Alpi Feltrine: anello tra la Val Càsole e la Val Fosserla salendo per la Via Severino Pagnussat a nord del Monte Tre Pietre
near Montagne, Veneto (Italia)
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Itinerary description
Escursione che collega la Val Casole alla Val Fosserla, con il tratto intermedio – tra Casera Fraton e Casera Col de Pedena – in ambiente selvaggio, solitario e in parte difficile.
Sono due i segmenti “caratteristici”.
Il primo è indubbiamente la Via Severino Pagnussat che sale fin sotto le alte pareti nord del Monte Tre Pietre.
Il secondo è la discesa del lunghissimo Canalone della Val Fiesole, che poi sotto diventa Val del Piavon prima di calare in Val Fosserla, ma è un tutt’uno.
Per andar tranquilli è necessaria un po’ di attrezzatura supplementare.
Consiglio un breve spezzone di corda per assicurarsi all’attacco della Via Severino Pagnussat.
Anche in discesa nel Canalone della Val Fiesole è opportuno avere la corda: quasi sempre si va tranquilli, ma ci sono due complicati aggiramenti di gran salti dove la disarrampicata senza corda è rischiosa.
Ho inserito, per maggior chiarezza, qualche foto di un’altra escursione lungo la prima parte di avvicinamento fino all’attacco della Via Severino Pagnussat.
Per questa prima parte, devo ringraziare l’amico bafiet che mi ha segnalato la posizione dell’attacco, e mi ha anche regalato una sua registrazione GPS (con relazione) per arrivarci senza perdere tempo.
Dal parcheggio di fine Val Canzoi a Casera Fratón risalendo la Val Càsole
Dal parcheggio finale in Val Canzoi, si attraversa il Torrente Caorame per passaggio pavimentato pietre-cemento, e si prosegue verso sinistra su stradetta (200 metri circa) fino a un altro breve passaggio pavimentato di un impluvio-canalino laterale.
Subito dopo questo secondo passaggio, inizia a destra un sentierino: se non c’è un ometto (che … va e viene nel tempo) l’attacco non si nota proprio, ma cercando appena dietro una “macchia di ghiaia fine a terra” si trova di sicuro.
Questo sentierino sale velocemente ad immettersi nel Sentiero Natura Val Canzoi.
Dal punto di immissione nel Sentiero Natura Val Canzoi si prende la direzione est-discesa che cala fino al vertice est del Lago della Stua – si può apprezzare il lavoro di taglio tronchi per ripristinare il passaggio dopo la Tempesta Vaia.
Qui inizia la prima variante al vecchio sentiero per aggirare una estesa fascia di bosco abbattuto dalla tempesta.
Si prosegue semplicemente dentro il facile alveo della Val Casole per circa 400 metri lineari, assecondando qualche curva dello stesso, fino ad arrivare sotto la gran frana che scende dall’area del Col del Mus.
Il sentiero originale taglierebbe a mezza altezza questa frana, e per ricollegarsi su un tratto ancora buono bisogna risalire i verdi a fianco del lato destro direzione salita della frana.
Ritrovato il sentiero, si piega facilmente in leggera salita diagonale verso destra fino a una evidente sella dove si trova, in uscita, un grosso ramo tagliato di segnalazione.
Appena oltre la sella inizia un bel sentiero verso sinistra che attraversa un canaletto e va a “scontrarsi” con una estesa fascia boschiva molto danneggiata dalla Tempesta Vaia di fine 2018: 100 metri lineari circa in tutto per arrivare a questo punto.
Qui, per evitare completamente il bosco abbattuto, conviene scendere sulla destra per facile pendio fino ad immettersi nel canale-alveo sottostante (che è sempre quello principale della Val Casole).
Ora si prosegue nel non difficile fondo tra i massi per oltre 300 metri in linea d’aria – ci sono solo due salti di 4 o 5 metri: il primo si aggira facilmente nel bosco di sinistra, il secondo si aggira con un breve ripido sulla destra.
Si arriva dove, a sinistra direzione salita, dietro a un gran roccione si stacca un canalino secondario con inizio verticale e vari massi incastrati.
Qui si esce (prima del canalino secondario) dal canale principale della Val Casole sul ripido fianco boschivo di sinistra che, tuttavia, presenta sufficienti gradini per progredire senza grandi difficoltà.
Si sale per circa 30/35 metri di dislivello e si incontra il sentiero originale “appena uscito” dalla estesa fascia boschiva abbattuta dalla Tempesta Vaia (in realtà, poco dopo la ripresa del buon sentiero, ho trovato sul camminamento un “grande e complesso” albero schiantato di quest’anno, visto che aveva ancora le foglioline verde chiaro della ricrescita stagionale).
Seguendo il sentiero per una quarantina di metri, con leggera discesa si arriva all’attraversamento (su un punto molto facile) del canale secondario sopra citato che all’inizio era verticale con vari massi incastrati.
Dopo l’attraversamento, il sentiero continua in direzione est e poi sud-est, eseguendo un largo arco di circa 500 metri di camminamento (sono 450 circa in linea d’aria) fino ai ruderi di Casera Fraton.
All’inizio la traccia segue una dorsale poco pronunciata ed è abbastanza inerbata (almeno a fine luglio) e ho individuato un paio di ometti e qualche isolato ramo tagliato – poi si infila in un dolcissimo vallone boschivo fino ai ruderi della casera.
Da Casera Fratón all’attacco della Via Severino Pagnussat
Da Casera Fraton si piega verso destra (in direzione quasi perfettamente a sud) per 35/40 metri lineari fino a reimmettersi nel solito canale-alveo principale della Val Casole.
Qui la traccia non è evidente ma il piano di camminamento è logico: alla base dei ruderi (e si nota bene dall’apertura della ex porta di ingresso) c’è una gran freccia costruita a terra con delle pietre che indica l’esatta direzione.
Ora arriva la parte più confusa e meno segnalata.
Entrando nel canale-alveo, non lo si attraversa, ma si prosegue dentro lo stesso; poco dopo c’è una diramazione e si va verso destra nel ramo con evidenza secondaria, fino a dove questo piega a destra e muore dentro il fianco boschivo: in tutto sono circa 65/70 metri in linea d’aria.
Alla piega verso destra del ramo secondario si continua diritti su camminamento inerbato che è la base di un sentiero ormai riassorbito (si nota meglio come sentiero arrivando in discesa) – dopo una ventina di metri bisogna salire una rampetta verso destra dove ho notato solo qualche impronta a terra sul ripido: qui, purtroppo per la chiarezza, c’è un bel gruppo di rami tagliati ma è quasi 10 metri dentro la deviazione, e non si nota da sotto.
Fatta la rampetta si rimonta, verso sinistra, su un largo fianco boschivo.
Come logica, bisogna rimontare comunque sul fianco boschivo e, rampetta o non rampetta giusta, in qualche modo ci si sale.
Dal punto di arrivo sopra il fianco boschivo bisogna risalirlo cercando di adattarsi alle gobbe e ai cambi di pendenza: c’è qualche traccia discontinua ma nulla che si possa definire un sentiero.
Qui si sale per 80/90 metri (dipende dal punto di ingresso nel fianco boschivo) di dislivello fino ad incontrare un evidente ometto che sta al centro del camminamento logico (prima di questo ometto ne ho visti altri 3 piccoli verso destra, ma potrebbero essercene altri).
Dall’ometto emerge una vera traccia che sale in dolce diagonale verso sinistra e porta, in 60 metri lineari circa, sopra una specie di breve fossato che scende ripidamente dentro il solito canale principale che in questo punto è larghissimo.
Ci sono un ometto in testata del fossato e uno a metà: gli ultimi pochi metri che calano nel canale sono su una diagonale di attenzione tipo cengia.
Si inizia a risalire il larghissimo canale stando sul lato destro dove si incontrano quasi subito un paio di ometti.
In breve (forse una settantina di metri in linea d’aria, ma qui il GPS non è affidabile) si arriva ad una larghissima diramazione quasi a “T” con le “braccia della diramazione” molto aperte: si va a destra.
Entrando in questo ramo, gli ometti continuano e fanno spostare la linea di salita da destra a sinistra.
Ora è veramente difficile dare riferimenti metrici per l’inaffidabilità del segnale satellitare.
Si può dire che, a occhio, si seguono gli ometti sulla sinistra del canale per poco più di 100 metri in linea d’aria.
Si vede che il canale prosegue, nel suo alveo di base, fino a restringersi in lontananza sotto un salto verticale.
Dopo questi “100 metri a occhio”, sulla sinistra dell’alveo canale si “alza di brutto” una larga bancata (una vera “sopraelevata”), alla cui base bisogna puntare in un unico punto giusto per trovare l’attacco della Via Severino Pagnussat e poter risalirci sopra.
Allora, si seguono gli ometti dal lato sinistro direzione salita fino ad un ultimo che – ormai sotto il salto che dà accesso alla bancata – è alla base di una breve costola rocciosa con pochi passi tra il I° e il II° grado (io sinceramente non riesco a differenziare tra I°+ e II°-).
Fatta questa si finisce sotto una macchia di mughi su tratto assai ripido di pochi metri.
Dopo aver “bucato i mughi” (non ci sono tagli ma si passa agevolmente) si arriva sotto dei salti con, sulla destra, uno stretto e profondo intaglio: alla base di questi salti (vicino all’intaglio) ci sono le scritte rosse di inizio della Via Severino Pagnussat.
C’è un’alternativa che evita le roccette di approccio tra il I° e il II° grado, ed è quella che ho seguito in questa occasione.
Prima di arrivare all’ultimo ometto, ci si allarga verso destra continuando per aggirare un gran roccione.
Poco sopra il gran roccione c’è un ripido verso sinistra che, con un po’ di traccia in una iniziale macchia di verde, alla fine porta sopra le roccette e sotto i mughi finali: questa mi sembra più facile.
Dall’attacco della Via Severino Pagnussat alla forcella in testata del Canalone della Val Fiesole
All’attacco – con le tipiche scritte rosse di Severino Pagnussat – ci sono due costole rocciose divise da un profondo intaglio.
Oltre alla firma “PS”, sempre in vernice rossa (sbiadita) c’è un “1979” che fa riferimento all’anno e varie bande che indicano la linea di salita.
L’attacco è sulla sinistra della costola di sinistra, e si sale con qualche passo non difficile fin sotto un chiodo.
Da questo primo chiodo bisogna traversare verso destra in direzione di un altro chiodo con anello di cordino, e poi sopra il filo della costola accanto a un arrotondato (ma utile) spuntone.
Dal primo chiodo allo spuntone saranno poco più di 3 metri sicuramente molto difficili per un livello escursionistico (per l’alpinismo i parametri sono diversi) pur in presenza dei chiodi che bisogna sfruttare bene.
Dal piccolo spuntone ci si cala appena dentro l’intaglio e si passa sull’altra costola rocciosa con una “mezza spaccata” o “passo allungato”.
Ora si sale sopra il filo dell’altra costola – come era evidente anche dal basso – tra i mughi: non sono mai fitti e si passa bene, qualche metro è ben ripido.
Qui bisogna iniziare ad abituare l’occhio alla segnaletica disponibile: qualche ramo tra quelli strutturali più grossi è “scortecciato” per evidente mano (anzi, coltello immagino) dell’uomo: altri rametti piccoli sono spezzati a metà e pochi molto piccoli sono tagliati di netto (questi ultimi, però, non rendono la minima somiglianza con i classici rami tagliati).
La fascia di mughi porta al bordo di un profondo canale-intaglio che attraversa tutta la gran bancata sopraelevata che si sta percorrendo.
Si arriva in un punto dove l’intaglio è “tappato” da pietre incastrate che creano una base piatta di passaggio, ma i “segnali tra i mughi” continuano in salita, e pochi metri più in alto fanno scendere sopra un altro “tappo” che permette l’attraversamento.
Da qui parte una sottile ma evidente diagonale in salita che attraversa la gran fascia rocciosa ben inclinata: c’è sempre posto per i piedi, ma qualche passo è sporco di ghiaie e non è stabilissimo; è assimilabile a un tratto di cengia e aiutandosi con le mani si può procedere.
Si entra in una seconda fascia di mughi e arbusti vari, che dopo un primo ripido diventa dolce e quasi a prato.
All’uscita è evidentissima la parete nord del Monte Tre Pietre (non è il tratto sommitale) e rimane una non difficile (nella media di questo giro) placconata da risalire.
Ci sono vari camminamenti logici tra le varie fasce di roccette, e io ho scelto una linea verso destra direzione salita: non è l’unica possibile.
Poco prima della base fascia rocciosa sommitale, ho notato un ometto alla mia sinistra sopra un’altra lista di roccette divisa dalla mia da una specie di largo fossato un po’ franoso.
(Questo ometto è l’unico che ho visto dall’attacco della Via Severino Pagnussat fino a fine discesa del Canalone della Val Fiesole.)
Ora, guardando la parete verticale che sta di fronte, ci sono due canaloni uno di fronte all’altro a sinistra-est e a destra-ovest.
Quello di sinistra-est è più stretto e alto, e oggi aveva ancora qualche macchia di neve e colava acqua di disgelo.
Si va a destra-ovest con una risalita su base larga di circa 70 metri di dislivello.
Alla forcella in testata c’è un unico grande e grosso ramo tagliato di segnalazione, un ramo tagliato “di quelli veri”!
Il ramo si trova sulla sinistra direzione arrivo della forcella, e “invita” a passare tra i mughi per accostarsi alla fascia rocciosa, dove c’è una traccia in discesa che porta su un pianoro che introduce a un altro canale da risalire verso sinistra (qui al 29 luglio c’era ancora neve, e potrebbe non essere un passaggio semplice a inizio stagione).
Si risale una cinquantina di metri di dislivello e si è sulla forcella in testata di questo canale: dall’altro lato inizia la lunghissima discesa del Canalone della Val Fiesole.
Discesa del Canalone della Val Fiesole fino a Casera Col de Pédena
È lungo: circa 700 metri di dislivello, una bella picchiata!
Sopra la forcella c’è qualche mugo sparso con qualche ramo scortecciato.
Provo a dare qualche riferimento metrico, ma in un posto simile la ricezione satellitare è chiaramente “ballerina” e non c’è precisione nei dati registrati.
I primi 200 metri circa di dislivello sono una bellissima linea retta dove si danza tra i massi senza grosse difficoltà (sempre nella media di questo giro).
Si arriva sul primo salto da aggirare, e il punto di osservazione dal salto è qualche metro sotto l’inizio della linea di aggiramento.
L’aggiramento inizia su una lista erbosa “appesa” sulle roccette laterali di destra direzione arrivo-discesa: pochi metri ma delicati.
Si entra in un traverso molto inclinato, poco gradinato, e misto erba con placchette di roccia.
Le placchette sono infide e veramente esposte, e ho preferito salire sul ripido erboso per aggirarle da sopra, con maggior appoggio per i piedi (sempre poca roba comunque).
Poi si scende per pochi metri in diagonale un praticello in direzione di altri rami scortecciati: qui ho visto anche un vero ramo tagliato, una rarità.
I segnavia vegetali portano su un “ripidissimo” tratto in discesa diretta tra radi mughi con qualche minimo gradino: pochi metri delicati.
Qui potrebbe essere già il caso di usare la corda sfruttando i mughi.
In questo punto non l’ho usata, ma l’ho tirata fuori dallo zaino per averla pronta in seguito.
Si cala così nell’alveo del canale, e lo si abbandona quasi subito per iniziare il più complesso aggiramento del secondo salto (che è doppio), sempre verso destra per traverso erboso.
Questo traverso non è difficile come il primo e porta sopra un fianco erboso che cala ripido senza grossi problemi nell’alveo: qui non ci sono segnavia vegetali, sono sceso lo stesso e … infatti sono finito sopra la seconda parte del doppio salto.
Sono risalito (ho cancellato la divagazione dalla registrazione GPS) e ho continuato a traversare seguendo le tracce nei mughi: sono pochi metri che passano sulla testata di vari scivoli-canaletti che sembra scendano tutti sotto l’ultimo salto.
Qui non ho visto una segnalazione chiara di dove scendere: ne ho provati un paio ma arrivavano comunque sopra un saltino-laterale all’alveo troppo alpinistico per affrontarlo in disarrampicata senza corda.
Ho continuato fino a un più largo pendio composto da una gran placca rocciosa con due passaggi di discesa ai due lati.
Sono sceso aiutandomi con la corda (su piccolo larice) dal lato di arrivo (sinistra direzione discesa) ma poi, guardando da sotto, forse era meglio il lato più lontano di destra.
Tutta questa serie di scivoli-canaletti si incontra in non più di una quarantina di metri di traverso dagli ultimi segnavia che ho visto, e sono ravvicinatissimi come imbocco dall’alto, anche soli 3/4 metri.
(Con il senno di poi, forse era meglio usare la corda direttamente sopra i saltini-laterali all’alveo che ho scartato all’inizio perché difficili da disarrampicare; partendo con l’intenzione – CORRETTA – di usare la corda, si può scendere benissimo a facilmente anche da sopra la seconda parte del salto principale nell’alveo.)
Fatto tutto questo, sono finite le vere difficoltà.
Si entra in un tratto quasi piatto con vegetazione, e poi ancora in alveo roccioso di maggiore pendenza.
È ancora una danza tra i massi dove ho trovato due punti in cui ho dovuto aggirare per poco nel ripido bosco di destra.
Si arriva dove la pendenza diminuisce di molto e il canalone diventa un canale superficiale (con varie curve) nel bosco dove si cammina tranquillamente.
Di lato compare qualche traccia che si può sfruttare per non stare sempre tra le pietre.
Il finale è dentro una spianata boschiva più larga che probabilmente era l’area di pascolo della Casera Col de Pedena, anticipata da qualche ramo tagliato e un grande ometto bianchissimo.
Rientro al parcheggio di fine Val Canzoi dalla Casera Col de Pédena
Si scende inizialmente per il sentiero della Val Fosserla con vari ometti e rami tagliati di segnalazione: oggi solo un grande albero schiantato di recente che interrompeva la linea di discesa.
Fatti circa 200 metri di dislivello si incrocia un sentiero con segnavia viola-blu e si va a destra.
Poi ci sono altre diramazioni dove si seguono sempre gli stessi segnavia, e in circa 500 metri lineari di camminata si arriva a una casetta al momento in fase di ristrutturazione.
Qui inizia una stradetta forestale che si abbandona verso destra dopo circa 100 metri lineari, seguendo una freccia con indicazione “ORSERA - S. EUSTACCHIO” (proprio Sant’Eustachio con due “C”).
È un lungo e bel sentiero tutto marcato con segnavia blu che porta in località Sant’Eustachio e poi all’immissione nella strada asfaltata di fondo valle della Val Canzoi.
Dopo 300 metri su asfalto si esce a destra per il Sentiero Natura Val Canzoi.
Altro lungo tratto di bel sentiero in saliscendi fino a poco prima di arrivare al parallelo del parcheggio che sta più in basso dall’altra parte del Torrente Caorame.
C’è un buon sentierino che esce, con tornante sinistro in discesa, dal Sentiero Natura Val Canzoi e poi con tornante destro porta direttamente all’attraversamento del Torrente Caorame nello stesso punto di inizio escursione.
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Il dislivello reale di questa escursione è di circa 200 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
Chi vuole “avventurarsi” in altri itinerari di Severino Pagnussat, può provare:
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Sono due i segmenti “caratteristici”.
Il primo è indubbiamente la Via Severino Pagnussat che sale fin sotto le alte pareti nord del Monte Tre Pietre.
Il secondo è la discesa del lunghissimo Canalone della Val Fiesole, che poi sotto diventa Val del Piavon prima di calare in Val Fosserla, ma è un tutt’uno.
Per andar tranquilli è necessaria un po’ di attrezzatura supplementare.
Consiglio un breve spezzone di corda per assicurarsi all’attacco della Via Severino Pagnussat.
Anche in discesa nel Canalone della Val Fiesole è opportuno avere la corda: quasi sempre si va tranquilli, ma ci sono due complicati aggiramenti di gran salti dove la disarrampicata senza corda è rischiosa.
Ho inserito, per maggior chiarezza, qualche foto di un’altra escursione lungo la prima parte di avvicinamento fino all’attacco della Via Severino Pagnussat.
Per questa prima parte, devo ringraziare l’amico bafiet che mi ha segnalato la posizione dell’attacco, e mi ha anche regalato una sua registrazione GPS (con relazione) per arrivarci senza perdere tempo.
Dal parcheggio di fine Val Canzoi a Casera Fratón risalendo la Val Càsole
Dal parcheggio finale in Val Canzoi, si attraversa il Torrente Caorame per passaggio pavimentato pietre-cemento, e si prosegue verso sinistra su stradetta (200 metri circa) fino a un altro breve passaggio pavimentato di un impluvio-canalino laterale.
Subito dopo questo secondo passaggio, inizia a destra un sentierino: se non c’è un ometto (che … va e viene nel tempo) l’attacco non si nota proprio, ma cercando appena dietro una “macchia di ghiaia fine a terra” si trova di sicuro.
Questo sentierino sale velocemente ad immettersi nel Sentiero Natura Val Canzoi.
Dal punto di immissione nel Sentiero Natura Val Canzoi si prende la direzione est-discesa che cala fino al vertice est del Lago della Stua – si può apprezzare il lavoro di taglio tronchi per ripristinare il passaggio dopo la Tempesta Vaia.
Qui inizia la prima variante al vecchio sentiero per aggirare una estesa fascia di bosco abbattuto dalla tempesta.
Si prosegue semplicemente dentro il facile alveo della Val Casole per circa 400 metri lineari, assecondando qualche curva dello stesso, fino ad arrivare sotto la gran frana che scende dall’area del Col del Mus.
Il sentiero originale taglierebbe a mezza altezza questa frana, e per ricollegarsi su un tratto ancora buono bisogna risalire i verdi a fianco del lato destro direzione salita della frana.
Ritrovato il sentiero, si piega facilmente in leggera salita diagonale verso destra fino a una evidente sella dove si trova, in uscita, un grosso ramo tagliato di segnalazione.
Appena oltre la sella inizia un bel sentiero verso sinistra che attraversa un canaletto e va a “scontrarsi” con una estesa fascia boschiva molto danneggiata dalla Tempesta Vaia di fine 2018: 100 metri lineari circa in tutto per arrivare a questo punto.
Qui, per evitare completamente il bosco abbattuto, conviene scendere sulla destra per facile pendio fino ad immettersi nel canale-alveo sottostante (che è sempre quello principale della Val Casole).
Ora si prosegue nel non difficile fondo tra i massi per oltre 300 metri in linea d’aria – ci sono solo due salti di 4 o 5 metri: il primo si aggira facilmente nel bosco di sinistra, il secondo si aggira con un breve ripido sulla destra.
Si arriva dove, a sinistra direzione salita, dietro a un gran roccione si stacca un canalino secondario con inizio verticale e vari massi incastrati.
Qui si esce (prima del canalino secondario) dal canale principale della Val Casole sul ripido fianco boschivo di sinistra che, tuttavia, presenta sufficienti gradini per progredire senza grandi difficoltà.
Si sale per circa 30/35 metri di dislivello e si incontra il sentiero originale “appena uscito” dalla estesa fascia boschiva abbattuta dalla Tempesta Vaia (in realtà, poco dopo la ripresa del buon sentiero, ho trovato sul camminamento un “grande e complesso” albero schiantato di quest’anno, visto che aveva ancora le foglioline verde chiaro della ricrescita stagionale).
Seguendo il sentiero per una quarantina di metri, con leggera discesa si arriva all’attraversamento (su un punto molto facile) del canale secondario sopra citato che all’inizio era verticale con vari massi incastrati.
Dopo l’attraversamento, il sentiero continua in direzione est e poi sud-est, eseguendo un largo arco di circa 500 metri di camminamento (sono 450 circa in linea d’aria) fino ai ruderi di Casera Fraton.
All’inizio la traccia segue una dorsale poco pronunciata ed è abbastanza inerbata (almeno a fine luglio) e ho individuato un paio di ometti e qualche isolato ramo tagliato – poi si infila in un dolcissimo vallone boschivo fino ai ruderi della casera.
Da Casera Fratón all’attacco della Via Severino Pagnussat
Da Casera Fraton si piega verso destra (in direzione quasi perfettamente a sud) per 35/40 metri lineari fino a reimmettersi nel solito canale-alveo principale della Val Casole.
Qui la traccia non è evidente ma il piano di camminamento è logico: alla base dei ruderi (e si nota bene dall’apertura della ex porta di ingresso) c’è una gran freccia costruita a terra con delle pietre che indica l’esatta direzione.
Ora arriva la parte più confusa e meno segnalata.
Entrando nel canale-alveo, non lo si attraversa, ma si prosegue dentro lo stesso; poco dopo c’è una diramazione e si va verso destra nel ramo con evidenza secondaria, fino a dove questo piega a destra e muore dentro il fianco boschivo: in tutto sono circa 65/70 metri in linea d’aria.
Alla piega verso destra del ramo secondario si continua diritti su camminamento inerbato che è la base di un sentiero ormai riassorbito (si nota meglio come sentiero arrivando in discesa) – dopo una ventina di metri bisogna salire una rampetta verso destra dove ho notato solo qualche impronta a terra sul ripido: qui, purtroppo per la chiarezza, c’è un bel gruppo di rami tagliati ma è quasi 10 metri dentro la deviazione, e non si nota da sotto.
Fatta la rampetta si rimonta, verso sinistra, su un largo fianco boschivo.
Come logica, bisogna rimontare comunque sul fianco boschivo e, rampetta o non rampetta giusta, in qualche modo ci si sale.
Dal punto di arrivo sopra il fianco boschivo bisogna risalirlo cercando di adattarsi alle gobbe e ai cambi di pendenza: c’è qualche traccia discontinua ma nulla che si possa definire un sentiero.
Qui si sale per 80/90 metri (dipende dal punto di ingresso nel fianco boschivo) di dislivello fino ad incontrare un evidente ometto che sta al centro del camminamento logico (prima di questo ometto ne ho visti altri 3 piccoli verso destra, ma potrebbero essercene altri).
Dall’ometto emerge una vera traccia che sale in dolce diagonale verso sinistra e porta, in 60 metri lineari circa, sopra una specie di breve fossato che scende ripidamente dentro il solito canale principale che in questo punto è larghissimo.
Ci sono un ometto in testata del fossato e uno a metà: gli ultimi pochi metri che calano nel canale sono su una diagonale di attenzione tipo cengia.
Si inizia a risalire il larghissimo canale stando sul lato destro dove si incontrano quasi subito un paio di ometti.
In breve (forse una settantina di metri in linea d’aria, ma qui il GPS non è affidabile) si arriva ad una larghissima diramazione quasi a “T” con le “braccia della diramazione” molto aperte: si va a destra.
Entrando in questo ramo, gli ometti continuano e fanno spostare la linea di salita da destra a sinistra.
Ora è veramente difficile dare riferimenti metrici per l’inaffidabilità del segnale satellitare.
Si può dire che, a occhio, si seguono gli ometti sulla sinistra del canale per poco più di 100 metri in linea d’aria.
Si vede che il canale prosegue, nel suo alveo di base, fino a restringersi in lontananza sotto un salto verticale.
Dopo questi “100 metri a occhio”, sulla sinistra dell’alveo canale si “alza di brutto” una larga bancata (una vera “sopraelevata”), alla cui base bisogna puntare in un unico punto giusto per trovare l’attacco della Via Severino Pagnussat e poter risalirci sopra.
Allora, si seguono gli ometti dal lato sinistro direzione salita fino ad un ultimo che – ormai sotto il salto che dà accesso alla bancata – è alla base di una breve costola rocciosa con pochi passi tra il I° e il II° grado (io sinceramente non riesco a differenziare tra I°+ e II°-).
Fatta questa si finisce sotto una macchia di mughi su tratto assai ripido di pochi metri.
Dopo aver “bucato i mughi” (non ci sono tagli ma si passa agevolmente) si arriva sotto dei salti con, sulla destra, uno stretto e profondo intaglio: alla base di questi salti (vicino all’intaglio) ci sono le scritte rosse di inizio della Via Severino Pagnussat.
C’è un’alternativa che evita le roccette di approccio tra il I° e il II° grado, ed è quella che ho seguito in questa occasione.
Prima di arrivare all’ultimo ometto, ci si allarga verso destra continuando per aggirare un gran roccione.
Poco sopra il gran roccione c’è un ripido verso sinistra che, con un po’ di traccia in una iniziale macchia di verde, alla fine porta sopra le roccette e sotto i mughi finali: questa mi sembra più facile.
Dall’attacco della Via Severino Pagnussat alla forcella in testata del Canalone della Val Fiesole
All’attacco – con le tipiche scritte rosse di Severino Pagnussat – ci sono due costole rocciose divise da un profondo intaglio.
Oltre alla firma “PS”, sempre in vernice rossa (sbiadita) c’è un “1979” che fa riferimento all’anno e varie bande che indicano la linea di salita.
L’attacco è sulla sinistra della costola di sinistra, e si sale con qualche passo non difficile fin sotto un chiodo.
Da questo primo chiodo bisogna traversare verso destra in direzione di un altro chiodo con anello di cordino, e poi sopra il filo della costola accanto a un arrotondato (ma utile) spuntone.
Dal primo chiodo allo spuntone saranno poco più di 3 metri sicuramente molto difficili per un livello escursionistico (per l’alpinismo i parametri sono diversi) pur in presenza dei chiodi che bisogna sfruttare bene.
Dal piccolo spuntone ci si cala appena dentro l’intaglio e si passa sull’altra costola rocciosa con una “mezza spaccata” o “passo allungato”.
Ora si sale sopra il filo dell’altra costola – come era evidente anche dal basso – tra i mughi: non sono mai fitti e si passa bene, qualche metro è ben ripido.
Qui bisogna iniziare ad abituare l’occhio alla segnaletica disponibile: qualche ramo tra quelli strutturali più grossi è “scortecciato” per evidente mano (anzi, coltello immagino) dell’uomo: altri rametti piccoli sono spezzati a metà e pochi molto piccoli sono tagliati di netto (questi ultimi, però, non rendono la minima somiglianza con i classici rami tagliati).
La fascia di mughi porta al bordo di un profondo canale-intaglio che attraversa tutta la gran bancata sopraelevata che si sta percorrendo.
Si arriva in un punto dove l’intaglio è “tappato” da pietre incastrate che creano una base piatta di passaggio, ma i “segnali tra i mughi” continuano in salita, e pochi metri più in alto fanno scendere sopra un altro “tappo” che permette l’attraversamento.
Da qui parte una sottile ma evidente diagonale in salita che attraversa la gran fascia rocciosa ben inclinata: c’è sempre posto per i piedi, ma qualche passo è sporco di ghiaie e non è stabilissimo; è assimilabile a un tratto di cengia e aiutandosi con le mani si può procedere.
Si entra in una seconda fascia di mughi e arbusti vari, che dopo un primo ripido diventa dolce e quasi a prato.
All’uscita è evidentissima la parete nord del Monte Tre Pietre (non è il tratto sommitale) e rimane una non difficile (nella media di questo giro) placconata da risalire.
Ci sono vari camminamenti logici tra le varie fasce di roccette, e io ho scelto una linea verso destra direzione salita: non è l’unica possibile.
Poco prima della base fascia rocciosa sommitale, ho notato un ometto alla mia sinistra sopra un’altra lista di roccette divisa dalla mia da una specie di largo fossato un po’ franoso.
(Questo ometto è l’unico che ho visto dall’attacco della Via Severino Pagnussat fino a fine discesa del Canalone della Val Fiesole.)
Ora, guardando la parete verticale che sta di fronte, ci sono due canaloni uno di fronte all’altro a sinistra-est e a destra-ovest.
Quello di sinistra-est è più stretto e alto, e oggi aveva ancora qualche macchia di neve e colava acqua di disgelo.
Si va a destra-ovest con una risalita su base larga di circa 70 metri di dislivello.
Alla forcella in testata c’è un unico grande e grosso ramo tagliato di segnalazione, un ramo tagliato “di quelli veri”!
Il ramo si trova sulla sinistra direzione arrivo della forcella, e “invita” a passare tra i mughi per accostarsi alla fascia rocciosa, dove c’è una traccia in discesa che porta su un pianoro che introduce a un altro canale da risalire verso sinistra (qui al 29 luglio c’era ancora neve, e potrebbe non essere un passaggio semplice a inizio stagione).
Si risale una cinquantina di metri di dislivello e si è sulla forcella in testata di questo canale: dall’altro lato inizia la lunghissima discesa del Canalone della Val Fiesole.
Discesa del Canalone della Val Fiesole fino a Casera Col de Pédena
È lungo: circa 700 metri di dislivello, una bella picchiata!
Sopra la forcella c’è qualche mugo sparso con qualche ramo scortecciato.
Provo a dare qualche riferimento metrico, ma in un posto simile la ricezione satellitare è chiaramente “ballerina” e non c’è precisione nei dati registrati.
I primi 200 metri circa di dislivello sono una bellissima linea retta dove si danza tra i massi senza grosse difficoltà (sempre nella media di questo giro).
Si arriva sul primo salto da aggirare, e il punto di osservazione dal salto è qualche metro sotto l’inizio della linea di aggiramento.
L’aggiramento inizia su una lista erbosa “appesa” sulle roccette laterali di destra direzione arrivo-discesa: pochi metri ma delicati.
Si entra in un traverso molto inclinato, poco gradinato, e misto erba con placchette di roccia.
Le placchette sono infide e veramente esposte, e ho preferito salire sul ripido erboso per aggirarle da sopra, con maggior appoggio per i piedi (sempre poca roba comunque).
Poi si scende per pochi metri in diagonale un praticello in direzione di altri rami scortecciati: qui ho visto anche un vero ramo tagliato, una rarità.
I segnavia vegetali portano su un “ripidissimo” tratto in discesa diretta tra radi mughi con qualche minimo gradino: pochi metri delicati.
Qui potrebbe essere già il caso di usare la corda sfruttando i mughi.
In questo punto non l’ho usata, ma l’ho tirata fuori dallo zaino per averla pronta in seguito.
Si cala così nell’alveo del canale, e lo si abbandona quasi subito per iniziare il più complesso aggiramento del secondo salto (che è doppio), sempre verso destra per traverso erboso.
Questo traverso non è difficile come il primo e porta sopra un fianco erboso che cala ripido senza grossi problemi nell’alveo: qui non ci sono segnavia vegetali, sono sceso lo stesso e … infatti sono finito sopra la seconda parte del doppio salto.
Sono risalito (ho cancellato la divagazione dalla registrazione GPS) e ho continuato a traversare seguendo le tracce nei mughi: sono pochi metri che passano sulla testata di vari scivoli-canaletti che sembra scendano tutti sotto l’ultimo salto.
Qui non ho visto una segnalazione chiara di dove scendere: ne ho provati un paio ma arrivavano comunque sopra un saltino-laterale all’alveo troppo alpinistico per affrontarlo in disarrampicata senza corda.
Ho continuato fino a un più largo pendio composto da una gran placca rocciosa con due passaggi di discesa ai due lati.
Sono sceso aiutandomi con la corda (su piccolo larice) dal lato di arrivo (sinistra direzione discesa) ma poi, guardando da sotto, forse era meglio il lato più lontano di destra.
Tutta questa serie di scivoli-canaletti si incontra in non più di una quarantina di metri di traverso dagli ultimi segnavia che ho visto, e sono ravvicinatissimi come imbocco dall’alto, anche soli 3/4 metri.
(Con il senno di poi, forse era meglio usare la corda direttamente sopra i saltini-laterali all’alveo che ho scartato all’inizio perché difficili da disarrampicare; partendo con l’intenzione – CORRETTA – di usare la corda, si può scendere benissimo a facilmente anche da sopra la seconda parte del salto principale nell’alveo.)
Fatto tutto questo, sono finite le vere difficoltà.
Si entra in un tratto quasi piatto con vegetazione, e poi ancora in alveo roccioso di maggiore pendenza.
È ancora una danza tra i massi dove ho trovato due punti in cui ho dovuto aggirare per poco nel ripido bosco di destra.
Si arriva dove la pendenza diminuisce di molto e il canalone diventa un canale superficiale (con varie curve) nel bosco dove si cammina tranquillamente.
Di lato compare qualche traccia che si può sfruttare per non stare sempre tra le pietre.
Il finale è dentro una spianata boschiva più larga che probabilmente era l’area di pascolo della Casera Col de Pedena, anticipata da qualche ramo tagliato e un grande ometto bianchissimo.
Rientro al parcheggio di fine Val Canzoi dalla Casera Col de Pédena
Si scende inizialmente per il sentiero della Val Fosserla con vari ometti e rami tagliati di segnalazione: oggi solo un grande albero schiantato di recente che interrompeva la linea di discesa.
Fatti circa 200 metri di dislivello si incrocia un sentiero con segnavia viola-blu e si va a destra.
Poi ci sono altre diramazioni dove si seguono sempre gli stessi segnavia, e in circa 500 metri lineari di camminata si arriva a una casetta al momento in fase di ristrutturazione.
Qui inizia una stradetta forestale che si abbandona verso destra dopo circa 100 metri lineari, seguendo una freccia con indicazione “ORSERA - S. EUSTACCHIO” (proprio Sant’Eustachio con due “C”).
È un lungo e bel sentiero tutto marcato con segnavia blu che porta in località Sant’Eustachio e poi all’immissione nella strada asfaltata di fondo valle della Val Canzoi.
Dopo 300 metri su asfalto si esce a destra per il Sentiero Natura Val Canzoi.
Altro lungo tratto di bel sentiero in saliscendi fino a poco prima di arrivare al parallelo del parcheggio che sta più in basso dall’altra parte del Torrente Caorame.
C’è un buon sentierino che esce, con tornante sinistro in discesa, dal Sentiero Natura Val Canzoi e poi con tornante destro porta direttamente all’attraversamento del Torrente Caorame nello stesso punto di inizio escursione.
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Il dislivello reale di questa escursione è di circa 200 metri in meno di quanto indicato nei dati di riepilogo Wikiloc.
Chi vuole “avventurarsi” in altri itinerari di Severino Pagnussat, può provare:
- Alpi Feltrine: Zéngia de Severino Pagnussat in Val Cavalèr o Val Cavaller per la Pala Fiòca da Roncoi di Fuori
- Monti della Destra Mis: Cengia Anulare della Cima di Porta Bassa, Zéngia de Severino Pagnussat, Porta Alta e Spìgol Séch
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Waypoints
Waypoint
2,112 ft
01 - Parcheggio a fine Val Canzoi a fianco del passaggio sul Torrente Caorame
Waypoint
2,155 ft
02 - Uscita da stradetta iniziale per sentierino non segnalato verso il vertice est del Lago della Stua
Waypoint
2,455 ft
04 - Base della frana del Col del Mus da risalire sulla destra per ritrovare il sentiero
Waypoint
2,698 ft
05 - Uscita da sentiero verso l'alveo della Val Casole per evitare fascia boschiva abbattuta
Waypoint
2,874 ft
07 - Uscita dall'alveo della Val Casole per rientrare sul sentiero in direzione di Casera Fraton
Waypoint
2,972 ft
08 - Attraversamento canaletto secondario poco dopo il rientro sul sentiero per Casera Fraton
Waypoint
3,479 ft
10 - Rientro nell'alveo della Val Casole, tenendo la destra, per circa 65/70 metri in linea d'aria
Waypoint
3,537 ft
11 - Uscita a destra dall'alveo della Val Casole e risalita su fianco boschivo una ventina di metri più avanti
Waypoint
3,950 ft
13 - Testata ripido fossato di pochi metri e breve cengia di discesa nell'alveo dell'alta Val Casole
Waypoint
4,222 ft
16 - Inizio breve salita su costola per arrivare all'attacco della Via Severino Pagnussat
Waypoint
4,331 ft
18 - Inizio risalita 'bancata sopraelevata' dopo l'attacco della Via Severino Pagnussat
Waypoint
4,844 ft
22 - Foto dal finale di risalita verso la base della fascia rocciosa nord del Monte Tre Pietre
Waypoint
5,163 ft
23 - Base della fascia rocciosa nord del Monte Tre Pietre con ometto nelle vicinanze
Waypoint
5,217 ft
24 - Finestra nella roccia salendo alla forcella di uscita verso ovest dal versante nord del Monte Tre Pietre
Waypoint
4,765 ft
31 - Foto nei traversi di aggiramento del primo salto in discesa nel Canalone della Val Fiesole
Waypoint
4,715 ft
32 - Base primo salto aggirato e inizio aggiramento secondo salto in discesa nel Canalone della Val Fiesole
Waypoint
2,547 ft
38 - Immissione in altro sentiero con svolta a destra in discesa da Casera Col de Pédena
Waypoint
2,338 ft
39 - Uscita a destra per altro sentiero con indicazioni 'ORSERA S. EUSTACCHIO' e segnavia blu
Waypoint
1,962 ft
40 - Immissione nella strada asfaltata di fondo valle della Val Canzoi
Waypoint
2,010 ft
41 - Uscita dalla strada asfaltata di fondo valle della Val Canzoi per il Sentiero Natura Val Canzoi
Waypoint
2,141 ft
42 - Case Bernardi alla fine della stradetta iniziale del Sentiero Natura Val Canzoi
Waypoint
2,324 ft
43 - Uscita dal Sentiero Natura Val Canzoi per sentiero di raccordo verso il parcheggio di partenza
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