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V-Rifugio Monte Agudo,Rifugio Ciareido

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Trail stats

Distance
8.51 mi
Elevation gain
2,956 ft
Technical difficulty
Easy
Elevation loss
1,699 ft
Max elevation
6,431 ft
TrailRank 
34
Min elevation
4,976 ft
Trail type
One Way
Time
6 hours one minute
Coordinates
1087
Uploaded
June 28, 2021
Recorded
March 2020
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near Malòn, Veneto (Italia)

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Itinerary description

Traversata delle Marmarole - Seconda Tappa:
Da Rifugio Monte Agudo-Rifugio Ciaredo,

Dal rifugio, si scende brevemente il primo tratto di pista fino ad imboccare il panoramico sentiero 271 che percorre, con alcuni saliscendi, la dorsale costituita dalla Croda del Grazioso e dal Col Burgiou fino a raccordarsi in località Pian della Mandra, da pian della Mandria 1262, continuiamo verso forcella bassa fino a da col dei buoi 268, raggiunto il bivio con sentiero 28 sul quale ritorneremo dopo il giro delle fortificazioni di Col Vidal, prendiamo a dx per bivio dei Pellegrini si prosegue con il 268/4, per Col Vidal, questo tratto di sentiero, merita una deviazione, la visita al complesso di vari bunker, trincee e camminamenti delle seconde linee della Grande Guerra. Finita la visita delle numerose fortificazioni si ritorna si prende a sinistra la carrareccia che porta a Col dei Buoi da cui si scorge un ineguagliabile panorama che spazia dalla Croda dei Toni al Peralba fino alle Dolomiti d’ OltrePiave e al Duranno Da Col dei Buoi, in breve proseguendo per la carrareggia, si giunge al bellissimo Pian dei Buoi da dove in circa 20 minuti, salendo su stretta stradina, si arriva al Rifugio Ciareido, splendido balcone panoramico.

Waypoints

PictographWaypoint Altitude 0 ft

b Chiesetta della Madonna di Ciareido

CHIESETTA MADONNA DEL CIAREIDO



Come nacque l'iniziativa, primi passi per la sua realizzazione,
inizio e compimento dei lavori. 



L'idea di costruire una chiesetta sulla nostra Monte, ci nacque ancora nell'estate del millenovecentosessantasette in occasione della benedizione della campana, a ricordo dei dispersi in Russia, che fu poi posta sul Pupo di S. Lorenzo.



Quel giorno il tempo non era proprio bello e qualche goccia di pioggia scese sull'altare, posto innanzi alla villa Pellegrini, proprio mentre veniva celebrata la S. Messa. Avevamo poi osservato che molte S. Messe celebrate dai Cappellani militari innanzi alla caserma, venivano disturbate da! vento e dalla pioggia. Ad assistere al Sacro Rito, assieme agli Alpini, c'erano villeggianti e paesani, arrivati a Pian dei Buoi per trascorrervi una lieta domenica. 
La prima domenica di settembre del '67, il giorno in cui a Lozzo si celebrava l'anniversario della distruzione del paese, dovuta ad un violento incendio, un gruppo di suore Dorotee di Udine, che hanno una casa per ferie a Sappada, venne a Monte per fare alcuni schizzi che sarebbero poi serviti da sfondo ad un quadro raffigurante la Madonna. Questo fu pronto nella primavera del '68 e fu portato dagli alpini di Lozzo a Bologna, in occasione dell'adunata nazionale, dove fu benedetto dall'Ordinario Militare durante la S. Messa.



Nel maggio del 1968, Ernestino Del Favero si recò in canonica per comunicare al Parroco l'idea di alcuni giovani di costruire una chiesetta alpina a Pian dei Buoi e per avere il benestare all'iniziativa. Il Parroco consegnò al Del Favero una lettera di presentazione per Sua Ecc. Mons.Vescovo rimettendosi alle decisioni del Presule. Una decina di giorni dopo il Del Favero si recò a Belluno dove fu ricevuto in episcopio dal Vescovo Monsignor Muccin, il quale dopo aver letto la lettera del Parroco, assicurò al latore che avrebbe dato adeguata risposta entro breve tempo.


Infatti essa arrivò il cinque ottobre 1968 con lettera della Curia Vescovile di Belluno. Si concedeva, in via di massima, così era scritto sulla risposta, di costruire la chiesetta salvo delle clausole da rispettare. I giovani si davano subito da fare per ottenere tutti i documenti necessari. Il ventun ottobre 1968 vennero a Monte due Sacerdoti, rappresentanti della Curia, per scegliere il terreno più adatto alla costruzione della Cappella. Questi erano Mons. Da Rif Cancelliere Vescovile e Don Gamelli amministratore diocesano. Con loro c'era il rappresentante del Comune di Lozzo nella persona del Signor Giuseppe Zanella in Loda.
Con lettera del tredici dicembre 1968 la Curia Vescovile comunicò l'approvazione del progetto da parte della Commissione Diocesana di Arte Sacra.
Il Comune di Lozzo, il diciotto dicembre 1968, concedeva, su deliberazione unanime dei consiglieri comunali, di dare un appezzamento di terreno di proprietà comunale, per la costruzione della Chiesetta. Anche la commissione edilizia comunale approvava il progetto in data nove febbraio 1969.
Durante quell'inverno, il nostro Vescovo consacrò il calice che sarebbe servito per la celebrazione delle S. Messe nella nuova chiesa. Questo atto di culto è di competenza del Vescovo, a differenza degli altri arredi sacri, che possono essere benedetti anche dai Sacerdoti.
Nella primavera del 1969 salirono a Pian dei Buoi alcuni maestri di sci di Sappada per vedere se l'ubicazione scelta per la costruzione avesse danneggiato eventuali piste di sci. Si arrivò così, dopo diversi permessi, incartamenti, sopraluoghi, al giugno del 1969, mese che vide l'inizio del lavoro.
Durante la prima settimana ebbe luogo l'allestimento del cantiere e del "tabià", dove avrebbe avuto luogo la mensa. Si trasportò da Confin due tronchi d'albero per l'impalcatura di sostegno del montacarichi, ciò anche grazie all'aiuto di una "gip" degli Alpini che si trovavano a Sora Crepa per le manovre. Allestimmo la cucina e la sala da pranzo con un fornello a gas, tavoli, sedie, pentole varie e altri utensili. Da Lozzo arrivò una cinquecento carica di patate, farina, formaggi, burro, caffè, zucchero, vino, grappa e pane.
Nelle domeniche successive ebbero inizio i lavori veri e propri. Furono tracciati i confini della costruzione e quelli che il Comune aveva messo a disposizione per l'area di rispetto.
Ogni domenica mattina la sveglia era alle cinque. Ci si trovava in piazza e si partiva, con le vetture a nostra disposizione, per il cantiere. Arrivati a Sora Crepa e salutato Vitale che ci attendeva sorridente sulla porta del rifugio, tutti accudivano ai loro specifici lavori. Alcuni mettevano in funzione la betoniera, altri attaccavano la canna alla fontana, chi trasportava al cantiere badili, picconi, cazzuole e secchi, chi, infine, preparava il montacarichi o accendeva i vari motori. Le donne intanto entravano in cucina per preparare il pranzo. Verso le nove, una di esse saliva alla chiesetta per portare la prima colazione a base di salame, formaggio, pane e vino.
Man mano che le domeniche passavano la costruzione prendeva forma. Poste le fondamenta, nelle quali entrarono quintali di cemento, sabbia e ferro, si incominciò a veder crescere i muri perimetrali. I blocchi di cemento, con i quali furono costruiti i muri, vennero trasportati a Sora Crepa, assieme alla sabbia e al cemento, da un trattore durante la settimana e posti sulla strada che porta a Col Vidal. Una domenica mattina li trovammo tutti ed erano più di mille, vicino alle fondamenta. Furono gli Alpini del Settimo a farci risparmiare una fatica. Il pranzo era sempre consumato a mezzogiorno. Le nostre cuoche, Vittoria e Giuditta, ci facevano gustare pranzi prelibati e ogni domenica il menù era diverso. Quando giunse il giorno di S. Lorenzo e quello della Madonna di agosto, ci furono serviti pure il dolce e lo spumante, doni graditi di benefattori. Finito di pranzare all'aperto e sull'erba, si ricominciava a lavorare fino al tramonto. La sera, prima di rientrare a Lozzo, si riponevano e si pulivano gli attrezzi e poi si concludeva la giornata con uno spuntino di patate e "formai nostran".


Il giorno della "colmin" fu festa grande al cantiere. Appena Romano, che fungeva da ingegnere direttore, innalzò sopra la trave maestra l'alberello, si fece una bicchierata e una cantata. Questa si ripeté il giorno in cui fu posta la croce sul campanile e fu suonata per la prima volta la campanella. Udendo per la prima volta i suoi allegri rintocchi, lassù, così in alto, ci fu in tutti un attimo di commozione profonda, accompagnata da qualche lagrima.
La campanella era stata benedetta in precedenza dal nostro Vescovo nella Sua cappella privata a Belluno, perché doveva essere fissata al muro del campanile. In quella occasione Sua Eccellenza assicurò al Presidente del comitato il Suo intervento alla benedizione della chiesetta.
Un particolare ringraziamento esprimiamo alle Autorità Ecclesiastiche, le quali ci furono sempre vicine con consigli e autorizzazioni e con la dispensa dal riposo festivo, accordataci dal Vicario Generale Mons. Santin. Intanto la costruzione cresceva a vista d'occhio. La domenica, in cui sbucammo dalla galleria e ce la vedemmo innanzi con il tetto già finito e con la lamiera messa in opera, tirammo un sospiro di sollievo. Infatti quest'ultima era stata fissata da Alfio durante la settimana e perciò noi, lavoratori domenicali, la vedemmo a lavoro ultimato. 
Anche alcune rifiniture vennero man mano portate a termine. Un sentiero abbastanza largo fu tracciato fra la strada del Genio e la chiesetta. Questa fu una fatica delle nostre donne che lavorarono sotto la direzione di Ennio Valmassoni. Grazie ai più giovani anche lo scavo attorno all'edificio fu terminato. Ultimamente si costruirono delle cunette per lo scolo dell'acqua piovana e della neve.
Chi guarda lo facciata della chiesetta, nota subito la bellezza dei pilastri. Essi sono, come pure il campanile, in pietra viva lavorati a mano: capolavori di Bruno Borca fu Gavino.
Non bisogna dimenticare Elio Bedin, il più anziano del gruppo, sempre il primo in piazza la domenica per la partenza e così pure sul lavoro. A Elio si deve la frantumazione di un grande macigno che ostacolava le fondamenta, tutto il lavoro fu fatto a punta e mazzuolo. Il nostro grazie va anche ad altri anziani lavoratori che ci furono preziosi in consigli e lavoro: Angelo Laguna dell'Orbo, che non si assentò mai durante la domenica, ma salì a Monte anche durante la settimana a lavorare; Valentino Zanella Maderlo che tracciò i disegni del "prefil" e delle travi; Giovanni Baldovin fu Lucio che diresse la costruzione del tetto.
Molta soddisfazione ci fu data da paesani e da villeggianti che, in occasione di gite a Pian dei Buoi, fecero una visita ai lavori. Alcuni prendevano spunto per donare una somma di denaro a beneficio della nuova chiesa. Un particolare ringraziamento va ad un signore di Roma che, ammirato dalla buona volontà dei nostri giovani, regalò la generosa somma di lire centocinquantamila.
Una domenica mattina ascoltammo, nella sala da pranzo del rifugio Marmarole, la S. Messa celebrata dal cappellano Don Paolo, che si trovava a Pian dei Buoi già da una settimana per un periodo di ferie. Quella mattina fu celebrata la Messa nell'interno del rifugio, perché pioveva e quella fu l'unica volta che il lavoro venne disturbato dalla pioggia. Nel pomeriggio, uscito il sole, potemmo terminare il campanile.
Ci fu un giorno che a Pian dei Buoi si udì il rumore di ben quattro motori. C'era la betoniera che impastava la malta, un motorino che faceva funzionare il montacarichi per carriole e sassi e un'altro azionato a benzina che dava corrente ad una piallatrice elettrica che lavorava sulle travi del tetto. Forse nemmeno quando si costruì la caserma e il forte non vi furono a Monte tanti motori in azione contemporaneamente. Non si può dire che il comitato non fosse organizzato al massimo. Questo si deve soprattutto alla generosità di privati e imprese, le quali misero a disposizione il necessario.

Intanto era trascorsa l'estate in alacre lavoro e si giunse a metà settembre con i lavori più importanti già terminati. Ortensio Caruli installò in cima alla croce del campanile il parafulmine. Gli Alpini, dopo che era ,stato messo in opera il bellissimo pavimento, ci aiutarono a collocare il pesantissimo altare sotto il quale fu collocata una pergamena con il nome dei componenti del comitato.
Un giorno salirono al cantiere, accompagnati dal nostro Sindaco, degli onorevoli parlamentari e altre personalità che si compiacquero della bella costruzione. La prima domenica di ottobre si chiusero definitivamente i lavori.  
Stanchi, un po' abbronzati e con qualche chilo in meno, ma tutti felici e contenti, giovani e più anziani, si prepararono ad aspettare il nuovo anno per le rifiniture.
Il Santo Padre, Paolo Sesto, ci fece giungere per l'occasione, la Sua confortatrice e Apostolica Benedizione. Giungemmo così all'estate del settanta; Durante l'inverno si veniva informati, da coloro che salivano a Monte, del buon stato della chiesetta e di come questa sopportava bene gli eventi atmosferici.
Domenica 14 giugno salimmo a Pian dei Buoi per le ultime rifiniture. Trovammo il fabbricato in buonissimo stato. Sebbene l'inverno fosse stato particolarmente duro e abbondante la neve, i muri non presentavano lesioni e tutto era in ordine.
Alla prima giornata di lavoro ne seguirono altre, finché tutto fu terminato e pronto per l'inaugurazione.




 COSTRUITA E ARREDATA DIGNITOSAMENTE LA CHIESETTA ALPINA DI PIAN DEI BUOI E' UN'OPERA D'ARTE 

L'insieme, la pala, l'altare, la porta, i paramenti, veri gioielli.
Tutta la chiesetta della "Madonna del Ciareido" a Pian dei Buoi, è un'opera d'arte. Nel presentare a lavori ultimati, il com. Ezio Baldovin, sul Cadore del dieci novembre sessantanove, così scriveva: "Presentiamo una fotografia (della chiesa) da cui emerge l'elegante semplicità delle linee in una architettura felicemente ambientata".
Tutti coloro che nell'estate scorsa erano saliti a Sora Crepa, fecero gli elogi al progettista e agli esecutori.
Certo, se il tetto anziché in lamiera fosse stato costruito in scandola, tutto l'insieme si sarebbe avvantaggiato.
Ma il far preferire la lamiera al legno, è stata solamente la differenza di prezzo fra l'uno e l'altro materiale.
Entrando nella chiesetta ciò che colpisce subito è la bellezza del altare. Questo è di pietra di Castellavazzo, tutto scolpito a mano, e riproduce lo stemma del Cadore. Le due torri che sorreggono la mensa, hanno i merli sia nel primo piano che della terrazza, intagliati nel sasso e così pure le finte finestre e le porte d'ingresso. La parte inferiore di ciascuna torre è leggermente più grande della parte alta e ha gli angoli scolpiti come se fossero stati costruiti a massi squadrati. Dalle due torri parte una catena in ferro battuto che raggiunge l'albero posto in mezzo ad esse. Anche l'albero è in pietra, ma a differenza delle torri che sono rossicce, è bianco.
L'altare è rivolto verso il pubblico come prescrive la nuova liturgia, è alto centimetri ottanta, lungo un metro e trenta e largo centimetri sessanta.
Sopra la mensa, sulla parete di fondo, fra le due finestre, c'è la pala nella Madonna del Ciareido. E' un quadro di rame, cesellato a mano di centimetri cinquanta per settantacinque. La Madonna vi è raffigurata seduta. Essa tiene in braccio il bambino Gesù e ha il capo leggermente piegato. Un manto Le scende dalla testa e la copre tutta, da questa esce una mano che regge il figlio. Il bambino Gesù tiene nella mano destra il cappello alpino. Si è voluto mettere nella mano del Salvatore il cappello dell'Alpino, perché questo è il simbolo dei giovani di montagna. Il montanaro non fa né il bersagliere, né l'aviere e nemmeno il marinaio, il montanaro è alpino.
Gesù, nel tenerlo in mano, dimostra la sua predilezione e protezione per noi. Dietro la Madonna si scorge il gruppo roccioso del Ciareido con il pupo di S. Lorenzo che fa da sfondo.
Sorreggono il quadro tre angeli scolpiti in legno, opera del maestro Andrea Mussner di Selva Valgardena. Due angeli stanno ai lati, mentre il terzo lo porta da sotto con le braccia alzate. Si è preso lo spunto dell' insieme dall'altare della Madonna "Salute del Popolo Romano" che si trova nell'arcibasilica di S. Maria Maggiore in Roma.
Altra opera d:arte della chiesetta di Monte, è la porta in ferro battuto fatta stupendamente a mano da Olimpio De Meio Marchi. Questa si divide in due parti: la parte superiore a forma di lunetta a sesto acuto e i battenti veri e propri. Nella lunetta vi è raffigurata una Madonna con Bambino fra foglie e fiori. Su ciascuno dei battenti vi è modellata, nella parte inferiore, un'anfora. Da questa si ripartono dei rami con sopra foglie e fiori di montagna, fra i quali primeggia il cardo.
Anche la Via Crucis è molto bella. Sono quattordici croci greche in legno che portano scolpita in mezzo la testa di Cristo, incoronata di spine: pure scolpita opera di Andrea Mussner di Selva.
Caratteristici anche i candelieri e le due lampade che sono ai lati dell'altare, ricavate queste ultime, da due bronzini. Abbiamo voluto che anche nell'arredamento sacro la chiesetta non sfigurasse. Tre sono i paramenti completi per la Messa, tutti eleganti e ben fatti: uno rosso per le feste dei Martiri, tipo S. Lorenzo, uno verde per le domeniche e uno in semisdoro per le solennità. Anche come amitti, purificatoi, corporali, ce nè in abbondanza. Bellissimo è anche il calice d'oro e d'avorio, forse troppo per una chiesetta di montagna, ma la donatrice non ha badato a spese. Non dimentichiamo la tovaglia dell'altare per le grandi occasioni, tutta ricamata a mano. Un elogio alla donatrice che vi ha ricamato sopra tutto un inverno.

 
IL SIGNIFICATO DI UN NOME
Perché abbiamo intitolato la Chiesetta alla Madonna del Ciareido
 
Gran parte dei santuari grandi e piccoli dedicati alla Madonna, in Italia e nel mondo, portano il nome della località dove sorsero. Abbiamo così la Madonna di Lourdes, di Fatima, di Pompei, di Castelmonte, di monte Berico, di monte Lussari, di Barbana, di Oropa, di Luggau ecc. Anche in Cadore abbiamo degli esempi: la Madonna della Molinà, la Madonna delle Tre Crode alle Cime di Lavaredo e la Madonna del Cadore nel villaggio dell' Agip a Borca.
Quando avemmo l'idea di costruire una chiesetta a Sora Crepa e di dedicarla alla Madonna, pensammo che il miglior titolo sotto cui venerarla sarebbe stato quello del Ciareido, la bellissima montagna: che si innalza sopra Pian dei Buoi.
Tutti i Lozzesi sanno che il Ciareido è l'ultima propaggine delle Marmarole, quella cioè che parte da Pupo di S. Lorenzo e finisce al Pian del Paradiso.
Quando venendo dalla pianura Veneta o dalla città di Belluno arriviamo a Ponte delle Alpi, alzando gli occhi, in fondo alla valle del Piave, scorgiamo il Ciareido e il Pupo. Il Ciareido con il Cistelin e la Croda Bianca, sono stati immortalati dal sommo pittore Tiziano Vecellio nel bellissimo quadro della "Presentazione della Vergine al Tempio", che si trova all'Accademia di Venezia.
Se è vero però che i santuari Mariani portano il nome del luogo dove si trovano, hanno anche un titolo proprio di Maria Santissima riconosciuto dalla Chiesa, esempio: l'Immacolata di Lourdes, il Rosario di Pompei ecc. Noi dedicheremo la nostra chiesa a "Maria SS. Madre di Dio". Questo è, a nostro parere, il più bel titolo di cui si gloria la Madonna e anche il primo dell'anno.
Nella lapide che è stata posta nell'atrio della chiesetta di Pian dei Bui è scritto:

 


La chiesetta di Monte, possiamo dirlo senza smentita, è stata la più descritta fra le sue consorelle alpine. Essa è ora conosciuta non solo fra noi, ma a mezzo dei vari giornali, anche all'estero. La R.A.I. attraverso il "Giornale del Veneto" ne ha parlato in parecchie trasmissioni. Il Gazzettino in almeno una decina di edizioni. L 'Avvenire d'Italia, il giornale dei Cattolici Italiani, nel numero di domenica dodici ottobre sessantanove, riportava, con la storia, la benedizione inviataci dal Santo Padre.
Sull'Amico del Popolo, settimanale della diocesi di Belluno e Feltre, Sono apparsi due articoli con foto, uno annunciava l'opera e l'altro scritto in occasione della benedizione della campana da parte del nostro Vescovo Mons. Gioacchino Muccin.
Il settimanale più venduto in Italia, il quinto in Europa, il settimanale che viene letto da otto milioni di persone, La Famiglia Cristiana, ha pubblicato una bellissima foto della chiesa in costruzione con didascalia.
Il Cadore, il mensile che raggiunge i Cadorini all'estero, ne ha parlato più volte, pubblicando pure la foto della costruzione terminata, con una bellissima presentazione del direttore comm. Baldovin.
Ricordiamo per ultimo "Bellunesi nel Mondo", il mensile della associazione Emigranti Bellunesi, che in un articolo del novembre '69, esaltava il contributo degli emigranti di Lozzo quali, con personale sacrificio, hanno voluto essere presenti seppur lontani.
 

Domenica 26 luglio inaugurazione e benedizione della
CHIESETTA ALPINA DI "PIAN DEI BUOI"
 
La cerimonia è stata officiata da Sua Ecc. il Vescovo. Presenti le maggiori autorità della zona e numerosa folla. L'inaugurazione di una chiesetta, pur piccola come la nostra, non è cosa di tutti i giorni e specialmente se questa è stata costruita a millesettecento metri d'altezza, gratuitamente e volontariamente.
Festa grande perciò e non solo per il comitato che l'ha voluta e realizzata, ma per i numerosi che, con offerte in denaro, mezzi, viveri, lavoro gratuito, hanno permesso la realizzazione dell'opera. Ma festa anche per tutta la popolazione di Lozzo, perché l'idea è nata fra i suoi figli, i quali hanno dimostrato che, in un mondo corrotto e disunito come l'attuale, l'unione e la concordia fanno grandi le piccole cose.
Il sogno di tutti era la costruzione di una chiesetta a Pian dei Buoi. Una volta salirono lassù i pastori con le armente, gli alpini per il campo, i boscaioli e coloro che dovevano provvedere alla fienagione. Ora esso è meta, e lo diverrà sempre di più, per lo sport, per il riposo settimanale o semplicemente per una gita.
Quante vetture vediamo ogni anno di più attorno alla caserma e al rifugio?
Molti nostri paesani hanno costruito casette e rifugi adattando i vecchi "tabià". Altri in un prossimo futuro li seguiranno, e la nostra Monte diverrà sempre più frequentata.
Per dare comodità a tutti è sorta la Chiesetta della Madonna del Ciareido. Essa è piccola, tutti non potranno entrarci, ma nelle domeniche, sotto l'atrio, è possibile collocare un altarino e spazio attorno c'è fin che si vuole.

Il comitato ha voluto, per la festa dell'inaugurazione, stampare un apposito libretto. In esso troverete le più belle foto scattate al cantiere, quelle delle varie cerimonie precedenti, i nomi dei donatori, una piccola cronaca della più bella e indimenticabile estate della nostra vita, i vari permessi per l'inizio del lavoro.
Pian dei Buoi vi attende con la sua Chiesetta, i suoi boschi, le sue praterie, i suoi meravigliosi paesaggi.

IL COMITATO
Da Pra Mar. Gabriele, Armando Laguna, Mario Valmassoni, Angelo Calligaro Ferino, Ernestino Del Favero, Vivo Laguna., Tranquillo Calligaro, Vittoria Da Pra, Rino Zanella, Vitale Calligaro, Esperio Del Favero, Angelo Da Pra, Romano Da Pra, Giangiacomo Da Pra, Amanlio Da Pra, Remo Calligaro Moio, Lorenzo Da Pro Frizze, Grazioso Da Pra Fauro.

Segue: Anno 2004

Un mese dopo la benedizione arrivò dalla Curia Vescovile di Belluno una pergamena scritta in latino dove si obbligava a celebrare una S. Messa all'anno. Il documento si trova depositato in Municipio, dato che la Chiesetta è di proprietà del Comune di Lozzo di Cadore.
Un libretto bancario è stato aperto presso l'ex Banca Cattolica del Veneto, dove vengono versate le offerte.
Una seconda porta in ferro battuto e con vetri è stata aggiunta in questi anni. Opera insigne di Marco De Meio.
Un anno salì a Pian dei Buoi Sua Ecc. il Vescovo Maffeo Ducoli, con il Segretario Don Giorgio Lise, che con una bella e sentita cerimonia, benedisse la corona che fu posta sopra il quadro della Vergine Maria.
Salì per celebrare anche Mons. Pietro Brollo, nuovo Vescovo di Belluno-Feltre, con il Segretario Don Diego Bordin. erano vestiti da rocciatori, con gli scarponi, i calzoni alla zuava e la camicia a quadri scozzese. Furono accolto dai numerosi fedeli con battimani di simpatia e gioia. si fermarono a Pian dei Buoi tutto il giorno, pranzarono sotto il tendone assieme alla gente. Mons. Brollo con congratulò con i giovani alpini di Lozzo per il servizio e per il pranzo. Erano i figli della "Gioventù di Lozzo" che avevano costruito, trent'anni prima, la Chiesetta della Madonna del Ciareido.
Visitò il rifugio Ciareido e salì al Pian del Paradis. Restò meravigliato per il bellissimo panorama che si gode da lassù
Da alcuni anni su iniziativa dei Professori e Insegnanti delle Scuole di Lozzo viene celebrata la chiusura dell'anno scolastico a Pian dei Buoi con una Santa Messa di ringraziamento presso la Chiesetta.
Gli studenti della Scuola Media salgono al rifugio e pernottano qualche giorno prima, per poter effettuare delle escursioni di studio sulla fauna e flora locale e per conoscere i sentieri nei boschi. Il sabato vengono raggiunti dagli alunni della Scuola Elementare accompagnati dalle famiglie.
Il pranzo viene servito dagli Alpini e dai volontari di Lozzo in due locali della malga trasformati per l'occorrenza in comode "sale da pranzo", senzaalterare le strutture, hanno valorizzato il complesso mettendo in evidenza le travature del tetto. Una meraviglia.

Un pensiero di ringraziamento và ai nostri Progenitori, per il taglio ed il trasporto del legname necessario per la costruzione della Malga. Deve essere stato un bosco intero.

PictographWaypoint Altitude 6,079 ft

b Forte Alto di Col Vidal

Il Forte di Col Vidal Sull’altopiano di Pian dei Buoi, guardando verso est, verso il mote Tudaio, è possibile scorgere una costruzione di una certa imponenza, è il Forte di Col Vidal, o meglio, quello che resta di questa fortificazione che faceva parte del sistema “Cadore – Mae”, una rete di difesa che avrebbe dovuto proteggere l’Italia da una possibile invasione del nemico da nord. “(…) Alla fine dell’800 comincia la difesa delle frontiere montane, sia risistemando le vecchie strutture austriache (I generazione), sia erigendo ex novo barriere difensive di concezione moderna. Le zone prese in considerazione sono quelle che vanno dalla Valsugana alle sorgenti del Piave.
I settori strategici più importanti erano il settore degli altipiani di Folgaria, Asiago e Lavarone, lo sbarramento Brenta – Cismon e nel bellunese la “Fortezza Cadore – Maè”.
Tutto questo sistema di fortezze si dimostrerà desueto quasi subito durante il conflitto, soprattutto grazie alle nuove strategie belliche (mezzi motorizzati, aeroplani, mitragliatrici , tecnologie chimiche ecc) , e tranne una prima fase definita “guerra dei forti”, che comunque non interessò la zona cadorina, troppo lontana dalla linea del fronte, per lo più queste ebbero ruoli logistici.(…)” (fonte: tesi di laurea dell’architetto Giulia Nassivera*) Oggi è facile riconoscere il forte perché si trova proprio sotto una enorme ed impattante antenna per la telefonia a forma di traliccio rosso e bianco. Il Forte di Col Vidal di trova a quota 1880 s.l.m. e ad esso si accede da Lozzo lungo la strada appositamente costruita , detta “Strada del Genio”. Il progetto dell’opera di Col Vidal nacque nel 1909 e nello stesso anno il governo assegnò i primi fondi necessari all’avvio dei lavori.
Nel 1915 l’intero forte era compiuto e nell’estate di quell’anno si poteva provvedere al suo armamento. L’edificio principale, che si affaccia su una grande spianata, è una grande caserma la cui facciata misura circa 80 metri di lunghezza ed 7 metri di altezza ed è piuttosto elegante e ben disegnata.
All’estremità destra dell’edificio si sviluppa l’ala che ospitava i servizi igienici, vasche e pozzi.
A sinistra troviamo tra grandi stanze destinate al ricovero dei soldati, 7 locali adibiti a uffici e magazzini e la tromba delle scale per accedere al piano superiore.
Il piano superiore era adibito a camerate, come si può dedurre dai numerosi infissi metallici che servivano a sostenere i letti a castello, ma aveva anche locali più piccoli per vari usi.
Un’intercapedine, larga 50 cm, correva tutto intorno al fabbricato per isolarlo dall’umidità e da infiltrazioni. 400 metri più a monte si arriva alla seconda caserma, scavata nella roccia viva, la cui facciata, lunga circa 45 metri e alta fino a 9,5 metri, è dotata di quattro grandi parti e numerose finestre che le conferiscono una certa eleganza.
Questo edificio ospitava i generatori di corrente, un grande forno, depositi e servizi igienici.
Nella parte interna corre un corridoio che collega tra loro le singole stanze e porta ad una rampa, quasi un cunicolo, che conduce alla più elevata batteria corazzata. La batteria corazzata consisteva in un blocco di calcestruzzo di forma rettangolare e leggermente spiovente per l’acqua piovana. La sua estremità portava ad un osservatorio blindato.
Nei 4 pozzi della batteria si trovavano altrettanti cannoni e postazioni di piccoli calibri.
A questo livello si trovavano anche tre stanze usate come laboratori per il confezionamento delle cariche esplosive. Oltre al sistema del forte su tutto l’altopiano e sui versanti della montagna vennero costruite varie tipologie di fortificazioni, Pian dei Buoi era diventato una vera fortezza.

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b Osservatorio Col de la Caverna

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b Pian dei Buoi

Con il termine Pian dei Buoi si indica l'altopiano che sovrasta l'abitato di Lozzo di Cadore, collocato nella parte terminale delle Marmarole Orientali ad una quota media di 1.750 m s.l.m., e costituito da ampie zone prative pianeggianti, colli e valli erbose adibite a pascolo[1]. Tutto l'altopiano è punto di osservazione panoramico, ma la sommità di Col Vidal costituisce luogo privilegiato, dal quale è possibile ammirare le dolomiti di Auronzo con le Tre Cime di Lavaredo, la Croda dei Toni e il Popera verso nord, la Catena Carnica Principale con il Peralba e il Cavallino verso il Comelico a nord nord-est, le dolomiti d'Oltrepiave con il Cridola e gli Spalti di Toro verso sud, l'Antelao verso ovest e naturalmente le Marmarole. La stessa strada militare nel tratto detto localmente Soramižoi, ovvero sopra la frattura rocciosa dalla caratteristica forma a ventaglio che sovrasta Lozzo (detta appunto Mižoi[2]), offre un panorama di ampio respiro verso sud e la valle del Piave. Il Parco della Memoria[modifica | modifica wikitesto] È la parte dell'altopiano compresa fra il bivio Pellegrini e il Col Vidal, caratterizzata dal forte di Col Vidal e delle varie e articolate difese complementari, edificate attorno al 1910

PictographWaypoint Altitude 6,398 ft

b Rifugio Ciaredo

Rifugio Ciareido
m 1969 s.l.m.
Lozzo di Cadore (BL) Tel +39 0435 76276 Cell +39 347 5356448 Il rifugio Ciareido fu costruito a quota 1969 mt. dai battaglioni alpini di Feltre, Pieve di Cadore e Gemona, in previsione della prima grande guerra come ricovero militare e posto di osservazione. Usato negli anni successivi come rifugio per cacciatori e stalla per le capre, nei primi anni settanta grazie al volontariato del Paese di Lozzo di Cadore e dalla sezione CAI di Lozzo, dopo una ristrutturazione generale e importante è stato adibito a rifugio d' alta quota. Dopo lunghe e prestigiose gestioni la nostra famiglia ha avuto l'onore e la gioia di ricevere in gestione il rifugio.

PictographWaypoint Altitude 0 ft

b Rifugio Monte Agudo

Monte Agudo 21 posti letto / 7 camere : • 21 cuccette Il rifugio Monte Agudo (1573 m. s.l.m.) si trova in una magnifica posizione sulla cima del monte omonimo, è raggiungibile in 5 - 10 minuti di cammino dalla stazione di arrivo della seggiovia con partenza da Auronzo/Taiarezze. Grandioso panorama sulle montagne della Val d'Ansiei: dalle Tre Cime di Lavaredo alla Croda dei Tóni, dal Popera con Cima Bagni, alla Croda da Campo e all'Aiarnola. Dopo esserci riempiti gli occhi e il cuore di tali visioni, è possibile lasciasi andare ai piaceri della tavola gustando ottimi vini, con cucina rigorosamente casalinga curata direttamente da Ettore e Vera. Base d'appoggio lungo l'Alta Via delle Dolomiti. n. 5, variante 3.

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