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I quattro laghi costieri della pianura Pontina, 65Km ma in pianura

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Trail stats

Distance
39.45 mi
Elevation gain
282 ft
Technical difficulty
Moderate
Elevation loss
282 ft
Max elevation
157 ft
TrailRank 
51
Min elevation
-7 ft
Trail type
Loop
Moving time
3 hours 10 minutes
Time
5 hours 46 minutes
Coordinates
7851
Uploaded
March 25, 2022
Recorded
March 2022
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near Prato di Coppola, Lazio (Italia)

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Itinerary description

Un anello intorno ai quattro laghi costieri che va dal Lido di Latina a Sabaudia. Lago di Fogliano, dei Monaci, Capriolace e di Paola. Ho percorso 65,4 km (il cellulare ha perso parecchie volte il GPS, ma è comunque possibile seguire la traccia in modo affidabile). Attenzione a non seguire la traccia nel primo tratto perché non è possibile passare a causa di canali non attraversabili, quindi sono tornato indietro. Allungamento comunque molto bello. Fogliano merita una visita sicuramente più approfondita in quanto si trova sul lago, è composta da begli edifici del settecento, e all’interno di un boschetto con allevamenti di bufali. Proseguendo ho cercato di evitare il più possibile le strade asfaltate e ci sono abbastanza riuscito. Si fa una deviazione dentro al Parco nazionale del Circeo fino a una zona centrale chiamata Cerasella. Da li rientro verso Sabaudia e verso il mare. Da qui si percorre tutta la strada che costeggia le dune e la costa, davvero molto molto bella. Attenzione perché in estate è molto frequentata e quindi sicuramente molto meno gradevole girarci in bicicletta. Ci sono quasi una decina di chilometri chiusi al traffico, ma percorribili pedalando con una mountain bike elettrica, anche se ci sono dei tratti con molta sabbia. Non so se con una bicicletta muscolare sì è possibile pedalarla totalmente. Giro bellissimo, lungo, ma entusiasmante !

Da Wikipedia

L'etimologia in latino è nell'espressione "ager pomptinus", mentre l'etimologia più antica è dibattuta, ma quasi certamente è da ritrovarsi nel lemma indo europeo "pont-" indicante delle ampie distese d'acqua. Gli studiosi non sono del tutto concordi nell'affermare che l'espressione latina derivi da quella indoeuropea attraverso il toponimo di Suessa Pometia, antica e perduta località prima latina e poi volsca citata da alcuni storici romani e sottomessa da Tarquinio il Superbo; o che piuttosto sia il toponimo di Suessa Pometia a derivare da un toponimo regionale più ampio quale "Pomptinus" o simile.

Le paludi pontine in età remota erano ricoperte da una estesa laguna che in seguito venne prosciugata, lasciando la fertile terra. I primi tentativi di bonifica storicamente accertati risalgono ai latini e sono testimoniati dal rinvenimento di un esteso sistema di drenaggio con cunicoli sotterranei, dotati di pozzi per bonificare il territorio pontino settentrionale.[2]

Una leggenda vuole che la palude fosse opera della dea Giunone che volle punire così la ninfa Feronia che qui viveva e che era una delle tante amanti di Giove.

I Latini e i Volsci fondarono nella pianura diverse città, tra i quali la tradizione ha riportato i nomi di Suessa Pometia e Satricum, Ulubrae (Ninfa) e Tiberia (fra i comuni di Cisterna, Cori, Sermoneta). Nel 492 a.C. i consoli vi inviarono emissari, come anche in Campania e Sicilia, per acquistare grano per far fronte alla carestia che attanagliava l'Urbe[3].

In età imperiale, i Romani riuscirono a strappare alla palude ulteriori terreni e permisero la nascita di alcuni centri lungo la Via Appia Antica che attraversa l'area. I più celebri tra questi centri furono Tres Tabernae, Tripontium e Forum Appii, citati negli Atti degli Apostoli. In queste tre città infatti, l'apostolo Paolo si ristorò e fu accolto dalla locale comunità cristiana: la presenza di questa comunità è un segno che le città avevano raggiunto un numero notevole di abitanti.

«Or i fratelli, avute nostre notizie, di là ci vennero incontro sino al Foro Appio e alle Tre Taverne»

(Atti degli Apostoli 28,15[4])
Nel 204 a.C. il console Marco Cornelio Cetego fa scavare un canale parallelo alla via Appia per proteggere la via consolare dall'inondazione e dal dissesto.

Quando Cesare conquista il potere concepisce il gigantesco progetto di deviare il corso del Tevere verso l'Agro Pontino fino a Terracina, prosciugando le paludi e nello stesso tempo procurando a Roma un porto più sicuro di Ostia. Dopo la sua morte il progetto sarà ridicolizzato in Senato da Cicerone.[2]

Buona parte dell'attuale Agro Pontino dopo le invasioni barbariche tornò ad impaludarsi nonostante i tentativi di salvare la bonifica effettuati da re Teodorico il Grande.

Il Medioevo
modifica
Gli assalti dei Saraceni spinsero la maggior parte della popolazione a rifugiarsi sulle montagne. Intorno al XII secolo ai margini della palude sorse il centro di Ninfa, che riuscì a sottomettere i comuni rivali di Sermoneta e Sezze. Gli abitanti di Ninfa avviarono progetti di bonifica e poterono godere della posizione particolare della loro città, che le consentiva di essere una stazione di dazio obbligata per i traffici da Roma verso il meridione: infatti in seguito all'impaludamento della consolare Appia nella tratta compresa tra Tres Tabernae e Terracina, i traffici diretti a sud dovettero essere deviati dall'Appia stessa verso un itinerario pedemontano, che iniziava per l'appunto dove Ninfa sorse e prosperò. Ma il declino della città, che offrì rifugio a Papa Alessandro III inseguito dal Barbarossa, fece crollare la fragile bonifica e i suoi abitanti furono decimati dalla malaria. Oggi le rovine di Ninfa, al centro di un giardino, sono state recuperate e sono visibili al pubblico.

Nell'età medievale le paludi pontine diventarono feudo della famiglia gaetana dei Caetani, il cui ramo pontino ebbe sede a Sermoneta e a Cisterna.

Nel Quattrocento papa Martino V approvò un primo progetto di bonifica. Nel Cinquecento l'impresa di bonificare le paludi pontine, considerata impossibile, affascinò anche Leonardo da Vinci, che studiò un sistema di canali e di macchine idrovore: il progetto sebbene approvato da papa Leone X non andò mai in porto per la morte del papa[5].

Tuttavia, agli inizi del Cinquecento papa Leone X concesse al fratello Giuliano de’ Medici la bonifica a proprie spese dell'Agro Pontino, in cambio della proprietà delle terre risanate. Dopo la sua morte gli abitanti di Terracina, pentitisi di aver ceduto il territorio riemerso, chiusero la foce del canale a Badino. Il nuovo papa Sisto V concepì un piano generale di bonifica che affidò all'architetto Ascanio Fenizi di Urbino. Questi divise la palude in venti zone e, trascurando il Rio Martino, sistemò il Fiume Antico (detto poi Sisto) aumentandone la profondità ed aprendo uno sbocco in mare. Le terre furono liberate dalle acque, ma dopo il 1590 furono di nuovo inondate a causa degli errori progettuali di Fenizi e dei disordini nelle campagne.[2]

Nel 1637, sotto Urbano VIII, una società olandese facente capo a Nicolò Cornelio de Witt subentrò nei lavori di bonifica, che non inizieranno a causa della morte del concessionario. La Camera Apostolica proclamò quindi un editto sulle Paludi Pontine per trovare qualcuno che fosse in grado di proseguire i lavori.[2] Nel Settecento va segnalata l'opera di papa Pio VI[6], che diede vita ad imponenti opere idrauliche realizzando una rete di canali tuttora esistente (Linea Pio e Fosse Migliare) e bonificando buona parte delle paludi nella zona di Sezze e Terracina. Dopo la sua elezione nel 1775 Pio VI approvò un piano generale ispirato alle esperienze della Maremma toscana guidate da Leonardo Ximenes. Superando l'approccio privatistico e localistico, le spese furono ripartite fra la Camera Apostolica e i proprietari secondo il criterio del beneficio, usato ancora oggi presso i consorzi di bonifica. Fu proposto di scavare un grande canale lungo la via Appia, navigabile fino a Terracina.

I lavori iniziarono nel 1777, sotto la direzione dell'ingegnere idraulico Gaetano Rappini, con la demolizione di numerose peschiere e lo scavo del nuovo canale, chiamato Linea Pia, in onore del pontefice. I lavori durarono vent'anni, con l'impiego di migliaia di operai. Liberato il territorio dalle paludi, lo scolo delle acque piovane fu assicurato attraverso piccoli canali chiamati Fosse Miliari, perché scavati a distanza di un miglio l'uno dall'altro. Con la rivoluzione francese i lavori subirono un forte rallentamento.[2]

Un tentativo di bonifica riuscito se pur limitato, nel tempo e nell'estensione, fu quello attuato da Anna Carafa nel suo stato di Fondi allora nel Regno di Napoli, che però ebbe breve durata a causa della mancata manutenzione che causò il reinterramento dei canali scavati a metà del secolo XVII (1640-1644 ca.)

Nei secoli successivi le poche aree libere dall'acqua diventarono sede di piccoli villaggi provvisori, costituiti da tipiche capanne in paglia e in legno, dette "lestre", abitati da contadini e pastori, che ogni anno scendevano dalle montagne abruzzesi e trascorrevano qui l'inverno. Accanto a loro, vivevano i butteri (da non confondere con quelli della Maremma), che, con indosso caratteristici mantelli neri per ripararsi dalle piogge, ed in sella ai loro cavalli, guidavano le mandrie di vacche maremmane e bufale attraverso la palude alla ricerca di pascoli. Molti di essi morivano uccisi dalla malaria. Ogni anno in autunno, prima di risalire, i butteri organizzavano una imponente fiera di bestiame e per attirare i clienti realizzavano spettacoli, rodei e giochi acrobatici.

La palude era frequentata anche dai residenti più poveri dei comuni limitrofi, i quali cercavano di sopravvivere pescando nelle piscine o cacciando, anche se tale pratica era vietata.

Le foreste diventarono anche rifugio dei briganti in fuga dalla polizia pontificia. Nel XVIII secolo una disposizione del Papa regolarizzò di fatto questa situazione concedendo il diritto di asilo ai briganti che si nascondevano nei dintorni del castello di Conca (oggi Borgo Montello), a patto che non si muovessero più dalla zona.

Le selve sconfinate attiravano inoltre molti nobili della capitale, che ospiti dei Caetani, si dilettavano in lunghissime battute di caccia. Nel Settecento, la caccia nelle Paludi Pontine attirò visitatori da tutta Europa; tra i più celebri, il poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe, che scrisse[8]:

«Le Paludi Pontine sono l'angolo più selvaggio e affascinante d'Europa»

(Goethe)
Nel 1871, l'Agro entrò nel Regno d'Italia. Dopo l'Unità, il nuovo governo presentò numerosi progetti di bonifica che però rimasero sulla carta, ma aumentarono la fama delle paludi pontine e spinsero numerosi contadini a trasferirsi nei villaggi ai margini della palude, alloggiando nelle "marche", le tipiche abitazioni di paglia. Agli inizi del XX secolo un progetto che prevedeva finanziamenti governativi ai privati che avessero avviato la bonifica dei propri terreni causò uno scandalo finanziario, con sperperi di denaro pubblico e fenomeni di corruzione: fu il cosiddetto "scandalo delle Pontine".

Nel 1924 ebbe inizio un'imponente opera di bonifica dell'intero territorio fino ad allora noto come Paludi Pontine. La bonifica, però, era già stata prevista in un decreto del 1899. Nel 1919 una legge prevedeva il prosciugamento dei terreni paludosi, ma il governo non riusciva a convincere i latifondisti dei lati positivi della bonifica. Il regime fascista li minacciava nel 1926 con l'appropriazione che portava i primi successi. La bonifica a larga scala cominciò solo dal 1928 quando i fascisti sovvenzionavano i latifondisti e la borghesia agricola della zona, pagando fino al 75% dei loro costi.

Gli operai vennero inizialmente reclutati per la maggior parte tra popolazioni povere del Nord Italia (soprattutto dal Veneto), spesso senza alcuna esperienza in campo agricolo. Da ciò risultarono gravi problemi riguardo alla resa agricola dei terreni bonificati, nonostante la fertilità delle terre, che cagionarono varie annate di raccolti scarsi. A giudizio di Mussolini i lavori andavano avanti troppo lentamente, perciò nel 1931 il progetto fu affidato all'ONC. Negli anni precedenti alla gestione da parte dell'ONC i lavori di bonifica si svolgevano esclusivamente tra novembre e aprile per limitare il rischio malaria. Sotto l'ONC invece la bonifica andava avanti tutto l'anno e da questo momento iniziò anche una moria con un fin oggi sconosciuto numero di vittime. Saliva anche il numero di deportazioni di oppositori nella zona (socialisti, repubblicani e liberali); visto che si trattò di un'area con un alto livello di controllo sociale loro rischiavano (e spesso persero) la loro vita sui campi paludosi. L’Opera Nazionale per i Combattenti aveva come obiettivo primario quello di conquistare nuove terre tramite la bonifica idraulica e di distribuirle ai combattenti e alle loro famiglie. Alla fine del 1933 infatti, ettari 18.440 sono stati definitivamente concessi ai coloni e sono successivamente divenuti proprietari terrieri degli stessi.[9]

Ancora oggi la persistenza dello stato di terreno agricolo piuttosto che di palude è possibile solo grazie all'energia elettrica: la rete di canali di drenaggio e scolo è infatti servita da numerosi impianti idrovori di sollevamento delle acque, necessari per scaricare in mare (direttamente o attraverso i laghi costieri) le acque che, provenendo dalle alture circostanti, si riversano in questo territorio posto di alcuni metri sotto il livello del mare, cosa che impedisce il naturale deflusso delle acque per gravità verso il mare; complessivamente gli impianti idrovori raggiungono, ad oggi, una potenza installata pari a 4.259 kW (7.120 kW secondo altre fonti[10]) ed un consumo medio annuo dì circa 863.000 kWh[11]. Gli impianti in funzione sono elencati di seguito in ordine decrescente di portata (litri/secondo)

Waypoints

PictographWaypoint Altitude 6 ft
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Waypoint

PictographPanorama Altitude 3 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude -2 ft
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Panorama

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Photo ofNon si passa bisogna tornare indietro

Non si passa bisogna tornare indietro

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Panorama

PictographPanorama Altitude 12 ft
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Panorama

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Fauna

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Lago di

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Lago

PictographFauna Altitude 2 ft
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Fauna

PictographWaypoint Altitude 91 ft
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Waypoint

PictographFauna Altitude 147 ft
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Fauna

PictographFauna Altitude 145 ft
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Fauna

PictographPanorama Altitude 135 ft
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Panorama

PictographMonument Altitude 113 ft
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Monumento

PictographPanorama Altitude 63 ft
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Sabaudia

PictographPanorama Altitude 3 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 3 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 16 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 0 ft
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PictographPanorama Altitude 16 ft
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PictographPanorama Altitude 7 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 13 ft
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Panorama

PictographPanorama Altitude 13 ft
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Panorama

Comments  (1)

  • Photo of Gianca MTB
    Gianca MTB Feb 20, 2023

    Percorso bello, facile, un pochino lungo.attenzione a qualche tratto con sabbia lungo la litoranea

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