol, dice in effetto
quod merum laicus non det iudicare
clericam preti et fratris scapulare .

34. Et una chiosa canta quod praelatum
non est subiectus legi "Constantina",
affirmans eo quod nullum peccatum
accidit in persona et re divina.
Et hoc deinceps fuit roboratum
in capite «Ne agro» a Clementina.
Et princeps, qui de Ecclesia se impazzabit,
scomunicatus cito publicabit.

35. Et anco Thomas dice a la seconda
distinzion, capitol quo di sopra,
quod unde Spirtus Sanctum si profonda,
possibile non est che mal si scopra.
Per me, Signor, non voglio che s'asconda
lo viver mio in visu, verbo et opra,
quando che 'l Salvatore ci ammaestra,



nei particolari esami loro tanto varj che non si può far certo gindizio sopra quale delle loro deposizioni debbasi fondare il fisco. E per le quali contrarietà tanto ma. nifeste che risultauano e risultano dal detto processo era pur necessario, essendo l'accusato in prigione far qualche confronto tra il sudetto il Mora e gli altri perche di tanto delilto si potesse finalmente carar la verità. Inoltre queste confessioni estorte a furia di tormenti non fanno prov a contro li nominati, perche vedendosi questi scellerati persi et condannali, si movono a nominare persone grandi, sperando saluarsi mediante il studio o privilegio delli nominati, o almeno portar in longo l’e. secutione della loro condanna.
E tolse ogni ombra di dubbio con una scrittura che troncava di nello la questione. I difensori del Padilla avevano introdotto fra i testimoni un capitano Gorini, il quale raccontò, che trovandosi in prigione, men. tre il Piazza era in confortatorio, l'aveva udito altercare con doi padri capucini; Ed io mi lenai dal letto cosi in camisa , et andai all'uschio et dando orrecchio al dello contrasto quale durò circa mezzora sentei che detto Commissario strepilaua et diceva che morina al torto per es. sere stato assassinato sotto promessa et che perciò si voleuano far perder l'animn. Insomma li padri capucini partirono senz'hauerlo potuto disporre n confessarsi ne a far atto di contrizione. In quanto a me m'accorgei che lui haueva speranza che si douesse retrattare la sua agintarlo. Partiti che furono i capucini io mi misi li calzoni et gippone et andai dal detto commissario, pensando far atto di carità col persuaderlo a disporsi a ben morire grazia di Dio come in effelto posso dire che mi riuscü. Poiche li padri non toccarono il ponto che toccai io; qual fie che l'accerlai di non hauer mai visto ne sentito dire che il Senato retratlasse cause simili dopo seguita la condanna. Anzi li dissi che se hanesse trouato altrimenti mi accontentano di morir
per
lui. Il Piazza , rassegnatosi, gli domandò come potesse sgravarsi la coscienza di aver indebitamente aggravati innocenti, ed il Gorini gli suggerà di rivolgersi per consiglio al cappuccino che l'assisteva. Avoti questi dati, riuscirono a trovare l'anzidetta scrittura che era pelle mani di un prete Francesco Gallarati Varese, coadjutore del 1630 a San Vito in Pasquirolo , e contenera le proteste del Mora e del Piazza, dellate al Padre Giacinto cappuccino loro confessore Jo nomine Jeso il 31 luglio 1630. « lo Giacomo Mora, Barbiero, mi protesto, che essendo condannato
a morte, e perchè io non voglio, et protesto di non partirmi da questo « mondo con carico della mia coscieoza, e perciò con la presente scrit“ tura, e protesta, mi dechiaro, et dico sopra la mi coscienza cbe latti
quelli li quali sono stati nel processo incolpati da me per causa degl'onti
pestilentiali, li ho iocolpati al torto, et questo in quanto a me, et « questo lo protesto avanti li Padri Capucini, et altri assistenti alla cura « dell'anima mia ».

Et a basso pur nell'istesso foglio si legge un'altra scrittura, cioè:
« Jo nomine Jesa il 5 agosto 1630. « lo Guglielmo Piazza Commissario mi protesto, etc. » e ripete le parole medesime del Mora.
Rimanesa a sventarsi la deposizione del Baruello, il quale, per avere l'impunità e sfuggire ad una morte ipfame ha hauto tanto ardire da comporre il discorso tanto inverosimile et falso; e in sei ore divenne così letterato che seppe distinguere le voci hebraiche et latine se bene era personn lontana da tali scienze, e solo virtuoso nelle infamie. Inventando cerchi , proferendo nomi diabolici et adducendo concorsi del comune inimico et il pantalone mulo ma piacevole.
Gabriele Millione, curato di Sant'Eusebio , depose che essendo egli lontano parente del reo , aveva ufficiato per ottenere l'impuoilà quando fu condannato a morte. Raccomandalosi al fiscale Bottinoni, questi gli disse che il Senato aveva firmata la sentenza , ma però a sua persuasione egli si accontentava di procurargli da S. E. ” impunità, et salvarlo dalla morte et da qualsivoglia altra pena da un esiglio perpetuo in poi dallo stato di Milano. Il fiscale fece avere il permesso di parlare col reo al curato Millione, che lo trovò nella camera della corda che diceva Puffizio, ed al vederlo esclamò. Oh monsignore portate forsi cattiva nova ed io li risposi purtroppo la porto, et così li dissi come il Senato l'haueva sentenziato a morte. Soggioose però che gli olterrebbe ona lettera d'impooilà ove si risolvesse a dir il vero circa gli opti. E il Baroello : faranno poi di me come hanno fatto del commissario? alludendo al Piazza cui erasi lusingato coll'impuoilà. Nondi. meno tanto è prepotente l'amore della vita! immaginò subito una Gilaslrocca tale che ben sapeva andrebbe a genio al Sepato , e disse che lo avevano un giorno condotto a casa del Mora il quale leuata una

tappezzeria l'introdusse in una gran sala (nella casipola del Barbiere ! ) dove vide dieci o dodici persone assentate sopra le cadreghe fra quali vi cra il signor D. Giovanni Gaetano Padilla.
Il curato Millione per quanto gli fosse caro salvar il parente potè a meno di farli osservare che ciò era assurdo: allora il meschino rispose: tornate domani che fralanto vi penserò. Ma l'indomani disse ingenuamente che in verità non sapeun che dire.
Pure, risoluto ad afferrare ad ogni costo quell'unico mezzo di salvezza, immaginò la mattina segmente il suo rornanzo. Se non che, caduto pochi giorni dopo il Barnello walato di peste (pag. 76), disse, per isgravio di coscienza, al carcerato Giacomo Palazzi, datogli per assisterlo: Fattemi piacere di dire al signor Polestà che tutti quelli che ho incolpati, li ho incolpati al torto, et non è vero ch' io abbin chiapato denari dal signor Castellano, perchè ne anche mai ho praticato con lui. Indi a due ore che fil sul far del giorno se ne inorse.
Simili proteste falte nelle ore Simili proteste falte nelle ore estreme, quando lo spavento della morte vicina e inevitabile, forza anche l'uomo più scellerato a palesare intera la verità, provarono la piena innocenza dell' accusato.
Il Padilla partecipara all'erronea opinione dei tempi intorno ai patti coochiusi col demonio , quindi egli afferma che il Migliavacca ed il Baroello erano stregoni o dati al diavolo, e come tali essere verosimile che si siano mossi a far morire le persone con li onti maleficiati per sola et pura istigatione del diavolo, quale si sforza come ognuno sa a proccurare simili morti improvise alli uomini, perche non s'abbino tempo, ne commodità di confessarsi et ricevere li santissimi sacramenti, ma vadano dannati, et non già per istigntione o persuasione d' alcun uomo vivente. E per riemeglio. riemeglio provare che il Migliavacca era uno stregone, racconta che trovandosi egli in prigione immaginò insieme con altri di troular forma di liberarsi dalle carceri. Et egli preparò un incanto per scrittura con cerchi et caratteri diabolici scrillo, e fatto a mano con la preda lapis ; e poi con penna et inchiostro trascritto per fare che il Giudice delle loro cause, Notaro , Guardiani , et altri non trouassero mai reposso ne di berre, ne di dormire finche non hauessero liberato lui et altri dalle carceri, et che non liberandoli fossero morti fra poco tempo.
Chi dava fede a simili assurdità, era difficile non credesse agli unguenti pestiferi. E in vero risulta dal Processo che il Padilla opinava essere i medesimi adoperati in Milano. Nondimeno , benchè partecipasse a tale erronea ma comune credenza, addusse per scolparsi, testimonianze che la dimostravano assurda. Voglio dire alcune deposizioni di medici che riserirò testualmente, perchè ovorano il nostro paese , mostrando
che nel generale delirio v'erano gomini che non lasciavansi illadere. Cbe se tacquero finchè cessato il tremendo contagio si calmarono gli animi , fu perchè avrebbero esposta inutilmente la vita senza lusinga che si desse loro retta , cbè il fanatismo non ascolta ragione.
Il medico Appiano fa uno de' più distinti e benemeriti, come vedremo nel Libro IV.
Deposizione del medico G. B. Appiano della parrocchia di S. Stefano in Broglio.
« Non solamente io ho visto la peste , ma provatala dal primo

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