Alpi Feltrine: Zéngia del Cógol di Col Selvino in Val Cavalèr o Val Cavaller per il Trói del Fontanón da Staolèt
near Roncoi, Veneto (Italia)
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Trail photos
Itinerary description
Escursione che percorre una cengia varia che alterna tratti “quasi” rilassanti ad altri dove serve attenzione.
Nel complesso dell’escursione ci sono molti passaggi veramente suggestivi, e il singolo passaggio più impegnativo non è lungo la cengia ma nel finale dell’avvicinamento.
L’avvicinamento di questo itinerario passa per la Pala Fioca dove incrocia quello per la Zéngia de Severino Pagnussat, e pertanto si possono programmare indifferentemente i due avvicinamenti per ognuna delle due cenge – vedi → Alpi Feltrine: Zéngia de Severino Pagnussat in Val Cavalèr o Val Cavaller per la Pala Fiòca da Roncoi di Fuori.
Le due cenge, di fatto, scorrono parallele su due livelli di quota diversi sopra la Val Cavalèr o Val Cavaller.
La guida di riferimento è la solita “Agneléze Erèra Pizzòcco” a cura di Pietro Sommavilla e Paolo Bonetti, e a questa mi riferisco in descrizione con il termine “guida”.
Secondo la guida, questa cengia potrebbe essere parte di una storica “Cengia dei Contrabbandieri” di cui si è perso una memoria precisa.
Avvicinamento alla Zéngia del Cógol di Col Selvino dal parcheggio di Staolet
Dal parcheggio si va per stradetta alla Chiesa di San Felice in Monte e poi, dopo poco più di 200 metri lineari, si trova il bivio tra il sentiero CAI 852 e il Troi del Fontanon.
Il bivio è evidente ed è segnalato da una pietra a terra con scritta rossa “ERE”.
Si va a destra per buon sentiero ben mantenuto con pendenze varie e si arriva, dopo poco più di 200 metri di dislivello, allo storico abbeveratoio boschivo del “fontanon” che dà il nome al sentiero.
Qui l’evidente impronta del Troi del Fontanon continua diritta in direzione del Rifugio Casera Ere, ma bisogna svoltare verso sinistra-ovest per una traccia più esile dove quasi subito si individuano dei rami tagliati di segnalazione.
Dopo la deviazione il sentierino migliora e arriva in un tratto di pendio di bosco più coprente e che si addolcisce come inclinazione laterale: è la costa di Pian del Toro, che secondo la guida era un bel pascolo prima che il bosco “riprendesse il controllo della situazione”.
Qui, dopo alcuni alberi abbattuti ma ben tagliati per il passaggio, ci sono due rami tagliati e il sentierino svanisce contro altri alberi abbattuti.
Bisogna semplicemente attraversare il bosco mantenendo più o meno la stessa quota e appoggiandosi alle varie discontinue tracce di animali: è un traverso agevole perché l’inclinazione laterale del pendio è bassa.
Dopo circa 110/120 metri in linea d’aria, si arriva al bordo di caduta del Pian del Toro sopra una fascia rocciosa, e c’è un RIPIDO evidente sentierino che riprende e scende (con saltino finale) nell’unico punto possibile tra le rocce: se non si arriva esattamente al punto di ripresa del sentierino, basta andare su e giù per una decina di metri e si trova di sicuro.
Poco sotto la base della fascia rocciosa c’è la traccia di sentiero che porta verso la Pala Fioca.
È una lunga diagonale sopra un alto dirupo, che inizia su larga bancata boschiva e si restringe molto verso la fine, dove c’è un breve passo di attenzione per un piccolo franamento e poi quello che, a mio giudizio, è il singolo passaggio più difficile dell’escursione: è un doppio passo su una quasi interruzione del sentierino, assai esposto e con appigli non proprio solidi e “generosi”.
Subito dopo si entra nella Pala Fioca con bella vista da sotto verso il Covolo della Pala Fioca.
Ora si traversa, su tracce di animali e qualche segmento di vero sentierino, tutta la pala verso sinistra-ovest, dove ho visto un ometto e un paio di rami tagliati.
Non è fondamentale trovare questi segnavia, basta raggiungere la larga dorsale ovest della Pala Fioca più o meno alla stessa quota del punto di arrivo (forse una decina di metri in meno di quota) dove è facile individuare un terrazzo erboso sulla dolce gobba di dorsale: subito dopo inizia la Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Percorrenza dalla Zéngia del Cógol di Col Selvino
Oltrepassato il terrazzo erboso di arrivo, si scende appena nel bosco dal lato Val Scura / Val Cavalèr verso l’evidente traccia/sentiero che compare.
Si doppia subito uno spigolo e inizia una zona mista bancata-cornice non difficile nella “scala delle cenge”, ma pur sempre esposta.
Poi si entra in un comodo e largo tratto boschivo e si rientra in bancata-cornice proprio in vista del Cógol di Col Selvino che arriva dopo il passaggio di un canale con gocciolamento costante.
Dopo il covolo c’è ancora un comodo traverso nel bosco fino ad un canaletto importante per l’orientamento.
Al passaggio del canaletto c’è uno scalino roccia-terra da rimontare e la traccia di sentierino svanisce in piano subito dopo.
Qui bisogna risalire il pendio più o meno a fianco del canaletto appena attraversato, e si nota qualche traccia di animali.
Dopo una trentina di metri di dislivello compare una “traccia con caratteristiche umane” che piega verso sinistra e porta su una bella forcella: dal punto di inizio risalita sono circa 50 metri di dislivello totale.
Ora si scende per alcuni metri dall’altro lato sul ripido un po’ scivoloso, e si riprende verso destra l’evidente traccia di bancata-cornice.
Si trova un primo mini-passaggio esposto e poi una placchetta di roccia più esposta che si può assimilare a un I° grado di difficoltà.
Ancora pochi metri e si passa sotto delle rocce nere che contrastano con il colore del resto della fascia rocciosa che si sta affiancando, e c’è il passaggio finale chiave di orientamento per uscire dalla Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Subito dopo le rocce nere si entra in una fascia di radi mughi, con due impronte di sentierino a un bivio, una a destra in salita e una (un po’ meno evidente) a sinistra in leggera discesa iniziale: la buona è quella di sinistra.
La traccia buona porta prima a fare un semicerchio di aggiramento del costone di fronte, e poi con discetta finale nell’impluvio della Val Cavalèr proprio nel punto dove questa si dirama; e questa è la fine della Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Dalla fine della Zéngia del Cógol di Col Selvino all’immissione nel sentiero CAI di salita al Monte Pizzocco
Entrando nell’impluvio della Val Cavalèr si nota subito poco più in basso un evidente ometto sopra un piatto roccione.
Il roccione è perfetto come base per fare una foto verso il punto di diramazione della Val Cavalèr.
Appena dietro c’è una bellissima sorgente di cui si sentiva il rumore ancora prima di aggirare il costone finale della Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Dopo la sorgente si risale il pendio dal lato opposto rispetto all’arrivo (destra idrografica) liberamente per alcuni metri, e si trova il largo sentiero che dalla Val Scura sale per Col Selvino verso Col Cavalèr.
Il sentiero continua sulla stessa diagonale per un buon tratto, e poi con tornante sinistro si porta sul colmo della dorsale.
Ora si sale sul colmo della dorsale non più su base molto larga di sentiero ma sempre su tracce riconoscibili (un paio di mini-ometti in questo tratto).
Dopo 20/30 metri di dislivello o 70/80 lineari (dipende dal punto esatto di arrivo in dorsale) si arriva contro dei radi mughi, con un bel ramo tagliato che indica di infilarsi in una traccia verso sinistra.
La traccia continua con altri vari rami tagliati poco sotto il filo di dorsale, e rimonta su un’altra dorsale secondaria dove, poco dopo, si nota una doppia traccia che scende sia a sinistra che a destra: base erbosa quella di sinistra e foglie di sottobosco quella di destra; si va a destra.
Verso destra si può individuare anche un primo ramo tagliato, ma non subito dentro il bivio (oggi c’era pure un nastrino, ma quelli vanno e vengono nel tempo).
Qui il miglior segnavia è …. il rumore dell’acqua, perché bisogna raggiungere un’area spettacolare per tutto un sistema di cascatelle e relative marmitte.
Dunque, si può procedere pure “a orecchio” e si cala velocemente verso la prima cascatella di cui però non si raggiunge la base.
A fianco della prima cascatella inizia una vera e propria cengia in salita con qualche passo non banale.
C’è anche una placchetta rocciosa con acqua che trasuda dal pendio: nessun problema con una giornata calda come oggi, ma se non è così bisogna inventarsi un aggiramento non semplice.
Alla fine si arriva nell’impluvio di questo ramo della Val Cavalèr dopo una cornicetta veramente stretta e ben esposta: la base, tuttavia, è solidissima e con attenzione si passa.
Qui la guida scrive: «Ora occorre portarsi nel versante opposto, e prendere un po’ di quota: lo si può fare traversando immediatamente il corso d’acqua e risalendo un corto ripido gradino roccioso (4 m; II), oppure risalendo in destra idrografica un breve tratto».
Il gradino di II° grado non ha un bell’aspetto, e ci sono due ometti che guidano la risalita del breve tratto in destra idrografica: al secondo ometto si traversa e poi si risale la costa di fronte con alcuni passi comunque ripidi e di attenzione.
Ora si segue la dorsale sopra il costone in rado bosco fino a un piccolo slargo prativo di fronte alla più classica delle fasce di mughi categoria “molto fastidiose”.
Qui, per oltrepassare la fascia, la guida scrive: «… conviene tenersi, seguendo plurime tracce di camoscio, per lo più a mezza costa tra il filo del costone e il fondovalle, aiutandosi talvolta con i rami dei mughi».
Probabilmente è cambiato qualcosa in meglio nel frattempo, perché appena ci si abbassa verso sinistra a fiancheggiare i mughi ho visto un paio di rami tagliati che su traccia di camoscio conducono di traverso nel fondo valle.
All’arrivo nel fondo c’è una facile placchetta rocciosa da risalire e poi subito una coppia di ometti sopra un evidente roccione, e più avanti si vedono un altro paio di ometti più piccoli.
Qui ho risalito semplicemente l’impluvio tenendo d’occhio la fascia di mughi alla mia destra, e sono uscito alla fine dei mughi: non c’è da arrampicare, qualche metro con ghiaie faticose ma sempre meglio dei mughi fitti.
Sopra i mughi si riprende in rado bosco di faggio con tracce a terra, e si piega verso destra in terreno più aperto dentro una conca che porta ad attraversare due diramazioni superiori della Val Cavalèr: quella sulla “destra visiva” da questo punto è il ramo più a est dove esce la Zéngia de Severino Pagnussat.
Qui, come indica la guida, ci sono varie possibilità tutte abbastanza intuitive.
Io ho raggiunto il ramo che precede quello di uscita della Zéngia de Severino Pagnussat e sono salito (incontrando un ometto nell’impluvio) direttamente per questo fino ad incrociare il sentierino (poco visibile in quel punto) che conduce al Pulpito dei Camòrz – vedi → Alpi Feltrine: Pulpito dei Camòrz o Pulpito dei Camosci per la bancata sud-ovest del Monte Pizzocco.
Dopo un breve tratto su base rocciosa di quest’ultimo sentierino si entra in un aperto pendio dove non conviene perdere tempo ad individuare la labile traccia ufficiale segnata con qualche raro bollino rosso pressoché invisibile: il pendio è più o meno tutto uguale e ho semplicemente eseguito una diagonale, ho cercato una posizione per una buona foto panoramica e poi sono andato all’immissione nel sentiero CAI di salita al Monte Pizzocco.
Infine, oggi – tra le tante possibilità – ho deciso di rientrare passando per il Monte Piz e il bel sentiero di discesa diretta del Costón verso il Rifugio Casera Ere.
**********
Il dislivello reale dell’escursione è di circa 200 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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Nel complesso dell’escursione ci sono molti passaggi veramente suggestivi, e il singolo passaggio più impegnativo non è lungo la cengia ma nel finale dell’avvicinamento.
L’avvicinamento di questo itinerario passa per la Pala Fioca dove incrocia quello per la Zéngia de Severino Pagnussat, e pertanto si possono programmare indifferentemente i due avvicinamenti per ognuna delle due cenge – vedi → Alpi Feltrine: Zéngia de Severino Pagnussat in Val Cavalèr o Val Cavaller per la Pala Fiòca da Roncoi di Fuori.
Le due cenge, di fatto, scorrono parallele su due livelli di quota diversi sopra la Val Cavalèr o Val Cavaller.
La guida di riferimento è la solita “Agneléze Erèra Pizzòcco” a cura di Pietro Sommavilla e Paolo Bonetti, e a questa mi riferisco in descrizione con il termine “guida”.
Secondo la guida, questa cengia potrebbe essere parte di una storica “Cengia dei Contrabbandieri” di cui si è perso una memoria precisa.
Avvicinamento alla Zéngia del Cógol di Col Selvino dal parcheggio di Staolet
Dal parcheggio si va per stradetta alla Chiesa di San Felice in Monte e poi, dopo poco più di 200 metri lineari, si trova il bivio tra il sentiero CAI 852 e il Troi del Fontanon.
Il bivio è evidente ed è segnalato da una pietra a terra con scritta rossa “ERE”.
Si va a destra per buon sentiero ben mantenuto con pendenze varie e si arriva, dopo poco più di 200 metri di dislivello, allo storico abbeveratoio boschivo del “fontanon” che dà il nome al sentiero.
Qui l’evidente impronta del Troi del Fontanon continua diritta in direzione del Rifugio Casera Ere, ma bisogna svoltare verso sinistra-ovest per una traccia più esile dove quasi subito si individuano dei rami tagliati di segnalazione.
Dopo la deviazione il sentierino migliora e arriva in un tratto di pendio di bosco più coprente e che si addolcisce come inclinazione laterale: è la costa di Pian del Toro, che secondo la guida era un bel pascolo prima che il bosco “riprendesse il controllo della situazione”.
Qui, dopo alcuni alberi abbattuti ma ben tagliati per il passaggio, ci sono due rami tagliati e il sentierino svanisce contro altri alberi abbattuti.
Bisogna semplicemente attraversare il bosco mantenendo più o meno la stessa quota e appoggiandosi alle varie discontinue tracce di animali: è un traverso agevole perché l’inclinazione laterale del pendio è bassa.
Dopo circa 110/120 metri in linea d’aria, si arriva al bordo di caduta del Pian del Toro sopra una fascia rocciosa, e c’è un RIPIDO evidente sentierino che riprende e scende (con saltino finale) nell’unico punto possibile tra le rocce: se non si arriva esattamente al punto di ripresa del sentierino, basta andare su e giù per una decina di metri e si trova di sicuro.
Poco sotto la base della fascia rocciosa c’è la traccia di sentiero che porta verso la Pala Fioca.
È una lunga diagonale sopra un alto dirupo, che inizia su larga bancata boschiva e si restringe molto verso la fine, dove c’è un breve passo di attenzione per un piccolo franamento e poi quello che, a mio giudizio, è il singolo passaggio più difficile dell’escursione: è un doppio passo su una quasi interruzione del sentierino, assai esposto e con appigli non proprio solidi e “generosi”.
Subito dopo si entra nella Pala Fioca con bella vista da sotto verso il Covolo della Pala Fioca.
Ora si traversa, su tracce di animali e qualche segmento di vero sentierino, tutta la pala verso sinistra-ovest, dove ho visto un ometto e un paio di rami tagliati.
Non è fondamentale trovare questi segnavia, basta raggiungere la larga dorsale ovest della Pala Fioca più o meno alla stessa quota del punto di arrivo (forse una decina di metri in meno di quota) dove è facile individuare un terrazzo erboso sulla dolce gobba di dorsale: subito dopo inizia la Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Percorrenza dalla Zéngia del Cógol di Col Selvino
Oltrepassato il terrazzo erboso di arrivo, si scende appena nel bosco dal lato Val Scura / Val Cavalèr verso l’evidente traccia/sentiero che compare.
Si doppia subito uno spigolo e inizia una zona mista bancata-cornice non difficile nella “scala delle cenge”, ma pur sempre esposta.
Poi si entra in un comodo e largo tratto boschivo e si rientra in bancata-cornice proprio in vista del Cógol di Col Selvino che arriva dopo il passaggio di un canale con gocciolamento costante.
Dopo il covolo c’è ancora un comodo traverso nel bosco fino ad un canaletto importante per l’orientamento.
Al passaggio del canaletto c’è uno scalino roccia-terra da rimontare e la traccia di sentierino svanisce in piano subito dopo.
Qui bisogna risalire il pendio più o meno a fianco del canaletto appena attraversato, e si nota qualche traccia di animali.
Dopo una trentina di metri di dislivello compare una “traccia con caratteristiche umane” che piega verso sinistra e porta su una bella forcella: dal punto di inizio risalita sono circa 50 metri di dislivello totale.
Ora si scende per alcuni metri dall’altro lato sul ripido un po’ scivoloso, e si riprende verso destra l’evidente traccia di bancata-cornice.
Si trova un primo mini-passaggio esposto e poi una placchetta di roccia più esposta che si può assimilare a un I° grado di difficoltà.
Ancora pochi metri e si passa sotto delle rocce nere che contrastano con il colore del resto della fascia rocciosa che si sta affiancando, e c’è il passaggio finale chiave di orientamento per uscire dalla Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Subito dopo le rocce nere si entra in una fascia di radi mughi, con due impronte di sentierino a un bivio, una a destra in salita e una (un po’ meno evidente) a sinistra in leggera discesa iniziale: la buona è quella di sinistra.
La traccia buona porta prima a fare un semicerchio di aggiramento del costone di fronte, e poi con discetta finale nell’impluvio della Val Cavalèr proprio nel punto dove questa si dirama; e questa è la fine della Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Dalla fine della Zéngia del Cógol di Col Selvino all’immissione nel sentiero CAI di salita al Monte Pizzocco
Entrando nell’impluvio della Val Cavalèr si nota subito poco più in basso un evidente ometto sopra un piatto roccione.
Il roccione è perfetto come base per fare una foto verso il punto di diramazione della Val Cavalèr.
Appena dietro c’è una bellissima sorgente di cui si sentiva il rumore ancora prima di aggirare il costone finale della Zéngia del Cógol di Col Selvino.
Dopo la sorgente si risale il pendio dal lato opposto rispetto all’arrivo (destra idrografica) liberamente per alcuni metri, e si trova il largo sentiero che dalla Val Scura sale per Col Selvino verso Col Cavalèr.
Il sentiero continua sulla stessa diagonale per un buon tratto, e poi con tornante sinistro si porta sul colmo della dorsale.
Ora si sale sul colmo della dorsale non più su base molto larga di sentiero ma sempre su tracce riconoscibili (un paio di mini-ometti in questo tratto).
Dopo 20/30 metri di dislivello o 70/80 lineari (dipende dal punto esatto di arrivo in dorsale) si arriva contro dei radi mughi, con un bel ramo tagliato che indica di infilarsi in una traccia verso sinistra.
La traccia continua con altri vari rami tagliati poco sotto il filo di dorsale, e rimonta su un’altra dorsale secondaria dove, poco dopo, si nota una doppia traccia che scende sia a sinistra che a destra: base erbosa quella di sinistra e foglie di sottobosco quella di destra; si va a destra.
Verso destra si può individuare anche un primo ramo tagliato, ma non subito dentro il bivio (oggi c’era pure un nastrino, ma quelli vanno e vengono nel tempo).
Qui il miglior segnavia è …. il rumore dell’acqua, perché bisogna raggiungere un’area spettacolare per tutto un sistema di cascatelle e relative marmitte.
Dunque, si può procedere pure “a orecchio” e si cala velocemente verso la prima cascatella di cui però non si raggiunge la base.
A fianco della prima cascatella inizia una vera e propria cengia in salita con qualche passo non banale.
C’è anche una placchetta rocciosa con acqua che trasuda dal pendio: nessun problema con una giornata calda come oggi, ma se non è così bisogna inventarsi un aggiramento non semplice.
Alla fine si arriva nell’impluvio di questo ramo della Val Cavalèr dopo una cornicetta veramente stretta e ben esposta: la base, tuttavia, è solidissima e con attenzione si passa.
Qui la guida scrive: «Ora occorre portarsi nel versante opposto, e prendere un po’ di quota: lo si può fare traversando immediatamente il corso d’acqua e risalendo un corto ripido gradino roccioso (4 m; II), oppure risalendo in destra idrografica un breve tratto».
Il gradino di II° grado non ha un bell’aspetto, e ci sono due ometti che guidano la risalita del breve tratto in destra idrografica: al secondo ometto si traversa e poi si risale la costa di fronte con alcuni passi comunque ripidi e di attenzione.
Ora si segue la dorsale sopra il costone in rado bosco fino a un piccolo slargo prativo di fronte alla più classica delle fasce di mughi categoria “molto fastidiose”.
Qui, per oltrepassare la fascia, la guida scrive: «… conviene tenersi, seguendo plurime tracce di camoscio, per lo più a mezza costa tra il filo del costone e il fondovalle, aiutandosi talvolta con i rami dei mughi».
Probabilmente è cambiato qualcosa in meglio nel frattempo, perché appena ci si abbassa verso sinistra a fiancheggiare i mughi ho visto un paio di rami tagliati che su traccia di camoscio conducono di traverso nel fondo valle.
All’arrivo nel fondo c’è una facile placchetta rocciosa da risalire e poi subito una coppia di ometti sopra un evidente roccione, e più avanti si vedono un altro paio di ometti più piccoli.
Qui ho risalito semplicemente l’impluvio tenendo d’occhio la fascia di mughi alla mia destra, e sono uscito alla fine dei mughi: non c’è da arrampicare, qualche metro con ghiaie faticose ma sempre meglio dei mughi fitti.
Sopra i mughi si riprende in rado bosco di faggio con tracce a terra, e si piega verso destra in terreno più aperto dentro una conca che porta ad attraversare due diramazioni superiori della Val Cavalèr: quella sulla “destra visiva” da questo punto è il ramo più a est dove esce la Zéngia de Severino Pagnussat.
Qui, come indica la guida, ci sono varie possibilità tutte abbastanza intuitive.
Io ho raggiunto il ramo che precede quello di uscita della Zéngia de Severino Pagnussat e sono salito (incontrando un ometto nell’impluvio) direttamente per questo fino ad incrociare il sentierino (poco visibile in quel punto) che conduce al Pulpito dei Camòrz – vedi → Alpi Feltrine: Pulpito dei Camòrz o Pulpito dei Camosci per la bancata sud-ovest del Monte Pizzocco.
Dopo un breve tratto su base rocciosa di quest’ultimo sentierino si entra in un aperto pendio dove non conviene perdere tempo ad individuare la labile traccia ufficiale segnata con qualche raro bollino rosso pressoché invisibile: il pendio è più o meno tutto uguale e ho semplicemente eseguito una diagonale, ho cercato una posizione per una buona foto panoramica e poi sono andato all’immissione nel sentiero CAI di salita al Monte Pizzocco.
Infine, oggi – tra le tante possibilità – ho deciso di rientrare passando per il Monte Piz e il bel sentiero di discesa diretta del Costón verso il Rifugio Casera Ere.
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Il dislivello reale dell’escursione è di circa 200 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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Waypoints
Waypoint
2,623 ft
01 - Parcheggio in località Staolèt
Waypoint
2,999 ft
03 - Bivio tra il sentiero CAI 852 e il Trói del Fontanón
Waypoint
3,785 ft
06 - Due rami tagliati e inizio attraversamento Pian del Toro su tracce di animali
Waypoint
3,947 ft
11 - Slargo prativo sulla dorsale ovest della Pala Fioca e inizio della Zéngia del Cógol di Col Selvino
Waypoint
3,954 ft
15 - Attraversamento canaletto e inizio risalita verso forcella lungo la Zéngia del Cógol di Col Selvino
Waypoint
4,087 ft
19 - Bivio di tracce lungo la Zéngia del Cógol di Col Selvino - proseguire a sinistra
Waypoint
4,064 ft
20 - Impluvio Val Cavalèr alla diramazione della valle e fine della Zéngia del Cógol di Col Selvino
Waypoint
4,157 ft
21 - Immissione nel sentiero che sale dalla Val Scura per Col Selvino verso Col Cavalèr
Waypoint
4,377 ft
22 - Foto lungo il sentiero che sale dalla Val Scura per Col Selvino verso Col Cavalèr
Waypoint
4,625 ft
27 - Arrivo al fondo dell'impluvio in destra idrografica a fine cengia di raccordo
Waypoint
4,701 ft
28 - Punto di passaggio da destra a sinistra idrografica dell'impluvio di un ramo della Val Cavalèr
Waypoint
4,853 ft
29 - Piccola area prativa prima di aggirare fascia di mughi verso sinistra nell'impluvio
Waypoint
4,938 ft
30 - Rientro nell'impluvio di un ramo della Val Cavalèr per aggiramento fascia di mughi
Waypoint
5,108 ft
31 - Uscita dall'impluvio di un ramo della Val Cavalèr dopo aggiramento di una fascia di mughi
Waypoint
5,607 ft
35 - Immissione nel sentiero CAI di salita al Monte Pizzocco
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