Riolo Terme BH5 - Anello Exploring Monte Mauro
near Cuffiano, Emilia-Romagna (Italia)
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Itinerary description
Vero e proprio scrigno fra storia e geologia, Monte Mauro è il cuore della Vena del Gesso, il luogo in cui sono concentrate le tracce del rapporto dell'uomo in particolare con il lapis specularis, cristalli trasparenti di gesso che i Romani utilizzavano come antenato del vetro.
Per i Romani la Vena del Gesso era soprattutto la vena del lapis specularis, «il vetro di Roma», varietà cristallina di gesso citata già da Plinio, che duemila anni fa veniva utilizzata in edilizia ma anche come oggetto di lusso, elemento che nella vita di ogni abitante dei primi secoli dell'Impero aveva una rilevanza assoluta. Monte Mauro è lo scrigno italiano dove è più facile imbattersi nei segni delle attività estrattive volte a ricavare i cristalli trasparenti di lapis specularis, utilizzati dai romani per le finestre come antenato del vetro.
Trincee, grotte allargate dall'intervento umano, gallerie di nuova escavazione, depositi di scarti di produzione: la mano dell'uomo sin dall'antichità qui ha lasciato le sue tracce. In nessun altro sito al di fuori della penisola iberica è stato rinvenuto un maggior numero di cave romane.
Qui tutto parla di gesso e di lapis specularis, di estrazioni, di materiale rinvenuto e subito riutilizzato per le costruzioni: Ca' di Sasso, Pietra di Luna, e in particolare Ca' Toresina, poco lontana dal percorso, dove sorge una cava scoperta nel 2014 e diventata visitabile nel 2020, ricchissima di tracce di scalpellature e lavorazione del lapis.
Il percorso punta in direzione dell'antico «castrum Tiberiacis» prima ancora di essere diventato sentiero, quando si è lasciato dietro di sé la provinciale da appena pochi metri. Monte Mauro qui è soprattutto un'idea, un orizzonte cui avvicinarsi seguendo il percorso più lungo, che lo circonda quasi a 360 gradi.
Il sentiero ricomincia a salire solo una volta arrivati al cospetto del Monte Incisa: da qui l'ascesa è regolare sul fianco di questa sorta di anticima e poi sulle pendici di Monte Mauro, con la vetta sempre fedele punto di riferimento sulla destra. E' quasi senza accorgersene che il percorso ha disegnato uno scollinamento dalla vallata data del Senio a quella del Sintria, il fiume che attraversa l'abitato di Zattaglia, adagiato all'ombra di Monte Mauro.
E' arrivati alla Pieve di Santa Maria in Tiberiaco, che sorge pochi metri più in basso rispetto alle rovine del castello, citato una prima volta nell'anno 932, che si comprende l'importanza di questo rilievo nelle vite quotidiane delle popolazioni che si avvicendarono nel possesso della cima, prezioso punto di osservazione su entrambe le vallate: la vista spazia da un lato verso la pianura, e dall'altro fino al crinale appenninico. Il ritorno a Riolo avviene in corrispondenza delle Terme.
Per i Romani la Vena del Gesso era soprattutto la vena del lapis specularis, «il vetro di Roma», varietà cristallina di gesso citata già da Plinio, che duemila anni fa veniva utilizzata in edilizia ma anche come oggetto di lusso, elemento che nella vita di ogni abitante dei primi secoli dell'Impero aveva una rilevanza assoluta. Monte Mauro è lo scrigno italiano dove è più facile imbattersi nei segni delle attività estrattive volte a ricavare i cristalli trasparenti di lapis specularis, utilizzati dai romani per le finestre come antenato del vetro.
Trincee, grotte allargate dall'intervento umano, gallerie di nuova escavazione, depositi di scarti di produzione: la mano dell'uomo sin dall'antichità qui ha lasciato le sue tracce. In nessun altro sito al di fuori della penisola iberica è stato rinvenuto un maggior numero di cave romane.
Qui tutto parla di gesso e di lapis specularis, di estrazioni, di materiale rinvenuto e subito riutilizzato per le costruzioni: Ca' di Sasso, Pietra di Luna, e in particolare Ca' Toresina, poco lontana dal percorso, dove sorge una cava scoperta nel 2014 e diventata visitabile nel 2020, ricchissima di tracce di scalpellature e lavorazione del lapis.
Il percorso punta in direzione dell'antico «castrum Tiberiacis» prima ancora di essere diventato sentiero, quando si è lasciato dietro di sé la provinciale da appena pochi metri. Monte Mauro qui è soprattutto un'idea, un orizzonte cui avvicinarsi seguendo il percorso più lungo, che lo circonda quasi a 360 gradi.
Il sentiero ricomincia a salire solo una volta arrivati al cospetto del Monte Incisa: da qui l'ascesa è regolare sul fianco di questa sorta di anticima e poi sulle pendici di Monte Mauro, con la vetta sempre fedele punto di riferimento sulla destra. E' quasi senza accorgersene che il percorso ha disegnato uno scollinamento dalla vallata data del Senio a quella del Sintria, il fiume che attraversa l'abitato di Zattaglia, adagiato all'ombra di Monte Mauro.
E' arrivati alla Pieve di Santa Maria in Tiberiaco, che sorge pochi metri più in basso rispetto alle rovine del castello, citato una prima volta nell'anno 932, che si comprende l'importanza di questo rilievo nelle vite quotidiane delle popolazioni che si avvicendarono nel possesso della cima, prezioso punto di osservazione su entrambe le vallate: la vista spazia da un lato verso la pianura, e dall'altro fino al crinale appenninico. Il ritorno a Riolo avviene in corrispondenza delle Terme.
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