Alpi Feltrine: traversata dalla Val Canzoi alla Val Scura per la Val delle Vacche e scavalcando le Creste del Pievidùr
near Montagne, Veneto (Italia)
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Itinerary description
Escursione che “recupera” un tracciato molto-molto selvaggio di salita dalla Val Canzoi verso il Pievidur.
È un recupero perché, pur conosciuto, l’itinerario è citato ma non descritto nei libri-guida sugli itinerari della zona.
È un recupero perché propone una fattibile alternativa di avvicinamento al “cuore” della salita che aggira i danni della Tempesta Vaia.
Questa alternativa è stata individuata dall’amico bafiet ed è descritta nel suo itinerario → Alpi Feltrine - Val Canzoi - Salita in Erera per la Val delle Vacche e discesa per il Col Dosé e Val delle Taie.
È chiaro che la mia descrizione di questo settore è quasi uguale.
Inoltre, mi sono avvalso di una ricognizione dall’alto, sempre di bafiet, che mi ha permesso di capire bene quale fosse il punto di uscita sulle Creste del Pievidùr avendolo inserito come riferimento nel GPS.
Non è un eccesso di zelo nei preparativi: l’itinerario è difficile da seguire, e non è una zona da cui si esce facilmente quando si è in mezzo.
Anche la discesa è da seguire con attenzione, ed è molto bella.
Ho valutato l’itinerario “molto difficile” sommando le difficoltà tecniche di base di alcuni passaggi alla costante concentrazione – ore e ore – che bisogna avere per seguire le tracce: dunque “difficile” per la tecnica + “molto” per l’orientamento.
La descrizione della salita è molto lunga, e l’ho dettagliata come se dovessi farne uso io nel (probabile) caso di una nuova percorrenza fra un po’ di tempo, magari in discesa – sconsiglio però una discesa se già non si conosce in salita.
Per capire meglio la “viabilità escursionistica” dell’area del Pievidur valutando altre alternative, si può far riferimento all’itinerario → Alpi Feltrine: Vecchio Sentiero dei Cacciatori ai Prati del Pievidùr – uscita verso la Pala del Ciso e il Passo Forca.
Salita alle Creste del Pievidur dalla Val Canzoi per la prima parte della Val delle Vacche
**********
Premessa
Soprattutto nella seconda parte, per poter seguire l’itinerario con una discreta dimestichezza bisogna essere abituati a seguire i tagli di rami, che di fatto sono l’unica guida sul terreno – ometti e bolli rossi sono praticamente inesistenti.
Ce ne sono di tutti i tipi: rami mozzati sugli alberi/mughi, tronchetti tagliati, piccoli rami tagliati e infilati a terra, grossi rami/tronchetti tagliati di traverso nei punti chiave di svolta, ecc.
Se non si ha l’occhio per queste situazioni, diventa complicato andare avanti.
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Relazione
Dal parcheggio finale in Val Canzoi, si attraversa il Torrente Caorame per passaggio pavimentato pietre-cemento, e si prosegue verso sinistra sulla stradetta (200 metri circa) fino a un altro breve passaggio pavimentato di un impluvio-canalino laterale.
Subito dopo questo secondo passaggio, inizia a destra un sentierino che sale velocemente ad immettersi nel Sentiero Natura Val Canzoi.
Dal punto di immissione si prende la direzione est-discesa che cala fino al vertice est del Lago della Stua –si può apprezzare il lavoro di taglio tronchi per ripristinare il passaggio dopo la Tempesta Vaia.
Qui inizia la prima variante al vecchio sentiero per aggirare una estesa fascia di bosco abbattuto dalla tempesta.
Si prosegue direttamente verso est dentro il facile e divertente impluvio della Val Casole, che dopo circa 150 metri curva a destra e poco dopo piega verso sinistra con semicurva.
Dopo altri 50 metri, o poco meno, si nota a sinistra un abbassamento della sponda dell’alveo, e si esce in quel punto con qualche passo in mezzo a della ramaglia a terra.
Ci si alza qualche metro e poi si prosegue in diagonale quasi paralleli all’alveo fino ad intercettare un tratto del vecchio sentiero che qui è uscito dalla prima parte di bosco abbattuto.
Si segue il sentiero (con impronta a terra di visibilità variabile) stando sotto un gruppetto di schianti e, osservando i primi tagli di rami, si arriva ad attraversare il piccolo canale della Val delle Taie.
Subito dopo il sentierino (stretto e dall’aspetto inerbato) sale con tornantini fino al pianoro del Col del Mus: in questo tratto c’è un solo albero schiantato da aggirare e ci sono vari rami tagliati che confermano di stare sulla via giusta.
Il pianoro del Col del Mus non è attraversabile perché il bosco è totalmente abbattuto.
Appena arrivati al bordo del pianoro, si prosegue a destra per pochi metri e poi si trova una nuova traccia a terra (probabilmente improntata dagli animali) che scende di poco dal bordo per aggirare alcuni tronchi abbattuti, e poi risale dove c’è un largo e comodo corridoio libero che consente di fiancheggiare tutto il Col del Mus fino alla sponda di discesa nella Val delle Vacche.
Dalla sponda bisogna scendere nell’alveo seguendo una delle varie tracce diagonali di animali, e poi conviene attraversare subito perché dall’altro lato (sinistra idrografica o destra direzione salita) c’è un discreto sentiero che permette di continuare senza fatica e impedimenti.
Ora bisogna tener presente la quota 910/915 con altimetro tarato a 640 al parcheggio di partenza: a questa quota si nota dall’altro lato dell’alveo un dolce vallone perpendicolare a fondo per lo più erboso, che segna il “confine” dell’area di bosco danneggiata che sta da quel lato.
Si riattraversa l’alveo della Val delle Vacche e si infila il vallone fino a dove curva decisamente a destra, e si esce verso sinistra direzione salita.
Da qui con breve diagonale nel bosco si intercetta il sentiero originale più o meno in corrispondenza di un tronchetto tagliato di segnalazione.
Ora c’è un tratto sul largo sentiero che un po’ alla volta si dispone sulla linea di massima pendenza e passa a fianco di un paio di roccette con bolli rossi sbiaditi (difficili da vedere, ma il sentiero si vede).
Poco dopo il sentiero si avvicina, verso destra, all’ultima fascia boschiva schiantata da aggirare per questa escursione.
Qui ci sono due soluzioni: a) in una precedente escursione ho continuato diritto in su fino alla fine degli schianti per piegare a destra appena prima di una bassa fascia di rocce; b) in questa escursione ho tagliato quasi subito a destra per un ripido di una decina di metri proseguendo poi sulla destra degli schianti.
A mio giudizio è meglio la soluzione “b” di questa escursione, perché si ritrova prima il largo sentiero originale.
Dopo il ritrovamento del sentiero, si va ad aggirare un tondeggiante costone della montagna fino a una sella boschiva da cui inizia una discesetta che porta in uno slargo prativo con la vista che, per la prima volta, si apre sulle cime sovrastanti.
Si avanza nel prato incontrando una roccia con bollo rosso sbiaditissimo e mini-ometto sopra, e altri rami tagliati più avanti.
Prima di questi rami tagliati, si piega a sinistra per traccia molto inerbata e poco evidente fino a ritrovare la buona impronta di sentiero che sale ben ripido.
In breve si arriva alla poco evidente continuazione della traccia per completare la salita della Val delle Vacche, mentre il sentiero di questa escursione per il Pievidur è ben più visibile e continua attraversando un canaletto e poi, per l’ultima volta da sinistra verso destra direzione salita, l’impluvio principale della stessa Val delle Vacche.
In meno di 100 metri si arriva al bordo di un altro canale appena sopra una serie di saltini e placche inclinate e lisciate, con un bel fianco boschivo dall’altro lato.
Non si vede bene la prosecuzione del sentiero dall’altro lato, ma c’è: conviene attraversare subito il canale e rimontare sull’altra sponda con un paio di metri non solidissimi: il sentiero riprende con dei grossi rami tagliati di segnalazione quasi a livello terra.
Poi il sentiero entra in un’area inerbata e svanisce (ma ci sono dei tronchetti tagliati in mezzo a quest’area) e infine riemerge l’impronta che continua fino a un vero praticello inclinato dove si riperde nell’erba.
Si attraversa il praticello in salita diagonale puntando più o meno alla fascia rocciosa evidente e si ritrova (un po’ esile) con relativi rami tagliati.
Si arriva così ad aggirare, sfiorandolo, uno spigoletto roccioso con curva secca a sinistra segnalata da tagli più grossi, e poi a un faggio con due grossi rami mozzati che anticipa il passaggio forse più delicato dell’escursione.
Si tratta di un fianco prativo INCLINATISSIMO – veramente molto inclinato – che porta all’attraversamento di un canalino ripido e franoso.
Non si deve proseguire sulla stessa linea-quota di arrivo, ma bisogna anticipare l’entrata nel canalino con una discesa diagonale che sfrutta i gradini-gradoni nell’erba.
Si entra “delicatamente” nel canalino sopra un piccolo salto a una decina di metri dal suo gomito di fine dove, a sinistra, c’è una lista di roccette solide che permette di salire con 3/4 movimenti di I° grado: poi altri 2/3 movimenti non stabilissimi sulla destra e si è fuori.
Il sentiero poi aggira subito una piccola costa, per un breve tratto continua “stile viàz”, riprendono i rami tagliati e si attraversa un primo canale.
L’attraversamento del canale seguente pochi metri dopo, è molto importante: appena rientrati nel bosco c’è un grosso tronchetto tagliato trasversale che “invita” a salire la pala boscosa in cui si è appena entrati.
Qui non c’è sentiero e si sale appoggiandosi a qualche traccia discontinua di animali per faticare meno.
La mia traccia non è di certo l’unica possibile, ho semplicemente cercato di non allontanarmi troppo dalle fasce rocciose di sinistra per capire dove potesse esserci un varco di uscita.
Dopo poco più di 100 metri di dislivello, si arriva all’uscita dal bosco contro una costa divisoria con scivolo erboso a sinistra e corridoio con radi mughi a destra: c’è un bel ramo tagliato appena sulla destra, seguito poi da una serie di altri tagli.
Emerge di nuovo un sentiero fino a una selletta di aggiramento costola: oltre c’è un ripido fianco prativo che segna l’inizio di un altro settore fondamentale per l’orientamento.
Si scende verso destra il ripido prativo fino alla piatta conca dove si può attraversare l’alveo di uno spettacolare canalone che, a quel punto, si rivela (è il caso di dire che si rivela) guardando a sinistra.
Ora si punta una costa con mughi-arbusti e alcuni larici parzialmente rinsecchiti sopra il filo della sponda.
C’è più di una simil-traccia che entra in questa fascia di vegetazione, e non ci sono tagli immediatamente all’inizio per capire qual è quella giusta.
Comunque, abbassandosi nella conca dei vari larici rinsecchiti se ne vedono solo un paio, e sono quelli a cui puntare.
Credo che un con paio di prove (io ho dovuto farle) si troverà il corridoio giusto, che attraversa un canaletto roccioso dopo il quale ricompaiono i tagli di rami.
Si arriva ai larici e la traccia continua abbastanza evidente, e con tendenza discesa in poche decine di metri si arriva (come nella grande pala boscosa precedente) a un grosso tronchetto tagliato trasversale che “invita” a salire – qui serve attenzione, perché la traccia a terra continua diritta e va evidente verso una ben visibile forcelletta: non è da seguire, al tronchetto tagliato si sale verso sinistra.
Dopo i primi metri con qualche dubbio, si apre un bel corridoio con fascia di rocce sulla sinistra e ancora tagli, e poi ci sono 2/3 passi di attenzione per attraversare da destra a sinistra la testata di un fosso-canaletto.
Dopo di questo si acquista visibilità su una chiara diagonale verso destra, che poi gira in direzione est e continua – tra tagli e cambio di impronta da sentierino a viàz e viceversa – fino a un largo e luminoso canale a fondo di rocce e massi di varie dimensioni.
Qui è semplice: “gambe in spalla” e si sale il canale fino alle altissime fasce rocciose sovrastanti.
C’è quasi subito una diramazione e bisogna seguire il ramo di sinistra direzione salita con giro un po’ più largo rispetto all’obiettivo finale – ogni tanto bisogna appoggiare le mani ma mai a livello di arrampicata.
Sono poco più di 100 metri di dislivello, fatti i quali si capisce che è (quasi) finita.
Sotto la fascia rocciosa si è in una bellissima conca-circo con traccia evidente che porta verso le creste del Pievidùr.
Con un ultimo breve “scivolo” tra i mughi si rimonta finalmente sul filo di cresta.
Prima dello scivolo conviene girarsi per godersi la bella vista verso la Val Canzoi, perché dal filo di cresta i mughi nascondono quel lato di panorama.
Discesa dalle Creste del Pievidur in Val Scura e poi al parcheggio di Staolet
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Premessa
Nei vari canali consecutivi che si incontrano in discesa, qualsiasi terminale GPS va in crisi, e non si può far molto affidamento sulle quote e le posizioni dei waypoint per imboccare con precisione le svolte più importanti.
Rimane utile perché si sa che in una certa area si dovrà individuare una svolta in una certa direzione.
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Relazione
Dal punto di arrivo sopra la cresta, si scende in direzione sud/sud-ovest per … l’unica via di livello escursionistico, ovvero un ripido ma non troppo vallone erboso.
Appena superata la fascia rocciosa che lo delimita a sinistra, si svolta a sinistra per attraversare in quota gli amplissimi prati del grande circo che scende dal Pievidur.
In pratica poi si deve scendere diretti in direzione sud per il canale al centro dell’anfiteatro, ma prima bisogna attraversare completamente verso l’altro lato ad est.
Completato il lungo semicerchio, si oltrepassa appena la schiena di una dorsale per poi scendere qualche decina di metri verso sud fino a una larga sella, e da qui rientrare verso il centro dell’anfiteatro in decisa discesa sud-ovest a base erba o ghiaie un po’ indurite.
Questa piega a sud-ovest porta esattamente in testata di un lungo e assolutamente spettacolare canale, con altissime pareti da ambo i lati.
L’inizio discesa è molto divertente con facili passaggi tra i massi, e si arriva a un saltino dove, sia da un lato che dall’altro, bisogna fare un paio di movimenti di II° grado.
Poi ancora non difficile fino a dove il fondo del canale si restringe e precipita, e si continua con una diagonale espostissima sulla sponda sinistra assicurata con cavo: anche con il cavo non è da affrontare a cuor leggero, serve attenzione.
Finito il cavo, si scende ripidi per alcuni metri per attraversare il fondo da sinistra verso destra, si continua per poco su traccia nel fianco in quel tratto erboso, e si arriva su una forcelletta che immette in una diramazione di canale verso destra.
Quest’altro canale presenta un’alta fascia rocciosa a destra con tetti aggettanti alla base, e un ripido fianco più svasato a sinistra.
La pendenza non è eccessiva e piano-piano si procede.
L’uscita da questo canale è, a mio giudizio, il primo punto chiave di orientamento in discesa.
Avanzando si nota che il canale in fondo piega a sinistra, e prima si apre (sempre a sinistra) un ripido fianco erboso con mughi dove sembrano comparire delle tracce praticabili – si esce PRIMA di questo fianco, con svolta secca più o meno a 90° in salita dentro uno scivolo per lo più erboso con placca di roccette a metà: non bisogna mancare questa uscita.
Dopo lo scivolo in salita, si scende e si passa sotto uno stretto e bel colatoio che, con buona portata d’acqua come oggi, è spettacolare.
Passata la base del colatoio, si punta con breve salita a una forcelletta di fronte, da dove inizia il secondo punto chiave di orientamento per la discesa.
Dal punto di forcella, ci si alza con pochi passi sulla crestina della sponda destra (direzione arrivo) che la delimita, e si segue per qualche metro il filo di cresta libero dai mughi.
Dove finisce la parte libera bisogna individuare (a sinistra direzione arrivo) un cavo ancorato a terra che porta dentro un salto verso sinistra poco visibile perché “ristretto” dentro i mughi e dalle roccette ravvicinate – qui si scende aiutandosi anche con delle “asole” create sul cavo con dei morsetti.
Arrivati alla base esposta del saltino, si aggira subito in piano uno spigoletto verso destra, poi compare una traccia che scende con uno zig-zag iniziale a fianco di una fascia rocciosa e continua per poco su base erbosa in buona pendenza.
Qui si può dire che è finita la parte difficile di orientamento.
La traccia – o stile sentiero o stile viàz – va avanti verso sinistra o nord-est con sufficienti rami tagliati di segnalazione, e presenta ancora qualche breve passaggio di attenzione su saltini erbosi-terrosi o attraversamenti di pieghe del pendio.
Poi emerge un sentierino regolare e si arriva al punto dove bisogna scendere diretti un pendio di rado bosco compreso tra due canali-valloni – tutto il traverso è di poco più di 200 metri in linea d’aria.
La facile discesa diretta in rado bosco inizia su tracce multiple che poi convergono ancora in buon sentiero, che migliora progressivamente fino a piegare a sinistra, e diventare ottimo sentiero verso l’immissione nel CAI 852 che scende dal Passo Forca.
Poco prima dell’immissione nel CAI 852 ci sono alcuni alberi abbattuti che costringono a qualche salto.
Dopo l’immissione tutto facilissimo fino all’arrivo: un po’ di relax non fa male dopo tante ore impegnative.
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Il dislivello reale dell’escursione è di circa 200 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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È un recupero perché, pur conosciuto, l’itinerario è citato ma non descritto nei libri-guida sugli itinerari della zona.
È un recupero perché propone una fattibile alternativa di avvicinamento al “cuore” della salita che aggira i danni della Tempesta Vaia.
Questa alternativa è stata individuata dall’amico bafiet ed è descritta nel suo itinerario → Alpi Feltrine - Val Canzoi - Salita in Erera per la Val delle Vacche e discesa per il Col Dosé e Val delle Taie.
È chiaro che la mia descrizione di questo settore è quasi uguale.
Inoltre, mi sono avvalso di una ricognizione dall’alto, sempre di bafiet, che mi ha permesso di capire bene quale fosse il punto di uscita sulle Creste del Pievidùr avendolo inserito come riferimento nel GPS.
Non è un eccesso di zelo nei preparativi: l’itinerario è difficile da seguire, e non è una zona da cui si esce facilmente quando si è in mezzo.
Anche la discesa è da seguire con attenzione, ed è molto bella.
Ho valutato l’itinerario “molto difficile” sommando le difficoltà tecniche di base di alcuni passaggi alla costante concentrazione – ore e ore – che bisogna avere per seguire le tracce: dunque “difficile” per la tecnica + “molto” per l’orientamento.
La descrizione della salita è molto lunga, e l’ho dettagliata come se dovessi farne uso io nel (probabile) caso di una nuova percorrenza fra un po’ di tempo, magari in discesa – sconsiglio però una discesa se già non si conosce in salita.
Per capire meglio la “viabilità escursionistica” dell’area del Pievidur valutando altre alternative, si può far riferimento all’itinerario → Alpi Feltrine: Vecchio Sentiero dei Cacciatori ai Prati del Pievidùr – uscita verso la Pala del Ciso e il Passo Forca.
Salita alle Creste del Pievidur dalla Val Canzoi per la prima parte della Val delle Vacche
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Premessa
Soprattutto nella seconda parte, per poter seguire l’itinerario con una discreta dimestichezza bisogna essere abituati a seguire i tagli di rami, che di fatto sono l’unica guida sul terreno – ometti e bolli rossi sono praticamente inesistenti.
Ce ne sono di tutti i tipi: rami mozzati sugli alberi/mughi, tronchetti tagliati, piccoli rami tagliati e infilati a terra, grossi rami/tronchetti tagliati di traverso nei punti chiave di svolta, ecc.
Se non si ha l’occhio per queste situazioni, diventa complicato andare avanti.
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Relazione
Dal parcheggio finale in Val Canzoi, si attraversa il Torrente Caorame per passaggio pavimentato pietre-cemento, e si prosegue verso sinistra sulla stradetta (200 metri circa) fino a un altro breve passaggio pavimentato di un impluvio-canalino laterale.
Subito dopo questo secondo passaggio, inizia a destra un sentierino che sale velocemente ad immettersi nel Sentiero Natura Val Canzoi.
Dal punto di immissione si prende la direzione est-discesa che cala fino al vertice est del Lago della Stua –si può apprezzare il lavoro di taglio tronchi per ripristinare il passaggio dopo la Tempesta Vaia.
Qui inizia la prima variante al vecchio sentiero per aggirare una estesa fascia di bosco abbattuto dalla tempesta.
Si prosegue direttamente verso est dentro il facile e divertente impluvio della Val Casole, che dopo circa 150 metri curva a destra e poco dopo piega verso sinistra con semicurva.
Dopo altri 50 metri, o poco meno, si nota a sinistra un abbassamento della sponda dell’alveo, e si esce in quel punto con qualche passo in mezzo a della ramaglia a terra.
Ci si alza qualche metro e poi si prosegue in diagonale quasi paralleli all’alveo fino ad intercettare un tratto del vecchio sentiero che qui è uscito dalla prima parte di bosco abbattuto.
Si segue il sentiero (con impronta a terra di visibilità variabile) stando sotto un gruppetto di schianti e, osservando i primi tagli di rami, si arriva ad attraversare il piccolo canale della Val delle Taie.
Subito dopo il sentierino (stretto e dall’aspetto inerbato) sale con tornantini fino al pianoro del Col del Mus: in questo tratto c’è un solo albero schiantato da aggirare e ci sono vari rami tagliati che confermano di stare sulla via giusta.
Il pianoro del Col del Mus non è attraversabile perché il bosco è totalmente abbattuto.
Appena arrivati al bordo del pianoro, si prosegue a destra per pochi metri e poi si trova una nuova traccia a terra (probabilmente improntata dagli animali) che scende di poco dal bordo per aggirare alcuni tronchi abbattuti, e poi risale dove c’è un largo e comodo corridoio libero che consente di fiancheggiare tutto il Col del Mus fino alla sponda di discesa nella Val delle Vacche.
Dalla sponda bisogna scendere nell’alveo seguendo una delle varie tracce diagonali di animali, e poi conviene attraversare subito perché dall’altro lato (sinistra idrografica o destra direzione salita) c’è un discreto sentiero che permette di continuare senza fatica e impedimenti.
Ora bisogna tener presente la quota 910/915 con altimetro tarato a 640 al parcheggio di partenza: a questa quota si nota dall’altro lato dell’alveo un dolce vallone perpendicolare a fondo per lo più erboso, che segna il “confine” dell’area di bosco danneggiata che sta da quel lato.
Si riattraversa l’alveo della Val delle Vacche e si infila il vallone fino a dove curva decisamente a destra, e si esce verso sinistra direzione salita.
Da qui con breve diagonale nel bosco si intercetta il sentiero originale più o meno in corrispondenza di un tronchetto tagliato di segnalazione.
Ora c’è un tratto sul largo sentiero che un po’ alla volta si dispone sulla linea di massima pendenza e passa a fianco di un paio di roccette con bolli rossi sbiaditi (difficili da vedere, ma il sentiero si vede).
Poco dopo il sentiero si avvicina, verso destra, all’ultima fascia boschiva schiantata da aggirare per questa escursione.
Qui ci sono due soluzioni: a) in una precedente escursione ho continuato diritto in su fino alla fine degli schianti per piegare a destra appena prima di una bassa fascia di rocce; b) in questa escursione ho tagliato quasi subito a destra per un ripido di una decina di metri proseguendo poi sulla destra degli schianti.
A mio giudizio è meglio la soluzione “b” di questa escursione, perché si ritrova prima il largo sentiero originale.
Dopo il ritrovamento del sentiero, si va ad aggirare un tondeggiante costone della montagna fino a una sella boschiva da cui inizia una discesetta che porta in uno slargo prativo con la vista che, per la prima volta, si apre sulle cime sovrastanti.
Si avanza nel prato incontrando una roccia con bollo rosso sbiaditissimo e mini-ometto sopra, e altri rami tagliati più avanti.
Prima di questi rami tagliati, si piega a sinistra per traccia molto inerbata e poco evidente fino a ritrovare la buona impronta di sentiero che sale ben ripido.
In breve si arriva alla poco evidente continuazione della traccia per completare la salita della Val delle Vacche, mentre il sentiero di questa escursione per il Pievidur è ben più visibile e continua attraversando un canaletto e poi, per l’ultima volta da sinistra verso destra direzione salita, l’impluvio principale della stessa Val delle Vacche.
In meno di 100 metri si arriva al bordo di un altro canale appena sopra una serie di saltini e placche inclinate e lisciate, con un bel fianco boschivo dall’altro lato.
Non si vede bene la prosecuzione del sentiero dall’altro lato, ma c’è: conviene attraversare subito il canale e rimontare sull’altra sponda con un paio di metri non solidissimi: il sentiero riprende con dei grossi rami tagliati di segnalazione quasi a livello terra.
Poi il sentiero entra in un’area inerbata e svanisce (ma ci sono dei tronchetti tagliati in mezzo a quest’area) e infine riemerge l’impronta che continua fino a un vero praticello inclinato dove si riperde nell’erba.
Si attraversa il praticello in salita diagonale puntando più o meno alla fascia rocciosa evidente e si ritrova (un po’ esile) con relativi rami tagliati.
Si arriva così ad aggirare, sfiorandolo, uno spigoletto roccioso con curva secca a sinistra segnalata da tagli più grossi, e poi a un faggio con due grossi rami mozzati che anticipa il passaggio forse più delicato dell’escursione.
Si tratta di un fianco prativo INCLINATISSIMO – veramente molto inclinato – che porta all’attraversamento di un canalino ripido e franoso.
Non si deve proseguire sulla stessa linea-quota di arrivo, ma bisogna anticipare l’entrata nel canalino con una discesa diagonale che sfrutta i gradini-gradoni nell’erba.
Si entra “delicatamente” nel canalino sopra un piccolo salto a una decina di metri dal suo gomito di fine dove, a sinistra, c’è una lista di roccette solide che permette di salire con 3/4 movimenti di I° grado: poi altri 2/3 movimenti non stabilissimi sulla destra e si è fuori.
Il sentiero poi aggira subito una piccola costa, per un breve tratto continua “stile viàz”, riprendono i rami tagliati e si attraversa un primo canale.
L’attraversamento del canale seguente pochi metri dopo, è molto importante: appena rientrati nel bosco c’è un grosso tronchetto tagliato trasversale che “invita” a salire la pala boscosa in cui si è appena entrati.
Qui non c’è sentiero e si sale appoggiandosi a qualche traccia discontinua di animali per faticare meno.
La mia traccia non è di certo l’unica possibile, ho semplicemente cercato di non allontanarmi troppo dalle fasce rocciose di sinistra per capire dove potesse esserci un varco di uscita.
Dopo poco più di 100 metri di dislivello, si arriva all’uscita dal bosco contro una costa divisoria con scivolo erboso a sinistra e corridoio con radi mughi a destra: c’è un bel ramo tagliato appena sulla destra, seguito poi da una serie di altri tagli.
Emerge di nuovo un sentiero fino a una selletta di aggiramento costola: oltre c’è un ripido fianco prativo che segna l’inizio di un altro settore fondamentale per l’orientamento.
Si scende verso destra il ripido prativo fino alla piatta conca dove si può attraversare l’alveo di uno spettacolare canalone che, a quel punto, si rivela (è il caso di dire che si rivela) guardando a sinistra.
Ora si punta una costa con mughi-arbusti e alcuni larici parzialmente rinsecchiti sopra il filo della sponda.
C’è più di una simil-traccia che entra in questa fascia di vegetazione, e non ci sono tagli immediatamente all’inizio per capire qual è quella giusta.
Comunque, abbassandosi nella conca dei vari larici rinsecchiti se ne vedono solo un paio, e sono quelli a cui puntare.
Credo che un con paio di prove (io ho dovuto farle) si troverà il corridoio giusto, che attraversa un canaletto roccioso dopo il quale ricompaiono i tagli di rami.
Si arriva ai larici e la traccia continua abbastanza evidente, e con tendenza discesa in poche decine di metri si arriva (come nella grande pala boscosa precedente) a un grosso tronchetto tagliato trasversale che “invita” a salire – qui serve attenzione, perché la traccia a terra continua diritta e va evidente verso una ben visibile forcelletta: non è da seguire, al tronchetto tagliato si sale verso sinistra.
Dopo i primi metri con qualche dubbio, si apre un bel corridoio con fascia di rocce sulla sinistra e ancora tagli, e poi ci sono 2/3 passi di attenzione per attraversare da destra a sinistra la testata di un fosso-canaletto.
Dopo di questo si acquista visibilità su una chiara diagonale verso destra, che poi gira in direzione est e continua – tra tagli e cambio di impronta da sentierino a viàz e viceversa – fino a un largo e luminoso canale a fondo di rocce e massi di varie dimensioni.
Qui è semplice: “gambe in spalla” e si sale il canale fino alle altissime fasce rocciose sovrastanti.
C’è quasi subito una diramazione e bisogna seguire il ramo di sinistra direzione salita con giro un po’ più largo rispetto all’obiettivo finale – ogni tanto bisogna appoggiare le mani ma mai a livello di arrampicata.
Sono poco più di 100 metri di dislivello, fatti i quali si capisce che è (quasi) finita.
Sotto la fascia rocciosa si è in una bellissima conca-circo con traccia evidente che porta verso le creste del Pievidùr.
Con un ultimo breve “scivolo” tra i mughi si rimonta finalmente sul filo di cresta.
Prima dello scivolo conviene girarsi per godersi la bella vista verso la Val Canzoi, perché dal filo di cresta i mughi nascondono quel lato di panorama.
Discesa dalle Creste del Pievidur in Val Scura e poi al parcheggio di Staolet
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Premessa
Nei vari canali consecutivi che si incontrano in discesa, qualsiasi terminale GPS va in crisi, e non si può far molto affidamento sulle quote e le posizioni dei waypoint per imboccare con precisione le svolte più importanti.
Rimane utile perché si sa che in una certa area si dovrà individuare una svolta in una certa direzione.
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Relazione
Dal punto di arrivo sopra la cresta, si scende in direzione sud/sud-ovest per … l’unica via di livello escursionistico, ovvero un ripido ma non troppo vallone erboso.
Appena superata la fascia rocciosa che lo delimita a sinistra, si svolta a sinistra per attraversare in quota gli amplissimi prati del grande circo che scende dal Pievidur.
In pratica poi si deve scendere diretti in direzione sud per il canale al centro dell’anfiteatro, ma prima bisogna attraversare completamente verso l’altro lato ad est.
Completato il lungo semicerchio, si oltrepassa appena la schiena di una dorsale per poi scendere qualche decina di metri verso sud fino a una larga sella, e da qui rientrare verso il centro dell’anfiteatro in decisa discesa sud-ovest a base erba o ghiaie un po’ indurite.
Questa piega a sud-ovest porta esattamente in testata di un lungo e assolutamente spettacolare canale, con altissime pareti da ambo i lati.
L’inizio discesa è molto divertente con facili passaggi tra i massi, e si arriva a un saltino dove, sia da un lato che dall’altro, bisogna fare un paio di movimenti di II° grado.
Poi ancora non difficile fino a dove il fondo del canale si restringe e precipita, e si continua con una diagonale espostissima sulla sponda sinistra assicurata con cavo: anche con il cavo non è da affrontare a cuor leggero, serve attenzione.
Finito il cavo, si scende ripidi per alcuni metri per attraversare il fondo da sinistra verso destra, si continua per poco su traccia nel fianco in quel tratto erboso, e si arriva su una forcelletta che immette in una diramazione di canale verso destra.
Quest’altro canale presenta un’alta fascia rocciosa a destra con tetti aggettanti alla base, e un ripido fianco più svasato a sinistra.
La pendenza non è eccessiva e piano-piano si procede.
L’uscita da questo canale è, a mio giudizio, il primo punto chiave di orientamento in discesa.
Avanzando si nota che il canale in fondo piega a sinistra, e prima si apre (sempre a sinistra) un ripido fianco erboso con mughi dove sembrano comparire delle tracce praticabili – si esce PRIMA di questo fianco, con svolta secca più o meno a 90° in salita dentro uno scivolo per lo più erboso con placca di roccette a metà: non bisogna mancare questa uscita.
Dopo lo scivolo in salita, si scende e si passa sotto uno stretto e bel colatoio che, con buona portata d’acqua come oggi, è spettacolare.
Passata la base del colatoio, si punta con breve salita a una forcelletta di fronte, da dove inizia il secondo punto chiave di orientamento per la discesa.
Dal punto di forcella, ci si alza con pochi passi sulla crestina della sponda destra (direzione arrivo) che la delimita, e si segue per qualche metro il filo di cresta libero dai mughi.
Dove finisce la parte libera bisogna individuare (a sinistra direzione arrivo) un cavo ancorato a terra che porta dentro un salto verso sinistra poco visibile perché “ristretto” dentro i mughi e dalle roccette ravvicinate – qui si scende aiutandosi anche con delle “asole” create sul cavo con dei morsetti.
Arrivati alla base esposta del saltino, si aggira subito in piano uno spigoletto verso destra, poi compare una traccia che scende con uno zig-zag iniziale a fianco di una fascia rocciosa e continua per poco su base erbosa in buona pendenza.
Qui si può dire che è finita la parte difficile di orientamento.
La traccia – o stile sentiero o stile viàz – va avanti verso sinistra o nord-est con sufficienti rami tagliati di segnalazione, e presenta ancora qualche breve passaggio di attenzione su saltini erbosi-terrosi o attraversamenti di pieghe del pendio.
Poi emerge un sentierino regolare e si arriva al punto dove bisogna scendere diretti un pendio di rado bosco compreso tra due canali-valloni – tutto il traverso è di poco più di 200 metri in linea d’aria.
La facile discesa diretta in rado bosco inizia su tracce multiple che poi convergono ancora in buon sentiero, che migliora progressivamente fino a piegare a sinistra, e diventare ottimo sentiero verso l’immissione nel CAI 852 che scende dal Passo Forca.
Poco prima dell’immissione nel CAI 852 ci sono alcuni alberi abbattuti che costringono a qualche salto.
Dopo l’immissione tutto facilissimo fino all’arrivo: un po’ di relax non fa male dopo tante ore impegnative.
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Il dislivello reale dell’escursione è di circa 200 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
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Waypoints
Waypoint
2,108 ft
01 - Parcheggio a fine tratto transitabile della Val Canzoi
Waypoint
2,150 ft
02 - Uscita a destra per sentiero dalla stradetta iniziale a fianco del Torrente Caorame
Waypoint
2,403 ft
05 - Uscita dall'alveo della Val Casole
Waypoint
3,036 ft
08 - Riattraversamento impluvio della Val delle Vacche verso dolce vallone perpendicolare
Waypoint
3,418 ft
10 - Scarto verso destra in salita per aggirare schianti boschivi nella Val delle Vacche
Waypoint
3,858 ft
13 - Arrivo in slargo prativo con vista sulle vette sovrastanti ( tagli - bollo rosso - ometto )
Waypoint
4,191 ft
14 - Ultimo attraversamento impluvio della Val delle Vacche in direzione del Pievidur
Waypoint
5,088 ft
23 - Grosso ramo tagliato di traverso a inizio salita verso sinistra che devia dalla traccia a terra
Waypoint
5,758 ft
30 - Sella di inizio discesa per canali dopo l'attraversamento in quota dei pendii prativi del Pievidur
Waypoint
5,312 ft
32 - Inizio traverso molto esposto verso sinistra con cavo di aiuto nel gran canalone di discesa dal Pievidur
Waypoint
4,106 ft
35 - Arrivo al punto di uscita dalla diramazione di canale con salita verso scivolo inizialmente erboso
Waypoint
3,926 ft
37 - Cavo ancorato a terra (su crestina a fianco di una forcelletta) per discesa di un salto franoso tra i mughi
Waypoint
2,729 ft
39 - Immissione nel sentiero CAI 852
Waypoint
2,627 ft
42 - Parcheggio di fine escursione in località Staolèt
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